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Dolce imprevisto
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Dolce imprevisto

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About this ebook

Autrice bestseller di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal»
Oltre due milioni di copie

Bren Matthews è una zoologa sposata con il lavoro. Dedica alla carriera tutto il suo tempo e fugge da qualunque impegno sentimentale, spaventata all’idea di lasciarsi coinvolgere troppo da una relazione. Da quando suo padre è morto, ha paura di provare un dolore come quello della madre, distrutta dalla perdita dell’amore della sua vita. E così si accontenta di storie fugaci, che durano una notte e si interrompono la mattina dopo, senza complicazioni. L’incontro con Mason Bentley, però, è destinato a cambiare tutto. La chimica che si scatena è incontenibile e Mason è intenzionato a dimostrare a Bren che tra loro è scattato qualcosa di molto più profondo. Riuscirà a convincerla a fidarsi del suo istinto?

Kendall Ryan
è autrice di romanzi bestseller. I suoi libri hanno dominato le classifiche di «New York Times», «usa Today» e «Wall Street Journal» e hanno venduto più di due milioni di copie in tutto il mondo. Dopo il grande successo della serie Filthy Beautiful Lies (Maledette bellissime bugie, Maledetto bellissimo amore, Maledetta bellissima passione, Maledetto bellissimo bastardo), torna a pubblicare con la serie Roommates, di cui fanno parte Il fratello della mia migliore amica, L'amico di mio fratello, Amore sotto lo stesso tetto, Compagni di letto e Dolce imprevisto.
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2020
ISBN9788822743442
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    Dolce imprevisto - Kendall Ryan

    Capitolo uno

    Mason

    «E che cavolo, Mason, davvero?».

    Gemetti sentendo la voce di Trent provenire dall’ingresso, poi tornai a stendermi sul divano e cercai di convincermi che se io non guardavo lui, lui non poteva vedere me. Cosa che, ovviamente, era una stronzata. Ma non avevo un’idea migliore.

    «Che giorno è oggi, stronzo?». La voce di Trent era più forte adesso, e più vicina, e nonostante sapessi bene che era meglio non farlo sollevai una palpebra e lo trovai in piedi sopra di me, la sua espressione solitamente cupa ancora più cupa.

    «Lasciami in pace», gracchiai.

    «No». Spostò i miei piedi per farsi spazio sul divano in pelle color avorio. «È domenica. E vuoi sapere che cosa è successo? Sono appena stato umiliato, là fuori».

    «Merda. Mi dispiace». Mi girai, appoggiando i piedi sul pouf, poi tirai su la copertina di nuovo fino al mento.

    «No, non ti dispiace», mormorò Trent. «Lo sai che domenica significa rugby al parco. Come cazzo facciamo a vincere una partita senza il nostro giocatore di punta? Oggi era Pronto Soccorso contro Chirurgia, pezzo di merda. Adesso i chirurghi non ci daranno tregua. Mai più».

    Sbattei le palpebre. Aveva ragione, lo sapevo. Maledetti chirurghi, stronzi del cazzo. Il fatto era che non avrebbero nemmeno dovuto giocare a rugby, considerato quanto preziose erano le loro mani, ma questo non pareva fermarli.

    «Senti», replicai, sentendomi appena un po’ in colpa per la prima volta da quando aveva fatto irruzione in casa mia, «fra poco devo fare una cosa, è un’emergenza, perciò…».

    «Non riuscire a trovare il numero della tua scopata di una notte non è un’emergenza, non importa quante volte cerchi di dipingerla in questo modo, Mason».

    «Il fardello di un uomo è il dono di un altro. È questione di sfumature. Non piangere sul latte versato». Avevo finito la scorta di pessimi e inapplicabili modi di dire. Mi stiracchiai sul divano. Trent afferrò il telecomando che avevo in mano e silenziò l’episodio di Costruisci la tua casa sull’albero che stavo guardando.

    «Ancora niente, eh?», domandò Trent, un po’ meno rude stavolta, anche se non tanto.

    «No», mormorai, prendendomi il dorso del naso fra pollice e indice. «Ho controllato tutti i siti di incontri che mi sono venuti in mente, e non c’era traccia di lei. Ho guardato perfino su Tinder. Niente. Di sicuro nessuno che si chiami Bren».

    «Ehi, ho un’idea». Le sue labbra si tesero in quello che sembrava un sorriso incoraggiante. «Esci con qualcuno incontrato su Tinder e dimentica. È passata una settimana, lascia perdere». Trent incrociò le braccia al petto e io afferrai il piatto di zuppa fredda di fronte a me.

    «Non hai ancora capito, vero?»

    «Che hai trovato il Sacro Graal di tutte le fiche? Quella che domina su tutte? La maledetta fica che elimina tutte le altre?». Trent sbruffò. «Ho capito, sì, solo che non me la bevo». Si passò una mano fra i capelli spessi e scuri. «È pieno di ragazze là fuori. Potrei anche combinarti un appuntamento con una delle sorelle di Kayla se tu volessi…».

    «No, io troverò quella ragazza». Strinsi i pugni, poi lasciai andare un sospiro stremato. «Ci vuole solo più tempo di quel che credevo».

    Sapevo già che era inutile cercare di spiegare lei a un tipo come Trent. Per lui, una donna valeva l’altra, quando usciva con loro erano solo un’occasione per finirci a letto e, se era fortunato, trascorrere un po’ di tempo piacevole prima, durante e un altro po’ subito dopo. Forse.

    Per me, invece, non era così semplice.

    Non fraintendetemi. Potevo avere qualunque donna desiderassi. E non è presunzione. È solo… be’, la verità. Da quando ero diventato abbastanza grande da sapere come funziona il sesso, mi era stato facile trovare qualcuna che mi desiderasse, ma per me le relazioni erano qualcosa di più di una veloce cavalcata. Essere diventato medico non aveva certo peggiorato le cose, e amare le donne in generale non mi dispiaceva.

    Eppure, volevo qualcosa di più. Ora che iniziavo a invecchiare…

    Be’, quel qualcosa di più sembrava diventare sempre più importante. Questa ragazza mi aveva fatto impazzire nel senso migliore del termine. Era stata fantastica, ovviamente. Ma era anche divertente, e arguta, e inaspettata. Mi ero addormentato del tutto appagato e mi ero già messo in testa di dirglielo il mattino dopo solo per scoprire che era sparita.

    Andata, senza una parola né un biglietto.

    Trent si schiaffeggiò le ginocchia e si tirò su dal divano per andare fino al frigo e prendere una bottiglia d’acqua. Svitò il tappo, prese un sorso e poi mi guardò da sopra la bottiglia. «Okay, va bene. Mi arrendo. Che cos’ha di tanto speciale questa tipa, oltre a una fica che è una trappola mortale?».

    Scossi la testa. «È proprio questo il punto. Non riesco a dirlo con precisione. Voglio dire, il sesso è stato…».

    Non c’erano parole per definire com’era stato.

    Dal primo momento in cui l’avevo baciata ero stato completamente assorbito, si era acceso il desiderio di avere di più… di toccarla, annusarla, respirarla. Era stata più che chimica, era una pura connessione animale, e avevo capito perfino da quel primo bacio innocente che per lei era lo stesso. Eravamo connessi in un modo che non avevo mai provato prima.

    «Non può essere stato tanto bello se è sgattaiolata via di qui mentre stavi ancora dormendo. Avrebbe voluto il secondo round, giusto?». Trent scrollò le spalle. «Guarda in faccia la realtà, probabilmente non è poi così presa da te».

    «Ascolta, è proprio questo che non capisci. Era presa da me. Era perfetta». Scossi la testa.

    Naturalmente non biasimavo Trent se non riusciva a capire. Era molto probabile che non fosse mai stato con una donna che lo guardasse come Bren aveva guardato me quella sera, come se ogni parola che dicevo fosse importante. Come se io fossi importante. In un certo senso mi aveva ricordato il modo in cui mia madre guardava mio padre, il modo in cui parlava con lui, come se al mondo non ci fosse niente che contasse di più.

    E questa connessione era stata soltanto l’inizio. Si era consolidata mentre la baciavo, come se il tira e molla fra i nostri corpi fosse qualcosa che avevamo fatto un milione di volte, pur essendo ancora eccitante e nuovo. Aveva rabbrividito quando l’avevo toccata, e quando l’avevo fatta voltare per slacciarle il vestito…

    «Esatto. Era perfetta. Questo è il motivo per cui non era interessata a te». Trent fece un sorrisetto e io lanciai un cuscino sulla sua stupida faccia.

    «Sul serio, amico», insistette. «Cosa pensi di fare, aspettare che venga a bussare alla tua porta? Hai già cercato ovunque. È ora di darci un taglio e tornare in pista. Il mare è pieno di pesci. E poi non ti ho mai visto in questo stato e stai cominciando a spaventarmi».

    Tornò a raggiungermi sul divano e guardai per un secondo la televisione, riflettendo sulle sue parole.

    Era vero. In fatto di donne avevo… be’… dei precedenti, per metterla giù leggera. Ma tecnicamente non era nemmeno colpa mia.

    Ero stato cresciuto con un solo credo, insegnatomi dai miei genitori e rinforzato dal modo in cui si trattavano a vicenda: quando trovi la persona giusta, lo capisci. Con la persona giusta, tutte le prove e le difficoltà della vita diventano più facili.

    E così io non mi sarei fermato finché non avessi trovato quella giusta.

    Perciò avevo sperimentato. Molto.

    «Se avessi fatto del sesso così con una donna così, ti comporteresti allo stesso modo», dissi, pienamente convinto delle mie parole.

    «A questo punto sto iniziando a pensare che la sua vagina fosse di oro massiccio», replicò Trent. «Che cosa ha fatto? Soffiato fuori bolle da là sotto?».

    Scoppiai a ridere. «Era fantastica, amico. Il miglior sesso della mia vita. Bollente e intenso, e con quella bocca…».

    «Bene. D’accordo, se è tanto speciale allora è il caso di dimenticarla. Okay?». Trent prese un altro sorso d’acqua e io annuii, ma solo per assecondarlo.

    In realtà, non pensavo esistesse niente al mondo che potesse frenarmi dal cercare la misteriosa Bren.

    Perfino ora, una settimana dopo il fattaccio, il posto su cui la mia mente preferiva indugiare era il ricordo delle sue tette perfette, quei capezzoli rossi, e la pelle morbida e pallida. I suoi capelli biondi e setosi fra le mie dita. Il suo corpo che si contorceva al mio tocco.

    E, ovviamente, il sapore della sua fica mentre le leccavo il clitoride teso.

    A questo punto, perfino il suo nome era sufficiente a farmelo venire duro come un sasso. Ma non mi bastava, per niente.

    Perché io avrei trovato Bren.

    E una volta trovata, di sicuro sarebbe stata mia.

    Capitolo due

    Bren

    L’avevo fatto. Battei un immaginario cinque con me stessa.

    Mentre fischiettavo Baby Got Back e facevo scivolare grumi di cacca giù dallo scarico, non c’era niente che potesse smorzare il mio buon umore.

    Avevo avuto un’avventura di una notte – in effetti, un’avventura davvero meravigliosa – e da donna matura e responsabile quale ero, avevo mantenuto la promessa che avevo fatto con me stessa: niente legami. Urrà. Sorridevo e mi sentivo molto orgogliosa di me. E soddisfatta come non lo ero da tanto tempo.

    Era normalissimo che la mia mente fosse volata fino a Mason più di qualche volta nel corso di ogni singolo giorno delle ultime due settimane. Era stata l’unica esperienza sessuale di quello che mi era sembrato un decennio, perciò era naturale che avessi voglia di replicarla. Era stato il mio momento migliore, qualcosa da ricordare con affetto e di cui godere mentre ero a letto da sola la notte.

    «Come mai così allegra?», mi chiese Mandy, facendo capolino nel rifugio notturno dei gorilla.

    Con la pompa lavai via un ultimo enorme pezzo di cacca, mi girai e chiusi l’acqua. «Ehi, tesoro, com’è andata la vacanza?».

    Mandy era un metro e un tappo di sfacciataggine e sarcasmo. La adoravo. Tecnicamente lei era il mio capo, ma non mi ero mai sentita una sua dipendente. Ero davvero grata per la sua amicizia e per avermi fatto da guida, sia al lavoro che nella vita privata.

    Mandy ammiccò verso di me e scosse la testa. «Ti racconto tutto dell’esperienza fra un minuto. Quando porti due bambini in aereo non è una vacanza, è un’esperienza. Ma prima mi racconti perché oggi pulire merda sembra affascinarti tanto. Non c’è Andy?»

    «Sì, gli ho detto di andare a pranzo. Ci penso io qui».

    Lei spalancò gli occhi. «Sul serio? Andiamo a parlare dentro. Mi racconti cosa è successo mentre non c’ero».

    Avvolsi la pompa dell’acqua e la misi via, poi seguii Mandy all’interno. I gorilla non sarebbero rientrati nel loro recinto prima del pomeriggio, ma ero contenta di aver finito presto.

    Mi levai gli stivali da pioggia, appoggiandomi per un momento alla parete per non perdere l’equilibrio. Wow. Fui pervasa da un’ondata di nausea, così presi un profondo respiro purificatore a pieni polmoni. Era la terza volta che succedeva, quel giorno.

    Scossi la testa e seguii Mandy verso le postazioni di lavoro, e dopo essermi lavata le mani nel lavandino mi sedetti sullo sgabello accanto a lei.

    «Allora, sputa il rospo, Bren», disse sogghignando, come se mi avesse colta in flagrante.

    «D’accordo». Scrollai le spalle. «Ho seguito il tuo consiglio. Sei contenta?».

    Agitò un pugno in aria. «Hai scopato! Sono così orgogliosa. Voglio tutti i dettagli più osceni. E non tralasciare niente. Ormai Todd non ha praticamente più forze per fare sesso, e quando ne ha, devo essere dell’umore giusto per avere a che fare con la sua pancia da bevitore di birra».

    Rabbrividii dentro di me. L’idea del sacro vincolo del matrimonio non mi era mai interessata e Mandy di sicuro non mi stava convincendo del contrario. Onestamente, non volevo innamorarmi. Era una cosa che non faceva per me. Vedevo solo i lati negativi e neanche uno di quelli positivi. Essere single e avere una carriera fantastica come zoologa era più che abbastanza per me. Non mi erano serviti lunghi anni di terapia per capire che quella visione della vita era la conseguenza della morte prematura di mio padre, avvenuta quando ero ancora molto giovane, e della profonda depressione in cui era caduta in seguito mia madre. Ma, ecco, a volte mi sentivo sola e una ragazza ha dei bisogni da soddisfare. Di qui la mia magica avventura di una notte.

    «Ho riflettuto su quello che avevi detto, che avevo bisogno di buttarmi nella mischia. Così ho pensato di provare con gli incontri online».

    Mandy sorrise. «Ma?»

    «Compilare quel profilo infinito e rispondere a centinaia di domande casuali è stato davvero scoraggiante. E poi non mi piaceva l’idea di mettere tutte le mie informazioni personali in rete. Non mi sembrava necessario dover condividere dettagli come il nome con qualcuno con cui avevo intenzione di condividere solo i liquidi corporei».

    Mandy si portò una mano al petto. «A volte rendi davvero orgogliosa la femminista che c’è in me».

    Alzai gli occhi al cielo. «Così ho pensato che prima di prendere quella strada, volevo provare a fare le cose alla vecchia maniera. Mi sono messa in tiro e sono andata in un locale che di solito non frequento. Sai, uno di quei posti giovani, trendy e troppo affollati».

    Lei annuì, completamente assorbita dalla storia. «Locale da rimorchio è l’espressione corretta».

    «Ero seduta da sola al bancone a sorseggiare il mio drink e ho incrociato lo sguardo con un paio di ragazzi carini. Qualche minuto dopo, uno di loro è venuto a parlare con me».

    Fece su e giù con le sopracciglia. «E poi… bow-chica-wow-wow?».

    Scoppiai a ridere. «Non proprio. Era carino, ma niente di eccitante. Mi sono scusata e ho detto di dover andare in bagno, e poi ho adocchiato l’uomo più fantastico su cui i miei occhi si siano mai posati. Sedeva tutto solo a un tavolo all’angolo. Aveva l’aria così triste, e ho pensato che era davvero strano, come se noi due fossimo gli unici in tutto il locale a sopportare di essere lì invece di spassarcela, come sembrava stessero facendo tutti gli altri».

    «Mmm». Annuì pensierosa. «E poi, che cosa è successo?».

    Chiusi gli occhi un momento e mi parve di essere di nuovo dentro il locale, la musica che pulsava nelle vene, gli occhi blu elettrico del bello sconosciuto che si incatenavano ai miei dall’altra parte della stanza affollata, i peli che mi si rizzavano sulla nuca quando mi rendevo conto che era anche più attraente di quanto sembrasse all’inizio, e

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