Amore, di colpo
By Laila Cresta
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About this ebook
Romance - romanzo breve (97 pagine) - Una persecuzione che porta la morte; due giovani innocenti, col loro amore tenero e pulito, che rischiano la vita, e i loro padri, con altri due amici: quattro compagni di scuola, nel Centro Storico di Genova. Fra di loro, una donna. Una sola.
Per capire chi ha perseguitato suo padre fino alla morte, accusandolo di essere colui che ha imprigionato la donna che amava e che è la seconda mamma di Eddie, il ragazzo riesce a farsi accettare da Bonnie come restauratore nel negozio di famiglia: lei è la figlia di uno dei soci di suo padre nella ditta di antichità Bella Zena, import-export oggetti d’arte. Erano tutti amici, cresciuti insieme nel Centro Storico di Genova: andavano a scuola insieme nella più antica scuola della città. Di tre soci, il padre della ragazza è il candidato migliore al ruolo di persecutore, perché è stato il primo marito della donna, e quindi potrebbe ben dire che lei era sua, e che il socio GB gliel’ha presa. GB è il padre di Eddie; Malcom Ferrari, il padrone di La Lanterna d’Oro, antico e prestigioso negozio di antiquario, è il padre di Bonnie. Però, Eddie s’innamora di lei, di colpo, di un amore passionale e appassionato. Solo, che l’amore può far girare la testa anche a persone più adulte di loro.
Laila Cresta è nata a Chiavari, Genova, il 14 febbraio 1952. Insegna da 40 anni, con esperienze a vasto raggio, dagli adulti, ai ragazzi, alle persone diversamente abili. Ama la scrittura e vi si dedica da sempre, tanto con testi ad hoc per i “suoi ragazzi”, quanto con testi di svago per tutti. Quest’anno ha pubblicato una silloge di poesie, “Di Terra e di Cielo – Romanzo d’amore in versi” (La Lettera Scarlatta Edizioni) e il giallo “L’albergo del ragno”, Arduino Sacco Editore. Dal mitico numero 0, fa parte della Redazione della rivista Writers Magazine Italia, dove si occupa di poesia, di haiku e di recensioni.
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Amore, di colpo - Laila Cresta
9788825412307
Prologo
La camera era in penombra, come si addice a un malato. Quello che preoccupava il ragazzo era la debolezza del padre, il suo respiro affannoso, e soprattutto l’estrema agitazione che lo possedeva, e che non poteva essere altro che dannosa. Secondo il medico, aveva bisogno di una grande tranquillità: un infarto non è mai uno scherzo. L’infermiera che lo assisteva era appena andata a casa, e quella di notte non era ancora arrivata. Vicino a sé GB aveva solo il figlio, che gli teneva una mano.
– Come ti senti, papà?
– Sono stanco, molto stanco… Eddie… ti occuperai di Gioia e di Matilda, vero, quando non ci sarò più?
– Cosa dici, papà! Matilda è la mia sorellina, e Gioia è mia madre. O è come se lo fosse. Ma tu, dove vuoi andare! Vedrai che…
– Lì, nel trumeau, abbassa la ribalta dello scrittoio, dietro lo specchio.
Eddie eseguì. Al di là della ribalta, in mezzo a due file di piccoli cassetti, tre per parte, c’era un piccolo specchio che era evidentemente uno sportellino. Eddie lo aprì e guardò all’interno con la fronte aggrottata. Poi capì:
– C’è un doppio fondo!
– L’ha restaurato il nonno.
– È bellissimo! Un trumeau genovese del ‘700. Devo aprirlo?
Il padre annuì. Presto, Eddie trovò il meccanismo che faceva aprire il fondo del piccolo vano. Sotto, c’era un pacchetto di lettere.
– Eddie! Pensa a Gioia e a Matilda. Io non posso più. Ci devi pensare tu. Bisogna proteggerle.
– Papà!
Fu solo dopo il funerale che il ragazzo riuscì a guardare i documenti che aveva trovato nel trumeau. Più che lettere, erano biglietti: scritti al computer, stampati sulla solita carta da stampanti, formato A4.
Rigorosamente anonimi, naturalmente. Eddie si spaventò: solo un pazzo poteva averli scritti. Ce n’erano due tipologie: una parte erano indirizzati a sua madre, la sua seconda mamma, gli altri a suo padre. I primi erano colmi di attestazioni deliranti di amore eterno, mentre gli altri traboccavano di odio, ed erano altrettanto deliranti. Pareva che suo padre fosse stato il drago che teneva prigioniera la principessa rapita al suo legittimo amore, e solo schiacciandogli la testa la si sarebbe potuta liberare. E pareva che anche lui, il figlio del drago, fosse da schiacciare, per eliminare definitivamente quella genìa perniciosa. Certo, rifletté Eddie, solo qualcuno di molto vicino a loro poteva essere il responsabile di quella persecuzione: c’erano, sparsi fra quelle righe, diversi accenni a fantomatici affari, e a trascorsi comuni, persino infantili: uno dei due soci di suo padre, pensò il ragazzo. Erano cresciuti insieme, lì, nel Centro Storico di Genova, anche se gli sembrava che uno solo di loro avrebbe potuto accusare suo padre di avergli portato via la moglie: la polizia però non era del suo stesso avviso. Gli investigatori pensavano che quei foglietti senza nessun segno identificativo, e senza impronte, non fossero sufficienti per accusare una persona ricca e stimata di essere un pericoloso stalker.
Pretesero l’autopsia del morto. Secondo il medico legale, suo padre aveva il cuore malandato e lo aveva ucciso un infarto, ma una persecuzione come quella che aveva subito, poteva aver aiutato una natura matrigna.
Eddie aveva pensato che ci fosse un unico posto in cui cercare di capire qualcosa di quella brutta storia.
Quando arrivò vicino alla Lanterna d’Oro
, Bonnie stava alzando la serranda. Glielo avevano detto, e in effetti, sì, la ragazza era alta e forte come suo padre, rossa come lui, e aveva un corpo incredibile. Eddie deglutì. Si disse che fosse stata un’ottima idea, la sua, di rifugiarsi nel negozio di antiquariato: nessuno lo avrebbe cercato lì, e forse avrebbe capito chi e perché aveva perseguitato suo padre.
Comunque, lei non c’entrava, si disse. Ne era assolutamente certo. Non aveva fatto niente di male, alla sua famiglia. Semmai, il male lo aveva ricevuto.
Anche da lui, nonostante che lui fosse già sicuro, anche se era la prima volta che la vedeva, che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di non farle del male.
Capitolo 1
Amore, di colpo
Era una giornata luminosa: ariosa persino, nonostante la gelosia che i vicoli della città hanno di sé e della loro vita più segreta.
Nei caroggi del Centro Storico di Genova, saettavano improvvise lame di luce che mettevano in fuga i ratti da angiporto, indipendentemente dal numero delle loro zampe, e creavano nell’aria un pulviscolo dorato che trasformava i vicoli in ambienti carichi di magia.
Su piazza Caricamento invece, l’antica piazza di carico e scarico delle merci all’epoca della Repubblica su cui si affacciava il negozio di Bonnie, la luce era diretta, e veniva dal mare.
Bonnie, anzi, Diletta Ferrari-Magnani, figlia del famoso antiquario, si accingeva a cominciare la propria giornata di lavoro.
Si reputava fortunata, almeno per quel che riguardava la sua professione. Le piaceva moltissimo occuparsi di oggetti di un’arte che lei definiva casalinga, cioè di mobili e di suppellettili che rendevano la casa più piacevole ma anche in qualche modo più familiare, perché erano lasciti di altre epoche: il loro concetto di bellezza non aveva niente di cervellotico e di modaiolo, ma riportava alla sicurezza dell’infanzia.
Dopo essere passati di mano in mano e aver contribuito alla vita e alla serenità di tanta gente, gli oggetti che arrivavano dal passato prossimo erano rassicuranti, quasi morbidi.
Pensare che, nei tempi moderni, le mode erano superate e dimenticate da un giorno all’altro, e tutto pareva svolgersi all’insegna dell’insicurezza e del provvisorio.
Ormai, neppure le famiglie sembravano più capaci di dare sicurezza, e Bonnie lo sapeva bene.
Come le accadeva spesso, forse perché voleva convincersi che fosse vero, la ragazza si disse che sposando Gian faceva veramente la cosa giusta: lui aveva trentasette anni, quindici più di lei, aveva un carattere solido e affidabile, senza sorprese, ed era anche un uomo fisicamente gradevole: biondo, raffinato, e alto come lei che era una stangona. Gian amava le cose belle come le amava lei, e la loro vita sarebbe stata serena, avrebbero avuto dei figli, e lei non li avrebbe lasciati mai.
– Ma sei proprio sicura di questa cosa, gioia mia? – disse Mara a Bonnie, che stava per rientrare in negozio dopo la pausa pranzo.
La donna era una delle impiegate dell’agenzia di viaggi che era di fianco al negozio di Bonnie, la più anziana, e aveva imparato a voler bene alla ragazzina che Bonnie era stata fino a non molti anni prima, quando aveva cominciato a passare nel negozio di famiglia il tempo che non passava sui libri, vicino a suo padre che adesso invece era sempre in giro per lavoro. Quella discussione era diventata una costante, nella loro amicizia. A Mara il fidanzamento di Bonnie non andava proprio giù. La ragazza sospirò:
– Di quale cosa? Che non lascerei mai i miei figli?
– No. Che per te sia la cosa migliore, sposare uno come il fidanzato della Daria.
– Ma dai, non lo è mica più, lo sai! Non è una bella cosa, e mi spiace per Daria, ma succede.
– Ah, sì? E pensi davvero che il bel Gian si sia innamorato della ricca signorina Ferrari-Magnani, così, da un momento all’altro, lasciando subito per lei la sua fidanzata storica
, di famiglia casualmente più modesta?
– Sei maligna. Non lo sapevo!
L’altra scosse la testa, e insisté:
– Non è il tipo adatto a te. Non ti piace neanche!
– Come sarebbe? È un bel ragazzo, istruito e piacevole.
– Sì? E quando ti tocca, come va, bella mia? Ti senti sciogliere? Ti manca, se non è a letto con te?
Bonnie diventò rossa e abbassò il capo:
– Il sesso non è così importante.
– Ah no? E cos’è importante?
– Mara! Lo sai. La stima, la fiducia, il rispetto.
– Belle balle. Ci vogliono, la stima, la fiducia, il rispetto, ma non bastano. Devono piacerti la sua pelle, il suo odore, il suo modo di toccarti. Deve piacerti come ti guarda. Vuoi sposare Gian solo perché non ti coinvolge abbastanza da sentirti vulnerabile a causa sua.
– Ora basta, Mara! E smettila di fare della psicologia spicciola. Poi, ormai è anche l’ora di riaprire. Devo tornare in negozio.
– Lo sai che se ti dico certe cose è perché ti voglio bene. Stai per fare una stupidata che potresti pagare cara, specie se avrai subito un figlio come hai deciso, proprio perché non vorresti mai fargli subire una separazione. Questi quindici giorni che mancano al matrimonio passeranno in un lampo, e poi tu ti troverai il signor Tasso addosso per tutta la vita. E anche sua madre.
– Così dev’essere, naturalmente. E così sarà! E adesso ciao, Mara. Ci vediamo domani.
– L’amica scosse il capo, le mandò un bacino e si avviò verso casa: aveva finito il proprio turno di lavoro all’agenzia.
Bonnie aprì la porta del negozio e il cicalino trillò, le parve, irridendola. Suo malgrado, le parole di Mara l’avevano turbata: la sua amica non era mai stata così decisa nel dirle certe cose, ma si stava sbagliando, lei ne era certa: Gian era la persona che doveva sposare.
Dopo poco, il cicalino trillò ancora, e Bonnie alzò gli occhi dal catalogo che stava sfogliando. Suo malgrado, non riuscì a mascherare del tutto un sorriso un po’ più che professionale, vedendo il ragazzo che era entrato.
Senza essere un ammasso di muscoli alla Hulk (che comunque nei fumetti era uno scienziato, si disse la ragazza, e, sotto sotto, anche un tenerone), il giovanotto era un tipo molto alto e forte, con un sorriso aperto e scanzonato. Sul colletto della polo bianca che ne metteva in risalto l’abbronzatura, si spargevano riccioli bruni dalle larghe onde.
Quando lei si alzò per andare verso il ragazzo, lui le rivolse un sorriso di aperta ammirazione. Fischiò leggermente, e le