Crawling e altri racconti
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Tra nichilismo, rinascita della fede, l’invitante richiamo della propria animalità, la seducente prospettiva della rivalsa, i protagonisti si troveranno tutti a rimettere in discussione la propria identità ed il proprio posto in un mondo cangiante e privo di punti fissi, ma al quale in definitiva sembrano non appartenere mai.
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Crawling e altri racconti - Marco Colussi
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CRAWLING E ALTRI RACCONTI
MARCO COLUSSI
Crawling
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La mano destra di Erich, ancora stretta a pugno per aver tentato di bussare, si aprì mostrando il palmo come cenno di saluto.
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Mentre parlava, Erich Schaltz si tolse il cappuccio dalla testa con la mano destra, rivelando un volto sottile con guance un po' scavate, ed una peluria incolta attorno ai baffi e sul mento, che mostrava la stessa incuria riscontrabile nella sua stanza d'albergo. I capelli, poco curati, avevano da poco perso il loro taglio e contribuivano a conferire allo psichiatra un aspetto poco sicuro e convinto, sembrava un uomo molto preoccupato e stanco, ma una luce nei suoi occhi dava l'idea di una fortissima determinazione, e di un'intelligenza per nulla danneggiata dallo stress a cui era sottoposta.
Era uno psichiatra famoso per le idee poco ortodosse riguardo la coscienza e i disturbi che potevano turbarla.
<<...Trovo singolare, piuttosto, che abbia chiesto espressamente di poter sostenere la seduta in casa, invece che nel mio studio. Come mai questa peculiare variazione sul tema?>>
Maximilian, questo il nome del suo paziente, ricompensò quell'osservazione con un sorriso freddo, stentato, che non appariva per nulla sincero.
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Si fermò un attimo di parlare e sorrise al terapista, questa volta sinceramente.
<<... e nemmeno lei...>>
Erich non nascose un'espressione perplessa.
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Erich ridacchiò, come se trovasse il pensiero molto divertente.
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Il terapista mosse un passo in avanti mentre annuiva con il capo.
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Maximilian si spostò di lato per permettere a Erich di entrare all'interno.
Dopo aver varcato l'uscio, a Erich dovette apparire evidente che tutta quanta la casa era immersa nelle tenebre.
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Nel buio era impossibile notare l'espressione del paziente, ma la sua voce decisa, e il modo lento ma preciso con cui scandiva ogni parola, mostrava una sicurezza che faceva sembrare quasi patetica la voce stanca e un po' tremolante di Erich.
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In quel momento Maximilian si mosse rapidamente verso quella che poteva essere una mensola sul muro e afferrò qualcosa, che poi accese con un fiammifero, rivelando una candela già consumata per metà.
<<... le candele non mancano. Circostanze atipiche per una seduta atipica, non trova anche lei?>>
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Maximilian condusse Erich oltre una piccola anticamera, dove nell'angolo si poteva intravvedere un appendiabiti.
Erich appoggiò in terra la borsa e cominciò a togliersi il cappotto, ma era più difficile del previsto perché ora, tutto inzuppato d'acqua, pesava ora decisamente molto di più. Alla fine riuscì nell'impresa. Sotto il cappotto indossava un panciotto e sotto ancora una camicia grigia con una cravatta nera. Un completo anonimo, ma dignitoso.
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Maximilian sembrò trasportare il pesante cappotto senza difficoltà, e si allontanò all'interno dell'abitazione. Erich rimase per qualche istante ad osservare il bagliore tremolante della candela che diventava sempre più piccolo e si allontanava nelle tenebre, per poi scomparire del tutto. Forse Maximilian aveva girato un angolo.
Solo in quel momento Erich parve accorgersi che la porta d'ingresso era rimasta aperta, e temendo che il vento facesse piovere all'interno, si affrettò a chiuderla. Gli parve che il suono della porta che si chiudeva sancisse in qualche modo l'inizio della sfida che avrebbe deciso il suo futuro, che avrebbe segnato il suo successo oppure il suo fallimento. Non si poteva più tornare indietro, ora.
Si trovò da solo nell'oscurità.
Mentre gli occhi si abituavano al buio dell'anticamera, Erich cominciò a guardarsi un po' attorno, cercando di capire qualcosa degli interni di quella casa. Alla sua destra notò una finestra, e lentamente – non voleva urtare qualche mobile del quale non si era accorto – vi si avvicinò.
La finestra dava sulla strada dalla quale era arrivato, ed Erich si fermò ad osservare il temporale che infuriava fuori, impressionato probabilmente dalla sua violenza. Stando all'aperto e lottando per continuare a camminare, gli era mancata la visione d'insieme, ma ora che la notava dall'esterno, si rese conto che era una tempesta come non se ne dovevano vedere da anni.
L'idea di dover poi tornare indietro cominciava ora a preoccuparlo, e niente lasciava intuire che la pioggia potesse smettere presto, e anche se fosse successo, fuori l'attendeva un fiume, non più una strada.
Intendo a guardare fuori, Erich non poteva accorgersi che Maximilian stava finalmente tornando indietro, sempre reggendo la candela nella mano sinistra, e sempre molto lentamente. I lineamenti anonimi, in quel momento del tutto inespressivi del paziente, fiocamente illuminati dalla candela, sembravano quasi spettrali, forse anche perché la poca luce della candela non riusciva ad illuminare se non una piccola porzione dell'imponente figura di Maximilian, quindi era impossibile vedere i suoi piedi e le sue gambe muoversi, e questo dava l'impressione che fluttuasse nelle tenebre. Ma l'analista non poteva accorgersene, e continuava a guardare all'esterno, pensieroso. Nel frattempo Maximilian lo raggiunse alla finestra, e gli si affiancò silenziosamente. Erich si accorse di lui solo quando il paziente iniziò a parlare. Anzi, non stava parlando, era quasi un mormorio, anche se non privo di una certa musicalità, come se stesse recitando una poesia. Ma non sembrava rivolgersi a nessuno in particolare, come se stesse parlando tra sé e sé, e il suo sguardo pareva perso nel vuoto.
<<... Strana è la notte in cui stelle nere sorgono
e dove strane lune ruotano nei cieli
ma ancora più strana è la perduta Carcosa...>>
Erich aveva quasi sussultato, sentendo improvvisamente Maximilian mormorare al suo fianco, ma si riscosse subito, cercando di non mostrarsi sorpreso e, forse, un po' spaventato.
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Maximilian apparve confuso, come se non riuscisse a capire.
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Il terapista non sapeva bene come rispondere alla negazione di Maximilian, e probabilmente decise che poteva essere un elemento importante per la terapia.
Si fece una nota mentale di riaffrontare la situazione in seguito.
Nel frattempo Maximilian era avanzato oltre l'anticamera, e impugnando la candela in alto davanti a sé, faceva cenno a Erich di seguirlo.
Il terapista recuperò in fretta la borsa da terra e si affrettò a seguire Maximilian.
Gli fece strada oltre un breve corridoio che si apriva sulla destra, per poi finire in quella che sembrava essere una stanza più grande dell'anticamera, e che Erich scoprì essere il soggiorno.
Non era possibile coglierne appieno la forma, ma la stanza appariva occupare gran parte del primo piano dell'abitazione, e davanti a sé, in fondo alla stanza e un poco spostato sulla destra, poteva notare un caminetto quasi spento, mentre alla destra e alla sinistra del caminetto, rivolte l'una verso l'altra, due poltrone dal colore incognito ma che sembravano essere molto comode.
Se Erich aveva notato che il paziente aveva già creato l'ambiente appropriato per il colloquio, con le poltrone e tutto il resto, non lo diede a vedere.
Maximilian si diresse verso il caminetto, probabilmente per ravvivare la fiamma, e indicò la poltrona sulla destra.
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Maximilian gettò un altro ceppo di legno nel caminetto, osservò per qualche secondo se il fuoco si rianimava, poi si voltò vero Erich.
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Senza dire altro, Maximilian scomparve alle spalle del terapista, che nel frattempo aprì la borsa ed estrasse alcuni fogli.
Diede loro solo una breve occhiata, distrattamente, e poi appoggiò tutto su un tavolino di legno che notò alla sinistra della sua poltrona, a portata di braccio.
Sistemò poi la borsa per terra, ai suoi piedi, tenne in mano un fascicolo, preso dalla borsa, e poi incominciò a leggerlo con attenzione.
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Era la voce di Maximilian, con un tono vagamente divertito, e proveniva dalle sue spalle. Erich si voltò di scatto, con un lieve sobbalzo, ed il fascicolo finì in terra. Dietro di lui Maximilian lo osservava, perplesso. Nella mano destra reggeva un piccolo vassoio con una tazzina di caffè.
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