Sangue: versione filologica del racconto
Descrizione
Con grande stima
Lev Tolstoj
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Anteprima del libro
Sangue - Mihail Arcybašev
Sangue
versione filologica del racconto
(1903)
a cura di Bruno Osimo
Copyright © Bruno Osimo 2020
Titolo originale dell’opera: Кровь
Traduzione dal russo di Rebecca Bossi, Maria Deliasanov, Alessia Gennari, Nicolas Grecchi, Alice Iotti, Chiara Lombardi, Elisa Massari, Martina Pagliafora, Silvia Paramithiotti, Francesca Pierri, Francesca Turri.
Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica
La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing
ISBN 9788831462174 per l’edizione elettronica
ISBN 9788831462181 per l’edizione cartacea
Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it
Traslitterazione
La traslitterazione è realizzata in base alla norma ISO 9:
â si pronuncia come ‘ia’ in ‘fiato’ /ja/
c si pronuncia come ‘z’ in ‘zozzo’ /ts/
č si pronuncia come ‘c’ in ‘cena’ /tɕ/
e si pronuncia come ‘ie’ in ‘fieno’ /je/
ë si pronuncia come ‘io’ in ‘chiodo’ /jo/
è si pronuncia come ‘e’ in ‘lercio’ /e/
h si pronuncia come ‘c’ nel toscano ‘laconico’ /x/
š si pronuncia come ‘sc’ in ‘scemo’ /ʂ/
ŝ si pronuncia come ‘sc’ in ‘esci’ /ɕː/
û si pronuncia come ‘iu’ in ‘fiuto’ /ju/
z si pronuncia come ‘s’ in ‘rosa’ /z/
ž si pronuncia come ‘s’ in ‘pleasure’ /ʐ/
Sangue
I
Dai giovani possidenti Vinogràdov, sposati solo l’inverno scorso, che avevano vissuto tutto l’inverno in campagna, arrivarono ospiti: i due fratelli Borìsov e lo scrittore Gvózdev. Il maggiore dei Borìsov era un uomo sulla trentina molto magro, miope e molto buono. I capelli, come la barba, erano chiari e radi. Si chiamava Nikolàj Andréevič. Era libero docente.
Suo fratello, studente, lo chiamavano tutti semplicemente Sergéj, tutti lo adoravano per il suo aspetto sano e bello, la sua allegria, il suo carattere equilibrato, la sua arguzia e le sue idee simpatiche.
Gvózdev, Alekséj Petróvič, era un romanziere le cui opere erano molto apprezzate da quella parte del pubblico che innanzitutto richiede agli scrittori un’idea simpatica, sincera e buona. Si vestiva alla russa e si tagliava i capelli a scodella. Arrivarono tutti e tre nello stato d’animo migliore, e col loro arrivo rallegrarono l’atmosfera della casa.... Non solo i padroni di casa ma anche la servitù era contenta dell’arrivo di questi ospiti allegri e generosi. Ma soprattutto era contento lo stesso Vinogràdov: nonostante fosse sposato da poco, non si fosse ancora lasciato alle spalle il piacere febbrile dei primi contatti felici con la giovane moglie, bella e sana, la monotonia della vita di campagna e del solo amore cominciava a pesargli.
Quando la carrozza del zemstvo [¹] con attaccata una coppia di cavalli forti e robusti dalle code bagnate e legate, tintinnando e facendo rumore, si avvicinò al kryl'có [²] di casa Vinogràdov. Lo stesso Vinogràdov, senza cappotto né cappello, con addosso soltanto una vecchia tužurka [³] che portava in casa perché piaceva a sua moglie, sbucò sul kryl'có sorridendo allegro e vivace.
«Bravi ragazzi che siete venuti!» esclamò con la bella voce squillante.
Gli ospiti ridendo e rispondendo ai saluti balzarono fuori dalla carrozza, portando con sé i fucili e le cartucciere. Due meravigliosi cani da caccia saltarono fuori dietro di loro: il setter rosso scuro morbido e riccio di Gvózdev, di nome Aiax, e il gordon robusto e slanciato Marx, di Sergéj Borìsov.
Quando arrivò il lavorante Ivàn, digrignando i denti, dalla carrozza prese due sacche di tela e seguendo i signori le mise in anticamera.
«Cosa c’è?» chiese Vinogràdov, tutto felice, alzando le sopracciglia.
Ivàn, sempre digrignando i denti rivoltò il bordo di un sacco e spuntò il collo di alcune bottiglie, argentate e rosse. Gvózdev, toltosi il cappotto, si fermò e con la mano libera si diede dei colpetti sul collo [⁴] , in modo così espressivo da far ridere