La terza palla
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La terza palla - Pasquale Panella
parole
Erano uomini
Erano uomini ma erano ancora ragazzi. Erano preparati a questo, essendosi allenati intrecciando le dita dietro la nuca, la testa assestata nel canestro delle mani come il formaggio fresco. Un giorno, qualcuno di questi caci si adagerà su un letto di foglie, un'aureola d'alloro per l'aroma, l'odore di una certa santità bestiale, campestre, d'arrosto. Con le mani così, le braccia disegnavano il contorno di due orecchie d'elefante. Essi, gli atleti, agitavano queste orecchie, questi arti superiori, come gli elefanti sconsolati i loro ventagli, per significare no, no...
senza sapere no che cosa. Quando l'uomo imita l'animale, sembra davvero un uomo: non sa perché no, o non sa perché sì come il somaro. Ma l'uomo imita anche l'uomo, come un animale allevato: collega tutto al cibo oppure alla solitudine, o alle due cose insieme in religiosa mescola. Essi s'erano preparati flettendosi non una ma parecchie volte come le erbe che oscillano sulle paludi, tentennando: le cime in cielo, e le radici che si torcono molli in acquitrini cremosi come ossessioni sessuate. Si erano preparati distendendo una gamba, poi l'altra, come se volessero prolungarle fino a perderle di vista. Avevano corso come cavalli da calessi: il capo di una fune legato alla vita, l'altro a una specie di base per ombrelloni da giardino, trascinata come un peso dal quale essi fuggivano tirandoselo appresso, proprio come i cavalli i calessi odiosi. Avevano corso in salita nei boschi cercando (l'asparago, il fungo, la mora?) un ricordo personale, che non erano mai certi di ritrovare, e ci riprovavano per l'ennesima volta: cercavano il fiato. Nervosi come galline, di botto e senza motivo, come allarmati da un rumore di vetrata che crolla, scattavano per un tratto breve, a gambe dissennate, come se volessero sbattere la testa contro un muro. Il muro non c'era e si fermavano da soli. Ampliavano le braccia in aria come le ali, per allargare i polmoni: la cassa toracica di un calciatore non è quella del violino, è quella della fisarmonica. Davanti a un birillo scartavano di lato, come nessun treno avrebbe saputo fare davanti a un catastrofico obelisco. Hanno giocato partitelle innocue tra compagni di squadra divisi in due fazioni improvvisate (quindi determinate da ragioni sottilmente ataviche) dai colori insignificanti, futili come i motivi di sfida, quindi di faida (ma i tempi delle partitelle non hanno durate generazionali). Erano preparati a questo, sono passati e passeranno attraverso l'imbuto lento della tormentata vigilia per indossare, selvaggi e maestosi, i colori, gli stemmi, le tinte ornamentali di tribù letargiche che, al contrario degli orsi, s'assopiscono durante il solleone. Essi sono rimasti in attesa come statue sepolte nell'oleosa solitudine dell'estate. Queste statue sono state disseppellite, estratte dalle sugne delle controre che opponevano risucchi di amanti grasse, si sono lasciate sollevare dai restauratori, si sono consegnate come mucche da carne agli squartamenti della preparazione, che eviscera, che strappa il cuore. Imbalsamatori che non conoscono il fallimento hanno impregnato, a mani nude, i loro corpi di resine, di bitume, d'olio elastico, di mirra, cannella e gomma arabica, per far rivivere a questi corpi un'altra vita, per un'altra stagione, nell'al di qua. Avendogli giustamente estratto, come una perla, il cervello dal naso. Chi qui sorride, sta facendo un grosso sbaglio. Voi che avete cervello, che ve ne fate?, vorrei sapere. Della vostra manciata di cervello, gettato nella polvere del pensiero, che s'appiccica tutta al cervello: polvere, residui perduti, pelle morta, capelli. Oppure, secondo il candido principio del lavoro pulito, che ve ne fate di un cervello che rotola nella farina delle vostre macinazioni da tarli nel mobilio italiano? Ve lo fate fritto, quel vostro cervello indorato. Voi, popolo di presidenti e vicepresidenti friabili, e di inspiegabili amministratori delegati. Queste statue si sono allineate in campo come gli angeli e i santi in cima ai cornicioni delle chiese. Sono statue di ragazzi emozionati dai prati, quasi perplessi per quella liscia oscenità: la terza palla al centro, ai loro piedi. Il marmo si muove, la serie A s'avvia come una banda che suona. Intonerà, stonerà, crescerà, calerà, rullerà, avrà effetti di scoppio o di pena nel cuore. L'anima è ultrà. Domenica prossima, prima sosta perché Viva l'Italia. Di già.
Partite mosce e poche
Partite mosce e poche, il tifo se ne fotte, arbitri in campo solitari come l'erba... campi di gioco, campi per gioco... l'anima ultrà è fuori di sé, ossia è fuori dagli stadi, tenuta a una certa distanza... sassi e razzi contro lacrimogeni... guerriglia urbana... il pullman che porta i giocatori arriva e non arriva, arriva, fa una conversione, è dirottato, se ne va... manovre approssimative... tutto il calcio minuto minuto... si gioca poco in campo e molto al tavolino, come a carte... tutti contro tutti. La terza palla, al centro, è l'unica notizia: Il campionato di B ha ufficialmente inizio... prima giornata, che sarebbe la seconda ma è la prima
... in vantaggio il Cagliari con, crediamo, Festa... anzi no con rete di Lorìa... dodici i tifosi del Cagliari. Presidenti: Le partite, mi risulta, si starebbero per giocare quasi tutte, insomma entrambe... e io non ho ordinato di giocare, così come non ho ordinato di non giocare, quindi il campionato è assolutamente partito...
; Quello che dice Galliani conta come il fante di picche... mi dispiace per la gente di Palermo...
(Il Cagliari raddoppia...); Perché il Cagliari sta giocando? Non per i tre punti ma per due motivi... per principio e non per questua...
. Buonasera, presidente, parliamo di Livorno-Messina... le bugie hanno le gambe corte... i miei giocatori quando l'hanno saputo a casa... attraverso i loro colleghi... si sono precipitati...
. Leggiamo l'Agenzia: alle venti e trenta si sono presentati i giocatori del Livorno quando hanno saputo che i giocatori del Messina... purtroppo io credo eh ma sa che poi ognuno di noi... giochiamo a scrutinio segreto... poi sa oh... qui c'è un potere che vuole distruggere... io non sono come qualcuno che ha detto... parlo sempre a titolo personale, cioè a me stesso, perché voglio sempre rispettare gli altri...
. Non so chi stia giocando... tra Cagliari e Catania non c'è partita... come tra le altre squadre...
. Bilancio degli incidenti: una trentina di tifosi sono scoppiati... presidenti avvelenati fuori dei denti... volano parole grosse come portieri... tradimenti all'incrocio dei pali... i loro soldini... il problema di girarsi... il taccuino dei cattivi... ancora zero a zero... comminata... lo spiovente, l'intervento... l'iniziativa velleitaria... fa cenno... le squadre stanno disputando una partita vera ma amichevole... ma è vero anche il contrario: in via amichevole si può dire che non stiano giocando... essendo l'ultimo uomo è stato espulso... disegna una traiettoria con lo schizzo di curaro (punizione di Zola, terza rete). Serata triste al Nereo Rocco... chiedeva soltanto di essere spinta... anche se nel calcio non si può mai dire... non è tutt'ora entrato in partita... ha lambito... sarebbe stata... se avesse... si allunga troppo... recupera... rovina a terra, non protesta, anche se guarda l'albero, mi correggo: l'arbitro... ricordiamo il risultato... gli lascia il posto uno spento... non si è visto molto... le squadre, a Napoli, ancora leggermente zero a zero, ma c'è stata deviazione... il goal potrebbe essere vicino... si levano le voci... giocatori stranamente compassati... lambisce, esce... entra: il Como va leggermente in vantaggio... i lariani... è il trentaquattresimo del secondo tempo... precisiamo che le due partite non sono amichevoli... Presidenti: "E io le dico invece che saranno amichevoli, anche se oggi non lo sono, perché nella vita bisogna avere coraggio quando si affronta una lotta... io le dico che al mio livello sarei pronto a giocare anche da solo, e Giovedì non giocheremo, però ci sono tre giorni, e chissà... (I diritti soggettivi?). Napoli diventa campo principale... si è superato, riuscendo a volare... potrà usufruire, nei minuti restanti, della superiorità numerica, perché il giallo è diventato rosso... parlotta con l'arbitro... Brambilla al posto di Zola... incaricarsene... dovrebbe trattarsi... sul punto di battita, di battuta, scusate... se n'è andato già il primo minuto di recupero... un uomo all'altezza del fondo... il solito problema di girarsi... squadre lunghe... il Como espugna... il Cagliari batte... favoriti coloro che hanno viaggiato, perché più concentrati nello sforzo... giocate due partite delle dodici... la classifica è molto semplice (mica tanto). La squadra, che per quattro volte non si presenta, sarà radiata... ma poi saranno annullati sia i punti presi, giocando, sia le penalità conquistate facendo sul serio... sarà questa la goccia? La protesta va avanti... si faranno passi indietro... poi deciderà il signore, il Signore... e chi vivrà vedrà la partita...
* Per rendere più caotico il racconto va chiarito che quel che è scritto accadde nella prima giornata (per esattezza la seconda in calendario) del campionato di Serie B, stagione 2003-2004, quella che fu detta stagione provvisoria
a 24 squadre (numero massimo mai raggiunto in una divisione del campionato italiano), estensione determinata da provvedimenti della giustizia sportiva, pure rallentata da intricati ricorsi. Nella giornata di avvio del campionato (3 agosto 2003) molte società proclamarono lo sciopero e non si giocò. Nella seconda giornata (7 settembre 2003) furono giocate le prime partite, solo due, Catania-Cagliari (0-3) e Napoli-Como (0-1). Gli altri stadi restarono vuoti, con proteste all'esterno. Il campionato, con tutte le squadre in campo, iniziò alla terza giornata, l'11 settembre 2003.
Non c'è niente di vero
Non c'è niente di vero al mondo se non un cinque a zero. Chiuso il discorso. Parliamo di me che gioco. E facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi se li mettiamo nei sogni. Certe volte sprofondavo sul serio nella fanghiglia onirica che rallenta la corsa, mettevo i piedi su una terra stanca – e quando dico terra intendo il nostro pianeta Terra – e il nostro pianeta mi diceva: Oh, trascinami tu
, e mi abbracciava le caviglie come un'annegata che sta sprofondando in un mare di sonno, e la mia velocità diventava una colla. Non ero io che dormivo, io ero sveglio, ma ogni passo andava storto, un metro era tre metri, uno scatto era come guardare un orologio camminare (sono partite che continuano nel futuro di ogni calciatore, come le punizioni a pennello nella rete: i difensori fermi, il viso voltato alla porta, le bocche aperte e vuote come i piatti appesi al muro). Attenzione a realizzare i sogni perché i sogni sono incubi, anche i più belli, perché nei più belli c'è tutto quanto hai perduto o stai perdendo o perderai, e il risveglio fa parte del sogno (l'uomo che dorme si chiude nel proprio ripostiglio, cerca una cosa in alto, abbassa gli occhi perché cade polvere, si allunga, sfiora la cosa con le dita, con l'indice la sollecita a farsi avanti, la cosa arriva all'orlo, cade, l'uomo si piega, si inchina con rabbiosa sottomissione alla cosa perduta, soggiogato da essa la cerca con altrettanto rabbiosa supremazia, ma ne trova un'altra, era quella che cercava un'altra volta che dormiva... non uscirà dal sonno né con questa tra le mani – ma che in tutt'altro sogno gli è sfuggita – né con quella che gli sfugge in questo sogno). Giocherò per altri tre anni, il che vuol dire per un altro anno (dopo questo) o per altri cinque. Nemmeno io so quand'è che dico quel che penso: ho detto tre come se fosse vero, ma quando ho detto uno e cinque ci ho messo già più forza, un'insistenza, e parlavo d'aria, perché questo sono gli anni futuri, aria, e io degli gli anni futuri cosa conosco, cosa so, cosa vedo? Non la terra ma il cielo, perché il cielo è più facile, sia di giorno sia di notte, e l'aria sta lì. In quanto a questo sono ingenuo, un po' come tutti: vediamo il cielo perché in cielo non c'è ancora niente, esclusa la perdita d'occhio dell'universo e la presenza solitaria di ogni stella (anche in un lancio lungo c'è tanto cielo e tanta poca terra, e magari non ce ne fosse, magari ci fosse la testa di un compagno o il piede giusto, magari il lancio continuasse il volo, tenuto su di testa, di piede, fino dentro la rete, fino alla terra, lì, dentro la porta). Quando guardo le stelle penso: meglio di niente. Se non ci fosse niente penserei di più. La disposizione in campo delle stelle: come, sui prati, lenti gitanti annoiati. La terra non è nemmeno una stella, è un pianeta, una specie di riserva, non lo so... e, se gioca (tutta ellissi e piroetta), gioca solo perché l'allenatore è il padre della terra, come sui campi peggiori. Non può essere. L'influsso degli astri finisce qui,