NESSUNO: La follia più grande è credere di poter conoscere chi siamo veramente
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NESSUNO - Fiamma Granati
Ringraziamenti
Primo capitolo
L'invisibile
Non mi vedo, posso solo percepire il mio spostamento nell'aria. Mi sento, ecco, potrei cambiare il verbo. Mi sento esistere, mi sento camminare, mi sento vedere. Mi sento visto. Sì, so che gli altri mi stanno vedendo. Loro sanno chi sono, io no. Sono invisibile, ma non per tutti. Sono invisibile per me. Vorrei scoprire qualcosa di più sulla mia esistenza, ma non so da dove iniziare. E allora vado dalla dottoressa.
" Buongiorno dottoressa, io chi sono?"
‘Potresti tirare fuori un documento!’, direte voi. Facile, basta prendere una patente, una carta di identità e leggervi il nome. Un nome. Come se bastasse per sapere chi sono.
" Dottoressa, chi sono io?"
Non posso farlo comunque. Devo avere una strana malattia agli occhi o alla mente o a tutte e due, perché ogni volta che guardo un documento che presumo essere mio, non riesco a leggere quello che c'è scritto. Le lettere ballano, fanno una giravolta come lievi farfalle, ma non si fermano. ‘Potresti guardarti ad uno specchio, almeno sapresti come sei fatto’. Eh già, bravi voi. No, non posso farlo. Mi guardo e vedo solo una nebbia al posto del mio volto. Provo a specchiarmi nelle vetrine, persino nelle pozzanghere e niente... Non riesco a vedere mai il mio volto in una di queste superfici. ‘Una foto, perché non ti fai una foto?’ Vedo che non ci siamo... Allora mi prendete per stupido. Non esce nulla dalle foto. Se osservo quelle vecchie, non mi vedo, se me ne scatto di nuove, sopra alle spalle non appare nulla. Le spalle. Ecco, quelle le vedo. Le mie mani, i miei piedi. Null'altro però, non riesco ad individuare neanche il mio sesso. Potrei dover ripetere tutto al femminile, chissà.
" Dottoressa, mi parli di me. Usi almeno un aggettivo che mi faccia sapere se sono uomo o donna!"
Ma lei parla e mi sfugge il finale delle parole che mi definirebbero. Destinato (o destinata) a non sapere chi o cosa sono. Ma esisto, questo lo so. Oddio, lo so... Come faccio a saperlo per certo? E se fosse tutto uno strano sogno? Ecco, magari sono in un sogno, un incubo più probabilmente, di qualcuno. E se non riesco a svegliarmi? E se svegliandomi poi vedessi che sempre senza volto e senza sesso sono?
Devo provare a me stesso che esisto. Devo. Mi guardo intorno... Cosa posso fare?
" Dottoressa, come faccio a sapere di esistere veramente?"
E lei, la dottoressa, lei sì che esiste, lei mi snocciola tante e tante cose che proverebbero la mia esistenza. Lei mi parla e mi vede, tanto per iniziare.
" Vede, per me lei è assolutamente esistente, non ne ho il minimo dubbio!!!"
La dottoressa però non mi sa dire che malattia ho. Perché DEVE essere una malattia e pure grave, questa mia invisibilità. Non posso parlare con nessuno, fuggo via da tutti, mi vergogno a mostrare questa nebbia sfocata che ho sopra alle spalle. Mi meraviglia in realtà che gli altri non fuggano da me. Che accettino di ascoltare delle parole che provengano dal nulla.
Le parole... ecco una prova della mia esistenza... Parlo dunque sono! Mi tengo stretta per ora questa piccola certezza.
Secondo capitolo
La rabbia
Non mi sento bene. Mi viene da ridere quasi subito dopo aver pronunciato mentalmente queste parole. Ma cosa dico a fare come mi sento? Per dire di star male, dovrei sapere almeno a cosa somigli stare bene. Mi sfugge tutto, persino questo.
" Dottoressa, come si sta quando si sta bene?"
Sento salire dentro di me un fiume, un fiume rosso. Sento che mi si offusca la vista. No... Non voglio perderla, questo no. Non sono visto, ma almeno voglio vedere. Questo fiume rosso sale fino a coprirmi gli occhi però. Debbo chiuderli per un po', inspirare ed espirare. Cercare di calmarmi. Suppongo di doverlo fare almeno. Ma in fondo perché dovrei? A che scopo calmarmi? NON SO CHI SONO, NON MI VEDO E DOVREI PURE STARE CALMO??? Non so se è più ridicola la pretesa o l'idea stessa della calma. Vorrei prendere esempio dalla dottoressa, lei è calma.
" Dottoressa, come faccio a stare calmo se non so chi sono? Non è un motivo sufficiente per uscir di senno?"
Mi viene in mente che questa agitazione potrebbe provocare reazioni negli altri. Potrebbero persino accorgersi di me. E