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Sorelle Solari: Testi tradotti e analisi semiologica  delle tragedie classiche di  Marina Cvetaeva,  Ariadna  e Fedra
Sorelle Solari: Testi tradotti e analisi semiologica  delle tragedie classiche di  Marina Cvetaeva,  Ariadna  e Fedra
Sorelle Solari: Testi tradotti e analisi semiologica  delle tragedie classiche di  Marina Cvetaeva,  Ariadna  e Fedra
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Sorelle Solari: Testi tradotti e analisi semiologica delle tragedie classiche di Marina Cvetaeva, Ariadna e Fedra

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About this ebook

La vita è strana: si può trasformare un gioco in tragedia oppure una tragedia in  gioco. Basta un attimo: la piena consapevolezza/coscienza può ribaltare le sorti.
 
Marina Cvetaeva è rimasta in ascolto della propria  fonte interna sino all’ultimo suo respiro: tra incomprensioni e persecuzioni, lutti e la più profonda indigenza, sono sbocciate le due tragedie classiche   Ariadna e Fedra. Qui, l’essere umano toccato dalla sventura, assume caratteristiche vegetali, proprie di una pianta-simbolo e/o assurge tra gli dèi nell’Olimpo, confermando le parole di Anassagora di Clazomene che    “ Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
 
La vita in morte, la morte in vita: una vita diversa, tutta da scoprire.
Come Marina Cvetaeva.
 
LanguageItaliano
Release dateMay 30, 2020
ISBN9788869375354
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    Sorelle Solari - Tiziana Ghiggia

    ​RINGRAZIAMENTI

    ​INTRODUZIONE

    « Ho in testa una grossa cosa in versi » leggiamo nella lettera che Marina Cvetaeva scrisse a Bachrach il 28 agosto 1923 ¹ : il Poeta annunciava così il progetto di una trilogia drammatica che avesse come denominatore comune il personaggio di Teseo.

    Il figlio di Egeo diverrà bersaglio dei capricci del fato, ma soprattutto della vendetta di Afrodite e, come ogni personaggio tragico, anche le persone da lui amate: il padre, Arianna, Fedra ed Elena, le cui storie il poeta aveva attinte dalle popolari parafrasi di Schwab ².

    Queste versioni didattiche, moralizzanti e frequentemente espurgate dei miti greci, pubblicate per la prima volta nel 1837-39 e poi ristampate sino ai nostri giorni nei paesi germanofoni, furono l’unica fonte della Cvetaeva per le su tragedie e spiegano alcune delle sue deviazioni più sorprendenti dalle storie tradizionali di Teseo, Arianna e Fedra ³ .

    Aleksandr Bachrach (1903-85), letterato di origine kieviana, aveva pubblicato su Dni n.133 una recensione su Remeslo.

    Gustav Schwab (1792-1850), Sagen des klassischen Altertums, München Wien, W. Andeman Verlag, 1952.

    Simon Karlinsky, Marina Cvetaeva Her Life and Art, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1966, p.258.

    Pur conoscendo l’avversione del Poeta per uno studio di tipo formale, da lei definito « Autopsia, e non di un cadavere – di un corpo vivo ⁴ » non ho saputo resistere alla tentazione del semiologo dilettante! Mi sono divertita ad analizzare quantitativamente le battute, per determinare la presenza in scena dei personaggi, e foneticamente per misurarne l’ intensità emotiva. Ho indagato l’uso del lessico, l’applicazione delle funzioni proppiane e il trattamento del mito.

    Gli echi interni delle tragedie e i richiami intertestuali con liriche anteriori testimoniano la coerenza del discorso e individuano i temi più cari al Poeta.

    La sorprendente analogia nella biografia e nella sensibilità mitologica con un contemporaneo a lei sconosciuto, Cesare Pavese, e nell’intreccio della Fedra con La Mandragola di Machiavelli, autore di cui avrebbe potuto conoscere Il Principe ma non la commedia tragica, sono spiegati dalla Cvetaeva nella lettera a Jurij Ivask ⁵ del 4 giugno 1934:

    4. Marina Cvetaeva, Il poeta e il tempo , Milano,

    ed. Adelphi, 1984, p.41, a cura di Serena Vitale.

    5.Jurij ivask (1907-86) studiava giurisprudenza, ma si

    interessava soprattutto di poesia e di critica letteraria.

    « Da me, del resto, si potrebbero ricavare almeno sette poeti, per non parlare dei prosatori ».

    In queste pagine non c’è alcuna pretesa di fornire una traduzione letteraria o poetica né un’interpretazione esaustiva delle tragedie, quanto il desiderio di presentare, da una particolare angolazione, due opere che, come la loro Autrice, manifestano una semiosi illimitata.

    ​1. Notizie sulla genesi delle tragedie

    1.1. L’ambiente

    Marina Cvetaeva era in Boemia da un anno, a Mokropsy:

    « Un minuscolo villaggetto in montagna, viviamo nell’ultima casa, in una semplice izba...Subito dopo di noi comincia il bosco. A destra – un’alta cresta rocciosa. Un villaggio pieno di ruscelli ¹ ».

    « Il muschio corto mi punge le braccia, scrivo distesa...E accanto a me, come minuscole ballerine – i larici. (Il sole spruzza il fogliame attraverso la nube, l’ombra della matita – come spada!) » scrive ancora a Bachrach cinque giorni dopo ² .

    Per un anno intero il Poeta ha vissuto immersa in questa natura, nel bosco, con le poesie, con gli alberi senza la vicinanza di altri esseri umani:

    « Sono appena tornata da un’enorme passeggiata (27 chilometri!). Rocce, burroni, frane, frammenti di sassi – qualcosa a metà fra le rovine di un tempio e le caverne dei banditi, il tutto coperto da intrecci di rovi e soffocato da felci enormi,

    1. Marina Cvetaeva, Il paese dell’anima , Milano. Ed. Adelphi, 1988,p.192, lettera a Bachrach del 20 luglio 1923.

    2. Ivi, p. 200

    e io mi sono fermata sul ciglio di tutti i burroni, mi sono seduta su tutti gli alberi, sono tornata lacera, affamata, gelata da parte a parte dal vento » scrive a Bachrach ³ il 28 agosto dello stesso anno.

    Qualcosa di lei è rimasto a Fedra, smarrita nella foresta e tornata delirante, ma lo sfondo in cui concepisce Fedra , l’ambiente in cui vive e lavora il poeta è tutto diverso da quello che vide la nascita di Ariadna : il 1° febbraio del 1925 è nato Georgij, l’ultimo figlio di Marina e alla fine di ottobre la famiglia si trasferisce in Francia, a Parigi, dove la popolosa comunità russa esistente pare offrire più allettanti prospettive.

    Scrive a Pasternak: « Mi manca la natura russa, mi mancano le bardane, il bosco senza edera ⁴ ».

    In Francia l’ambiente è ostile e gli Efron, Marina e Sergej con i loro figli, devono continuamente cambiare casa alla ricerca di affitti meno costosi, lottare per raggranellare la somma sufficiente a pagare il famigerato terme, il canone trimestrale, vocabolo così ricorrente nel loro epistolario di questuanti.

    3. Il paese dell’anima,p.218, lettera a Bachrach

    4. Marina Cvetaeva, Deserti Luoghi, Milano, ed.

    Adelphi,1989, p.87, lettera a Boris Pasternak

    ( metà luglio 1927).

    Da Meudon, ennesimo, domicilio, Marina scrive ad Anna Teskovà ⁵:

    « In Boemia ho scritto Posle Rossii, Molodec, Tezej, Krysolov, Poema Gory, Poema Konca ⁶ e una serie di prose. Mi è stata di grande aiuto la natura, che qui non esiste ⁷ ».

    5. Anna Teskovà (1872-1954), presidentessa dell’Unione Boemo-Russa di Praga aveva invitata la Cvetaeva a tenere una lettura di poesie all’Unione: ne nacque una conoscenza destinata a trasformarsi in saldissima amicizia. Donna molto buona e intelligente, molto più anziana di lei, continuò a manifestarle affetto e devozione aiutandola con piccoli doni, tra cui libri, preziose somme di denaro e procurandole lavoro e pubblicazioni.

    6. Dopo la Russia, Il Prode, Teseo, L’Accalappiatopi,

    Il Poema della Montagna, Il poema della fine.

    7. Deserti Luoghi, p.93, lettera ad Anna Teskovà del

    20 ottobre 1927.

    1.2. Le fonti

    L’intenso rapporto con il lato selvaggio della natura che aveva instaurato in Boemia le fa desiderare letture omeriche ¹ :

    « Ora andrò a letto e leggerò la guerra di Troia. Non riesco a leggere nessuno oltre i Greci. Ho un enorme volume tedesco: spesso si parla di Elena ».

    È il testo di Schwab che a Praga la Cvetaeva integrerà con letture mitologiche presso la biblioteca cittadina: per il Poeta sarà fonte di temi e di stimoli ad attivare la propria capacità immaginativa, un pretesto per estrarre ciò che nel suo animo esisteva già in forma non manifesta perché, come ripeterà più volte:

    « La fonte di tutto sono io! ».

    Da St. Gilles scrive una lettera a Rainer Maria Rilke ² il 22 agosto 1926:

    « Una grande preghiera. Regalami una mitologia greca (in tedesco) – niente filosofia, semplice, dettagliata: i miti. Da bambina, mi pare, avevo un libro di Stoll. Presto uscirà il mio Tezej ( la prima parte: Teseo e Arianna, un poema drammatico). Ho appena iniziato Fedra ( il progetto è una trilogia: Arianna –Fedra –Elena) e mi occorre un libro di mitologia. L’ira di Afrodite – questo è il Leitmotiv ».

    Il paese dell’anima, p.218, lettera a Bachrach

    Deserti Luoghi, p.67

    Nella lettera a Ivask ³ del 4 aprile 1933 la Cvetaeva spiega:

    « La Fedra di Kuzmin non l’ho mai letta. Le fonti della mia Fedra e in genere di tutta la mia mitologia sono un libro tedesco di Schwab per la gioventù. O meglio- il materiale ( le fonti sono in me: io stessa). Esattamente come il materiale dello C’ar-Devica ⁴ e di Molodec sono le corrispondenti favole della raccolta di Afanas’ev ⁵ ».

    3. Ivi, p. 171

    4. Zar-Fanciulla

    5. Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev ( Bogučar , 11 luglio

    1826 – Mosca, 23 settembre 1871) è stato uno

    scrittore e linguista russo. È il più famoso dei

    folcloristi russi dell' Ottocento. (Wikipedia)

    1.3. Le Idee

    Uno dei primi accenni al progetto di una trilogia, che avesse il personaggio di Teseo come protagonista, lo troviamo nella lettera a Bachrach del 28 agosto 1923 ¹ :

    « Ho in testa una cosa grossa in versi, mi attira già da molto tempo, per scriverla mi serve la pace ».

    Due anni dopo annuncerà a Pasternak l’invio, insieme con altre opere, anche del Tezej , titolo che poi sostituirà con Ariadna.

    Il 9 febbraio 1927 scrive a Pasternak da Bellevue ² : « Nel numero due di Versty c'è il mio Tezej - la tragedia, la prima parte. In autunno ho cominciato la seconda, ma l'ho interrotta per scrivere a Rilke...Nella tua lettera dici fantasma sonoro e nel mio Tezej c'è " Igry - prizrak, i radost' – zvuk ³ ».

    Il 28 novembre 1927 scrive ad Anna Teskovà ⁴ :

    « Sto finendo l’ultimo atto di Fedra ( la tragedia)». Il mio Tezej è stato concepito come una trilogia, ma per scaramanzia non l’ho annunciato: per farlo

    Dovrò almeno aver completato due parti.

    Il paese dell’anima, p.215

    Deserti Luoghi , p. 73

    Trad. Il gioco è un fantasma, e la gioia – un suono. Rilke conobbe la Cvetaeva per via epistolare grazie all’interessamento di Boris Pasternak

    Deserti Luoghi , p. 96

    Sapete che a Teseo toccarono in sorte tutte le donne? Tutte e per sempre: Arianna (L’anima), Antiope (L’Amazzone), Fedra (La passione) ed Elena (La Bellezza). Elena di Troia. Il settantenne Teseo la rapì quand’era una bambina di sette anni e a causa sua morì. Quanti amori e tutti sfortunati. L’ultimo fu il peggiore di tutti perché amava una bambola… ».

    Ad Anna annuncerà la fine di Fedra :

    « Quasi sei mesi di lavoro: il fatto è che

    scrivo mezz’ora al giorno – quando va

    bene un’ora! È molto lunga, più lunga di

    Tezej ⁵».

    Le due tragedie classiche sono scritte in rima: « Perché la cosa in versi duri, bisogna che diventi canto. Il canto include anche l’accompagnamento musicale a lui solo – e il solo a lui – proprio; per questo è compiuto, completo e non deve nulla a nessuno ⁶ ».

    5. Deserti Luoghi , p. 98, lettera del 12 dicembre 1927.

    6. Ivi, p. 137, lettera a Charles Vildrac del 1930, da Meudon. Pseudonimo di Messager, Vidrac (1882-1971) fu poeta, prosatore, drammaturgo, teorico del verso sciolto che Pasternak fece conoscere a Marina.

    1.4. I quaderni di appunti

    Dai quaderni di appunti che accompagnano le due tragedie ¹ veniamo a sapere che la Cvetaeva cominciò a meditare Fedra già dal 1923, durante il lavoro sull’Ariadna.

    Gli schizzi, i piani, gli appunti per la prima tragedia si alternano nel quaderno nero con le copie, le annotazioni appartenenti alla seconda, comprese quelle riguardanti l’interpretazione dei caratteri che risalgono perciò all’ottobre ’23, come questa:

    « Vendicatasi di Teseo (NB! Quegli dèi non castigavano, bensì si vendicavano) Afrodite accende nel cuore della moglie del re, Fedra, la passione per Ippolito ».

    Nella prima metà del settembre 1926 la Cvetaeva crea il cosiddetto piano approssimativo della futura Fedra che, malgrado la notevole frammentarietà degli appunti, appare un modello tipico della tagliente e intensa prosa del Poeta: qui lei medita, discute con se stessa, psicologizza i caratteri e gli atti degli eroi, cerca per loro un’interpretazione vitale e convincente.

    A es. per il primo atto, La Sosta, scrive:

    1. Marina Cvetaeva, Sočinenija, Moskva,

    Chudožestvennaja Literatura, 1984, a cura di Anna

    Saakianc.( Fonte dei testi in lingua originale delle due

    tragedie)

    « /Bilancio del primo atto: riflettere: dalle labbra di Ippolito il racconto di sua madre? ( È possibile dalle labbra della nutrice). Qual’è il Leitmotiv?- Gloria all'amicizia o ingiuria all’amore? Ippolito maledice l’amore o le donne? Afrodite (la dea) o l’amore?...Decidere: dare Ippolito come figlio di matrimonio tragico o felice?/...».

    Più avanti negli appunti:

    « Sogno su Fedra – si vorrebbe scriverlo con la partecipazione della natura, accompagnare di tanto in tanto tutti e cinque gli atti (NB! È impossibile) a lungo di notte e di giorno. Teseo (Arianna) sono fuori della natura sino alla stranezza – soltanto anima e destino. Si vorrebbe dare Fedra come fosse il mirto incarnato, avvinghiarla tutta intorno all’alberello di mirto ²...NB! È indispensabile la linea delle due madri: Pasifae (passione per il mostro) e Ippolita (Antiope)- odio verso gli uomini ».

    Tra le varie possibilità temporali il Poeta sceglie:

    « ... Penso: la conversazione di Fedra e la nutrice verso sera, l'arrivo della nutrice da Ippolito di notte, il suicidio di Fedra immediatamente (omissione della parola) o alle prime luci

    dell’alba ».

    2. Nell'antichità, il mirto era pianta sacra a Venere , in quanto si riteneva che la dea, appena nata dalla spuma del mare, si fosse rifugiata in un boschetto di mirti. (wikipedia) Ovidio, Metamorfosi, II, 234.

    Riguardo al luogo dell’azione:

    « Dove conversano Fedra e Ippolito? ...Se di giorno - l’alberello di mirto, se di notte - la stanza ».

    Negli abbozzi del 3° atto leggiamo su Fedra e Ippolito: « Parla come in sogno, perciò non sente le sue esclamazioni, rinviene, irrompendo con una risposta...due linee: oblio e ricordo » e più avanti « Pensare: Fedra propone a Ippolito di morire insieme, soltanto nella morte concretizzare il sogno comune. Generosamente, ma – non è forse un’assurdità? Stranezza della proposta: poiché non mi hai baciata, morirai con me...Stranezza della risposta di Ippolito: Rettile – alla generosa – anche se allucinante proposta di morte comune. Meglio: il sogno sulla morte comune , ma dopo – baciami, dopo di che non potrai più vivere come se niente fosse stato...Io penso Fedra ossea – e non di carne. La carne è Elena ».

    Nella brutta copia della lettera a Boris Pasternak sul 3° atto scrive: « ... da me non dipende nulla. Tutto il lavoro è del ritmo nel quale càpito...Non appena esco dal ritmo – è finita, striscio, tre righe al giorno, senza ispirazione! ».

    La Cvetaeva rinunciò al quinto atto, I Cavalli, in cui il discorso avrebbe avuto quale centro la rovina di Ippolito e concentrò l’attenzione sul conflitto psicologico, principalmente della nutrice.

    Ripudiando la versione euripidea da lei conosciuta, il Poeta non porta in scena Artemide, per spiegare il tutto e promettere vendetta e gloria

    eterna ai morti: è Teseo che arriva alla comprensione e si riconcilia con il figlio e la moglie, conscio che le persone sono soltanto strumenti, mossi dagli dèi.

    La tragedia in versi Tezej fu pubblicata sul secondo numero di Versty che apparve nel 1927. Nel lavoro alla tragedia, più tardi intitolata Ariadna , iniziata nell’ottobre ’23 si era incuneato quello ai poemi ( della Montagna e della Fine): un’interruzione che mutò sensibilmente il piano originario e lasciò tracce nel testo della pièce. Rielaborando la leggenda di Arianna a Nasso, il Poeta sminuiva il ruolo del Fato, dell’intervento divino, e attribuiva agli uomini la responsabilità delle loro scelte.

    Teseo che cede Arianna addormentata a Dioniso/Bacco...agisce per amore, e consegna la donna amata alla pace dell’immortalità, non turbata dalle passioni, all’atarassia senechiana: solo Afrodite, donnetta mortale, non capirà il senso di quella rinuncia e si vendicherà, adirata ³.

    Il terzo che divide Arianna da Teseo e che Ivask doveva aver identificato in Bacco, per

    la Cvetaeva era invece la precaria caducità dei corpi e delle passioni umane.

    Come in una poesia del 1928, La naiade ⁴ , dove un’irosa e ironica ninfa infastidita dal costume da bagno, sbuffa: « ...nel mare – stoffa, nel campo – steccato, / eterno terzo nell’amore!».

    3. Deserti Luoghi, p. 414, lettera a R.M.Rilke del 22 agosto 1926

    4. Ibidem, p. 478

    ​2. ARIADNA

    Così, come il Poeta aveva deciso di attingere a libri sui miti greci che fossero i più semplici e meno interpretati possibile, parimenti l'Autore ha preferito presentare ogni protagonista con la visuale essenziale di Angela Cerinotti ¹ :

    Arianna- Figlia di Minosse, si innamorò di Teseo venuto a Creta per uccidere il Minotauro e lo aiutò a orientarsi nel labirinto fornendogli il proverbiale gomitolo di filo. Compiuta l’impresa Teseo portò via con sé Arianna, ma la abbandonò per ordine di Dioniso e secondo altre perché se ne era stancato. Dioniso la fece sua sposa; questo almeno è il compimento della sua storia nella maggior parte delle fonti.

    Teseo – Eroe greco venerato in modo particolare nell’Attica, figlio di Poseidone e di Etra, che giacque in quella stessa notte anche con Egeo- re di Atene, nda . Questi lo riconobbe dalla spada. Come Eracle affrontò molte fatiche, uccidendo pericolosi ribaldi che operavano lungo la costa tra Trezene e Atene.Partito per Creta trionfò sul Minotauro grazie all’aiuto di Arianna.(...).

    Minotauro – Mezzo uomo e mezzo toro, generato da Pasifae, moglie di Minosse, che grazie a un’invenzione di Dedalo, in seguito costruttore del labirinto, riuscì a unirsi al toro che Poseidone aveva donato al re di Creta.

    Dioniso – Dio del vino e della viticultura, simbolo delle energie vitali. Il suo culto confluì a Roma in quello di Bacco.

    1. Angela Cerinotti, Atlante dei miti dell'antica Grecia e d i Roma antica, Colognola ai colli (VR), ed. Demetra, 1998.

    Povera Arianna!

    Dopo l’appassionato gioco di muscoli col giovane Teseo, abbandonata sul duro scoglio di Naxos – italianizzato in Nasso - , ruvido e battuto dai venti, senza lenzuola né coperte, non poteva che risvegliarsi...polireumatica!

    E soprattutto – dalla sua prospettiva umana – sola , sedotta e abbandonata, piantata in un asso di picche da quel traditore di Teseo!

    Dall’attacco di reumatismo articolare della futura dea alla frase definita polirematica piantare in asso, comunemente usata con il significato di abbandonare qualcuno da un momento all'altro, senza preavviso, il passo è breve.

    Così come la corruzione linguistica da piantare in Nasso a piantare in asso osservata da Paolo Minucci, letterato e poeta fiorentino del ‘700.

    1.Una polirematica è un lessema caratterizzato da una speciale unità sintattica e semantica interna. La polirematica piantare in asso (anche lasciare in asso) viene usata con il significato di abbandonare qualcuno da un momento all'altro, senza preavviso. (wikipedia).

    ARIADNA

    tragedia

    Personaggi:

    Teseo, figlio del re Egeo

    Arianna, figlia del re Minosse

    Egeo, re di Atene

    Minosse, re di Creta

    Poseidone

    Bacco

    Sacerdote

    Veggente

    Messaggero

    Acquaiolo

    Coro delle fanciulle

    Coro dei giovani

    Coro dei cittadini

    Popolo

    Il testo poetico in lingua russa ha frequentemente reso impossibile una sua versione letterale, costringendo a fornire interpretazioni, estrapolate dal contesto.

    SCENA PRIMA

    l forestiero

    Piazza del palazzo di Atene. Sul far dell’alba. Passa il messaggero. Presso la fonte, semi-sdraiato, sta un vecchio forestiero. Si avvicina l’acquaiolo.

    MESSAGGERO

    Si alzi, chi non ha dormito!

    Si alzi, chi, come spirito errante,

    Non ha chiuso gli occhi!

    Alzatevi, è arrivato

    Il giorno del pianto!

    Sette stelle del mattino,

    Vanagloria del padre, felicità del fratello,

    Alzatevi alla partenza,

    A cui non c’è

    Ritorno!

    Valorosi sette cuccioli di leone –

    Con voi si perderà la stirpe e il ricordo –

    Con le fanciulle

    Mettetevi in fila. È già tesa

    La fune.

    Spanditi, gemito delle madri,

    Sul mare! La terra ne è lavata.

    La nave è pronta.

    Per Atene la legge –

    È il re Minosse!

    Si alzi, chi non…

    ( il messaggero passa oltre)

    FORESTIERO

    Se, per le lacrime versate, gli occhi dei mortali

    Perdessero la vista – non ci sarebbero più occhi per vedere!

    Che città è questa, dove tutte le notti

    Non i bambini – ( bensì) le madri piangono!

    I vecchi piangono! Qualcosa di grave è accaduto!

    Il muggito del mare – come il ruggito di un leone!

    Orsù dimmi, acquaiolo,

    Questa città è proprio Atene?

    ACQUAIOLO

    Sì, certo.

    FORESTIERO

    Il fumo dei focolari

    Si affievolisce. Il fuoco è amico del cielo!

    Può essere che non veneriate abbastanza gli dèi?

    ACQUAIOLO

    No, serviamo con zelo gli dèi.

    Giorno e notte sangue e olio

    scorrono, ricco è il sacrificale incenso

    in onore del canuto principe del mare

    Poseidone, della fanciulla Pallade.

    Sebbene siano molti, noi li veneriamo tutti!

    Ascolta e rabbrividisci, vecchio:

    Per un funesto peccato del re

    Egeo - una terribile punizione.

    Esattamente ventiquattro

    Primavere fa – Androgeo, ospite

    Cretese,- che come arciere non aveva

    Eguali: dardi veloci come il suo pensiero

    scoccava!

    Sventolava il suo mantello scarlatto,

    Sulle guance- fioriva la gioventù,

    Sulle labbra – giocava la saggezza.

    Coraggioso come un leone, esile come un giunco,

    Generoso come uno, vicino agli dèi.

    Sempre - primo il nostro ospite cretese

    Nella corsa, nella lotta, nel lancio del disco,

    Nei canti – e nella brama di fanciulle…-

    O, - sappi – lui avrebbe potuto raccoglierle a mazzi!

    Ma l’eterno ritornello della bellezza –

    È la morte – e Androgeo fu trovato

    Morto…al culmine della bellezza e del fascino!

    Ucciso da una freccia, conficcata nella schiena!

    E toccò a noi a Minosse in dono

    il giovane figlio morto

    riportare…

    Di guerra risuonò

    Creta. Ci furono molte e terribili disgrazie:

    Febbri, smanie, siccità, afa

    Dispensarono gli dèi vendicativi

    alla nostra città. Il flagello della siccità

    brucia i campi, le erbe non hanno linfa.

    Piangi, madre! Supplica, primogenito!

    Seni materni, grappoli, ruscelli – tutto si è inaridito

    in questo paese-

    (indica gli occhi)

    Eccetto queste

    Fosse. È stato convocato il consiglio supremo.

    Il re è andato

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