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Le 101 partite che hanno fatto grande il Milan
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Le 101 partite che hanno fatto grande il Milan

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About this ebook

La grandezza di una squadra non si conta solo con le vittorie. Si può diventare grandi anche pareggiando; persino perdendo. La storia del Milan è fatta di successi, di sfide ma soprattutto di passione. Questo libro prova a raccontarla in 101 partite simbolo, capaci di esprimere il modo di sentire il calcio tipico di chi vede nei colori rossoneri la propria ragione d’essere e di vita. E poiché la fama del club milanese è anche e soprattutto figlia delle leggendarie imprese compiute sui campi di tutto il mondo, le 101 partite scelte avranno una dimensione internazionale. Quasi tutte le sfide descrivono una vittoria e in qualche occasione un pareggio, ma c’è spazio anche per qualche battuta d’arresto che il buon milanista, fedele osservatore della filosofia del “Milanismo”, accetterà di buon grado. L’obiettivo è narrare la cronaca della partita, immergendola nello scenario del tempo in cui ha luogo, affinché il lettore, riga dopo riga, cominci a sentire le stesse emozioni vissute dai giocatori e dai tifosi, minuto per minuto fino al triplice fischio finale.

Sono solo novanta minuti, più i supplementari e i rigori: ma ogni partita è decisiva. 
Queste 101 hanno scritto la storia rossonera.

Tre le 101 partite:
22 maggio 1963 • Milan-Benfica 2-1
“La conquista della prima Coppa dei Campioni”
22 ottobre 1969 • Estudiantes-Milan 2-1
“La partita insanguinata”
11 maggio 1999 • Milan-Real Madrid 5-0
“Un Milan matador”
11 maggio 2001 • Inter-Milan 0-6
“Punteggio tennistico nel derby”
28 maggio 2003 • Juventus-Milan 0-0 (2-3 d.c.r.)
“Campioni d’Europa contro la Juve”
1° maggio 1988 • Napoli-Milan 2-3
“Una magica doppietta”
23 maggio 2007 • Milan-Liverpool 2-1
“Vendetta contro il Liverpool”

Prefazione di Pietro Paolo Virdis
Giuseppe Di Cera
è nato a Taranto nel 1975. Laureato in Scienze politiche, ha collaborato con diverse testate e attualmente lavora come cronista per il Corriere dello Sport e le emittenti Canale85 e AntennaSud. Con la Newton Compton ha pubblicato cinque volumi dedicati alla squadra rossonera: 1001 storie e curiosità sul grande Milan che dovresti conoscere; I campioni che hanno fatto grande il Milan; Il romanzo del grande Milan; Il Milan dalla A alla Z; Forse non tutti sanno che il grande Milan... e Le 101 partite che hanno fatto grande il Milan.
LanguageItaliano
Release dateOct 9, 2018
ISBN9788822726384
Le 101 partite che hanno fatto grande il Milan

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    Le 101 partite che hanno fatto grande il Milan - Giuseppe Di Cera

    SINO AL CONFINE

    immagine

    Dal 1908 al 2016. Le migliori 57 partite del Milan tra campionato e coppe nazionali, in un rapporto di 45 a 12, abbracciano 108 anni di vita del club, nato il 16 (o il 13) dicembre 1899. Un assortimento soggettivo delle sfide più appassionanti e avvincenti, raccontate con dovizia di particolari come se la gara fosse stata giocata il giorno precedente.

    Nella sezione dedicata al campionato ecco rivivere il meraviglioso 7-1 inflitto alla Juventus nel 1950, il 5-1 sempre ai danni dei bianconeri nel 1961, il roboante 9-3 all’Atalanta (ancora oggi record assoluto di gol realizzati in una gara) del 1973, il 2-2 nel derby del 1979, importantissimo per vincere lo scudetto della stella, il 3-2 esterno a Napoli del primo tricolore dell’era di Sacchi, e ancora con l’Inter il 3-2 in rimonta del 2004 e il 2-2 con pareggio al 97 nel derby di ritorno del 2016. Non ci sono solo partite vinte, ma anche altre che, pur perse o pareggiate, sono entrate di diritto nella storia del Diavolo, perché sono felicemente coincise con la vittoria di uno scudetto o perché hanno dimostrato il valore del gruppo Milan anche quando l’avversario era più forte. C’è persino una partita di B, perché sono convinto che una storia fatta di omissioni non giovi a nessuno: non rinnegare, ma anzi avere coscienza di quanto accaduto, rafforza il dna dei milanisti, in nome del milanismo, la filosofia che identifica gli stati d’animo dei rossoneri. Nel bene e nel male.

    Le restanti 12 gare coincidono con altrettanti trofei vinti: le cinque finali di Coppa Italia e le sette della Supercoppa di Lega. Dalla prima Coppa Italia vinta con il Padova nel 1967 sino alla Supercoppa italiana conquistata nel 2016 a Doha con la Juventus. Dodici trofei, tra cui memorabili successi come il 2-0 del 1979 nell’unico derby giocato in una finale di Coppa Italia.

    Ognuna delle partite scelte è anticipata da un commento utile a capire il momento in cui si è svolta e per meglio afferrare considerazioni e concetti presenti nel pezzo di cronaca.

    le partite di campionato

    immagine

    1. IL MILAN VA SULL’OTTOVOLANTE

    Il Milan nasce il 16 dicembre 1899 (anche se il giorno esatto sarebbe il 13) e dopo soli otto anni di vita può già dire di aver vinto tre Scudetti (1901, 1906 e 1907). Cinque anni dopo, nel campionato 1911-12, è ancora alla ricerca del quarto e l’avversario da battere si chiama Pro Vercelli. I bianchi piemontesi, cento anni fa, godono di una considerazione nettamente differente da quella attuale: come i rossoneri, infatti, hanno vinto tre volte il tricolore e sono campioni d’Italia uscenti. Entrambe le squadre vengono inserite nello stesso girone (ligure-lombardo-piemontese): in palio c’è un posto per la finale, da giocare con la vincente del raggruppamento emiliano-veneto. La lotta è serrata e a suon di reti, 60 per il Milan e 50 per la Pro Vercelli. Eppure, nonostante abbia anche una difesa più perforata (12 gol subiti contro 10), dopo i diciotto turni previsti dal calendario è quest’ultima, con 32 punti, 1 in più dei lombardi, a guadagnarsi il diritto di affrontare il Venezia, vincitrice dell’altro girone. I due scontri diretti tra Milan e Pro Vercelli terminano in parità, 1-1 in trasferta e 2-2 al Porta Monforte di Milano. Alla fine, la differenza in favore dei piemontesi la farà l’1-1 casalingo del Diavolo con il più che modesto fc Piemonte nella prima giornata di campionato, disputata l’8 ottobre 1911. Nel Milan, allenato da una commissione tecnica guidata da Ernesto Belloni, si conferma il centravanti belga Louis Van Hege, artefice di 18 gol, che il 14 gennaio 1912 si trasforma, letteralmente, nel flagello della Juventus.

    milan-juventus 8-1

    reti pt: 12 Cevenini A., 20 Van Hege, 28 Rizzi, 44 Besozzi; st: 14, 20, 29, 30 Van Hege, 40 Rizzi.

    milan Barbieri, Sala, De Vecchi, Bovati, Rizzi, Colombo, Carrer, Schiantarelli, Cevenini A., Van Hege, Bavastro. All.: Commissione tecnica.

    juventus Pennano, Hess, Ajmone, Nevi, Mazzonis, Turin, Besozzi, Reynert, Zuffi, Weber. All.: Hess.

    arbitro Gama Malcher di Milano.

    milano – Splendida affermazione del Milan che con quattro gol per tempo annichilisce la Juventus. E se il numero 1 ospite, Umberto Pennano, non fosse in giornata di grazia, probabilmente la differenza reti sarebbe ancora più marcata. Il risultato non lascia spazio a recriminazioni da parte bianconera, per quanto vada dato atto alla Juventus – scesa peraltro in campo in dieci uomini per l’assenza del terzino Alfredo Ferraris – di averci ugualmente provato; ma i rossoneri avevano la necessità di vincere per rimanere in scia alla Pro Vercelli, vincitrice per 7-0 contro la Mediolanum.

    Interessante il colpo d’occhio del Porta Monforte, la cui tribunetta coperta è piena di tifosi giunti per sostenere la loro squadra del cuore.

    Sin dal fischio d’inizio del signor Giuseppe da Gama Silva Malcher (ex calciatore dell’Internazionale), Milan e Juventus non si risparmiano e cominciano ad attaccare, ma è la formazione rossonera, schierata con il 2-3-5, a rendersi subito pericolosa con capitan Giuseppe Rizzi, che chiama alla gran parata Pennano. Il portiere nulla può, al 12, sull’incursione di Aldo Cevenini, che parte in contropiede e lo fulmina con una precisa conclusione. In questa circostanza il Milan deve ringraziare il pessimo schieramento della Juventus, tutta protesa in attacco per battere un angolo. Van Hege, punto di riferimento dei rossoneri, raddoppia per i padroni di casa, quindi Rizzi si prende la rivincita sul portiere piemontese e triplica. Besozzi, in chiusura di tempo, addolcisce la pillola e riduce le distanze fissando il punteggio sul 3-1. Il parziale cambia ancora dopo soli quattordici minuti della ripresa per merito di Van Hege, che raccoglie il perfetto suggerimento di Cevenini (a cui, dodici minuti prima, era stato annullato il 4-1). L’attaccante belga sale in cattedra e segna altre due volte prima della mezzora. Rimane giusto il tempo per Rizzi di realizzare la sua doppietta. In casa Milan i migliori sono Van Hege, ormai idolo dei tifosi rossoneri, e il giovanissimo esterno basso, ma con forte attitudine all’attacco, Renzo De Vecchi. Oltre a Pennano, sul fronte juventino si salvano in due: Reyner e Zuffi.

    Tra sette giorni la squadra rossonera sarà impegnata nel derby con l’Internazionale, una gara tutta da vivere e che siamo sicuri chiamerà a raccolta tutta la città di Milano.

    2. IL RUGGITO DI CAPRA,

    IL MILAN METTE KO L’INTER

    Il Milan è in crisi esistenziale. Si sta disputando il campionato 1937-38 e la squadra dell’allora presidente Emilio Colombo, un giornalista momentaneamente prestato al calcio, sta provando con tutte le forze a conquistare lo scudetto, che manca dal 1907. Dopo diverse stagioni trascorse a vivacchiare a metà classifica, questa volta il Milan può dire la sua, anche se formazioni come Juventus (vincitrice del campionato dal 1931 al 1935), Ambrosiana (il nuovo nome dell’Internazionale) e Bologna (campione d’Italia in carica) sembrano avere qualcosa in più. Malgrado gli investimenti di Colombo, che nel 1936 ingaggia un attaccante di razza come Aldo Boffi, per i tifosi milanisti non arrivano soddisfazioni. L’unica gratificazione concreta potrebbe giungere da una vittoria nel derby, ma anche qui sono più le amarezze che le gioie. Il punto è che un successo contro i nerazzurri manca dall’8 luglio 1928, quando si vinse 3-2. E anche nel girone d’andata del campionato in corso il Milan piega la testa, allorché il 17 ottobre 1937 Peppino Meazza e compagni s’impongono per 2-1. Per i rossoneri la rete della bandiera è di Egidio Capra, che per la gara di ritorno del 20 febbraio 1938 prepara la vendetta. Una vendetta che lo imporrà come uno dei volti più noti del calcio nazionale, anche grazie alle figurine presenti nelle confezioni delle caramelle e cioccolate.

    milan-ambrosiana 1-0

    rete st: 35 Capra

    milan Zorzan, Perversi, Berra, Remondini, Bortoletti, Lovetti, Capra, Moretti, Boffi, Gabardo, Arnoni. All.: Banas, dt: Felsner.

    ambrosiana inter Peruchetti, Buonocore, Setti, Locatelli, Olmi, Antona, Frossi, Colli, Meazza, Ferrari, Ferraris. All.: Castellazzi.

    arbitro Scarpi di Dolo.

    milano – Ben trentacinquemila spettatori salutano la vittoria di misura del Milan contro l’Ambrosiana, che mancava da due lustri. E se da una parte i milanisti, ieri in maglia rossa con rifiniture nere, si battono da leoni, qualche appunto va mosso alla squadra nerazzurra, che, soprattutto nella ripresa, lascia molto desiderare.

    Il tecnico del Diavolo Hermann Felsner ha diversi nodi da sciogliere, soprattutto per due pesanti defezioni, una in difesa e l’altra a centrocampo, ovvero Giuseppe Bonizzoni, che sino a due anni fa indossava anche la fascia di capitano, e Sereno Gianesello, vittima di un problema al menisco. In loro vece Felsner sceglie Bruno Berra e Leandro Remondini, che ben si comportano per tutti i novanta minuti. Buona la prova di Luigi Perversi ed Egidio Capra, mattatore di giornata. Sul fronte nerazzurro buono il primo tempo ma ripresa da rivedere, perché quando la squadra prova a offendere lo fa male e con timidezza. In più si nota un crescente scollamento tra difesa e attacco, per cui l’undici di Castellazzi finisce per dividersi in due tronconi. A tutti questi problemi si aggiunge la giornata no della stella Giuseppe Meazza, ben marcato dai difensori rossoneri.

    Eppure sono i bauscia a farsi vivi per primi. Già al 7 Mario Zorzan è chiamato a respingere le conclusioni di Colli e Frossi, quest’ultimo tra i migliori dei suoi. Trenta minuti ancora e l’estremo difensore rossonero è graziato da Colli che spara fuori di pochi passi.

    Il doppio scampato pericolo scuote il Milan, che si sveglia nella ripresa soprattutto grazie alla crescita di Gabardo, Boffi e Capra. Tre giri di lancette e Moretti sfiora il montante, che invece Boffi centra in pieno al 10 con un missile terra aria. Peruchetti non può che ringraziare per lo scampato pericolo. Il Milan continua a spingere e al quarto d’ora Boffi si ritrova la palla dell’1-0, ma botta è alta sulla traversa. Madornale l’errore dell’attaccante di Seregno, dato che Peruchetti, per una precedente uscita, aveva lasciato i pali incustoditi. L’Ambrosiana si fa viva con due calci piazzati e nulla più. La partita è chiaramente cambiata e il profumo di un gol è sempre più forte. Il fiore da cui promana si tinge di rossonero al 35, grazie a Capra. Tutto parte da un’iniziativa di Gabardo, che appena dentro i sedici metri spara malamente contro la porta di Peruchetti; ne scaturisce una sorta di tiro-cross sul quale Capra si getta di testa insaccando per l’1-0. Peruchetti rimane a terra basito, mentre l’avversario grida a squarciagola per la gioia. Non pago dell’esultanza Capra si avvicina all’avversario, che non si è ancora rialzato, e in milanese, così ci pare dal labiale, lo invita a rimettersi in piedi dicendo: «Cata su bauscia». Meazza ha un sussulto intorno al 40 con una rovesciata spettacolare, che però manda la sfera lontano dai pali di Zorzan.

    Al triplice fischio di Scarpi ecco le teste basse degli interisti e le mani al cielo dei milanisti, che portano in trionfo il loro eroe Capra, autore del gol vittoria, servito per battere la capolista del campionato. Per l’Inter l’unico motivo per rallegrarsi è la sconfitta del Genoa, sua inseguitrice, nel derby con il Liguria. Dopo dieci anni, è questa la notizia della giornata, ma diremmo della stagione: i casciavit tornano a sorridere e, almeno per un anno, prendere di mira l’altra parte della città.

    3. ANTONINI FA PIANGERE L’INTER

    Il 30 maggio 1946 il Milan, alla cui presidenza c’è Umberto Trabattoni, è il protagonista del primo derby del dopoguerra, nel campionato di massima serie più lungo mai organizzato in Italia. Le partecipanti, infatti, disputano tutte quaranta giornate, ad eccezione della formazione rossonera che ne gioca due supplementari. Ma andiamo con ordine. La federazione decide di dividere le squadre iscritte in due gironi, A e B, che rispettivamente aggregano formazioni settentrionali e meridionali. Le prime quattro di ciascuno dei due raggruppamenti, e quindi otto in totale, confluiscono nel girone finale, che mette in palio lo scudetto. Il Milan si qualifica assieme a Torino, Juventus e Inter. Dal sud arrivano Livorno, Roma, Napoli e Bari. Ma per accedere al girone finale i rossoneri devono battagliare con il Brescia, giunto quarto a pari merito. Sono necessari due spareggi per battere le rondinelle, piegate, solo nel secondo confronto, dalla doppietta del centravanti Héctor Puricelli. È proprio nel girone finale che il Milan (e non più Milano), allora allenato dal direttore tecnico Antonio Busini, ottiene il primo successo del dopoguerra in un derby.

    La squadra si classifica al terzo posto con 16 punti, 2 sopra i cugini e 6 in meno del Torino, formazione troppo forte per tutti. Il Milan paga le sconfitte esterne con le prime due della classe, le due squadre di Torino, più l’inaspettata battuta d’arresto in casa del Napoli, alla prima giornata.

    milan-inter 3-2

    reti pt: 12 Penzo, 31 Candiani, 35 Gimona, 36 Rosellini; st: 30 Antonini.

    milan Rossetti, Cerri, Zorzi, Bonomi, Toppan, Tognon, Gimona, Antonini, Puricelli, Annovazzi, Rosellini. All.: Baloncieri, dt: Busini.

    inter Franzosi, Marchi, Passalacqua, Cominelli, Milani, Campatelli, Fabbri, Cipolla, Penzo, Muci, Candiani. All.: Carcano.

    arbitro Scorzoni di Bologna.

    milano – Nel segno di Giuseppe Antonini. Il capitano del Milan risolve a quindici minuti dalla fine un derby ben giocato da entrambe le contendenti, proiettando i rossoneri nelle zone di classifica che più contano. Per il marcatore è una giornata indimenticabile, perché già prima del fischio d’inizio viene premiato dai tifosi per il suo decimo anno consecutivo in rossonero: un bel traguardo e tanti auguri!

    Convenevoli a parte, Milan-Inter rimane il derby più avvincente d’Italia, che il Diavolo fa suo nonostante il Biscione l’abbia dolorosamente azzannato due volte nei primi trentuno minuti. Due morsi estemporanei, che rendono giustizia, almeno sino a quel momento, a un Milan costantemente catapultato nella metà campo avversaria. Encomiabile, sin dall’inizio, la prova rossonera, con un bombardamento della porta interista generosamente difesa da Franzosi. Eppure sono i nerazzurri, al 12, a colpire per primi, in modo fortuito: sulla conclusione di Candiani, da distanza ravvicinata, Rossetti non trattiene la sfera, Penso è lì e con un tocco ravvicinato mette in rete. Il Milan è un crescendo di rabbia e spinge ancora, ma forse lo fa con troppa sufficienza, il che favorisce, al 31, un altro contropiede interista sul quale Cerri potrebbe intervenire meglio, ma la sua entrata morbida non fa che ritardare di qualche frazione di secondo l’ineluttabile, con la palla che termina sui piedi di Candiani, lesto nel battere a rete da pochi passi. A questo punto il Milan è una furia ceca e schiaccia letteralmente i concittadini, costretti a capitolare due volte a stretto giro, tra il 35 e il 37. Gimona, con il suo sinistro, è il rifinitore di una perfetta manovra Puricelli-Antonini e Rosellini fa lo stesso sul suggerimento di Puricelli. Il 2-2 non placa gli animi del Diavolo, ancora voglioso di attaccare, ma il duplice fischio che sancisce la fine del primo tempo salva l’Inter, praticamente in ambasce per tutti i primi quarantacinque minuti.

    L’affanno prosegue ancora nella ripresa. I nerazzurri rimangono in apnea per trenta minuti, cercando solo raramente l’affondo, poi fatalmente devono cedere terreno al Milan, che realizza con Antonini il 3-2 e scrive la parola fine sulle speranze di rimonta della Milano nerazzurra. Anzi il Milan, spinto dalla panchina dal suo direttore tecnico Antonio Busini, ha persino il tempo di cogliere la traversa con una cannonata di Annovazzi, ieri a dire il vero un po’ troppo sottotono.

    Il successo nella stracittadina potrebbe aver galvanizzato i milanisti, che attendiamo alla prova del nove già a partire da domenica prossima. La battuta d’arresto, invece, non dovrà scoraggiare gli interisti, che però dovranno dimostrarsi, nella prossima occasione, decisamente più pugnaci.

    4. IL DIAVOLO DOMA IL TORO

    Il Milan del secondo dopoguerra ha grande voglia di rilanciarsi. Lo chiedono a gran voce i tifosi che vorrebbe tornare a gioire, lo impone la storia, che non annovera alcuno scudetto dal 1907, lo esige il desiderio di dimenticare le sofferenze e lo pretende il presidente Umberto Trabattoni. In sella sin dal 1939, il massimo responsabile societario dirige la società con il genero Antonio Busini, che nei successivi quattordici anni di gestione ricoprirà sempre ruoli differenti, ora di vicepresidente, ora di direttore tecnico, ora di direttore sportivo e persino (durante il secondo conflitto mondiale) reggente al posto del congiunto. Nel campionato 1947-48 il Milan migliora il terzo posto conquistato dieci anni prima raggiungendo il secondo, dietro il leggendario Grande Torino. I granata hanno una squadra praticamente perfetta, ma nel girone d’andata, insidiati dal Diavolo, faticano parecchio a mantenere il primato. Anzi il Milan si porta momentaneamente avanti, attestandosi in vetta. Lo scontro diretto dell’andata si disputa a San Siro il 25 gennaio 1948, esattamente ventiquattro giorni dopo l’entrata in vigore della Costituzione italiana: da una parte ci sono i milanisti, battuti sino ad allora in trasferta da Fiorentina e Triestina, dall’altra i torinisti, sconfitti a Bari, Bologna e a Bergamo con l’Atalanta. In città non si parla d’altro, perché il Torino rappresenta davvero il miglior calcio dell’epoca. È un po’ come giocare oggi con il Real Madrid o il Barcellona. Da quei novanta minuti il Milan esce rafforzato nello spirito, ma l’entusiasmo si spegnerà nei girone di ritorno, perché saranno i granata a prevalere.

    milan-torino 3-2

    reti pt: 7, 32 Puricelli, 45 Degano; st: 2 Menti, 25 Mazzola.

    milan Rossetti, Gratton, Bonomi, Annovazzi, Toppan, Tognon, Degano, Antonini, Puricelli, Raccis, Carapellese. All.: Bigogno.

    torino Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Martelli, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Fabian. All.: Sperone, dt: Copernico.

    arbitro Dattilo di Roma.

    milano – Al termine di una tiratissima partita dai due volti, il Milan ha ragione di un indomito Torino, ferito a morte nell’orgoglio e nel risultato. Il 3-2 di San Siro è un chiaro esempio di cosa dovremmo vedere nelle partite di calcio, soprattutto per merito della squadra di casa, capace di mettere a segno tre reti nei primi quarantacinque minuti. La reazione granata, nella ripresa, è un misto di cieca rabbia e veemente orgoglio, ma non sufficiente per acciuffare un pari che per i rossoneri avrebbe avuto un sapore beffardo. Il tecnico milanista Bigogno, per sua fortuna, può contare su tutti gli effettivi e perciò in avanti utilizza tutte le bocche di fuoco a sua disposizione: Degano, Raccis Carapellese e Puricelli. Dal lato piemontese, Sperone può ugualmente sorridere perché ci sono Mazzola, Gabetto, Menti e il portoghese Fabian. A supporto anche l’ex rossonero Ezio Loik.

    Nei primi quarantacinque minuti gli ospiti rimangono a guardare silenziosi il monologo rossonero, che si apre dopo sette minuti. Testina d’oro Puricelli si libera del suo marcatore (Rigamonti), scatta sul filo del fuorigioco e con un tocco di precisione beffa Bacigalupo. A nulla valgono le proteste dei torinisti, perché Dattilo, arbitro esperto e con due Mondiali alle spalle, convalida senza battere ciglio. Il Milan continua a pressare e al 20 invoca un rigore per una dura entrata di Ballarin su Carapellese. Il direttore di gara sorvola incredibilmente, così come fa, con egual pessimo metro di giudizio, qualche minuto dopo su una cintura del capitano rossonero Bonomi su Menti. Alla mezz’ora il Torino ottiene un angolo; la difesa rossonera è attenta e, come una molla, scatta verso la porta di Bacigalupo con un micidiale contropiede che Carapellese trasforma nel 2-0. Il toro sbuffa collera e prova a ridurre lo svantaggio con Gabetto, ma Rossetti risponde da campione alla conclusione. Un attimo prima di guadagnarsi gli spogliatoi per prendere fiato, gli ospiti incassano un altro gancio che li fa stramazzare al suolo. Carapellese attira mezza difesa, quindi serve il solitario Degano, che parte in linea con la difesa torinista e batte Bacigalupo: 3-0. Ancora proteste, ma Degano appare in gioco.

    La ripresa sembra tutta un’altra partita. Il Torino riduce le distanze dopo appena due minuti con Menti che si fa beffa del dispositivo difensivo dei rossoneri. La paura assale la compagine milanista che, tuttavia, approfitta degli ampi spazi per pungere in ripartenza. Ma sono i torinisti a tenere in mano il pallino del gioco e al 25 accorciano ulteriormente le distanze con Mazzola. Il Milan annaspa e ringrazia la buona sorte al 30, quando Maroso coglie la traversa a portiere battuto. Carapellese e Puricelli rispondono allo stesso modo sprecando la palla del 4-2, forse più per stanchezza che per altro. Affaticamento che attanaglia anche il Torino, incapace nei minuti finali di rendersi ulteriormente pericoloso. Alla fine è un tripudio di bandiere rossonere e di cuscini lanciati dai tifosi di casa all’indirizzo dei propri beniamini per celebrare una memorabile vittoria.

    5. LE SETTE VIRTÙ DEL MILAN IN… TV

    La tragedia aerea di Superga del 4 maggio 1949, nella quale perisce il Grande Torino, lascia spazio ad altre formazioni, libere di poter puntare lo scudetto. La prima ad approfittarne, nel campionato 1949-50, è la Juventus, seguita un anno dopo proprio dal Milan. Nella stagione che consegna il tricolore ai bianconeri è il Diavolo, che concluderà il campionato con un ritardo di 5 lunghezze, a opporsi con tutte le sue forze ai futuri campioni d’Italia, forte di una squadra compatta e particolarmente offensiva. I rossoneri, allenati dall’ungherese Lajos Czeizler, con Antonio Busini nel ruolo di direttore tecnico, segnano 118 gol (secondo miglior risultato in senso assoluto dopo i 125 del Torino nel 1947-48), 18 più dei campioni d’Italia. Troppe, però, le reti incassate, 45 contro le 43 dei piemontesi, che il 2 ottobre espugnano San Siro con il sigillo di Martino a inizio ripresa. Ben diversi sono i novanta minuti del ritorno. Allo scontro di Torino del 5 febbraio 1950, il primo trasmesso in Italia dalla televisione, il Milan si presenta con dieci successi nelle precedenti dodici gare, mentre la Juventus sta mostrando qualche crepa di troppo. Tra le due squadre ci sono 3 punti di differenza, il che fa schizzare in alto il tasso dell’attesa. Tanto che il Comunale trabocca di tifosi della Juventus, già pronti a festeggiare un successo scacciacrisi, ma meno… predisposti a subire una dolorosa sorpresa già dietro l’angolo. L’eco del fragoroso risultato è tale che già in serata su un tram milanese si vedono sventolare alcuni vessilli rossoneri.

    juventus-milan 1-7

    reti pt: 12 Hansen, 15 Nordahl, 23 Gren, 24 Liedholm, 26 Nordahl; st: 4 Nordahl, 25 Burini, 39 Candiani.

    juventus Viola, Bertuccelli, Manente, Mari, Parola, Piccinini, Muccinelli, Martino, Boniperti, Hansen, Praest. All.: Carver.

    milan Buffon, Belloni, Foglia, Annovazzi, Tognon, Bonomi, Burini, Gren, Nordahl, Liedholm, Candiani. All.: Czeizler, dt: Busini.

    arbitro Galeati di Bologna.

    note 40 pt espulso Parola per fallo su Nordahl.

    torino – Bello come Apollo e possente come un novello Ercole. Si possono tranquillamente scomodare due personaggi della mitologia per descrivere la prova muscolare del Milan, che abbatte la Juventus al Comunale di Torino con sette reti. Uno spettacolo più unico che raro davanti a cinquantamila spettatori, quasi tutti di fede bianconera, ma diverse migliaia di tifosi rossoneri sono giunte anche da Milano. Senza dimenticare che chi non ha la possibilità di recarsi a Torino ha seguito la sfida in televisione.

    Tutti i calciatori rossoneri offrono una prova sopra le righe contro un avversario irriconoscibile e che sul finire del primo tempo, sotto per 4-1, perde le staffe terminando in dieci uomini. Bravi tutti, in primis lo svedese Nordahl, meritevole di un encomio supplementare per aver segnato una tripletta. Una riferimento va fatto pure al giovanissimo portiere milanista (appena diciannovenne) Lorenzo Buffon, alla sua quarta gara ufficiale.

    A guardare i primi dodici minuti, nulla farebbe presagire il tracollo piemontese, perché il periodo è interamente di marca bianconera e Buffon si salva in un caso per aver messo le molle ai piedi per sventare una conclusione di Parola e nell’altro grazie al palo, quando pare ormai battuto. Il gol juventino è nell’aria e arriva con Hansen, ben servito da Martino, mediano destro dai piedi buoni. Qui finisce la partita dei padroni di casa e inizia quella dei lombardi, che in poco più di un minuto, il 14, battono quattro angoli consecutivi: l’ultimo è quello buono per Nordahl, che mette alle spalle di Viola in semirovesciata. L’1-1 annuncia il tornado milanista in arrivo. Nordahl è al servizio dei compagni e al 23 vede il connazionale Gren e gli fornisce la palla del 2-1. La Juve barcolla e il Milan ne approfitta ancora: sessanta secondi e lo sgusciante Candiani mette al centro per Liedholm, ieri posizionato più avanti del solito, che non sbaglia e fa 3-1. Tre gol, tre come gli svedesi del Milan, tutti a segno. Non basta. C’è chi chiede il bis e Burini, ala con le… ali ai piedi, accontenta Nordahl, che al 26 realizza il poker per la sua squadra. Tre gol in quattro minuti. I nervi dei bianconeri, increduli, sono a fior di pelle, e si vede ad esempio dal comportamento di capitan Parola, che al 40 vince un contrasto con Nordahl, ma non contento gli rifila un calcio a palla lontana: l’arbitro è lì e lo espelle, tra i fischi degli stessi sostenitori bianconeri. Una simile condotta non è da Parola, uomo e calciatore oltremodo corretto, e che infatti chiede scusa allo scandinavo, redimendosi parzialmente dal misfatto. Ma grande è la prova dei tre svedesi, sotto gli occhi di alcuni giornalisti loro connazionali appositamente giunti per osservare lo scontro d’alta quota.

    Il secondo tempo è un soliloquio milanista concluso da Nordahl, Burini e Candiani, nel generale tripudio di bandiere rossonere che sventolano sotto il cielo di Torino. Anche se, va detto, l’orgogliosa Juventus prova a inizio ripresa a ridurre il distacco, ma trova sulla sua strada un Buffon in giornata di grazia. Leggiadria messa tutta in un colpo di reni che fa sbattere sul palo, al 7, una potente conclusione di Hansen, ma è tutta qui la reazione juventina, anche perché Boniperti non vede un solo pallone, ben contrastato com’è da Annovazzi e Tognon. Il Milan chiede due rigori per due presunti atterramenti di Nordahl, ma il bolognese Galeati chiude entrambi gli occhi e fa continuare. Lo scudetto, ora, appare più vicino per i rossoneri e meno per i bianconeri.

    6. QUANDO PERDERE

    È UGUALMENTE BELLO:

    MILAN, LO SCUDETTO È TUO!

    Se a otto anni dalla fondazione il Milan aveva già vinto tre Scudetti, ce ne vogliono altri quarantaquattro perché possa trionfare nuovamente. Diverse le vicissitudini che fanno imboccare al Milan la strada del digiuno forzato, principalmente economiche ma non solo. Il tutto con la ciliegina sulla torta di un leggendario anatema lanciato da quarantaquattro dissidenti del club, che nel 1908 lasciano il Milan per fondare l’ennesima squadra milanese: l’Internazionale. Dopo il fallito assalto al tricolore 1949-50, il Diavolo riprova

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