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Un amore dolcemente complicato
Un amore dolcemente complicato
Un amore dolcemente complicato
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Un amore dolcemente complicato

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About this ebook

Un'autrice da 1 milione di copie

Un singolo giorno può cambiare tutto. Nell Sullivan è nota tra i suoi amici per essere la precisina con un “piano quinquennale”. La sua agenda è sempre fitta di impegni e non c’è nessuno in tutta Londra altrettanto organizzato e responsabile. Ma quando si trova senza un lavoro e di nuovo single nello stesso giorno, Nell decide che è arrivato il momento di smetterla di pianificare tutto e cominciare a correre dei rischi. È così che mette insieme i suoi risparmi per concedersi finalmente un viaggio verso la città nella quale tutto è possibile: San Francisco. Neanche il tempo di arrivare, e viene accolta da una variegata e bizzarra ondata di nuove conoscenze, tra cui l’intrigante e bellissimo Max. Molto presto, grazie a loro, comincerà a sentire la città californiana come una seconda casa. Ma, arrivato il momento di tornare a Londra, metterà in valigia anche la nuova Nell, quella più spontanea e rilassata? E la magia di San Francisco continuerà a produrre effetti anche a miglia e miglia di distanza?

Dall'autrice del bestseller Iniziò tutto con un bacio
Tradotta in 7 lingue

Quanto devi fuggire lontano per concederti un nuovo inizio?

Hanno scritto dei suoi romanzi:

«Tiene incollati fino all’ultima pagina.»
Closer

«Un colpevole piacere.»
Grazia
Miranda Dickinson
È nata nelle West Midlands e vive in Inghilterra. Lavora come copywriter, collabora con diverse riviste e siti web. I suoi romanzi sono stati tradotti in sette lingue. La Newton Compton ha pubblicato Iniziò tutto con un bacio, Favola d’amore a New York e La piccola libreria di New York. Un amore dolcemente complicato è il suo nuovo romanzo.
LanguageItaliano
Release dateDec 12, 2017
ISBN9788822718426
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    Un amore dolcemente complicato - Miranda Dickinson

    Capitolo 1

    Il giorno che mi ha cambiato la vita

    Quando arrivò l’evento che avrebbe cambiato la mia vita non fu affatto come me lo sarei aspettato.

    Se me l’avessero chiesto prima – non so, per esempio mentre ero incastrata sotto l’ascella estranea di un compagno pendolare e mi sforzavo di non cedere ai conati indotti dal suo singolare olezzo di cipolla e speravo che qualcosa nella mia vita cambiasse sul serio – avrei immaginato qualcosa di simile a un oggetto di valore inestimabile. Avrei pensato che giungesse a me accompagnato da un coro che cantava l’Alleluia e dal commento incalzante della voce fuori campo di quel tizio di X Factor: Nell Sullivan aspetta un cambiamento importante nella sua vita. E adesso… è arrivato!

    Quel che mai mi sarei aspettata era che potesse essere un messaggio di tre righe scarabocchiato su un Post-it verde lime attaccato allo schermo del mio computer, in ufficio. E soprattutto, che giungesse da Aidan Matthews, il mio capo diretto al dipartimento di Urbanistica del Consiglio comunale di Islington, nonché, cosa forse più importante, l’uomo che era stato il mio tira e molla sentimentale (e quanto di più simile a una relazione stabile) per quasi cinque anni interi.

    Ciao Nell,

    riesci a trovare una scusa per passare nel mio ufficio in mattinata?

    Devo parlarti.

    A

    Non appena lo vidi, capii che i desideri espressi sotto l’ascella puzzolente quella mattina stavano per essere esauditi. Aidan mi rivoleva. Fino ad allora non avevo ancora capito quanto desiderassi risolvere la situazione con lui. L’ultima volta che ci eravamo lasciati era stato di comune accordo: entrambi avevamo voluto evitare i problemi che non eravamo mai riusciti ad affrontare. Ma mentre seguivo con il dito la sua scrittura sul biglietto, il mio cuore cominciò a galoppare. Forse sapevamo entrambi che sarebbe successo: era sempre andata così. Eravamo destinati l’uno all’altra, era evidente dalla chimica che c’era tra noi anche quando non stavamo insieme. Era da un po’ che si preparava quel momento, e il messaggio verde lime che stringevo tra le mani era una prova delle sue intenzioni.

    Evitando gli sguardi sospettosi di Connie Bagley, l’arcigna segretaria che se ne stava appollaiata come un gufo alla scrivania accanto alla mia (e che sarebbe stata ben felice di correre in direzione con il minimo straccio di prova contro di me), mi avviai con disinvoltura sulla moquette grigia dirigendomi verso Vicky Grocutt, assistente al catasto e mia migliore amica.

    «Buongiorno, Vicky», dissi, alzando la voce quel tanto che bastava per farmi sentire dall’odiosa Connie. «Ti spiace se diamo un’occhiata alle candidature per le opere interne?».

    Vidi il suo sguardo illuminarsi di fronte alla promessa di grassi pettegolezzi.

    «Figurati, Nell. Credo che ce ne siano un bel po’ da verificare». Con un sorriso che la diceva lunga si alzò e afferrò una pila di cartelline. «Meglio portare tutto in sala riunioni, che ne dici?»

    «Ottima idea».

    Sorridendo con aria innocente di fronte alla collera repressa della nostra collega, Vicky e io trattenemmo a stento le risa finché non fummo al sicuro, dietro la porta chiusa della sala riunioni.

    «Nell, devo farti i complimenti», ridacchiò Vicky, gettando le cartelline sul tavolo ovale e accasciandosi su una poltroncina di pelle. «Tu sai proprio come far uscire dai gangheri quella donna».

    «È la nostra peggior nemica. Se non le piacesse tanto fare la spia su tutti non sarebbe così divertente darle fastidio». Riempii due tazze di caffè al distributore che era sempre acceso per soddisfare le necessità del dipartimento.

    «E tu sei bravissima a farlo».

    Sorrisi sedendomi con lei al tavolo. «Grazie».

    Vicky sorseggiò il caffè e accolse con un brivido l’effetto della caffeina. «Santo cielo, chi è di turno per impostare la macchinetta, oggi?»

    «Credo Terry».

    «Ah, ecco, questo spiega tutto. Sta cercando di smettere di fumare. Di nuovo. Il caffè gli serve per compensare». Spinse la tazza da parte e si raddrizzò. «Allora, qual è il vero motivo di questa riunione?»

    «Questo». Con un piacevole brivido tirai fuori il biglietto di Aidan dalla tasca della giacca e glielo consegnai. «L’ho trovato attaccato al mio monitor».

    Vicky lo prese e lo osservò stringendo gli occhi.

    Sorrisi. Anche se le dicevano tutti che aveva bisogno degli occhiali, Vicky Grocutt si ostinava a sforzare la vista, perché essendo cresciuta in una famiglia di ottici era terrorizzata anche solo all’idea di andare a fare una visita oculistica.

    Quando capì da parte di chi era il biglietto mi puntò addosso uno sguardo incredulo.

    «Nell…», balbettò. «Pensi…?».

    Scrollai le spalle, cercando di non mettermi a strillare come una sciocca. «Non ne sono sicura, ma cos’altro potrebbe significare?».

    Sembrava emozionata quanto me, conoscendo bene la mia vita amorosa grazie agli anni di esperienza indiretta. «Lo sapevo! Ti ho detto che ieri durante la riunione informativa ti lanciava certe occhiate… Sapevo di non essermelo solo immaginato!».

    Il giorno prima non avevo voluto crederle, soprattutto perché negli ultimi due mesi tra me e Aidan c’era stata una certa freddezza. Poi però mi ero accorta che mentre i nostri superiori pontificavano sulle eccezioni urbanistiche e sulla programmazione del lavoro lui mi guardava, e quegli incredibili occhi azzurri avevano sollevato un esercito di farfalle nel mio stomaco, come sempre. Il bellissimo Aidan Matthews, l’uomo dai capelli biondi cortissimi, la mascella squadrata e un corpo da urlo…

    La capacità di Aidan di annientare la mia volontà con un solo sguardo era stata la mia rovina dal giorno in cui l’avevo conosciuto, nella cucina degli uffici, sei anni prima. In sua presenza perdevo ogni facoltà di raziocinio, e negli anni quella caratteristica mi aveva portato una serie di delusioni, promesse infrante e tempismi pessimi, facendomi arrivare alla conclusione che forse eravamo destinati a stare insieme. Mi ero convinta che tutti i precedenti tentativi falliti fossero colpa del fatto che non eravamo ancora pronti: a volte era stato lui a scappare, altre io. Eppure finivamo sempre uno tra le braccia dell’altra, e questo doveva significare qualcosa, no?

    «Non so cos’altro potrebbe essere», risposi. «Credo che voglia che torniamo insieme. E forse è la volta buona. Siamo tutti e due stanchi di questo continuo prendersi e lasciarsi. Potrebbe diventare una cosa seria, finalmente».

    «Sarebbe ora», sorrise lei. «Greg e io abbiamo fatto in tempo a conoscerci, andare a vivere insieme e io a restare incinta di Ruby quando voi eravate al terzo tentativo. Dovete smetterla di farvi assalire dai dubbi e stare insieme sul serio, secondo me. Ma tu come la vedi?»

    «Bene», risposi, con la mente in subbuglio a quella rivelazione. «Cioè, non me l’aspettavo, ma ora che ho avuto tempo per pensarci su credo che potrebbe funzionare». Sentii le lacrime salirmi agli occhi. «Ah, ma chi prendo in giro? Io lo amo, Vix!».

    La mia migliore amica mi abbracciò forte, perché sapeva bene cosa significava per me quella novità.

    «Oh, tesoro, lo so. Voglio che voi due torniate insieme, che facciate un bel po’ di sesso e tanti bambini!».

    Da quando era diventata madre, un paio d’anni prima, Vicky aveva deciso che la vita di tutti gli altri era molto più interessante, sexy ed emozionante della sua. Anche se sapevo che amava il suo compagno, Greg, e adorava la figlia, Ruby, sembrava che sentisse la mancanza dei tempi in cui era single, quando era il terrore degli scapoli di Londra e sobborghi.

    Mi lasciò andare. «Allora, quando andrai da lui?».

    Feci un respiro profondo. «Adesso».

    Quando avevo desiderato un cambiamento, quella mattina sull’autobus, l’idea di riprendere la relazione con Aidan era stato l’ultimo dei miei pensieri. Certo, non sarebbe stato il cambiamento che mi aspettavo, ma almeno era un punto di partenza. Una relazione più stabile poteva aiutarmi a dare il via alle trasformazioni che desideravo, e che forse avrebbero richiesto qualche anno per essere realizzate. Non lo sapeva nessuno – nemmeno la mia migliore amica – ma erano anni che coltivavo un sogno, quello di mettere su un’impresa tutta mia. All’inizio pensavo che mi sarebbe piaciuto aprire un ristorante, ma quando ero andata a fare shopping a New York con Vicky, due anni prima, avevo cambiato idea.

    Invece di un bar o un ristorante, che nella capitale sono molto comuni, avevo cominciato a sognare di aprire un vero e proprio diner americano, di quelli che a colazione servono pancake, waffle e french toast, e hamburger di tutti i tipi, calzoni, pizza e carne alla brace a cena. Tutto cotto sul momento, su ordinazione. Era ciò che sognavo durante le noiose riunioni del Consiglio comunale e disegnavo possibili progetti degli interni sul mio blocco per gli appunti. Nella mia mente era tutto già ben delineato: ogni giorno avremmo preparato pane fresco, focaccine e rotolini alla cannella ogni mattina, torte alla crema di banane, tortini di mele e una quantità infinita di impasto per pancake. I miei sogni a occhi aperti erano lontani mille miglia dal mio lavoro attuale, fatto di programmi sempre identici, procedure, progetti e documenti. Se Aidan e io avessimo ripreso la nostra relazione, forse stavolta avrei trovato il coraggio di raccontargli tutto. D’altra parte era un uomo adorabile, e quando stavamo insieme eravamo sempre stati felici. A modo nostro, certo…

    Vicky uscì per prima dalla sala riunioni e con maestria distrasse Connie, coinvolgendola in una conversazione. Trovando la via libera, sgattaiolai fuori dalla porta e attraversai rapida la sala principale degli uffici fino a raggiungere la porta di Aidan, dall’altra parte. Quando vi arrivai, mi fermai e controllai il mio riflesso nel vetro oscurato dell’ufficio vuoto accanto. Niente male, Sullivan, dissi a me stessa. Avevo i capelli biondo scuro tirati indietro, in modo che gli zigomi e i miei profondi occhi verdi risaltassero, e l’abito che mi ero infilata in tutta fretta dopo aver rinviato la sveglia per due volte non era troppo stropicciato. Ma Aidan voleva vedere me, ricordai a me stessa, non il vestito che indossavo. Tirai l’orlo della giacca e bussai.

    «Sì?».

    Spinsi la maniglia e feci capolino dalla porta. «Ciao. Volevi vedermi?». Sta’ al gioco, Nell. Goditi la caccia…

    I suoi occhi azzurri si illuminarono quando si alzò dalla poltroncina. «Sì. Sì, è così. Stai… benissimo, Nell».

    Lo so, Aidan. «Grazie, anche tu».

    «Forza, entra e chiudi la porta».

    Obbedii, sperando che il mio cuore rallentasse mentre i ricordi dell’ultima volta che eravamo tornati insieme mi sfrecciavano nella mente: i baci appassionati, la porta chiusa a chiave e la pianta in vaso sulla sua scrivania che non si era mai ripresa dalla caduta… Mi sedetti di fronte a lui e mi posai le mani incerte sulle gambe. Forse Aidan Matthews poteva anche rivolermi, ma ero decisa a fargli fare almeno uno sforzo. «Allora, eccomi qui».

    «Eccoti qui…». Il suo sorriso indolente si fece largo su quel viso abbronzato e mi mossi un poco per contrastare il decollo delle farfalle nel mio stomaco.

    Poi lui raddrizzò la schiena e si schiarì la gola, un gesto che lo fece apparire così vulnerabile che dovetti fare uno sforzo per non saltare dall’altra parte della scrivania e sbaciucchiarlo fino allo sfinimento.

    «Nell, devo dirti una cosa. La so da ieri e devo dire che mi ha lasciato senza parole. Non pensavo che potesse succedere».

    Non sei il solo… «Sul serio?».

    Il suo sguardo era penetrante. «Sul serio. È… Nell, non so proprio come dirlo, che parole usare…».

    Gli aprii il mio cuore. «Aidan, lo so. Dillo e basta».

    Un’espressione confusa gli apparve sul volto. «Lo sai? C-come fai a…».

    Sicura di me, gli sorrisi e mi protesi verso di lui.

    «Lo so e basta, Aidan. Ce l’hai scritto in faccia, quindi non preoccuparti di usare le parole giuste: dillo».

    «Wow». Sembrava sconvolto e al tempo stesso sollevato dal mio invito. «La stai affrontando in modo incredibile… sei una donna meravigliosa…».

    Con un sorriso da orecchio a orecchio lanciai un rapido sguardo alla pianta di yucca malconcia sul suo tavolo. Ehi tu, preparati a essere rinvasata di nuovo…

    «… Per questo è una vera tragedia doverti perdere».

    Non so cosa accadde in quel momento: fu come se le parole pronunciate da Aidan fossero state cancellate da quelle che stava dicendo nella mia mente: Ti amo, Nell. Non posso più fare finta di niente. Vorresti tornare con me?

    Per un attimo i due Aidan furono sovrapposti: uno mi faceva un’irresistibile dichiarazione d’amore, mentre l’altro rispondeva con… be’, non so, era un concetto che non riuscivo a comprendere.

    «Nell? Santo cielo, ti prego, di’ qualcosa».

    A fatica mi trascinai nel presente. «Stavo… pensavo… scusami, che cosa hai detto?».

    Aidan abbassò le spalle, il senso di colpa dipinto in volto. «Non volevo che lo scoprissi insieme a tutti gli altri. Come ti ho detto, lo so per certo solo da ieri e stavo per dirtelo dopo la riunione organizzativa. Ma ne abbiamo passate tante insieme e non potevo sopportare che lo sapessi da qualcun altro. Sai che tengo molto a te…».

    Muoveva la bocca, ma le parole che ne uscivano erano prive di senso. Poi, lentamente, come un puntino di luce che spezza l’oscurità di un tunnel, la verità cominciò ad affacciarsi alla mia mente.

    «Mi stai licenziando

    «Non è così che l’avrei messa, ma…».

    «E come l’avresti messa, Aidan? Mi stai togliendo il lavoro!».

    «Non è una mia iniziativa personale, Nell…».

    «Be’, così sembra».

    «È naturale che la pensi così, ma almeno non si tratta soltanto di te, tesoro…».

    Un’ondata di collera mi travolse. «Ah, be’, allora che problema c’è? Per fortuna posso condividere la vergogna dell’esubero con i colleghi! Che razza di logica sciocca e crudele è questa?»

    «Per favore, abbassa la voce. Non dovrei nemmeno dirtelo».

    «Wow, come sono fortunata», sibilai.

    Lui saltò su dalla sedia e in un attimo mi fu accanto, le mani sulle spalle. «So che è difficile. Credimi, stanotte non ho dormito perché non sapevo proprio come dirtelo. Solo che non ho potuto farci niente, Nell! Ho provato a difenderti, ma hanno deciso di riorganizzare tutto il dipartimento. È una decisione arrivata dall’alto, ci sono stati dei tagli nel bilancio e la recessione li ha costretti a prendere misure drastiche. Non posso evitarlo».

    Ricacciai indietro le lacrime mentre guardavo quei meravigliosi occhi azzurri e mi odiai perché ancora mi importava cosa pensava di me.

    «Che cosa farò?», piagnucolai in un tono disgustosamente lamentoso. «Come farò a pagare l’affitto e l’auto? Come farò a trovare un altro impiego remunerativo come questo? Nessuno assume, di questi tempi».

    Mi accarezzò una guancia con una mano. «Almeno avrai la liquidazione. Dovranno riconoscerti il lavoro che hai svolto per sei anni. Ti basterà per pagare i conti per un paio di mesi… credimi, ci sono persone in situazioni ben peggiori della tua, in questo dipartimento».

    La notizia non mi consolò affatto. Lo guardai con occhi di fuoco. «Chi altri?»

    «Scusami?»

    «Chi altri verrà licenziato, Aidan?».

    Deglutì a forza e odiai la vergogna che gli lessi in volto. «Quasi tutti. Nick resterà come capo dell’ufficio urbanistico, io come capo dipartimento e a Connie chiederanno di diventare la segretaria degli uffici Manutenzione Parchi e Urbanistica».

    Emisi una risata priva di allegria. E così tutto l’impegno profuso da Connie per far carriera a suon di lavoretti aveva dato i suoi frutti… «Bene. Adesso me ne vado».

    Mi alzai, facendolo barcollare all’indietro, e di colpo mi resi conto di quanto sembrasse patetico quando non indossava la maschera spavalda dell’uomo in carriera.

    «Ti prego, non dire niente a nessuno. Li chiameremo tutti in sala riunioni tra mezz’ora».

    Una parte di me aveva una gran voglia di afferrare la yucca mezza morta e infilargliela in quella gola traditrice, ma nonostante la collera uscii a passo deciso dall’ufficio di Aidan e tornai alla mia scrivania, dove trascorsi i trenta minuti successivi nascosta dietro lo schermo del computer sentendomi la persona peggiore del mondo, mentre il solito chiacchiericcio dei colleghi mi spezzava il cuore.

    Sto per perdere il lavoro…

    Era un pensiero così strano, freddo, doloroso. Per quanto continuassi a ripetermi quelle parole, non riuscivo a sentirle parte della mia vita. Non ero mai stata licenziata in vita mia. Da quando mi ero laureata avevo cambiato lavoro tre volte ed ero sempre stata promossa oppure ero andata via quando avevo trovato un lavoro migliore. Nei progetti elaborati per il mio futuro non c’era posto per la voce licenziamento. La mia casa, la mia auto, la mia carriera, e perfino il mio sogno segreto di avere un giorno un’impresa mia non esistevano più senza denaro, senza certezze.

    Fissai il mio riflesso nel monitor nero del computer e vidi degli occhi sgranati, pieni di terrore, che mi fissavano.

    Sto per perdere il lavoro. Che cosa farò?

    Capitolo 2

    Arrivederci, addio…

    Accettare la notizia fu un’esperienza surreale. Mi sembrava di galleggiare in una stanza piena di coltelli rotanti sapendo di non poter evitare di finire nella loro traiettoria. Come aveva osato Aidan farmi una cosa del genere? Come gli era saltato in mente che fosse meglio per me saperlo prima che insieme al resto dei colleghi? Se avessi ricevuto la notizia nello stesso momento, almeno avremmo potuto reagire tutti allo stesso modo, uniti da un’esperienza comune. Invece ero come in un limbo, né insieme ad Aidan e ai pochi fortunati che quel giorno sarebbero usciti dall’ufficio sapendo di avere un lavoro al quale tornare, e nemmeno insieme ai colleghi che stavano per conoscere il loro destino. Era orribile, e ancor peggio era Aidan, che per l’ennesima volta mi aveva dimostrato quanto poco mi conoscesse. Volevo tanto parlare con Vicky, ma era andata in mensa a prendere un panino al bacon. In preda a una sensazione di assoluta impotenza, sperai che il tempo che mi separava dall’inevitabile riunione passasse il prima possibile.

    Mezz’ora dopo entrammo in sala riunioni in fila come agnelli diretti al mattatoio; e i miei colleghi erano del tutto impreparati al fulmine che stava per abbattersi su di loro. Aidan e i suoi due superiori consegnarono con calma le lettere di licenziamento a tutti noi, descrivendoci nel dettaglio le conseguenze del programma di ristrutturazione del Consiglio comunale. Vicky e altre due mie colleghe cominciarono a singhiozzare a bassa voce, mentre gli uomini avevano lo sguardo fisso, chiusi in un silenzio angosciante, e affrontavano la realtà senza battere ciglio. Un idiota delle risorse umane che non conosceva nessuno si alzò e ci spiegò quanto interesse avesse il Consiglio nel garantirci uno sviluppo personale, un’affermazione assurda considerando la facilità con cui stavano cacciando quindici persone. Quando chiese se ci fossero domande, trovò solo un comune, silenzioso disprezzo da parte nostra.

    Mi sentivo addosso gli occhi di Aidan ma mi rifiutai di guardarlo, concentrandomi invece sulla lettera fredda e impersonale che avevo tra le mani.

    Siamo spiacenti di doverla informare… La causa non è da ravvisarsi in considerazioni personali riguardo l’importante contributo che ha dato al Dipartimento, ma si tratta di un provvedimento necessario per proteggere l’integrità finanziaria del Consiglio comunale…

    Non avevano più bisogno di me.

    Non avevo più un lavoro.

    Disoccupata…

    In qualsiasi modo descrivessi la situazione, non potevo fare a meno di considerarla una questione personale. Non poteva succedere proprio a me! Era vero che quella mattina avevo desiderato un cambiamento…

    E fu allora che me ne resi conto.

    Qualcosa era cambiato. Certo, non nel modo migliore, ma il mio desiderio segreto era stato esaudito. Da quel momento in poi, la mia vita non sarebbe più stata la stessa. Nell Sullivan, assistente al catasto, non esisteva più. Quel capitolo della mia vita si era interrotto di colpo, e adesso…

    Che fare?

    Quel cretino dell’addetto alle risorse umane porgeva fazzoletti e blaterava di un incontro convocato in fretta e furia con un’agenzia di collocamento locale subito dopo la riunione con noi. Ma io mi sentivo come in una bolla, lontana dalle espressioni distrutte dei miei colleghi, con milioni di nuovi pensieri che mi nascevano nella mente e mi sfrecciavano davanti agli occhi. Non avevo previsto niente di tutto ciò, non avevo mai nemmeno preso in considerazione un evento simile nella mia vita così ben pianificata. Eppure stava accadendo, e mi stavano promettendo tre mesi di paga tutti insieme…

    Al termine dell’incontro seguii i colleghi in uscita dalla sala, ma avevo il cuore inspiegabilmente leggero nonostante la devastazione che mi circondava. Vicky mi afferrò per un braccio e mi tirò via dalla fila di zombie che percorrevano a passo lento il corridoio, diretti alla stanza in cui ci avrebbero dato consigli per un riposizionamento di carriera.

    «È assurdo quello che ci hanno fatto», disse, le guance rigate del nero-bluastro del mascara. «Sono dei bastardi! Ho appena acceso una nuova ipoteca sulla casa, come farò adesso?»

    «Non lo so proprio, tesoro».

    «E a Greg hanno ridotto le ore in fabbrica… è un disastro totale».

    «Non dirlo a me». Terry, il nostro corpulento collega di mezza età, apparve al nostro fianco. «Non posso credere di aver scelto proprio questa settimana per smettere di fumare. Non è che avete una sigaretta?».

    Scuotemmo il capo e lo osservammo caracollare via.

    «Forse dovrei cominciare a fumare», disse Vicky, fissandolo con occhi vuoti. «Guardami, Nell, sto tremando». Distese una mano e vidi la luce dei neon sopra di noi muoversi appena sulle sue unghie fresche di manicure. «Dovrò telefonare a Greg e avvisarlo. E il nostro progetto di sposarci l’anno prossimo va a farsi benedire».

    «L’agenzia potrebbe avere qualcosa per te, Vix», le suggerii, odiandomi perché parlavo come la tirapiedi di Aidan. Più ci riflettevo, più il pensiero che era sorto dentro di me nella sala riunioni prendeva corpo. Non volevo essere una vittima della situazione. Volevo fare qualcosa di diverso…

    «… E naturalmente, il viaggio a Disney World che Greg voleva fare con me e Ruby è sfumato. Dovrò chiedere a mia madre di tenermi Ruby un giorno in più perché non potrò certo pagare una baby-sitter cinque giorni a settimana, adesso. E poi dovrò sopportare i suoi discorsi infiniti su quanto Greg e io siamo stati sconsiderati ad avere una figlia prima di esserci sistemati del tutto. Giuro che se dovremo tornare a vivere dai suoi a Brentwood diventerò pazza…».

    Vicky stava elencando tutto quello che non poteva più permettersi e dovetti fare uno sforzo per smettere di pensare alla mia idea e prestarle tutta l’attenzione del caso. «Vix, cerca di non pensare al peggio. So che sei ancora sotto shock – come tutti, del resto – ma non sappiamo di preciso come stanno le cose. Tu e Greg avete affrontato di peggio, e guarda quanto siete felici. Ruby è una meraviglia, vi adora, e lui è un papà e un compagno fantastico. Supererete anche questa».

    Tirò su col naso. «Ne sei convinta?»

    «Se c’è qualcuno che può farcela, siete voi due».

    «Grazie, cara. Anche tu ce la farai. Almeno tu e Aidan vi siete ritrovati, e nel peggiore dei casi potrai trasferirti in quella sua casa immensa…».

    Distolsi lo sguardo e lei si interruppe.

    «Perché siete tornati insieme, giusto?».

    Sospirai, affranta. Non sarebbe stata affatto contenta di sapere la verità, ma non potevo mentirle. «No, non siamo tornati insieme».

    «Non capisco. Perché ti ha fatta andare da lui, se non…». All’improvviso capì e spalancò gli occhi. «Oh, Dio santo. Tu lo sapevi…».

    «Mi ha chiesto di non dire niente…».

    Si fece scura in volto. «Tu lo sapevi, Nell! Sei uscita dal suo ufficio e sei andata a sederti alla tua scrivania come se niente fosse, e invece sapevi tutto?»

    «Che cosa dovevo fare? Non volevo certo essere io a spezzare il cuore a tutti!».

    Vicky scosse il capo e all’improvviso la temperatura parve scendere vertiginosamente. Mi voltò le spalle e seguì gli altri nel corridoio.

    Cosa potevo dirle? Sapevo che era in collera e che se la stava prendendo con la prima persona che le capitava a tiro, ma era davvero frustrante che non mi avesse dato la possibilità di difendermi.

    «Credo sia meglio lasciarla stare». Una mano apparve sulla mia spalla e quando mi voltai mi trovai di fronte l’espressione trionfante della segretaria. «È sconvolta: ma è comprensibile…».

    Mi scrollai di dosso quella mano, piena di rabbia. «Levati di torno, Connie».

    Non andai all’incontro con l’agenzia di collocamento insieme ai miei colleghi ma tornai alla mia scrivania a prendere la borsa e il cappotto. Avevo bisogno di uscire per un po’, perché l’atmosfera in ufficio mi stava succhiando via la linfa vitale e i pensieri che mi vorticavano nella mente mi stavano confondendo.

    «Usciamo a prendere una boccata d’aria fresca?». Aidan era a pochi metri da me e si torceva le mani preoccupato. «Non so tu, ma io sento un gran bisogno di un caffè».

    «No, grazie». Mi infilai il cappotto e mi misi la borsa in spalla.

    «Nell… so che è dura. Ma posso prendermi io cura di te. Doverti dare quella notizia oggi mi ha fatto capire cosa provo per te. Ci giriamo intorno da mesi, ormai. Forse potrebbe essere una svolta per noi, no? Ho quella grande casa tutta per me, dopotutto… smettiamo di fingere: siamo fatti per stare insieme…».

    Incredula, mi voltai a guardarlo. «Sul serio? Mi stai facendo una dichiarazione d’amore adesso?».

    Convinto che fossi sorpresa, venne verso di me con quel suo sorriso sicuro. «Sì, piccola. Lascia che mi occupi di te. Ammettilo, lo desideriamo entrambi…».

    Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Aidan Matthews era così pieno di sé da credere che la notizia del mio licenziamento fosse un buon pretesto per tornare insieme?

    «Vattene, Aidan. Credo che non abbiamo più niente da dirci».

    Mi fissò come un idiota mentre uscivo dall’ufficio.

    Non andai molto lontano: feci solo una passeggiata intorno al palazzo che ospitava gli uffici del Consiglio comunale, con i giardini curati tutto intorno all’edificio da milioni di sterline, che era stato oggetto di grandi controversie quando era stato costruito otto anni prima. Il cielo grigio e piatto gettava una luce triste su tutto, e la mancanza di vento conferiva al luogo un silenzio inquietante.

    Non era così che mi aspettavo andasse quella giornata. Nel giro di quattro ore ero stata convinta di tornare insieme a Aidan, avevo scoperto che avrei perso il lavoro, avevo offeso senza volere la mia migliore amica e poi ero stata corteggiata dall’uomo che mi aveva appena licenziata. Niente male, per un giovedì mattina. Adesso tutto era in forse, come tanti punti interrogativi sospesi nella mia mente. Che emozioni aveva suscitato tutto questo in me? Che fine avrebbe fatto la stanza che avevo in affitto?

    Senza un guadagno fisso, il futuro non sembrava affatto promettente. Quanto sarebbero durati i soldi della liquidazione?

    Mentre facevo il giro del parcheggio, l’idea che mi era già balzata in mente prima dello scontro con Vicky tornò a investirmi, e insieme a essa sentii crescere un senso sempre maggiore di ingiustizia. Perché dovevo aspettare con pazienza di trovare un altro lavoro? Potevano volerci anche mesi. Bastava guardare il telegiornale per sapere quanto disperata fosse la situazione…

    Merito qualcosa di più.

    Pensai alla cifra indicata sulla mia lettera di licenziamento. Se il mio presto ex datore di lavoro voleva dimostrarmi quanto stimava il mio contributo, era un vero insulto. Ma essendo un gruzzoletto inatteso, potevo considerarlo un piccolo colpo di fortuna. Forse era il segno che la vita che con tanta attenzione avevo pianificato non era la migliore che potessi avere. E forse avevo l’opportunità di fare qualcosa di diverso…

    Che cosa vuoi, Nell Sullivan?

    Quella domanda si affacciò all’improvviso tra i miei pensieri, bloccandomi. Mi sentivo ferita, in collera e terrorizzata all’idea di essere disoccupata. Non volevo continuare a sentirmi così per tutti i mesi che avrei impiegato a trovare un altro lavoro. Volevo qualcosa di positivo, qualcosa che mi sollevasse, non che mi facesse crollare.

    Voglio fare qualcosa che sia solo per me…

    Fu allora che capii. Potevo andare da qualche parte, lontano dal mio ex lavoro e da un futuro incerto. Il viaggio a New York fatto con Vicky due anni prima era stata l’ultima occasione in cui avevo fatto una vacanza come si deve, di quelle con biglietti aerei e duty free, insomma. Ecco cosa potevo fare solo per me. Non sarebbe stata solo una pausa dalla vita di tutti i giorni: avevo bisogno di vivere un’avventura. E anche se la scarna liquidazione non mi avrebbe aiutata a pagare le bollette a lungo, sarebbe stata un buon tesoretto da investire in un viaggio…

    Era un’idea magnifica. Non sapevo dove volevo andare, ma solo che avevo bisogno di farlo, e presto.

    Quando tornai in ufficio, i visi distrutti dei miei colleghi mi riportarono di colpo alla realtà. Terry era pallido, anche se forse era colpa del mezzo pacchetto di sigarette che si era appena fumato. Dave e Sid, responsabili dell’ufficio catasto da vent’anni, sedevano come palloncini sgonfi alle estremità della scrivania di Terry. Nick faceva del suo meglio per mostrarsi comprensivo con tutti, anche se era

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