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Immediatamente
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Immediatamente

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Frammento, ovvero un pezzo di un’opera di cui siano andate perdute delle parti. La parola frammenti, tra parentesi, la troviamo al termine di Immédiatement di Dominique de Roux, dopo la parola fine scritta in maiuscolo. Dominique de Roux, cavaliere delle lettere in territorio nemico, non solo fa parte della tradizione degli infrequentabili del novecento ma potremmo dire che sia stato il primo a intuire di quelle nature scomode e insieme necessarie alla cultura occidentale, Céline, Artaud, Pound, Gombrowicz, Bernanos, il ruolo di visionari, una grandezza da proteggere a tutti i costi. La violenza dello stile, come dirà Céline in un’intervista del ’57 alla televisione francese, è come la furia della cagna alla guida delle slitte in Antartico che scatena quando avverte prima degli altri cani della muta il crepaccio in cui potrebbero sprofondare tutti. La vocazione dei Cahiers de l’Herne, fondati da de Roux nel 1963, è in questa funzione vitale di conservazione, diffusione, traduzione, e allo stesso tempo crescita parallela della parola che da materiale diventa quasi subito spirituale, corpo a corpo, senza risparmiarsi in colpi e in energia. Dominique de Roux ne adotta la tattica, come dirà Philippe Sollers, di cavalleria leggera che lancia in resta sa di soccombere alla prima carica ma non osa rinunciare. I frammenti che compongono questo scritto, ma potremmo dire la stessa breve vita del suo autore morto ad appena quarantun anni, sono la traccia visibile di quella eterna conversazione con ognuno di questi grandi spiriti, attraverso Francia, Germania, Italia, Spagna, epoche che vanno dal confuso dopoguerra all’ancora più confuso Sessantotto. Gli attacchi fra bande letterarie, il tema delle rivolte e dei generali, l’eterno gioco di seduzione fra uomini e donne, la sfida agli Dei. Folgorazioni che regalano al lettore uno squarcio, un frammento, di luce in un’epoca allora, come la nostra, vicina al crepuscolo.
LanguageItaliano
Release dateJun 29, 2020
ISBN9788833860398
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    Book preview

    Immediatamente - Dominique de Roux

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    X

    XI

    XII

    XIII

    tamizdat

    ( 8 )

    © 1995 Éditions de La Table Ronde

    © 2018 Miraggi edizioni

    via Mazzini 46 – 10123 Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Titolo originale

    Immédiatement

    Progetto grafico Miraggi

    Volume pubblicato con il sostegno del Centre National du Livre

    Finito di stampare a Chivasso

    nel mese di ottobre 2018

    da A4 Servizi Grafici snc

    per conto di Miraggi edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream 80 gr

    e Carta Fedrigoni Woodstok Materica Clay 180 gr

    Prima edizione digitale: gennaio 2019

    isbn 978-88-3386-039-8

    Prima edizione cartacea: ottobre 2018

    isbn 978-88-3386-001-5

    Immediatamente mi è valso il fuggi­fuggi degli uni, la censura morale degli altri, il predicozzo, la costernazione ecc. Tutti, per spirito di emulazione o nell’osservanza delle maniere signorili, contribuivano con mediocrità al mantenimento del discreto privilegio della censura in Francia.

    La Francia di Jean Yanne, 1974

    Per Salah Stétié

    immediatamente

    e Jean-Didier Wolfromm

    queste, Immediate

    Dei tempi immediatamente precedenti alla scrittura.

    Le Robert

    I

    Molto spesso, ho preso congedo.

    Immediatamente: itinerario nel doppio miracolo dell’apparizione delle cose, da una parte, e della loro sparizione, dall’altra.

    Raggiungere la sorte ebraica, liturgicamente nel suo mistero di scrittura, significa ritrovare in noi, vivida, la parola straordinaria di Kafka che in pieno cammino era riuscito a scriverne un giorno, ad vitam æternam, scrivo per non morire.

    Satana vive del non discernimento. Ottura i buchi attraverso i quali lo spirito, l’illuminazione possono entrare. Satana, ovvero le tenebre dell’imbecillità.

    Caillois, Lévi-Strauss: del pensiero in cui non v’è più pensiero, piccoli boss dell’età del simulacro.

    Il piacere aristocratico di non piacere a tutti. Mettersi a riparo dalle reputazioni. Nessuno sa che forse dentro di sé si è inginocchiati e santi, come altri lo sono in cielo.

    Jean Paulhan: essendo da sempre vissuto nel vortice pieno della sua castrazione interiore, era limitato, segreto, allusivo (ma senza la furbizia superiore e spesso magnifica di Mallarmé).

    Non sappiamo mai se si muore o se si comincia a scrivere.

    Pompidou – questa bella Venere di Lespugue della politica francese – sa tutto. Sa come si incula una mosca, come il 15 agosto presentare i suoi ossequi alla Vergine Maria. Conosce pure l’Inferno e i Francesi. Porta sulla Francia uno sguardo da veterinario poiché la Francia di Pompidou è una truffa politica.

    L’autentica grandezza della vita appare, sempre, nel suo essere equivoco. Il Cristo, tutte le sue donne, eccezion fatta per sua madre, le ha raccolte dal lupanare. Gli uomini – era lui.

    Se in Cina la guerra civile s’è chiamata Rivoluzione culturale, in Francia la Rivoluzione culturale deve immancabilmente passare per la guerra civile, proiezione civile della dissuasione.

    L’avvento del male, della morte, delle rovine, di quanto i nostri avi chiamavano tempi di magra, proviene dall’infinitesimale, dalla scivolata, dalla piccola scossa. All’opposto, il lato spettacolare dell’avvento, la grandiosa oleografia del bene. Ma sempre in modo mellifluo, dall’ombra, affiora la perfidia dialettica del male, lo spauracchio della piccola, piccolissima scossa, il sassolino nello stivale del gesuita.

    Ero appeso a un’immagine, camminavo nel suo abito rosso.

    La derisione della parola nel mondo dei gaglioffi che va da Robespierre a Jean-Jacques Servan-Schreiber, fa che qualsiasi parola detta o scritta partecipi a tale derisione (niente affatto morale ma ontologica). E se il logos è il contrario di questo mondo, poiché lo supera in modo totale e permanente, tutte le parole di questo mondo non valgono nulla, siccome ogni derisione ne risulta portata a compimento, segretamente, non tanto nel senso della condizione miserabile, ma in quello della gloria della sua non condizione gloriosa.

    De Gaulle: in lui, nostalgia della futilità, certamente. Desiderio di scrivere un romanzo. Nell’attesa, riceve Maurice Druon e Brigitte Bardot, rilucente corazziere alle porte di madame Claude, laddove a Erfurt Napoleone riceveva Goethe o Alessandro Magno correggeva a mano le edizioni di Platone « per eliminare i passaggi più fiacchi ».

    Colui la cui vita non tenda ad altro che consumare in lui le tenebre e i fuochi dell’azione, non scrive più e ha scritto soltanto per mandare in rovina, ridurre in cenere ogni ultima chance per qualsiasi tipo di scrittura. Così si scatenano sempre, in tali spiriti, rinascite, mutazioni, rotture. Esserci, servire le ondate del presente, o fare finta, ma senza nessun rifiuto delle ovvietà del secolo.

    Il mistero della violenza è nell’impotenza e nel mais del Santuario. Nello spazio mentale dell’agricoltura, due civiltà antagoniste condividono la tragedia della sedentarietà. Quella del grano, e quella del mais. Non parleremo qui del grano della fragile e misteriosa Demetra velata di Cnido, né delle isole perdute dell’Occidente anteriore. Il mais è l’America dell’origine, il terrore e l’ossessione della putredine, della morte eterna. Mais, figura convulsa, totem da incubo azteco. Il mais è il sole della morte, quanto il grano quello della vita. Attraverso il grano, si comunica per forme di vita. Il mais per forme di morte.

    Venezia

    Grande, il silenzio. Ezra Pound, le mani incrociate, mani violentemente strette, le dita inanellate d’ombre e violette appassite. Dopo un grande dolore sempre sopraggiunge un sentimento solenne. Al secondo piano della piccola casa di San Gregorio 6, ero come pietra di fronte al quarzo, la pietra che si sgretola a furia di sopportare lo sguardo e il silenzio di Pound. Salutare Ezra Pound, significa inchinarsi davanti alla mirabile essenza della poesia universale… « così lieve la spinta, così disposti i petali scuri di ferro, per noi che abbiamo oltrepassato il Lete » (Canto LXXIV).

    La sera, ci accompagna con Jean-Edern Hallier alla Fenice per andare a sentire la Gerusalemme liberata diretta dal maestro Gavazzeni. Per tutta la durata dello spettacolo, allorché migliaia di rose s’involavano verso le cantanti, Pound non ha smesso di guardare altrove, proprio Pound, il solo mondo che visse e rivisse poeticamente nella sua opera aperta, non la smetteva di guardare altrove e di starsene zitto mentre Verdi riempiva maestosamente il teatro. E questa sarebbe musica? Pareva dire Pound. Ne era come stordito, e mentre rientravamo in pensione, seguivamo sbadatamente i canali. Delle gondole nuziali risalivano le correnti, scortate da barche cariche di cantanti.

    Vagolando, ove dorma il sacro capo

    Tra le sue mura la città, lasciva…

    Pound aveva reso i suoi passi ancora più silenziosi, aprendosi un varco nel chiaro di luna a colpi di bastone, egli stesso di una bronzea rigidità nella sua antica giacca di velluto nero.

    E noi, pareva che dormissimo già.

    Amsterdam, a giugno

    La donna in blu di Jan Vermeer che legge la lettera d’amore in un mondo in cui le donne non hanno più importanza, e Nicolaes Maes che distende la sua ragazza dalla fronte ricurva su un letto di fogliame, affacciata alla finestra dalle imposte rossicce, delle albicocche rampicanti sui muri su fino a toccarle il petto e l’Osster Potentat con il suo turbante di filo, l’ilare paracadutista di Hendrick Ter Brugghen; Manina di de Jongh o il biancore delle vele splendenti; il grande Bartholomeus van der Helst. Sempre l’Olanda, pace, serenità, luce, magnificenza dei sorrisi dei camerati del capitano Frans Banning Cocq nella sua ronda di polizia, Un suonatore d’organetto esegue delle marce all’angolo della Zoutsteg e della Neuwendjke dove passano al crepuscolo donne abbronzate, formose, rotonde. Ah bei tempi quelli in cui le donne indossavano calze di seta lillà, violette, purpuree, quando si serviva limone alle assemblee plenarie, dove i pittori dipingevano le cucine, il pollame, la pace domestica, senza triturare i colori finché il mondo, attraverso i loro colori, diventava blu, vermiglio, giunchiglia, insomma così com’era visto dal vero.

    Talmente assassino che aveva cercato di uccidersi, ma non alla maniera di un suicida.

    Il nuovo potere, la nuova sorte storico-politica degli Stati Uniti, il cui centro, contemporaneamente visibile e invisibile, si trova al Pentagono di Washington, è il potere dell’Acciaio. Il potere dell’Acciaio sta per prendere il posto del potere di Wall Street, e tale cambiamento non mancherà di determinare negli anni a venire il passo in avanti della storia mondiale.

    Se ogni cosa che abbia a che fare con la vita è vera, ogni verità è viva. Se la letteratura accosta e incontra, talvolta, la vita, è per il suo essere uno dei sentieri deviati del ritorno alla vita.

    Nel Medioevo la morte era sacra e la vita un passaggio verso qualcosa. Victor Hugo non credeva all’aldilà, ma all’al di qua, e perfino a vari livelli di un di qua comprensivi di tutti i rituali del ricordo. E se Bernanos viveva esistenzialmente a una scala superiore, si può immaginare che affermasse la sua fede nell’altra vita per trarne, forse, della letteratura. Dio, soleva dire a Malraux, saprà scegliere tra darmi la morte o la possibilità di scrivere la vita del Cristo.

    Di passione ce n’è una sola, gli smarrimenti sono molteplici.

    Tutto è cerebrale in Dostoevskij. Viveva nell’altro mondo, ma è in questo che non la finiva di agitarsi. Le donne nella sua opera non esistono. Sono icone, non fanno che attraversare. Alla carne si giunge solo con il delitto. Il sesso, il capogiro fatale della Porta Nigra.

    Hanno un buon odore, sono commoventi, sono da sempre le stesse. È tale disincanto a creare i dittatori. Deve proprio sembrargli un’occasione unica quella di mandare a morire dei ragazzi in qualche reggimento di fanteria, in una guerra che hanno dichiarato proprio in vista di tale occasione..

    Venezia, i suoi polder, riccioli neri, rosa, gialli, vaporetti insopportabili, filati giallo paglia, gondole, gondolieri, palazzi che marciscono sul bordo dell’acqua che trasporta granchi nutriti dai detriti della città sempre più friabile, Hotel Gritti, bronzi, marmi, facchini vestiti come ufficiali di marina, gelato alla fragola sui tappeti di velluto rosso in un pum-pum di vaporetti, e il ronzio dei cargo, piroscafi, petroliere, metaniere, coi fumaioli che si specchiano nei vetri delle finestre dei dogi, laggiù i controluce di Rembrandt dove un tempo i banchieri levantini infiorettati giocavano al bilancino succhiando chicchi di caffè. Qui tutto è sguardo di Pound.

    Una sola questione: la morte. Pensarci è segnare una certa linea della vita ai margini di quel che pare essenziale agli altri. Eludere la morte equivale a perseguire invano ogni sorta d’effetto esterno. Tra il viva la morte degli anarchici e l’abbasso i morti della società moderna, si trova la morte straordinariamente seria e lieve di coloro a cui essa si è mostrata a volto scoperto, senza veli.

    Madrid

    Il Caudillo mi suggerisce il tema per la mia conferenza. Due persone ad ascoltarmi all’Atheneo: Jacqueline e Jean-Edern Hallier. Dalla finestra si sente il vocio della folla che attende l’uscita dalle corti, dai parlamenti, dei governatori civili, generali, falangisti. Il conte d’Orgaz ignaro di avere un piede equino. Calpestio della Guardia a cavallo, giubbe al vento, uniforme rossa per metà confezionata da Roma, per l’altra dalla Prussia, e fanti con il berretto russo di Port-Arthur. Improvvisamente appare Franco in cima alle scale, non il conte d’Orgaz ma il vecchiardo tracagnotto e ingrato, rinchiuso nella sua solita divisa, sembra indifferente, insensibile, come certi capitani sonnambuli che marciano in testa al reggimento nelle parate. Ci sono degli evviva . Discende spedito i gradini guardandosi le scarpe, il tappeto rosso. Ha delle ali, ma ali di moscerino. Giunto all’ultimo gradino lo vedo travolgere l’attendente e rotolare in macchina. La selvaggina lo richiama.

    Non è più il tempo dell’amore, ma di bellimbusti e svogliati fecondatori. L’amore al valium.

    Per cominciare, l’importanza di una lettera come quelle di san Paolo apostolo alle sette chiese dell’Asia, come quelle di Pëtr Jakovlevič Čaadaev. Non vi devono più essere sdoppiamenti. Uno scrive a qualcun altro, ci basta questo. Scrivere solamente dal di dentro, giunti allo stato di grazia della concezione dell’immanente. Non considerare né la letteratura né il linguaggio come separati dall’essere. Ogni parola dovrà così indurci a rammentare la nostalgia degli dei per quanto riguarda gli uomini, degli dei per coloro a cui non è dato dover scegliere tra l’essere e il nulla.

    Vedove: sempre coraggiose.

    La grande nostalgia céliniana va collocata in una serie di cartoline che spedisce alla prima moglie negli ultimi giorni di vita, in un connubio di immagini e note:

    1957

    Il viale del Castello di Bellevue = quel che rimane.

    Vista panoramica di Meudon con la Tour Eiffel sullo sfondo = miseria delle piccole felicità.

    Giardino dell’Osservatorio a Meudon = Nell’attesa dei grattacieli!

    Vista sull’osservatorio di Meudon = Lottizzatori all’assalto!

    Lo stagno di Trivaux a Bellevue-Meudon

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