Il Mondo-di-Sotto
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Il Mondo-di-Sotto - Linda Spandri
Titolo | Il Mondo-di-Sotto
Autore | Linda Spandri
Copertina e grafica a cura di Alessia Butti
Editing a cura di Alessia Redaelli e Marco Gennuso
Prefazione di Alessia Redaelli
ISBN | 978-88-31680-32-5
c Tutti i diritti riservati all'Autore
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.
Youcanprint Self-Publishing
via Roma, 73 – 73039 Tricase -LE- Italy
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IL
MONDO-DI-SOTTO
PREFAZIONE
Ecco, la prefazione... Sono mesi che ci penso e mi domando, tra una maledizione (benevola) e l'altra, perché proprio a me hai chiesto di scriverla. Io, che le prefazioni le salto a piedi pari!
Poi, leggendo le parole di questo libro ho capito e ho deciso che con queste mie parole voglio rivolgermi direttamente a te, Linda.
Con questa storia ho rivissuto le intense giornate della nostra infanzia, quando piantavamo i semi della nostra amicizia. Ho ritrovato eventi realmente accaduti in quella classe di quarta elementare, e voli che solo una mente strana
come la tua poteva produrre.
Hai saputo mescolare realtà e fantasia in un modo talmente sottile che, mentre leggevo, mi domandavo in quale mondo mi trovassi.
Hai saputo dare lezioni di vita, che la tua mamma ha dato a te e che tu hai fatto tue e hai deciso di condividere con chi ti legge, oltre che con chi ti incontra.
E hai saputo toccare, con una delicatezza magistrale, argomenti ancora così scottanti come l'immigrazione, i barconi, l'esclusione, il pregiudizio... e per questo ti sono grata. Immensamente!
Quando leggerete questo libro preparatevi a fare un salto. Un salto indietro nel tempo, ma senza allontanarvi troppo dalla realtà quotidiana. Un salto in una scuola elementare di 30 anni fa, dove i bambini ancora giocavano a vestire gli evidenziatori
e a palla due fuochi, dove non c'erano cellulari e si imparava ad annoiarsi e a divertirsi con niente. Un salto in un'altra dimensione, nel vero senso della parola, dove la fantasia si mescola alla realtà e dove gli amici, immaginari e reali, si incontrano per affrontare sfide inimmaginabili. Un salto in famiglie diverse che, allora come oggi, fanno tutto il possibile per dare il meglio ai propri figli. Un salto dentro la testa di una bambina strana, cicciottella e con gli occhiali (anche se a me non sembravi poi così cicciottella!) che già a quei tempi sapeva stupire con le sue storie.
Che altro aggiungere? Non so se questa sia realmente una prefazione, quindi perdonatemi e non perdetevi questa nuova storia che vi lascerà a bocca aperta!
...buona lettura...
Ale
I.
Il campanello suonò. Luna lasciò cadere a terra il libro che stava leggendo seduta all'ombra, sui gradini che portavano al giardino, in attesa dell'ora di pranzo, e si precipitò in salotto, strillando:
- È arrivato? È zio Jack?
Prima che mamma Nadia o papà Marco potessero risponderle, lo zio era entrato dalla porta, con il borsone sulla spalla, ancora in divisa. Militare di carriera, durante le licenze viveva con la famiglia della sorella maggiore. Luna era la sua unica nipote e, manco a dirlo, i due si adoravano reciprocamente.
- Ciao, zione! Bentornato! Come stai? Ti fermi per un po', adesso, vero? Ti preparo un caffè?
- Luna, lascialo respirare! - intervenne la madre. - Ciao, Giacomo, vieni. Lascia pure lì il borsone, lo porti di là più tardi. Caffè?
- Ciao, Giacomo – salutò il papà.
- Buongiorno a tutti! Fatemi abbracciare la mia nipotina preferita!
- Ma zio! - rise la bambina. - Lo dici tutte le volte... e lo sai che sono l'unica!
- Beh, meglio così. Perché in tal caso ho qualcosa per te che non dovrai dividere con nessuno... - sorrise il giovane uomo, tirando fuori un pezzo di carta dal taschino della camicia.
- Zio! È un assegno, vero? Un assegno dell'esercito?
- Sì. Tremilaquattrocento lire tutte tue. Domani ti accompagno a versarle sul libretto di risparmio.
- Giacomo, quando hai finito di viziare la bambina, lo vuoi o no, 'sto caffè?
- Nadia, come se l'avessi preso: negli ultimi giorni non so quanti ne ho bevuti per non sentire la stanchezza. Grazie ugualmente.
- Ma è veramente come la descrivono, la situazione?
- Marco, credimi, noi come militari dovremmo essere preparati, ma ti garantisco che a Bari ho visto certe scene che... Scusate, ma io sono in viaggio con questo caldo da stamattina e ho decisamente bisogno di una doccia. Poi vi racconto.
Luna si diede immediatamente da fare per preparare la tavola. Era vagamente eccitata. Non sapeva di cosa si fosse occupato nei giorni precedenti lo zio Jack, ma aveva colto una certa apprensione per lui nei discorsi dei propri genitori quando i telegiornali avevano trasmesso servizi dalla Puglia e parlato dell'esodo degli albanesi.
Lo zio tornò in salotto, dopo essersi rinfrescato, proprio mentre la mamma stava portando la pastasciutta in tavola. Il papà sembrava avere gli occhi incollati allo schermo del televisore, su cui un barcone mezzo sverniciato ed arrugginito galleggiava a stento nel mare, con a bordo così tante persone che nemmeno si capiva come facessero a non cadere in acqua. Zio Jack si sedette sul divano, senza parlare, anche lui come ipnotizzato dalle immagini di quella imbarcazione.
- Poveri disgraziati… - si limitò a commentare, scuotendo la testa, quando la giornalista in studio riprese la linea per parlare delle temperature estive e della mucillagine nel mare in Romagna.
- Zio, ma tu eri lì?
- Sì, sono stato a Bari.
Luna ebbe finalmente il coraggio di fare una domanda che le ronzava nella testa da diversi giorni:
- Io non capisco. Che cosa gli abbiamo fatto?
- A chi? – domandarono in coro i tre adulti, senza comprendere il senso di una simile domanda.
- Agli albanesi. Che cosa gli abbiamo fatto, per farli venire qui a fare la guerra?
- Ma mica sono qui per fare la guerra! – rispose la madre.
Luna era sempre più confusa:
- Ma se non sono qui per fare la guerra all’Italia, perché lo zio e i suoi colleghi sono andati ad aspettarli? Io pensavo che se c’è di mezzo l’esercito, è perché c’è la guerra!
- Vedi, Luna – iniziò a spiegare lo zio. – L'esercito ha molti compiti. In Albania la situazione è molto difficile. Le persone stanno scappando e vengono qui perché sono disperate. Cercano una vita migliore. Sono convinte che qui in Italia ci siano lavoro e soldi per tutti. Ma non è così: quando arrivano, non è che trovano il comitato di accoglienza. Molti non hanno nemmeno i documenti, o li hanno falsi. Non sono cattivi, cercano solo un posto in cui stare bene. Prova a pensare cosa vuol dire dover lasciare la tua casa, il tuo Paese, i tuoi amici, i tuoi giochi, tutto quello che hai, per sperare di stare bene, attraversando il mare su una barca che rischia di affondare. Poi arrivi, stanco morto, in mezzo a gente che magari ti guarda pure male; non capisci cosa ti dicono, ma il tono non sembra di benvenuto. Vorresti iniziare ad andare in giro, cercare un lavoro, ritrovare amici e parenti che sono partiti prima di te, ma non puoi perché senza documenti non esisti…
- Come sarebbe: non esisti?
- Non esisti, nel senso che ci sei ma non puoi dimostrare chi sei, come ti chiami, da dove vieni. Quindi, è come se non esistessi, in un certo senso.
Luna sembrava perplessa. Ci pensò per un attimo, senza riuscire a capire del tutto come si potesse esistere e non esistere nello stesso momento, poi tornò al proprio dubbio originario:
- Sì, ma… l’esercito?
- L’esercito è per tenere la situazione sotto controllo. Quando arrivano, questi migranti vengono portati tutti in luoghi abbastanza grandi per poterne accogliere il più possibile, in attesa di capire cosa fare. Si cerca di evitare che scappino e che ci siano problemi di vario tipo.
La bambina assunse un’espressione corrucciata: problemi di vario tipo
era esattamente la frase che anche la mamma usava spesso quando si riferiva a questioni per cui lei era ritenuta troppo piccola. Detestava che non la si considerasse all’altezza delle situazioni e dei ragionamenti. Lo zio, però, aveva ripreso a raccontare, ridestando il suo interesse:
- Quando è sbarcata l’ondata di alcuni giorni fa, li hanno portati con i pullman allo stadio di Bari. Noi siamo arrivati lì e li abbiamo trovati sotto il sole e il caldo torrido. C’erano tante famiglie con i bambini. I bambini sono quelli che ti fanno più pena, perché non hanno mai colpa di niente e non possono scegliere. Al cambio turno, io e un paio di colleghi siamo andati al supermercato e abbiamo comprato dei cestelli d’acqua. Abbiamo cercato di darli prima a chi