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365 giorni di serenità
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365 giorni di serenità

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Parole e pensieri per l’anima e per lo spirito

È diventata emblematica la serenità che papa Francesco riesce a trasmettere con il suo sorriso. La domanda di fondo è: come posso imitarlo e trovare anch’io quella stessa pace? Questo libro è suddiviso in 365 brevi capitoli corrispondenti ai 365 giorni dell’anno ed è pensato per intraprendere un percorso di “un anno con Francesco”. A ogni giorno, infatti, corrisponde un brano tratto dai discorsi e dagli scritti del papa, con la scrittura semplice e immediata che contraddistingue i suoi interventi rivolti ai fedeli. Attraverso le parole di Francesco, sarà possibile avvicinarsi agli insegnamenti più propriamente religiosi, ma anche a una ricerca della pace interiore, con suggerimenti sui pensieri positivi che aiutano a raggiungerla, con azioni e scelte che costruiscono serenità per noi e per gli altri. Nei giorni delle festività e degli appuntamenti dell’anno liturgico, saranno le riflessioni del papa ad accompagnare le ricorrenze più importanti, e il suo insegnamento saprà indicare la strada per un anno di amore e di speranza.

Un anno con papa Francesco le frasi più belle del papa ci accompagnano nella vita di ogni giorno per cercare dentro di noi pace e serenità

• Soltanto l’amore di una madre e di un padre ci fa capire come è l'amore di Dio.
• La preghiera è l’acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia.
• La misericordia è la via che unisce Dio e l'uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre.
• La pace si costruisce ogni giorno.
• Il paradiso non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato: il paradiso è l’abbraccio con Dio.
• Se sbagli, rialzati: nulla è più umano che commettere errori.
• Il Signore ci sorprende mostrandoci che egli ci ama anche nelle nostre debolezze.
Papa Francesco
È stato eletto il 13 marzo 2013 266mo Vescovo di Roma e papa della Chiesa Cattolica Romana con il nome di Francesco.
LanguageItaliano
Release dateNov 15, 2018
ISBN9788822726926
365 giorni di serenità

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    365 giorni di serenità - Papa Francesco

    e-manuali.jpg

    466

    © Libreria Editrice Vaticana 2018

    Pubblicato su licenza della Libreria Editrice Vaticana

    Prima edizione: novembre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2692-6

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Il Paragrafo, www.paragrafo.it

    Papa Francesco

    365 giorni di serenità

    Parole e pensieri

    per l’anima e per lo spirito

    A cura di Piero Spagnoli

    Newton Compton editori

    OMINO.jpg

    Indice

    Introduzione

    365 GIORNI DI SERENITÀ

    PAROLE E PENSIERI PER L’ANIMA E PER LO SPIRITO

    Indice delle fonti

    Introduzione

    La serenità di papa Francesco, la pace che si avverte non appena lo si guarda negli occhi, anche soltanto attraverso uno schermo televisivo, e il sorriso rassicurante sono alcune delle caratteristiche del pontefice «venuto dalla fine del mondo» che hanno fin da subito colpito i fedeli e persino i semplici curiosi di ogni nazionalità. Papa Francesco è capace di ispirare calma e tranquillità anche nei momenti di maggior tribolazione; è un anziano saggio e amichevole, una guida preziosa e per molti insostituibile che ha il pregio di comunicare con immediatezza, di saper arrivare dritto al cuore. Questa, però, non è una semplice nota del suo carattere. La pace del papa è cercata e raggiunta, è il risultato di un impegno costante. È qualcosa a cui si può – e forse si deve – aspirare, per affrontare la vita quotidiana nel modo migliore.

    A chi gli chiede quale sia il segreto della sua serenità, Francesco risponde con una battuta: «Non prendo pastiglie tranquillanti!»¹. Eppure Jorge Mario Bergoglio non è sempre stato l’uomo che oggi conosciamo. La sua vita è stata una ricerca, una difficile navigazione condotta tra periodi di bonaccia e altri di burrasca, come accade a tutti. Nel febbraio del 2018, incontrando i parroci di Roma, ha ammesso di avere vissuto «il tempo di una grande desolazione, un tempo oscuro». Si è trattato di un periodo piuttosto lungo che coincise all’incirca con il decennio degli anni Ottanta, un momento intenso e difficile, una crisi esistenziale profonda: «Ho pregato tanto, in questo tempo, ma ero secco come un legno perché credevo che la pienezza della mia vocazione fosse nel fare le cose»². Sappiamo anche che Bergoglio, all’età di quarantadue anni, ha incontrato ogni settimana, per sei mesi, una psicanalista ebrea «per chiarire alcune cose», e che quell’esperienza lo ha «aiutato molto»³. Se a Roma papa Francesco sembra un uomo in pace con se stesso, sempre saldo e sicuro, stando a quanto detto da lui stesso, «a Buenos Aires ero più ansioso, lo ammetto. Mi sentivo più teso e preoccupato. Insomma: non ero come adesso». E com’è, adesso, il pontefice? «Vivo in pace»⁴, spiega semplicemente. Nonostante i tanti problemi e le numerose difficoltà, benché debba sopportare la responsabilità di reggere l’intera Chiesa, Francesco è un uomo che ha trovato serenità e affronta ogni giorno, o quasi, con il sorriso. È naturale, allora, seguirne l’esempio: chi non vorrebbe trovare pace e serenità nella sua vita? E come possiamo imparare da lui almeno un po’ di questa sua profonda arte di vivere?

    Dalle parole del papa si intuisce un indizio: quello della serenità è un esercizio quotidiano che ciascuno di noi deve praticare, ma che nessuno può affrontare da solo. C’è bisogno di un appoggio, di un punto di riferimento, di un appiglio saldo. Da solo, neanche il papa può riuscirci. Per questo, ogni giorno Francesco affida le sue preoccupazioni a Dio, nella preghiera. E per farlo usa anche un metodo sicuro, che prevede un simpatico intermediario. «Se c’è un problema», ha raccontato, «io scrivo un biglietto a san Giuseppe e lo metto sotto una statuetta che ho in camera mia». È una statuetta che raffigura il padre di Gesù che dorme, sereno. «Ormai lui dorme sotto un materasso di biglietti! Per questo io dormo bene»⁵. È soltanto un piccolo aneddoto, ma ci dice molto. La serenità di Francesco è frutto di una ricerca fatta anche di piccoli gesti quotidiani che si radicano, però, in un sentimento profondo.

    Vivere con serenità, secondo il papa, non è solo un modo di spendere il tempo della nostra vita più favorevolmente, bensì un modo di seguire la strada indicata da Dio. «Il Signore non vuole uomini e donne che camminano dietro a Lui di malavoglia, senza avere nel cuore il vento della letizia»⁶, ha spiegato parlando delle vocazioni. È una questione centrale, quella della vocazione. Per il papa, è ciò che Dio ha in progetto per ciascuno di noi, quello che ci chiama a fare e a realizzare. Esiste la vocazione alla vita consacrata – cui tutti pensano quando sentono un pontefice usare questa parola –, ma le vocazioni sono tante e diverse e ciascuno dovrebbe scoprire la sua. Chiedersi quale sia la nostra vocazione significa domandarsi quale sia il compito che ci è stato affidato e cioè, in termini più laici, quale sia il significato della nostra esistenza. Dobbiamo trovare la nostra risposta con fiducia, una fiducia che per il papa nasce dalla fede, e da cui discende tutto il resto. «Non diamo retta alle persone deluse e infelici», ci spiega Francesco, «non ascoltiamo chi raccomanda cinicamente di non coltivare speranze nella vita; non fidiamoci di chi spegne sul nascere ogni entusiasmo dicendo che nessuna impresa vale il sacrificio di tutta una vita; non ascoltiamo i vecchi di cuore che soffocano l’euforia giovanile»⁷. È singolare, ma più di una volta Francesco ha raccontato come al termine del conclave che lo elesse pontefice non ha provato paura, sgomento o agitazione. Una volta arrivato al Soglio di Pietro, Bergoglio ha sentito dentro di sé una pace profonda. In quel momento poteva affidare totalmente la vita a Dio, sicuro di quale fosse la sua volontà, di ciò a cui Lui lo stava chiamando.

    Così è anche per noi: comprendere quale sia il proprio ruolo è un passo fondamentale per trovare la propria serenità. Per scoprire a cosa siamo chiamati in questo mondo, però, abbiamo bisogno di una prospettiva che ci inserisca – con tutte le nostre esperienze, le emozioni, i desideri, e anche le debolezze – nel mondo che viviamo, dobbiamo cercare di capire qual è il senso più ampio di quello che ci circonda. Perché questa consapevolezza entri davvero dentro di noi serve tempo, non basta desiderarlo. Per questo motivo il libro che avete tra le mani vuole accompagnare lo scorrere dell’anno. Ogni giorno è stato abbinato a una riflessione di papa Francesco che tocca, più o meno direttamente, il tema della serenità, che propone i suoi consigli e rispolvera in chiave sempre nuova quella che è l’antica sapienza cristiana, un insieme di insegnamenti tramandati nei secoli e che possono offrire risposta alle nostre domande più intime ancora oggi. Il papa ci guida così in un percorso quotidiano, un lungo itinerario che può portarci dritti fino al suo sorriso, un segno di pace che, ci auguriamo, possa riflettersi e lasciare un segno nella nostra anima.

    Piero Spagnoli

    ¹ Incontro con l’Unione superiori generali, 25 novembre 2016.

    ² P. Rodari, La confessione del Papa. «Ho vissuto anni oscuri temevo di essere alla fine», «La Repubblica», 22 febbraio 2018.

    ³ Papa Francesco, D. Wolton, Dio è un poeta, Rizzoli, Milano 2018.

    ⁴ Incontro con l’Unione superiori generali, 25 novembre 2016.

    Ibid.

    ⁶ Udienza generale, 30 agosto 2017.

    Ibid.

    Papa Francesco

    365 giorni di serenità

    Parole e pensieri per l’anima e per lo spirito

    1° gennaio

    Soltanto l’amore di una madre e di un padre ci fa capire com’è l’amore di Dio. Una madre non chiede la cancellazione della giustizia umana, perché ogni errore esige una redenzione, tuttavia una madre non smette mai di soffrire per il proprio figlio. Lo ama anche quando è peccatore. Dio fa la stessa cosa con noi: siamo i suoi figli amati! Potrebbe accadere che Dio abbia alcuni figli che non ami? No. Tutti siamo figli amati di Dio. Non c’è alcuna maledizione sulla nostra vita, ma solo una benevola parola di Dio, che ha tratto la nostra esistenza dal nulla. La verità di tutto è quella relazione di amore che lega il Padre con il Figlio mediante lo Spirito Santo, relazione in cui noi siamo accolti per grazia. In Lui, in Cristo Gesù, noi siamo stati voluti, amati, desiderati. C’è Qualcuno che ha impresso in noi una bellezza primordiale, che nessun peccato, nessuna scelta sbagliata potrà mai cancellare del tutto. Noi siamo sempre, davanti agli occhi di Dio, piccole fontane fatte per zampillare acqua buona. Lo disse Gesù alla donna samaritana: «L’acqua che io [ti] darò diventerà in [te] una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14).

    2 gennaio

    Sopportare è saper vincere con Gesù alla maniera di Gesù, non alla maniera del mondo. Ecco perché san Paolo si ritiene un vincitore che sta per ricevere la corona (cfr. 2Tm 4,8) e scrive: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2Tm 4,7). L’unica condotta della sua buona battaglia è stata vivere per: non per se stesso, ma per Gesù e per gli altri. Ha vissuto correndo, cioè senza risparmiarsi, anzi consumandosi. Una cosa dice di avere conservato: non la salute, bensì la fede, cioè la confessione di Cristo. Per amore suo ha vissuto le prove, le umiliazioni e le sofferenze, che non vanno mai cercate, ma accettate. E così, nel mistero del dolore offerto per amore, nel mistero che tanti fratelli perseguitati, poveri e malati incarnano anche oggi, risplende la forza salvifica della croce di Gesù.

    3 gennaio

    Non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà creata da Lui senza conoscere limite. Il modo migliore per collocare l’essere umano al suo posto e mettere fine alla sua pretesa di essere un dominatore assoluto della terra, è ritornare a proporre la figura di un Padre creatore e unico padrone del mondo, perché altrimenti l’essere umano tenderà sempre a voler imporre alla realtà le proprie leggi e i propri interessi.

    4 gennaio

    Perché solo i Magi hanno visto la stella? Forse perché in pochi avevano alzato lo sguardo al cielo. Spesso, infatti, nella vita ci si accontenta di guardare per terra: bastano la salute, qualche soldo e un po’ di divertimento. E mi domando: noi, sappiamo ancora alzare lo sguardo al cielo? Sappiamo sognare, desiderare Dio, attendere la sua novità, o ci lasciamo trasportare dalla vita come un ramo secco dal vento? I Magi non si sono accontentati di vivacchiare, di galleggiare. Hanno intuito che, per vivere davvero, serve una meta alta e perciò bisogna tenere alto lo sguardo.

    Perché, tra quanti alzavano lo sguardo al cielo, tanti altri non hanno seguito quella stella, «la sua stella» (Mt 2,2)? Forse perché non era una stella appariscente, che splendeva più di altre. Era una stella – dice il Vangelo – che i Magi videro appena «spuntare» (Mt 2,9). La stella di Gesù non acceca, non stordisce, ma invita gentilmente. […] La stella del Signore non è sempre folgorante, ma sempre presente; è mite; ti prende per mano nella vita, ti accompagna.

    5 gennaio

    Camminare è essenziale per trovare Gesù. La sua stella, infatti, domanda la decisione del cammino, la fatica quotidiana della marcia; chiede di liberarsi da pesi inutili e da fastosità ingombranti che intralciano, e di accettare gli imprevisti che non compaiono sulla mappa del quieto vivere. Gesù si lascia trovare da chi lo cerca, ma per cercarlo bisogna muoversi, uscire. […]

    Mettersi in cammino non è facile. Il Vangelo ce lo mostra attraverso i vari personaggi. C’è Erode, turbato dal timore che la nascita di un re minacci il suo potere. Perciò organizza riunioni e manda altri a raccogliere informazioni; ma lui non si muove, sta chiuso nel suo palazzo. Anche Gerusalemme ha paura: paura delle novità di Dio. Preferisce che tutto resti come prima – si è sempre fatto così – e nessuno ha il coraggio di andare. Più sottile è la tentazione dei sacerdoti e degli scribi. Essi conoscono il luogo esatto e lo segnalano a Erode, citando anche la profezia antica. Sanno, ma non fanno un passo verso Betlemme. Può essere la tentazione di chi è credente da tempo: si disquisisce di fede come di qualcosa che si sa già, ma non ci si mette in gioco personalmente per il Signore.

    6 gennaio

    Arrivati da Gesù, dopo il lungo viaggio, i Magi fanno come Lui: donano. Gesù è lì per offrire la vita, essi offrono i loro beni preziosi: oro, incenso e mirra. Il Vangelo si realizza quando il cammino della vita giunge al dono. Donare gratuitamente, per il Signore, senza aspettarsi qualcosa in cambio. Questo è segno certo di avere trovato Gesù, che dice: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Fare il bene senza calcoli, anche se nessuno ce lo chiede, anche se non ci fa guadagnare nulla, anche se non ci fa piacere. Dio questo desidera. Egli, fattosi piccolo per noi, ci chiede di offrire qualcosa per i suoi fratelli più piccoli. Chi sono? Sono proprio quelli che non hanno da ricambiare, come il bisognoso, l’affamato, il forestiero, il carcerato, il povero (cfr. Mt 25,31-46). Offrire un dono gradito a Gesù è accudire un malato, dedicare tempo a una persona difficile, aiutare qualcuno che non ci suscita interesse, offrire il perdono a chi ci ha offeso. Sono doni gratuiti, non possono mancare nella vita cristiana.

    7 gennaio

    La preghiera è l’acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia. La preghiera ci fa sentire amati e ci permette di amare. Ci fa andare avanti nei momenti bui, perché accende la luce di Dio. Nella Chiesa è la preghiera che ci sostiene tutti e ci fa superare le prove. […] Una Chiesa che prega è custodita dal Signore e cammina accompagnata da Lui. Pregare è affidargli il cammino, perché se ne prenda cura. La preghiera è la forza che ci unisce e sorregge, il rimedio contro l’isolamento e l’autosufficienza che conducono alla morte spirituale. Perché lo Spirito di vita non soffia se non si prega, e senza preghiera non si aprono le carceri interiori che ci tengono prigionieri. […] Il Signore interviene quando preghiamo, Lui che è fedele all’amore che gli abbiamo confessato e ci sta vicino nelle prove.

    8 gennaio

    La speranza non è virtù per gente con lo stomaco pieno. Ecco perché, da sempre, i poveri sono i primi portatori della speranza. E in questo senso possiamo dire che i poveri, anche i mendicanti, sono i protagonisti della storia. Per entrare nel mondo, Dio ha avuto bisogno di loro: di Giuseppe e di Maria, dei pastori di Betlemme. Nella notte del primo Natale c’era un mondo che dormiva, adagiato in tante certezze acquisite. Ma gli umili preparavano nel nascondimento la rivoluzione della bontà. Erano poveri di tutto, qualcuno galleggiava poco sopra la soglia della sopravvivenza, ma erano ricchi del bene più prezioso che esiste al mondo, cioè la voglia di cambiamento.

    9 gennaio

    Non di rado sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Gesù tocca, Gesù tocca la miseria umana, invitando noi a stare con Lui e a toccare la carne sofferente degli altri. Confessare la fede con le nostre labbra e il nostro cuore richiede – come lo ha richiesto a Pietro – di identificare i sussurri del maligno. Imparare a discernere e scoprire quelle coperture personali e comunitarie che ci mantengono a distanza dal vivo del dramma umano, che ci impediscono di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e, in definitiva, di conoscere la forza rivoluzionaria della tenerezza di Dio.

    10 gennaio

    Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre, nonostante il limite del nostro peccato.

    11 gennaio

    Non si impara a sperare da soli. Nessuno impara a sperare da solo. Non è possibile. La speranza, per alimentarsi, ha bisogno necessariamente di un corpo, nel quale le membra si sostengono e si ravvivano a vicenda. Questo allora vuol dire che, se speriamo, è perché tanti nostri fratelli e sorelle ci hanno insegnato a sperare e hanno tenuto viva la nostra speranza. E, tra questi, si distinguono i piccoli, i poveri, i semplici, gli emarginati. Sì, perché

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