Alla ricerca dei dispersi in guerra: Dal fronte greco a El Alamein fino alla Russia: i familiari dei caduti raccontano le loro storie
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Dal Don a Nikolaevka, da Tobruk al fronte jugoslavo fino a Cefalonia, non c'è solo la mia storia, ma anche quella di tante altre famiglie che hanno raccontato le loro vicende e le problematiche affrontate durante la ricerca del proprio caro disperso in guerra.
Migliaia e migliaia di ragazzi mandati a combattere in guerra si salvarono grazie all'aiuto della popolazione locale e altri, come gli alpini in Russia, si avventurarono in una dolorosa ritirata. Moltissimi soldati però morirono nei campi di concentramento. Da Suzdal a Tambov, da Micurinsk a Nekrilovo, da Oranki a Krinovaja, fino ai campi di prigionia di Tashkent e Pakta Aral nelle regioni del Kazakistan e Uzbekistan, vengono narrate attraverso le testimonianze dei reduci le sofferenze patite dai prigionieri italiani nei lager sovietici.
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Book preview
Alla ricerca dei dispersi in guerra - Vincenzo Di Michele
VINCENZO DI MICHELE
ALLA RICERCA DEI DISPERSI IN GUERRA
Dal fronte greco a El Alamein fino alla Russia: i familiari dei caduti raccontano le loro storie
Progettazione grafica: Siroscape Architettura
Realizzazione versione e-book: Rosso China Servizi editoriali
© 2020 VINCENZO DI MICHELE
info@vincenzodimichele.it
www.vincenzodimichele.it
Tutti i diritti riservati
Ai miei genitori Alfonso e Anita
In ricordo dei caduti di guerra
e di tutti i familiari
che hanno atteso invano
il ritorno del proprio Caro
Vincenzo Di Michele
Capitolo 1
Per non dimenticare i nostri caduti in guerra
Nel ricordo delle migliaia e migliaia di soldati caduti in guerra, non c’è solo la mia storia, ma quella di tante altre famiglie.
Nessuno vorrebbe più ricordare, ma a volte, nonostante siano trascorsi più di settant’anni, il desiderio di verità è più che mai indomo laddove ci sono ancora molte persone che vogliono raccontare quel qualcosa che hanno sempre tenuto nascosto. Sono i figli, i nipoti e i pronipoti dei caduti in guerra, che non hanno mai dimenticato il dramma vissuto dalle loro famiglie. Per mio conto, più di una volta ho immaginato di andare indietro nel tempo e tornare nel momento in cui quelle maledette lancette scandivano l’ora della morte di quei cari ragazzi. Avrei sostituito qualche ingranaggio e rimesso le cose nel verso giusto, ma questo avveniva solo nelle mie fantasie bizzarre perché al risveglio scoprivo un’altra inesorabile verità. Ci si accorge infatti tutto a un tratto che non ci sono più quei protagonisti di allora, ovverosia i genitori, i nonni e gli zii che giorno dopo giorno ci hanno tramandato il ricordo del nostro caro familiare partito in guerra e non più tornato.
Questa storia però resterà per sempre il nostro compagno di banco, complice di lunghi anni, di lotte, amori, e note sul registro cui abbiamo confidato ogni nostro segreto, e il ricordo della nostra complicità familiare è rimasto ancora fermo a quel suono dell’ultima campanella.
Capitolo 2
La speculazione degli impostori sulle disgrazie delle famiglie italiane
Lo zio di Sabrina si chiamava Francesco Marzoli ed era nato ad Adro (BS) il 28/08/1921. Era partito nel 1942 per la Russia in forza al 2° Reggimento Artiglieria alpina della Divisione Tridentina. Tra emozioni, angosce, speranze, malinconie e quant’altro, il racconto di Sabrina è tutto incentrato nel dramma vissuto dalla propria famiglia. Sin da bambina, sua nonna Grazia le ripeteva in continuazione di suo figlio Francesco, che a causa dell’entrata in guerra dell’Italia venne mandato a combattere in Russia nel 1942. Fu ferito in una battaglia e perse la memoria. Non ricordandosi chi era e da dove veniva, rimase a vivere lì e si sposò con una bella donna del posto da cui nacquero due meravigliose bambine. Racconta Sabrina: «Io non capivo come mai mia nonna Grazia, che sapeva tutte queste cose, non dicesse a zio Francesco di tornare a casa. Mi ricordo che da bambina più volte le dissi Ma scusa, ma perché non gli telefoniamo?
E lei, povera nonna, mi diceva sempre che non aveva il numero».
Quando Sabrina diventò più grande comprese la vera storia di suo zio Francesco e anche quella di sua nonna, che mai perse la speranza di veder tornare a casa suo figlio. Fino all’ultimo respiro la nonna di Sabrina lo invocò nonostante le sue ultime notizie risalissero al 12 gennaio 1943, data a partire dalla quale egli non aveva più risposto all’appello. Scrive testualmente Sabrina nella sua lettera:
La nostra fu una storia tormentata cui si aggiunsero dei risvolti spiacevoli. Infatti, nei primi degli anni ’50, fu recapitata una lettera a casa dei miei familiari ove si diceva che mio zio Francesco era vivo e si trovava in un Campo di concentramento. Lo scrivente inoltre riferiva di conoscere una persona che era in contatto con le guardie del Campo, ragion per cui si poteva contrattare
la liberazione di Francesco in cambio di denaro.
I nonni intuirono che il tutto poteva essere un raggiro, ma la speranza di far tornare a casa il caro Francesco o, peggio ancora, il rimorso di non aver fatto tutto il possibile per farlo tornare non avrebbe dato loro pace. Così, dopo essersi consultati anche con l’allora Parroco di Adro, decisero di rispondere alla lettera di quest’uomo e di concordare un appuntamento. L’incontro avvenne a Brescia in un bar vicino a Piazza Garibaldi e vi andarono la nonna e mio padre che allora era un ragazzino. Nella lettera di conferma dell’appuntamento l’uomo aveva chiaramente espresso che il giorno dell’incontro ci doveva essere meno gente possibile. Questa persona era un distinto uomo di circa 50 anni con un forte accento veneto. Di questo signore, mio padre ricorda ancora perfettamente il nome, il cognome e la città di provenienza, ma per ovvi motivi preferisco non riportarli. La nonna aveva portato con sé 5.000 lire (semplicemente perché non ne aveva di più), alcune paia di scarpe, calze, biancheria intima e diversi metri di tessuti vari. Il tutto fu dato all’uomo, per far tornare a casa lo zio. L’uomo si congedò dai miei familiari dicendo che, appena avrebbe avuto notizie di Francesco, li avrebbe prontamente avvisati. Alcuni mesi dopo, mia nonna Grazia ricevette la lettera di una donna che, come se volesse togliersi un peso dalla coscienza, riferiva di essere la compagna dell’uomo con cui mia nonna era stata in contatto. Questa donna comunicò che questo uomo era stato arrestato. Confessò che il suo ex compagno, servendosi degli elenchi dei dispersi facilmente reperibili, aveva contattato diverse famiglie per truffarle e cosa più grave per illuderle. Si può immaginare l’amarezza e il dolore dei miei nonni. Questa donna, ignara delle azioni del suo ex compagno, era veramente dispiaciuta di quanto accaduto e soprattutto non sopportava l’idea della speculazione sulle disgrazie altrui. Praticamente, una volta resasi conto dell’accaduto, cercò di avvisare tutte le famiglie di cui era riuscita ad avere traccia dagli appunti dell’uomo, proprio per non fare vivere ai familiari quella vana speranza del ritorno del proprio caro. Negli anni a seguire il Ministero della Difesa, con una lettera, comunicò che dagli esiti delle ricerche effettuate negli archivi segreti di stato di Mosca ove è custodita la documentazione dei militari italiani fatti prigionieri e deceduti nell’U.R.S.S. nella II guerra mondiale, il soldato Francesco Marzoli fu internato nel Campo 188 di Tambov ove è poi deceduto il 16-02-1943. Purtroppo non è stato possibile identificarne i resti in quanto è stato sepolto in una fossa comune.