Love 5.5. Non lasciarmi mai
By L.A. Casey
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About this ebook
La serie più amata dalle lettrici americane è diventata un successo anche in Italia!
Alannah Ryan è tormentata da un volto che perseguita i suoi sogni, trasformando le sue ore di veglia in un un susseguirsi di preoccupazioni. Parlarne con la persona che ama di più al mondo non è possibile, perché lo stesso volto perseguita anche lui. Per proteggere l'amore della sua vita da un altro fardello, mantiene la paura per se stessa, anche quando comincia a consumarla.
Damien Slater ha la vita che ha sempre desiderato con la donna di cui è perdutamente innamorato al suo fianco, ma c'è un problema. Lei gli nasconde qualcosa, e avevano giurato che non avrebbero mai più lasciato che un altro segreto si intromettesse tra di loro.
Scalare il muro di difese che Alannah si è costruita intorno sarà la sfida più diffile che Damien abbia mai affrontato. Perché significherà dimostrarle una volta per tutte che di lui Damien Slater ci si può fidare.
L.A. Casey
È nata a Dublino, dove risiede tuttora. Con la serie LOVE ha scalato le classifiche di «New York Times» e «USA Today». La Newton Compton ha già pubblicato Un nuovo destino, Un incredibile incontro, Un pensiero infinito, Fidati di me e Non smettere di amarmi mai, nonché, in e-book, le novelle Anime gemelle, Amori perduti, Come cuori lontani e Non lasciarmi mai.
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Love 5.5. Non lasciarmi mai - L.A. Casey
2181
Titolo originale: Alannah
Copyright 2018, L.A. Casey
Traduzione dall’inglese di Federica Gianotti
Prima edizione ebook: dicembre 2018
© 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-2801-2
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
L.A. Casey
Love 5.5
Non lasciarmi mai
Indice
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Ringraziamenti
A Edel, ottima ascoltatrice.
Capitolo uno
«Alaaaannahhh… Sto arrivando».
Mi voltai di scatto e i folti ricci scuri mi ricaddero sulle spalle. Guardai a sinistra e a destra, e mi chiesi da dove provenisse quell’eco appena sussurrata. La voce mi era spiacevolmente familiare, ma non riuscivo a ricordare a chi appartenesse. Sapevo solo di essere tesa per la paura e avere la gola secca. Rimasi immobile e un brivido mi percorse la nuca. Qualcosa proprio non andava. Mi guardai di nuovo attorno, e soltanto allora mi resi conto di essere andata nel mio studio. Mi osservai e sbattei le palpebre, sorpresa. Non ricordavo affatto di aver indossato quel bellissimo vestito bianco, che mi arrivava al ginocchio; in realtà… non rammentavo neppure di aver comprato quell’abito.
«Damien?», gridai, presa dal panico. «Dove sei?»
«Al momento ha le mani legate, non può liberarsi, angelo mio».
All’udire quella voce alle mie spalle lanciai un urlo, ma quando mi voltai per vedere chi fosse non trovai nessuno. Cominciai a tremare e a singhiozzare sommessamente. All’improvviso sentii uno schiocco alla mia destra, e trasalii. Socchiusi le labbra, scioccata, appena notai il cavalletto sollevato da terra senza che ci fosse nessuno a tenerlo. Volevo fuggire e non pensarci più, ma non ce la facevo. Ero impietrita, non riuscivo a muovere un passo mentre fissavo la scena incredibile a cui stavo assistendo.
Feci un respiro profondo, sbattei ancora le palpebre, e di colpo mi ritrovai di fronte al cavalletto con una matita temperata in mano. Davanti a me c’era una tela bianca e, come guidata da qualcuno, alzai il braccio e iniziai a disegnare. Piagnucolai spaventata e lottai per riprendere il controllo del mio corpo, ma ero in totale balìa della forza sconosciuta che mi possedeva. Riuscivo solo a fissare terrorizzata la mia mano che, a velocità impressionante, disegnava una figura. In realtà, non era una singola figura, piuttosto una serie di immagini, come in un film.
Avevo rappresentato con perfetta maestria i fratelli Slater che, a un certo punto, cominciarono ad animarsi, sorrisero e si voltarono a guardarmi. Il battito del mio cuore accelerò al punto che sembrava volesse schizzarmi fuori dal petto. Notai allora che i loro sorrisi si trasformavano in smorfie, le smorfie in espressioni di dolore, e intanto comparivano delle ferite su diversi punti dei loro corpi. Un liquido rosso e viscoso iniziò a fuoriuscire dalle carni, poi all’improvviso non lo vidi più sui fratelli: iniziò a trasudare attraverso la tela. Lo osservai colare lentamente dal disegno e gocciolare sul pavimento, dove formò una pozza attorno ai miei piedi nudi. Il liquido schizzò anche sul vestito bianco, tingendolo di rosso.
L’odore era acre e metallico, e capii che poteva trattarsi solo di sangue.
«Penso che questa sia la tua opera migliore finora, angelo mio».
Di colpo riacquistai il controllo del mio corpo e crollai a terra. Mi aspettavo di sentire dolore, ma non fu così; non sentii nulla. Vidi un’ombra incombere su di me, fui presa dal panico e cominciai a respirare a fatica. Sollevai lo sguardo, e non appena i miei occhi si posarono su di lui, socchiusi le labbra e il mio cuore smise di battere.
«Morgan?».
Morgan Allen, che in realtà era Carter Miles, mi sorrideva dall’alto, i penetranti occhi viola parevano brillare, l’espressione sul viso era delirante e divertita.
«Angelo mio», disse, inclinando la testa di lato. «Oh, quanto mi sei mancata».
Corrugai la fronte mentre mi rimettevo in piedi con una certa goffaggine, e barcollando mi allontanai di qualche passo da Morgan, desiderosa di tenerlo a distanza.
«Non è possibile che tu sia qui», lo aggredii. «Avevi promesso che saresti andato via e non ti saresti più fatto vedere».
«Ma allora avevi deciso di far uscire dalla tua vita i fratelli Slater», disse con un ghigno malevolo. «Poi, però, ti sei riconciliata con loro… li hai accolti di nuovo nella tua vita e nel tuo cuore… e io non posso accettarlo, angelo mio. Non posso, perché hanno ucciso persone a me care. Non ci può essere un lieto fine per degli assassini, almeno non in questa storia».
Le ginocchia mi tremarono così forte che rischiai di crollare da un momento all’altro.
«Mor-Morgan», balbettai. «Avevi detto di non voler fare del male a nessuno… Te lo ricordi?»
«E tu avevi detto di amare Damien e di volerlo sposare e avere dei figli con lui, ma non è vero», replicò con una risatina sinistra. «Deduco che abbiamo mentito entrambi».
«Io… io voglio davvero sposare Damien e avere dei figli con lui. Davvero».
«No, non è così», rispose, supponente. «Mi sono insinuato nella tua testa, angelo mio, ricordi? Quindi so tutto quello che ti passa per la mente. Tu vuoi Damien, ma non vuoi sposarlo né avere dei figli con lui».
«No», dissi, le braccia strette al corpo. «No, questo non è vero».
«Hai paura», continuò, e piano piano iniziò a girarmi attorno come un predatore fa con la sua vittima. «Hai detto che volevi sposarlo, avere dei figli con lui ma poi, riflettendoci meglio, ti sei resa conto che realizzare quei progetti ti terrorizza, perché cosa succederebbe se avessi dei figli da lui e morissero? E se sposassi Damien e poi lui morisse? Ti spaventa troppo il pensiero di cominciare una vita insieme a lui. Ti stai prendendo gioco di Damien, ma sai bene che a lui certi giochetti non piacciono».
«Zitto!», lo implorai. «Zitto, zitto, zitto!».
«Oh, angelo mio». Scoppiò a ridere e la sua risata fragorosa risuonò per tutta la stanza. «Sei come un topolino perso nell’immensità di questo mondo cattivo. E sai chi sono io?».
Scrollai il capo.
«La trappola per acchiappare i topolini».
Iniziai a piangere, il corpo scosso dai singhiozzi, ero confusa e sopraffatta da una marea di emozioni.
«Di-dicesti che non mi avresti m-mai fat-fatto del male».
«Entrambi abbiamo detto cose che non intendevamo dire… giusto, Lana?».
In quel momento udii un forte colpo alla mia sinistra che mi fece sobbalzare, e quando mi voltai da quella parte le ginocchia mi cedettero e caddi a terra con un tonfo. Davanti a me c’erano i fratelli Slater, legati, feriti e sanguinanti… proprio come nel mio disegno. Cinque paia di penetranti occhi grigi mi fissarono implorando aiuto, ma io non sapevo cosa fare.
«No!», esclamai. «No, non far loro del male, ti prego».
«Devo». Morgan emise una risatina sinistra. «Sono un Miles, ed è nostro compito punire i fratelli Slater».
«No, ti prego», lo supplicai. «Non far loro del male… Fallo a me piuttosto».
«A te?», ripeté, guardandomi da capo a piedi con un’espressione perplessa. «Vuoi che faccia del male a te?».
Appena Damien vide Morgan mettersi carponi e avvicinarsi verso di me, lanciò un urlo, attutito dallo straccio che gli tappava la bocca. Morgan teneva lo sguardo fisso su di me, e quando i suoi occhi viola agganciarono i miei non potei più distoglierli. Riniziai a piangere, incapace di trattenere i singhiozzi, ma mi si mozzò il respiro nell’istante in cui Morgan mi saltò addosso e mi divaricò le gambe.
«Tu non vuoi Damien», disse Morgan, e all’improvviso non era più lui ma Dante Collins. «Tu vuoi me». Sorrise; aveva un’espressione così affabile che pensai di potermi finalmente tranquillizzare… ma mi sbagliai. «Mi vuoi nel tuo letto proprio come mi hai avuto per quattro lunghi mesi, quando il mio uccello e le mie dita ti hanno fatto godere. Ti ricordi quanto ti facevo gemere a voce alta, Alannah? Tu vuoi me e non Damien perché sai gestire i tuoi sentimenti per me. Anche in passato sei sempre stata in grado di controllarli, mentre quello che il tuo cuore prova per Damien sfugge al tuo controllo, è travolgente, e lo detesti. Non è vero, bellezza?».
Chiusi gli occhi, mi tappai le orecchie con le mani e iniziai a urlare. All’improvviso qualcuno mi tolse le mani dalle orecchie, e quando riaprii gli occhi Dante era scomparso e Morgan era tornato. Sulle labbra aveva un sorriso sinistro e capii che mi avrebbe fatto del male.
«Non potrai mai liberarti di me, angelo mio», disse avvicinando il suo volto al mio. «Sono dentro la tua testa e ci resterò per sempre».
Gemetti.
«Sei mia, angelo», ringhiò, come un animale che reclama una cosa che gli appartiene. «Non sarai mai di Damien, non completamente. Sarai sempre mia».
«Ti prego», lo implorai. «Lasciali andare. Se vuoi fare del male a qualcuno, fallo a me. Loro ne hanno già passate abbastanza!».
Morgan sbatté le palpebre e di colpo brandiva un lungo coltello nella mano.
«La tua richiesta ti fa onore, angelo», disse. «E ho intenzione di concederti quel che mi chiedi, perché per me sei importante».
Udii l’urlo di Damien e le grida dei suoi fratelli non appena la lama affilata mi venne appoggiata sul collo e premuta leggermente. Non mi lacerò la pelle, né mi procurò dolore, ma ne avvertivo la pressione quando deglutivo.
«Non ti libererai mai di me».
Pronunciate queste parole, Morgan spostò in maniera brusca la mano che impugnava l’arma verso destra, ma quando tentai di respirare, annaspai senza fiato. Qualcosa di umido mi scorreva sul petto, simile a un filo d’acqua, e sentii il suono attutito di grida angosciate. Mi toccai il petto e la pancia, e nel notare le mani sporche di sangue svenni. L’ultima cosa che vidi fu Morgan che, con quel ghigno malevolo, mimava con le labbra un’unica parola.
Mia.
Capitolo due
Mi svegliai di soprassalto e d’istinto mi portai le mani al collo. Non c’era nulla se non la catenina col pendente a forma di cuore e stella regalatami da Damien sei mesi prima. Mi toccai alla ricerca di un’eventuale taglio e, non trovando nulla, mi abbandonai di nuovo sul letto, con un sospiro di sollievo. Fu allora che mi resi conto che quanto era accaduto non era stato reale, ma solo un incubo. Morgan non era tornato, e Damien e i suoi fratelli stavano bene. Voltai la testa verso destra e il delicato russare del mio amore mi tranquillizzò un poco. Non potevo vederlo perché entrambi avevamo bisogno che la stanza fosse completamente al buio per addormentarci, ma lo udivo, lo percepivo, lo sentivo.
Cambiai posizione e anche si mosse lui, nel sonno, mi mise un braccio attorno alla vita e mi strinse al suo fianco. Ecco una cosa che adoravo di Damien. In un modo o nell’altro, mentre dormiva, doveva sempre appoggiare una mano su di me e toccarmi. Mi aveva