Omnium. I molti sentieri della realtà – Romanzo quantico
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Omnium. I molti sentieri della realtà – Romanzo quantico - Marco Miserocchi
Marco Miserocchi
Omnium
I molti sentieri della realtà. Romanzo quantico
Copyright© 2020 Edizioni Forme Libere
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
www.forme-libere.it – info@forme-libere.it
Prima edizione digitale: maggio 2020
ISBN 978-88-6459-030-1 (Print)
ISBN 978-88-6459-979-3 (ePub)
ISBN 978-88-6459-980-9 (mobi)
:
La Nebulosa di Orione (M42), il doppio ammasso del Perseo e la luna piena
fotografati da Nicola Rogna e Stefano di Lauro del Gruppo Astrofili di Piacenza
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Il libro
Un fenomeno inspiegabile, la precognizione chiara e nitida di un evento futuro, scuote il solido pragmatismo scientifico del protagonista di questo romanzo, un giovane studente universitario; questi, per salvarsi dalla deriva verso il parapsicologico e l’occultismo, inizia la disperata ricerca d’una spiegazione razionale alla sua esperienza. In uno scalo ferroviario, tra vagoni dismessi, traversine e scambi arrugginiti, in compagnia del più stravagante gruppo di disperati che la sorte potesse mai fargli incontrare, ascolta le lezioni di fisica di un misterioso professore, che vive come un barbone all’interno di una vecchia carrozza passeggeri. Qui il protagonista trova la risposta che cercava nei contorti e oscuri meandri di una disciplina assurda come la meccanica quantistica: la sua mente ne esce profondamente trasformata e aperta ad una nuova interpretazione della realtà da cui nessun evento, anche quello più improbabile, può essere escluso. Un percorso affascinante porta il lettore, che poco o niente sa di matematica o fisica, a stupirsi di fronte a quello straordinario e misterioso fenomeno della natura che prende il nome di entanglement quantistico e ad entrare nel multiverso, lo spazio dei molti mondi, l’omnium.
L’autore
Marco Miserocchi, nato nella terra di Virgilio prima che vi arrivasse la televisione, è laureato in fisica e da sempre grande appassionato di astronomia e cosmologia. Essendo difficile campare con l’arte di Galileo, ha trascorso l’intera vita lavorativa occupandosi di ricerca ambientale nell’industria elettrica, senza però mai smettere di guardare il cielo di notte, con lo stesso stupore di quando era bambino. Raggiunta l’età della pensione ha ripreso l’antica passione per le stelle e tiene abitualmente conferenze pubbliche in cui parla, davanti a chi ha voglia di ascoltarlo, di spazio, tempo, Big Bang, universi paralleli, buchi neri, materia oscura e quant’altro partecipi al grande mistero dell’esistenza. Oggi vive a Piacenza, in attesa di sapere chi è.
Omnium
Premessa
Agli inizi del 1900 Lord Kelvin, uno dei grandi fisici del XIX secolo, famoso per aver sviluppato la scala di temperatura che porta il suo nome, pronunciò la seguente frase: Adesso non c’è più niente di nuovo da essere scoperto in fisica. Tutto quello che rimane sono misure sempre più precise
.
Mai affermazione scientifica fu più sconfessata dalla storia di quella attribuita al fisico irlandese. Pochi anni dopo infatti le scoperte della teoria della relatività e della meccanica quantistica scuotevano a tal punto le certezze della fisica newtoniana da indurre Einstein ad affermare: La fisica contemporanea è basata su concetti qualche volta analoghi al sorriso di un gatto che non c’è
.
Einstein si riferiva in particolare alla meccanica quantistica, una scienza assurda, contraria alla logica, in cui concetti come non località, sovrapposizione di stati, probabilità e indeterminazione giocano un ruolo chiave nel demolire l’illusione di un mondo oggettivo, realmente esistente al di fuori dell’atto di conoscenza di un soggetto.
Ancora oggi l’incontro con il gatto che non c’è
rappresenta, per chi ha il coraggio di sopportarlo, un momento di rottura con la tradizione e con un certo modo classico di pensare e guardare alla realtà del mondo. È come entrare nell’armadio di Lewis e farsi trasportare nel regno di Narnia o attraversare lo specchio di Alice per raggiungere il paese delle meraviglie.
La prima volta che il gatto mi ha sorriso è stato molti anni fa, in uno scalo ferroviario, in mezzo a binari morti e vagoni in disuso, tra gente che con il mondo accademico delle scienze e con il formalismo della fisica teorica non aveva niente in comune. Mi trovavo allora in quel particolare momento della vita in cui le tante domande che accompagnano l’adolescenza bussano insieme alla coscienza e chiedono una risposta, una sola risposta che valga per tutte e capace di dare un senso alla vita, o quantomeno di indicare una via. In quello scalo ferroviario, nelle parole di un vecchio professore di fisica, io ho trovato la risposta che cercavo e ho vissuto la mia piccola conversione.
I fatti narrati in questo libro sono realmente avvenuti; i luoghi e i personaggi sono in parte inventati e in parte ricostruiti dalla contaminazione di miei lontani ricordi; molti dei concetti esposti sono un’approssimazione della verità scientifica, altri non hanno niente di scientifico, ma a qualcuno piace pensare che siano veri; lo stupore di fronte all’incredibile disegno della realtà è genuino.
Come in un romanzo giallo ho svelato il nome dell’assassino, nella fattispecie la risposta che dà un senso alla vita, solo nell’ultimo capitolo, l’epilogo, che il lettore frettoloso potrà leggere subito, evitando così di acquistare il libro. Gli sarò comunque grato, se avrà voluto condividere il pensiero finale.
Dedico questo libro, l’unico della mia vita, a mia moglie Laura che ho usato come cavia per testare la tossicità di alcuni capitoli e che, malgrado ciò, non ha smesso di stimarmi.
Prologo – La precognizione
Ci sono più cose in cielo e in terra
di quante ne sogni la tua filosofia.
W. Shakespeare – Amleto
Alla fine degli anni sessanta Broadway cantava The age of aquarius , la bandiera a stelle e strisce oscillava inerte nella quiete lunare e que lla del movimento studentesco sventolava sull’Istituto di Fisica dell’università.
In attesa che l’ennesima carica del terzo battaglione Celere, annunciata dai tre squilli di tromba e dallo scoppio dei lacrimogeni, sgombrasse le aule occupate dagli irriducibili in eschimo verde e sciarpa rossa e che lezioni ed esami riprendessero il corso regolare, avevo iniziato a frequentare un gruppo di fuori corso, incalliti giocatori di poker, e trascorrevo con loro intere nottate in una fumosa saletta da gioco di un’osteria del centro. Le ore passavano attorno alla bisunta tovaglia scozzese di un tavolo quadrato, sulla quale venivano fatte scivolare con ostentata abilità carte e banconote patinate dai numerosi passaggi di mano.
Anche se il gioco del poker mi appassionava e sapevo a memoria tutte le probabilità associate a ogni combinazione di carte, non avevo mai giocato una partita in tutta la mia vita: non perché mi mancassero i soldi, le poste in gioco erano adeguate allo standard goliardico, ma perché mi mancava quella minima dose di disprezzo per il denaro che sa dipingere, sulla faccia del giocatore che rilancia con una coppia di sette, l’imperturbabilità di Federico da Montefeltro nel celebre ritratto degli Uffizi.
Per la mia specchiata onestà e non senza la raccomandazione di un amico, ero stato però ammesso ad assistere e, seduto a debita distanza dal tavolo, godevo, guardando al di sopra della spalla di uno dei giocatori, del lento svelarsi di colori e semi di gioco. Due erano le condizioni a cui dovevo rigidamente sottostare: tacere e mantenere un’espressione neutra del viso.
Fu in quella stanza, durante una delle interminabili serate in cui il tempo veniva segnato dal numero di bicchieri di Sangiovese che si allineavano sul tavolo e dalla densità del fumo di sigaretta che si accumulava nell’aria e nei polmoni, che accadde l’episodio che trasformò la mia vita, o meglio il mio modo di intenderla.
A quel tempo la mia filosofia era classificabile come un miscuglio di materialismo deterministico e di radicale scetticismo verso tutto ciò che non poteva essere imprigionato in una morsa e preso a martellate. Quello che atteneva alla religione, alla spiritualità o quantomeno a una modalità mistica di rapportarsi con la realtà, era etichettato come vaneggiamento di menti irrazionali.
A distanza di tanti anni ricordo tutti i dettagli di ciò che accadde e nel richiamarli alla memoria rivivo ancora l’intensa emozione che provai. Quella sera attorno al tavolo sedevano in quattro: il tizio calvo, dietro al quale mi ero seduto a guardare, soprannominato Doppiacoppia per una strana vicenda di gioco che lo aveva visto battere un poker servito, bluffando con in mano solo due donne e due sette; due tizi che frequentavano abitualmente la bisca, ma di cui ignoravo il nome; e un quarto personaggio, mai visto prima, che si