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Karma Killer
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Ebook80 pages58 minutes

Karma Killer

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Può il male combattere il male? È un interrogativo che Lui non si pone: nel sangue e con sovrumano accanimento prova a combattere il male del mondo annientando i corpi che lo ospitano.
di Alberto Bazzi
Dopo un personale percorso spirituale, lo scopo della sua vita gli è apparso chiaro… Deve estirpare il male dal mondo. Non esiste altro, è la sua missione, tutto il resto non conta. Lo fa per il bene dell’umanità, è un compito arduo e nobile perché quando a breve arriverà la fine dei giorni le prove che ci attenderanno saranno durissime. Meno male vi sarà sulla terra e meno sofferenza l’umanità e la terra tutta dovranno patire. È un percorso costellato di sangue che lo porterà ad incrociare il cammino dei più svariati tipi umani, politici, imprenditori, medici, religiosi, maniaci… Personaggi solo apparentemente rispettabili che celano ipocritamente l’occhio torvo dove lampeggia il puro egoismo e la conseguente volontà di nuocere all’altro pur di raggiungere i propri scopi. Uno sguardo che lui vuole, deve spegnere, anche quando si annida nell’apparente sicurezza della famiglia, in cui l’angoscia e il dolore sono inflitti proprio dalle persone che dovrebbero proteggerci. Alla fine, a un passo dalla fine dei giorni, soddisfatto del lavoro svolto, chiederà un ultimo favore alla lama che lo ha così ben servito. Un romanzo diverso, dai capitoli brevi e affilati come la lama del protagonista; senza alcuna concessione alle descrizioni superflue… Pura azione.
LanguageItaliano
Release dateJun 30, 2020
ISBN9788833284446
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    Karma Killer - Alberto Bazzi

    abbracciare

    Capitolo Primo

    Allora però arriva un uomo che ci assomiglia, ma ha in sé una misteriosa forza visionaria.

    Egli vede e fa vedere.

    (V. Kandinskij)

    La prossima dovrà essere bionda.

    Come insegna Kandinskij nel suo Lo spirituale nell’arte, il rosso caldo, rafforzato dal giallo, che gli è affine, forma l’arancione. Con tale mescolanza il movimento interiore del rosso si tramuta in un movimento che si irradia verso l’esterno. Il rosso è importantissimo nell’arancione, gli infonde serietà; il suo suono è quello di una campana che invita all’Angelus. L’arancione è come un uomo in salute, sicuro della propria forza. Quell’uomo sono io, mia è la forza, mia l’illuminazione, che ha reso concreto il progetto a cui mi sono votato. Ho cinquantacinque anni; la parte di vita che merita di chiamarsi tale è ormai trascorsa. Ho provato la spensieratezza dell’infanzia, poi nella carne la ferocia di Eros, poi l’amore per una donna e per una famiglia, poi la realizzazione nel lavoro, il denaro e la sua schiavitù. Ora, provata l’insensatezza di ogni cosa, sono finalmente libero. Un’ultima cosa mi trattiene dal lasciare che la mia anima abbandoni anzitempo l’involucro greve del mio corpo per diventare luce rarefatta dello spirito… Il conoscere Dio, l’Uno, l’immobile fattore che genera da se stesso ogni cosa… È l’obiettivo ultimo, il più nobile, su cui investire la propria vita, o quel che ne rimane. Perciò ho lasciato tutto e mi sono ritirato tra montagne severe, in una capanna di tronchi che non avrebbe potuto essere se non circolare, perché Alce Nero insegna che il potere dell’universo, il Grande Spirito, si esprime compiutamente nella forma del cerchio, come la terra, come le stelle, come il gorgo del maelström che trascina nell’abisso, come il nido degli uccelli che soggiacciono alle nostre stesse leggi universali. Poi un masso irregolare come altare druidico, cristalli e campane in fraterna vibrazione, un mala1 tra le dita, un ronzio di mantra nella testa, una preghiera incessante come di monaco esicasta che riverbera come vento tra guglie di roccia.

    Dammi uno scopo, imploravo, qualcosa che giustifichi l’alternarsi del mio respiro e il mio risveglio all’alba di ogni nuovo giorno.

    Così il mio corpo si è atteggiato per la ricerca. Ho assunto la posizione corretta, ho portato l’attenzione sul respiro, ho intonato il suono universale e poi, nel silenzio, ho aperto il mio occhio cristico2.

    Ho atteso fuori dal tempo che la somma luce si rivelasse, si schiudesse, mi parlasse e nel farlo mi riconoscesse come particella di se stessa. Così per giorni e giorni, fino a che il mio daimon si è unito all’essenza divina. Finalmente rapito dall’estasi, mi sono abbandonato al suo serafico abbraccio e nella fusione l’insieme mi è apparso come abbagliante in modo intollerabile.


    1 Il mala (letteralmente ghirlanda) è uno strumento sacro che si usa per la meditazione e la preghiera; costituito da 108 grani, si può indossare come una collana o portare al polso. (Fonte www.yoga-kundalini.it)

    2 Detto anche occhio spirituale o terzo occhio.

    Capitolo Secondo

    I due giorni più importanti della vita sono quello

    in cui sei nato e quello in cui

    capisci perché.

    (M. Twain)

    Terminata la scorta di cibo, sono a malincuore rientrato nel mondo e sceso in città per fare rifornimento. Ogni cosa mi infastidiva: il rumore delle auto, i cartelli pubblicitari, le insegne luminose, il vuoto delle chiacchiere.

    Mi dicevo che solo nell’arte l’uomo ha trovato o può trovare una sua dignità… o anche nell’incontro con le rare anime belle, che rendono giustificabile e scusabile questa umanità dolente, tutto il resto è spazzatura.

    La teoria di Fukuyama, secondo cui nel XX secolo l’uomo avrebbe raggiunto l’apice della sua evoluzione sociale, economica, politica e spirituale, è risibile. Siamo già oltre. In discesa verticale, siamo nel disequilibrio, corpo e mente disallineati, succubi dell’ego, del suo passato di dolore e del suo futuro incerto; mai nel presente, dove il recupero dell’anima è possibile, dove il cambiamento è possibile.

    L’apice è stato raggiunto da popoli come i nativi americani, che vivevano in perfetto equilibrio con la natura, da cui prendevano solo il necessario per sopravvivere e anche per quel poco rendevano grazie, in quanto l’esistenza era permeata da una visione sacra delle cose. Non esisteva il demone del denaro, né il lavoro come sfruttamento per incrementare il capitale, né le fabbriche dove si avvelena la terra e si affatica l’uomo. Nella loro vita quotidiana, solo due ore al giorno erano dedicate al procacciamento di beni primari come cibo e vestiario. Il resto del tempo era a disposizione per attività ludiche, artistiche, famigliari, spirituali. È vero che l’aspettativa di vita era piuttosto bassa, ma quel poco tempo era vissuto appieno. Noi viviamo ottant’anni, ma la gran parte se ne va nel lavoro, negli ingorghi del traffico, nelle code agli sportelli, nelle sedute psicanalitiche…

    È forse la tribù la forma di aggregazione sociale più elevata?

    Siamo proprio sicuri di esserci evoluti?

    Gli anziani rinchiusi in istituti o ostaggi di badanti rapaci; i

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