Pochi secondi e tutto tornò come prima
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Pochi secondi e tutto tornò come prima - Brigida Tomasello
633/1941.
1
Era una giornata come le altre, ma non per Tom, John, Colin, tre amici di vecchia data che avevano deciso di trascorrere una vacanza insieme, infatti, quella mattina doveva incontrarli per partire, tutto era pronto in casa di Tom, i bagagli erano lì per terra, vicino alla porta quando squilla il telefono. Tom va a rispondere anche se seccato, ed ecco che dall’altro capo del ricevitore la voce di Sebastian, molto agitata gli comunicava di dover indagare su un omicidio commesso quella notte.
Tom era un tipo alto, slanciato, serio, sulla trentina, biondo, occhi verdi, portava sempre un cappello in testa. Gentilmente gli rispose, che era in ferie e che stava per lasciare Wecht, quindi doveva rivolgersi a un altro, ma Sebastian non volle ascoltare ragioni, detto, fatto gli ordinò di trovarsi nel suo ufficio nel giro di un paio d’ore al massimo.
Uffa, sbottò Tom come faccio ora, devo avvisare gli altri che non posso andare più con loro. Era molto seccato. Ormai, convinto di dover rinunciare alla sua vacanza telefonò a John e gli comunicò il fatto, anch’egli rimase male, erano due anni circa che non facevano vacanza insieme, allora John rispose che non sarebbero partiti, che avrebbero aspettato lui, perché se mancava Tom, la vacanza non era più la stessa, non si sarebbero divertiti, ma Tom insistette e disse, non è giusto che per il mio lavoro voi dobbiate rinunciare a questa vacanza, che abbiamo tanto voluto, partite e fatemi sapere, dove siete, io cercherò di raggiungervi al più presto.
Anche se contro voglia i due, accettarono, iniziarono a caricare i bagagli e dopo un’oretta circa salutarono Tom, e iniziarono la loro avventura. Tom guardò l’orologio si accorse del tempo passato e si diresse con passo veloce all’ufficio di Sebastian che non era molto distante da dove si trovava, giuntovi salì le scale che lo portavano al piano, dove sulla destra vi era un gran corridoio con una porta a vetri dove si leggeva il nome di Sebastian Besteleer, si fermò lì davanti si tolse il cappello si aggiustò un po’ i capelli, quindi bussò con un tocco deciso alla porta.
La porta si aprì e vicino alla finestra vide Sebastian, un uomo non alto, molto grasso, poteva avere quarant’anni, ma ne dimostrava di più, fumava uno di quei grossi sigari e a ogni tiro formava una grossa nuvola, con un gesto della mano cercai di spostarla e produssi un colpo di tosse per far capire che io ero lì. Sebastian si girò e si sedette sulla sua poltrona, la sua scrivania era piena di carte, schiarì la voce e iniziò a leggere quello che fino a quel momento si era scoperto sull’omicidio.
La salma era stata trovata di fianco al letto, con una pugnalata proprio sotto il seno, era una giovane tra i venti venticinque anni, aveva un corpo esile, di carnagione chiara, abitava sola in casa, infatti, nell’armadio erano stati trovati solo indumenti femminili e senza ombra di dubbi, doveva essere una brava ragazza, non c’era niente di anormale in quella casa, era tutto in ordine, il suo nome era Carolyn Deanon.
Gli chiesi se sapesse qualcos’altro, ma, mi disse di no, aggiunse che questi erano i soli indizi finora scoperti. Mi feci dare una copia di quel fascicolo e me lo portai a casa, dove giunsi poco dopo, mi sedetti sul divano dopo aver preso una bella birra ghiacciata dal frigo da sorseggiare di tanto in tanto. Leggevo e rileggevo e più mi sembrava tutto strano, chissà dov’è il movente, perché è stata uccisa, se dicono che in casa non manca niente qual è la ragione, di quest’omicidio.
Pensavo e ripensavo, ma tutto sembrava sempre più strano, misterioso. Arrivò la sera decisi di lasciar stare. Certamente, conoscendomi l’indomani avrei iniziato a indagare. Il giorno dopo mi svegliai di buon umore e dopo essermi fatto una doccia veloce, rasato e preso un caffè abbondante, decisi di andare da Sebastian per fargli sapere se accettavo o no il caso.
Ancora non avevo deciso ma la cosa m’incuriosiva, quindi era più si che no, ma non glielo volevo far credere subito.
Lui era già lì che mi aspettava, sicuro che avrei accettato mi fece trovare un documento, dove diceva che avevo via libera su tutto, e che potevo indagare in tutta libertà. Mi lasciò di stucco e così non mi rimase che dire di sì.
Uscii dal suo studio e la prima cosa che feci mi diressi nella casa, dove era stato commesso il delitto. Entrai e pian piano iniziai a cercare ogni più piccolo indizio, ma niente, quando, mi avvicinai ed entrai nella stanza da letto, vi era ancora in terra il disegno di com’era stata trovata.
La posizione non era delle più comode, deve essere stata tirata giù dal letto in mal modo, pensai avvicinandomi al letto, guardai sotto vi era un enorme pila di riviste le spostai, scorsi una chiave alla quale c’era attaccata una targhetta con un numero.
La presi e iniziai a girarmela tra le mani cercando di capire di dove poteva essere, continuai ancora a cercare ma non trovai nient’altro, allora me ne andai, chiusi la porta, e scesi le scale.
Arrivato in strada, mi diressi al negozio di ferramenta, che era lì vicino, entrai e chiesi all’impiegato se poteva riprodurmi la chiave, questi mi rispose che era difficile dato che era una chiave molto particolare, questo m’incuriosì ancora maggiormente, dovevo conoscere la sua appartenenza, volevo sapere cosa potesse aprire.
Il giovane la guardò con molta attenzione e dopo qualche minuto mi disse che poteva essere utilizzata da pochi, quindi non comune, aggiunse che era tutto quello che sapeva.
Non mi restò che salutarlo e ringraziarlo, uscii dal negozio, guardai la chiave e capii che tutta la storia era legata a essa, la strinsi tra le mani e mi dissi, che dovevo a tutti i costi scoprire la sua provenienza, certamente non sarebbe stato facile, la prima cosa da fare era riuscire a sapere se qualche ufficio postale adottasse alcune cassette con quella chiave.
Mi diressi a casa perché il caldo iniziava a dare eccessivamente fastidio, ci arrivai e dopo essermi fatto una doccia, mi sedetti con una birra fresca sul divano, preso l’elenco del telefono, iniziai a fare un giro di telefonate, agli uffici postali.
Con le prime telefonate non riuscii a scoprire niente, ma come si dice non bisogna mai disperare quando finalmente dopo l’ennesima telefonata, mi risposero dicendo che in quell’ufficio erano state adottate quel tipo di cassette.
Feci qualche altra telefonata e dopo una lunga ed estenuante ricerca riuscii a sapere che erano in tutto cinque gli uffici, dove vi era quel tipo di cassetta.
La giornata seguente sarebbe stata tutta dedicata alla ricerca di quell’oggetto che forse mi avrebbe fatto capire qualcosa di più sul caso, o forse addirittura risolverlo.
Quest’era solo pura illusione, senz’altro, era solo una mia illusione.
Era l’alba quando il caldo e il sole mi svegliarono, volevo riaddormentarmi, ma mi fu difficile, quindi decisi che era inutile stare ancora nel letto, mi alzai mi diressi in cucina, e dopo essermi preparato il caffè, mi sedetti in poltrona cercando di riordinare le idee.
La giornata che mi aspettava era una delle più lunghe e non ero certo di trovare qualcosa. Finito di sorseggiare il caffè mi feci una doccia e indossato dei comodi abiti, mi diressi all’auto, anche se erano appena le nove del mattino, il sole già era caldo, quindi cercai di non perdere tempo e di fare un giro logico.
Iniziai con l’ufficio postale che si trovava sulla Meat Street, c’erano una ventina di cassette postali, chiesi al direttore, dopo aver, anche se molto alla larga data una spiegazione, di rimanere solo, in modo da poter provare le chiavi, in fondo era per quello che ero lì.
Mi disse si con tono scocciato, quindi iniziai la mia ricerca, provai e riprovai ma niente, nessuna cassetta si aprì, quindi lasciai quell’ufficio e mi diressi altrove, mi recai su Cebet Street, entrai e rifeci la stessa cosa ma neanche lì trovai quello che mi occorreva, feci questo anche negli altri tre uffici che mi restavano ma niente di niente.
Ero al punto di partenza, chissà di dov’era quella chiave, continuai a girare così senza meta per le strade della città; cercando di farmi venire qualche idea, ma niente, vi era buio intorno a questo caso, cosa ci faceva allora quella chiave nell’appartamento della vittima.
Mi ritrovai senza saperlo nei pressi della casa della morta, decisi allora di ritornarci per fare un altro sopraluogo e così fu. Ero convinto che mi fosse sfuggito qualcosa, era impossibile che quel posto non mi offrisse qualche altro indizio.
Entrai, incominciai con una certa logica di nuovo la mia ricerca, visitai tutte le stanze ma ancora niente, che strano pensai tra me e me, continuai ancora nella speranza di chissà che cosa, quando mi trovai davanti ad uno di quei vecchi armadi a muro, ne sono certo che li avrete visti sicuramente da qualche parte.
Aprii le porte e con molta attenzione guardai ogni minimo spazio che c’era lì dentro, ma ancora niente, quando all’improvviso mi accorsi che sul fondo nell’angolo vi fosse uno sportellino, lo sollevai con la punta di un temperino, questo cedette, infilai la mano e, Tombola
guarda, guarda mi dissi, una scatola segreta, la tirai fuori, la guardai non era né grande né pesante, anzi così a prima vista sembrava vuota comunque presi la chiave e provai ad aprirla.
Dato un paio di giri, si aprì e nel suo interno non vi era altro che due foto, si proprio due fotografie che ritraevano la ragazza, la nostra vittima con un uomo di mezz’età, brizzolato, ben vestito, insomma tipo distinto, sul retro c’era scritto ALCANTARA CLUB
.
In quel momento sentii un rumore alla porta, misi in tasca le foto, e feci finta di niente, infatti, non mi ero sbagliato era Sebastian con lui un tenente di polizia, non sapendo chi fossi mi fece delle domande alle quali risposi con leggerezza poiché si brancolava nel buio, dopo poco chiesi se avessero ancora bisogno di me, risposero di no, quindi me ne andai.
Arrivai all’auto e prima di avviare il motore, tolsi dalla tasca le fotografie, le guardavo e riguardavo sembravano foto normalissime, come tante altre ma in quell’attimo alzai la testa vidi un gran manifesto con un uomo che aveva tra le mani qualcosa, non riuscivo a vedere bene, ma poi avvicinandomi al manifesto, scorsi che c’era una scritta Io sarò il vostro domani
, non ditemi di no.
Capii allora che era arrivato il momento di andare in quel locale a fare una visitina, così feci e giuntovi non trovai nessuno che mi potesse essere utile solo il personale delle pulizie, mi riferì che se volevo parlare con qualcuno del locale dovevo tornare verso le ventidue.
Uscii, guardai l’ora erano le sei del pomeriggio e ormai non potevo fare altro, dovevo solo attendere la sera per saperne qualcosa di più, quindi decisi di tornarmene a casa.
2
Arrivai a casa poco dopo, gettai il mio cappello sulla poltrona, mi tolsi le scarpe buttandole così dove andavano, mi gettai sfatto dal caldo sul divano, quando bussarono alla porta mi alzai e andai ad aprire era Sebastian, lo feci entrare, si accomodò sulla poltrona e senza tergiversare iniziò a farmi domande, gli dissi di andare piano che non c’era fretta e che avevamo tanto tempo, quindi gli offrii una birra fredda che gustammo seduti comodamente, gli riferii quello che finora avevo scoperto e lui mi chiese di poter guardare le foto, le gliele mostrai e vidi che le fissava in un modo sconcertante, capii che conosceva il signore della foto, mi domandò se io già sapevo chi fosse, risposi di no, chiesi allora di dirmi chi riteneva essere quel tizio.
Iniziò dicendomi che era un tipo importante, sì, uno di quei pezzi grossi che bisognava trattare con i guanti bianchi, mi disse ancora che era un elemento autorevole della politica, e che faceva parte, di non sa quale programma in vista delle nuove elezioni, aggiunse che se avessi indagato su di lui, di usare tutta la mia diplomazia e astuzia di non farmi scoprire perché altrimenti sarebbero stati guai per tutti; nel frattempo si erano fatte le venti e quaranta, quindi cercai con molto tatto di farlo andar via, perché dovevo recarmi in quel locale e lui questo non doveva saperlo ancora.
Capì che dovevo uscire e mi salutò, dicendomi di tenerlo sempre informato e andò via. Io mi preparai accuratamente, uscii e mi diressi all’Alcantara Club. Vi giunsi, entrai e mi sedetti su uno di quegli sgabelli e ordinai una birra, era un locale molto alla moda per il genere di attrattiva che offriva, si trattava di striptease
.
Chiesi al barista se era possibile parlare con uno dei proprietari o qualcuno che mi potesse dare spiegazioni soddisfacenti, disse che il proprietario era seduto proprio alle mie spalle a un tavolo con un certo signore, e di attendere un po’, mi girai e guardai finalmente riuscii a scorgerli tra la folla e guarda un po’ il signore in questione, cioè il pezzo grosso era proprio lì, seduto comodamente a ridere e scherzare.
Scesi dal mio sgabello e facendomi un po’ largo tra la folla arrivai al tavolo, mi presentai come giornalista, scelsi un nome falso, iniziai a fargli alcune domande sul suo intento politico, così mi fece accomodare al suo tavolo, avevo quindi un punto a mio favore, ora era necessario capire in che modo arrivare alla ragazza.
Da quello che diceva, sembrava del tutto onesto, un uomo tutto di un pezzo, dedito al lavoro, allora, io gli chiesi il perché della sua visita in quel particolare locale, mi rispose dicendomi che un uomo che vuole buttarsi in politica e portare dei cambiamenti, deve conoscere tutte le piaghe della città per riuscire a sanarle.
Lui era lì solo per quei motivi e non aveva altri interessi, in quel momento la ragazza che aveva finito il suo numero scese dal palco e con passo sicuro si avvicinò al nostro tavolo, scambiò due parole con il personaggio in questione.
La cosa mi sembrò strana visto che poc’anzi aveva detto che il suo era solo interesse immotivato. La signorina si allontanò, feci finta di niente e continuai a fare altre domande alle quali ottenni sempre risposte più che oneste e prive di doppi fini, il tutto non mi permetteva di poterlo ritenere una persona ambigua.
Lo salutai, ringraziai della sua disponibilità mi allontanai e mi risedetti al bar senza dare modo di poter pensare sul mio conto. Dopo un po’ di tempo mi alzai e mi diressi verso l’uscita, mi sentì osservato e me ne andai, ma senza farmene accorgere entrai dalla porta sul retro e m’introdussi immediatamente nel camerino della signorina conosciuta poco prima.
Mi sedetti e aspettai che finesse il suo numero, quando entrò, rimase con il fiato sospeso, mi chiese che ci facessi lì da lei, le dissi che volevo solo farle alcune domande ed era solo per curiosità giornalistica.
Accettò e così iniziammo, le chiesi se era l’unica a esibirsi nel locale perché aveva fatto due spettacoli uno di seguito all’altro, mi rispose di no, aggiunse che quella sera la sua collega, e mi fece il nome Caroline Deanon, non si era presentata e nemmeno fatta sentire per telefono, quindi toccava a lei coprire il suo numero, altrimenti il proprietario sarebbe andato su tutte le furie.
Le chiesi che tipo era il proprietario e lei mi rispose che l’avevo conosciuto poco prima nel locale, rimasi di stucco, non ci capivo più niente, il signore con il quale avevo prima conversato era proprio il proprietario del locale, lei mi rispose di sì.
Continuai a farle altre domande, sia su di lei sia sulla sua amica Caroline, che rapporto c’era tra loro e con il capo. Mi rispose dicendomi che tra loro due vi erano ottimi rapporti, mentre con il capo ultimamente Caroline aveva dei problemi, chiesi se lei ne era a conoscenza, mi rispose di no.
Mi fece capire che credeva che Caroline fosse immischiata in qualcosa di poco pulito perché ultimamente era agitata, era in apprensione, era capace di cambiare umore così da un momento all’altro, lei non sapeva darsi una risposta.
Allora la ringraziai di quello che mi aveva detto e chiesi se potevo rincontrarla per farle altre domande, perché era mia intenzione fare un servizio per il giornale alla luce del sole, senza nascondere niente, acconsentì, così la salutai quella sera, me ne uscii da dove ero entrato.
Mi diressi a casa, si erano fatte le quattro del mattino, la città era deserta quindi arrivai in breve tempo e senza spogliarmi mi buttai sul letto ero esausto, sfinito sia dalla stanchezza sia dal caldo, finalmente anche se con fatica, mi addormentai.
La mattina seguente mi apparve più bella