I carismi del canto e della danza: Fondamenti biblici linee catechetiche testimonianze patristiche
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Anteprima del libro
I carismi del canto e della danza - Giuseppe Bentivegna S.J.
IMPRIMATUR
Padre Francesco Beneduce S.J.
Viceprovinciale
Ignatianum, Messina 21 febbraio 2005
Giuseppe Bentivegna S.J.
I carismi
del canto e della danza
Fondamenti biblici
linee catechetiche
testimonianze patristiche
Edizioni Rinnovamento nello Spirito Santo
Titolo
I carismi del canto e della danza
Copyright © 2005
Odos ServiziS.c.p.l.
Prima edizione aprile 2005
Progetto grafico, Ebook
Gaetano Fontanazza
In copertina
Il passaggio miracoloso del Mar Rosso
Affresco, Agostino Comerio da Locate, 1824,
Santuario Madonna della Bocciola, Ameno (NO)
Ogni richiesta va indirizzata a
Odos Servizi S.c.p.l.
Via del Campo, 46f - 00172 Roma
Tel. 06 2310577 - Email: segreteria@edizionirns.it
L’uso del marchio
Edizioni Rinnovamento nello Spirito Santo
è concesso da
Associazione Rinnovamento nello Spirito Santo
PARTE PRIMA
IL CARISMA DEL CANTO
Non credevamo che fosse così ricca la dottrina dei Padri della Chiesa sull’importanza del canto nella liturgia e sul valore formativo dello stesso nella vita del cristiano. A farci ricredere è stato il carissimo patrologo padre Giuseppe Bentivegna S.J., che nel suo aureo libretto I carismi del canto e della danza, nella prima sezione dedicata al canto, ha allineato una ottantina di passi tratti dai più noti Padri, come san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, sant’Agostino e molti altri ancora, consentendoci di entrare come in un bellissimo giardino, ben diviso, con tante varietà di alberi e molti frutti, belli a vedere e dolci a gustare.
Il saggio è formato da tre capitoli. I primi due: Il canto nella Sacra Scrittura, e Linee catechetiche sul canto cristiano, costituiscono una sorta di preambolo al terzo capitolo: Assiomi dei Padri sul valore e sul carisma del canto nella Chiesa, che è come il corpo di tutto l’elaborato.
Nel primo capitolo, l’Autore mette in evidenza la presenza del canto nel percorso religioso dell’uomo di tutti i tempi, come espressione del suo rapporto con Dio. Il cammino del popolo di Israele è segnato dall’esperienza del canto fin dall’uscita dall’Egitto e raggiunge, nei salmi di lode, di ringraziamento, di lamento, di supplica, di adorazione, i più alti vertici della preghiera ispirata e della poesia. Allo stesso modo, il cammino del popolo cristiano: al canto salmodico proprio della liturgia ebraica, la comunità cristiana, nelle celebrazioni liturgiche, aggiunge canti nuovi formati da Inni cristologici di alto contenuto teologico, frutto dell’effusione dello Spirito a Pentecoste. Le Lettere di Paolo (Efesini, Colossesi, Filippesi, Corinzi) ci offrono campioni meravigliosi di questi cantici; e l’eco di questi canti nuovi incentrati su Cristo Signore risuona nei bellissimi testi dell’Apocalisse. Questa lode continuò nella Chiesa subapostolica ed è perfino testimoniata da Plinio il Giovane che, agli inizi del secondo secolo, scrive che i cristiani nel giorno del sole si radunavano per celebrare un Dio misterioso e invisibile cantando inni
.
Nel secondo capitolo, sulla scia dei Documenti della Chiesa, soprattutto del Catechismo della Chiesa Cattolica, l’Autore mette in risalto il valore ascetico e carismatico del canto nelle celebrazioni liturgiche.
Gli ottanta passi del terzo capitolo che formano – com’è stato detto – il corpo del libro, sono divisi in sezioni: il canto come liberazione, come fonte di conversione, come intercessione, come espressione di fede, come ringraziamento e come esperienza che avvicina al Cielo. Sono testi dottrinali molto preziosi che vanno centellinati, assorbiti lentamente per gustarne la bellezza e far sì che diventino alimento di vita. L’ultima sezione è riservata al canto in lingue, che allinea una decina di testi di sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo, sant’Agostino, san Gregorio Magno, sant’Isidoro di Siviglia, che evidenziano l’importanza del canto in lingue come espressione privilegiata del canto nuovo degli ultimi tempi della salvezza.
Il lavoro del padre Bentivegna S.J. è una vera scoperta e offre ai lettori, soprattutto a quelli del Rinnovamento nello Spirito Santo, un pascolo di dottrina, una guida preziosa nell’uso del carisma.
Auguriamo a questo testo una larga diffusione nei Gruppi e Comunità del RnS e presso quanti si interessano all’argomento, perché il nostro canto assolva al compito di sostenere la fede, di nutrire la pietà, di elevare il tono della vita, di illuminare il servizio delle assemblee comunitarie, e perché le nostre celebrazioni siano a gloria di Dio e per l’edificazione della Chiesa.
Padre Matteo La Grua o.f.m.
IL CANTO NELLA SACRA SCRITTURA
1. Importanza religiosa della lode di Dio nel canto
Il canto come manifestazione religiosa ha avuto, in tutti i tempi, una grande importanza. Nella Sacra Scrittura, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, il canto appare collegato con espressioni religiose, dette in ebraico Tehillim, e tradotte nella Bibbia greca con il termine Psalmoi; espressioni che, specialmente nelle assemblee, erano destinate ad essere cantate con l’accompagnamento di uno strumento a corda.
2. «Il dolce libro dei salmi»
I salmi hanno un contenuto che si adatta alle esperienze spirituali più varie. Le loro espressioni si adattano a tutti gli aspetti che possono caratterizzare i nostri rapporti con Dio. Nello sfondo, si implica sempre la presenza del nostro Redentore, Gesù.
I salmi di Lode ci spingono a riconoscere la dignità della maestà di Dio e a proclamare l’ammirazione che essa suscita (cf Sal 8: O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome!).
I salmi di Lamento ci aiutano a presentare a Dio le varie afflizioni che accompagnano il dramma della nostra esistenza sulla terra (cf Sal 2: Perché le genti congiurano?; cf Sal 22/21: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato… sono le parole del mio lamento).
I salmi di Supplica individuale o collettiva ci inducono a chiedere l’intervento potente di Dio perché ci liberi dai mali che ci opprimono (cf Sal 3: Signore, quanti sono i miei oppressori!; cf Sal 43/42: Fammi giustizia, o Dio).
I salmi di Ringraziamento ci fanno esprimere la nostra riconoscenza a Dio per la benevolenza con la quale viene incontro al nostro grido di aiuto (cf Sal 30/29: Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato; cf Sal 66/65: Acclamate a Dio da tutta la terra… Dio mi ha ascoltato).
I salmi di Glorificazione dicono la gioia con la quale ci uniamo agli angeli e ai santi, che cantano la lode di gloria di colui che siede sul Trono e dell’Agnello
(cf Ap 19, 1-8; cf Sal 115/113B: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia; cf Catechismo della Chiesa Cattolica [= CCC] 2642).
3. Il canto profetico nel Vecchio Testamento
Il Vecchio Testamento presenta come un fatto normale una stretta connessione della lode di Dio con il canto. Il canto fa parte delle espressioni più pure della pietà collettiva. Ma viene anche particolarmente collegato con la presenza di una grazia speciale, il dono della profezia; dono per il quale, nel linguaggio di san Paolo, si preferirà usare il nome di carisma
. Riportiamo i casi più emblematici.
Nell’Esodo, il canto diventa profezia nella bocca di Maria, la sorella di Aronne:
Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: «Cantate al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!» (Es 15, 20-21).
Il profeta Samuele predice a Saul che Dio lo avrebbe investito del dono di profezia, di cui godeva la turba di coloro che erano in atto di fare i profeti mentre acclamavano a Dio preceduti da arpe, timpani, flauti e cetre (cf 1 Sam 10, 5-6).
Ai tempi del re David, i figli di Asaf, di Eman e di Idutun costituirono un coro voluto dal Signore perché cantassero profezie sulle cetre (cf 1 Cr 25, 1).
Gli olocausti, i sacrifici di comunione, gli eventi di festa venivano sempre celebrati in un’atmosfera di giubilo, nella quale i cantori intervenivano con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cembali, perché, levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia (1 Cr 15, 16b); fra gioia e canti, secondo le disposizioni di Davide (2 Cr 23, 18c; cf 30, 21).
4. Il carisma del canto nuovo
negli ultimi tempi della salvezza
Il Nuovo Testamento contiene elementi che non si discostano dalla lode di Dio com’era concepita e praticata nel Vecchio Testamento. Questi elementi, nel loro insieme, potrebbero costituire un vero salterio simile