Il cuore sul comodino
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I fatti narrati sono realmente accaduti, e i personaggi, seppur sotto altro nome, sono esistenti.
L’uomo narrante, sin dai tempi della scuola, crebbe in un quartiere violento, dove per guadagnarsi uno spazio, dovette diventare il più feroce.
Non immaginando cosa il futuro avesse in serbo per lui, arrivato a un certo punto della sua carriera malavitosa, vorrebbe mollare tutto, cambiare vita, ma i suoi desideri non coincidono con la realtà, che per lui assume il volto duro, tenace e vendicativo del carcere, che si fa sempre più stretto intorno a lui.
Infatti, il circuito carcerario, lo trascinerà in un vortice di inumana crudeltà e ferocia. Una realtà, che mai avrebbe pensato di vivere.
La pressione e le prevaricazioni quotidiane che sarà costretto a subire negli istituti carcerari, lo faranno avanzare barcollando, come se calzasse scarpe troppo strette.
Per il resto della sua vita, dovrà ineluttabilmente fare i conti con un passato duro da sopportare, e con angoscianti incubi che gli daranno la percezione di un peso intollerabile e di emozioni fortemente negative.
Forse, era giunto il momento di arrendersi...
Federico Berlioz
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Il cuore sul comodino - Federico Berlioz
Federico Berlioz
IL CUORE SUL COMODINO
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Indice dei contenuti
IL CUORE SUL COMODINO
IL CUORE SUL COMODINO
Il Cuore sul comodino è una storia vera.
Prefazione
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
BIOGRAFIA BERLIOZ FEDERICO
NOTE DELL' EDITORE
IL CUORE SUL COMODINO
FEDERICO BERLIOZ
IL CUORE SUL COMODINO
Ho dovuto lottare ogni singolo giorno per recuperare la fiducia in me stesso, per rialzarmi da terra, per sorridere come un tempo.
Federico Berlioz
A Nicoletta, Muffino e Sascia,
con tutto il mio amore.
Il Cuore sul comodino è una storia vera.
I fatti narrati sono realmente accaduti, e i personaggi, seppur sotto altro nome, sono esistenti.
L’uomo narrante, sin dai tempi della scuola, crebbe in un quartiere violento, dove per guadagnarsi uno spazio, dovette diventare il più feroce.
Non immaginando cosa il futuro avesse in serbo per lui, arrivato a un certo punto della sua carriera malavitosa, vorrebbe mollare tutto, cambiare vita, ma i suoi desideri non coincidono con la realtà, che per lui assume il volto duro, tenace e vendicativo del carcere, che si fa sempre più stretto intorno a lui.
Infatti, il circuito carcerario, lo trascinerà in un vortice di inumana crudeltà e ferocia. Una realtà, che mai avrebbe pensato di vivere.
La pressione e le prevaricazioni quotidiane che sarà costretto a subire negli istituti carcerari, lo faranno avanzare barcollando, come se calzasse scarpe troppo strette.
Per il resto della sua vita, dovrà ineluttabilmente fare i conti con un passato duro da sopportare, e con angoscianti incubi che gli daranno la percezione di un peso intollerabile e di emozioni fortemente negative.
Forse, era giunto il momento di arrendersi...
Federico Berlioz
Prefazione
Dall’età di dieci anni, sono stato vittima di angherie e aggressioni, quasi tutti i giorni di ritorno da scuola.
Ho imparato presto, cosa vuol dire avere paura o essere un codardo.
Per quanto fosse semplice girare i tacchi, e scappare, mi sono preso comunque un sacco di botte.
Occhi neri ed ematomi erano diventati i miei segni inconfondibili.
A mio padre dicevo di essere caduto dalla bici, o di essere scivolato giocando a pallone, al che lui ribatteva: «allora smetti di andare in bici, o giocare a pallone figlio mio».
Per come la vedevo io, prima o poi, tutti pigliavamo la nostra dose di legnate.
Più prima che poi.
Metà della mia classe era fatta di veri sfigati e l’altra metà, di violenti e ignoranti figli di malavitosi o zingari.
Ogni volta che uscivamo da scuola per tornare a casa, trovavamo un teppistello all’ingresso che ci provocava con frasi del tipo: «succhiami il cazzo, figlio di troia».
«La prossima volta che mi guardi ti spedisco all’ospedale».
«Ti mancano i coglioni per litigare con me».
Dentro di me pensavo che avrei dovuto gonfiare di botte quei figli di puttana, alias i miei persecutori, ma erano talmente sfacciati e senza scrupoli che ero convinto fossero tipi tosti.
Quindi mi limitavo a dire: «lasciami stare, smettila!»
Ancora oggi mi sento un codardo per le prepotenze che ho subito.
E terribile sentirsi tanto inerme e non poterlo dire a nessuno.
È una sensazione che non dimentichi mai più, te la porti dietro tutta la vita.
Fu quel clima di continua tensione, di agguati, di estorsioni e di botte, che ebbero su di me un effetto sorprendente, e m'insegnarono delle lezioni, che mi sarebbero tornate utili quando fossi stato abbastanza grande da metterle in pratica.
Fino alla seconda media impiegai il dono della velocità, che tradotto vuol dire: «scappa come li vedi».
Anche se alla lunga cominciai a stancarmi di scappare e arrivò il momento che decisi di non scappare più.
Passai dalla parte loro.
In terza media riscuotevo le merendine e qualche spicciolo dai miei compagni di classe.
Se qualcuno si andava a lamentare dai professori, era preso di mira e non faceva più vita.
Quando sei bambino,