Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sicilia
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Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sicilia - Santi Correnti
PARTE PRIMA
La Sicilia insolita
Aspetti generali
La religione
La prima Chiesa cristiana d’Europa
In Sicilia, a Siracusa, nel I secolo dopo Cristo, è sorta la prima comunità cristiana d’Europa.
All’interno della sua cattedrale – che è un tempio pagano, trasformato in chiesa cristiana e dedicato alla martire siracusana santa Lucia – si legge l’orgogliosa scritta ECCLESIA SYRACUSANA, PRIMA DIVI PETRI FILIA, ET PRIMA POST ANTIOCHENAM CHRISTO DICATA: il che è storicamente vero, perché la comunità cristiana di Siracusa è stata la prima in Europa a essere fondata, mentre quella di Antiochia si trova in Turchia, e quindi è la prima comunità cristiana in Asia.
Uno speciale Anno Santo
La Sicilia celebra un suo speciale Anno Santo, negli anni in cui si verifica l’eccezionale coincidenza del Sabato Santo con la festa dell’Annunciazione, il giorno 25 del mese di marzo.
Questa eccezionale coincidenza si verifica tre volte nel corso di un secolo, a distanza di undici anni: sicché nel XX secolo la Sicilia ha avuto il suo speciale Anno Santo nel 1967, nel 1978 e nel 1989; e nel XXI secolo lo avrà nel 2062, nel 2073 e nel 2084.
L’Anno Santo siciliano si celebra nella chiesetta di Zafferia, che è una borgata di Messina, per speciale concessione fatta dal papa Sisto IV nel 1472 al suo archiatra pontificio Gianfilippo De Lignamine, che era messinese di Zafferia, e aveva guarito il papa da una grave malattia, rifiutando ogni compenso.
I cinque papi siciliani
La Sicilia ha dato alla Chiesa ben cinque papi: sant’Agatone (678-81); san Leone II (682-83); Conone (686-87); san Sergio I (687-701) e Stefano III (758-72).
Di essi, sant’Agatone convocò il VI Concilio ecumenico a Costantinopoli; san Leone II istituì il bacio di pace nella messa e la cerimonia religiosa dell’aspersione con l’acqua benedetta ai fedeli; san Sergio I fu il primo papa che fece seppellire i pontefici in San Pietro; e Stefano III fu figura di primo piano nel mondo politico, appoggiando la lotta di Carlo Magno contro i Longobardi.
Sant’Agatone (da Platina).
La Sicilia avrebbe dato anche un sesto papa alla Chiesa, se non ci fosse stata l’opposizione politica dell’imperatore austroungarico Francesco Giuseppe. Ciò avvenne nel Conclave del 1903: alla morte di papa Leone XIII, si pensava che il suo successore sarebbe stato con ogni probabilità il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, che era nato nel 1843 a Polizzi Generosa (Palermo), e che dal 1887 era stato Segretario di Stato di Sua Santità
(cioè, ministro degli Esteri del papa), e quindi conosceva alla perfezione tutti i segreti e tutti i pericoli della politica internazionale.
Senonché, durante il Conclave, l’imperatore dell’Austria-Ungheria, valendosi di un vecchio privilegio feudale, che gli consentiva, come successore dell’imperatore del Sacro Romano Impero, il diritto di veto nell’elezione pontificia, comunicò, tramite il cardinale Puzyna, arcivescovo di Cracovia e suo suddito, la sua opposizione alla nomina del cardinale siciliano Rampolla del Tindaro, temendone una eventuale politica filofrancese; e pertanto fu eletto papa il patriarca di Venezia, cardinale Giovanni Sarto, che prese il nome di Pio X, e in una delle sue prime azioni di governo abolì il vecchio privilegio feudale del veto imperiale. Se questo gesto l’avesse compiuto il suo predecessore Leone XIII, probabilmente avremmo avuto un sesto papa siciliano: ma la storia non si fa con i se
.
Vale la pena di ricordare, però, il nobile comportamento assunto in quella circostanza dal cardinale siciliano, che da quel gran signore, e da quel profondo conoscitore della politica internazionale che era, rilasciò questa significativa dichiarazione: Vehementer doleo de gravi vulnere Ecclesiae libertati illato. Quod ad me, nihil gratius, nihil jucundius accidere poterat («Mi addolora profondamente la grave ferita inferta alla libertà della Chiesa. Per quel che mi riguarda, non poteva accadermi nulla di più gradito e di più desiderabile»); e si ritirò dalle attività di Curia, dedicandosi agli studi ecclesiastici, morendo a Roma nel 1913.
Le sue nobili parole furono veramente profetiche, perché il povero papa Pio X morì di dolore nel 1914, non essendo riuscito a evitare quell’immane flagello e quella inutile strage che fu la prima guerra mondiale, che sconquassò l’Europa e il mondo dal 1914 al
1918, e preparò la seconda guerra mondiale, durata dal 1939 al 1945.
Stefano III (da Platina).
I campanilismi religiosi
Tra gli aspetti spirituali più singolari in Sicilia, ci sono i campanilismi religiosi, che si verificano non solo tra paesi vicini, come quelli per San Pietro e per Sant’Isidoro tra Giarre e Riposto in provincia di Catania, come vedremo a suo luogo; ma che si verificano anche all’interno di un singolo paese, come narrato da Giovanni Verga nella sua celebre novella Guerra di Santi tra i parrocchiani di San Rocco e quelli di San Pasquale; e come ancor oggi avviene a Militello in Val di Catania, tra i Nicolesi
e i Mariani
; ma una Guerra di Santi
veramente notevole è quella che esiste tra vari paesi della provincia di Agrigento per San Calogero, che era un santo eremita locale, e il cui culto, come valentia miracolosa, viene conteso e disputato tra Agrigento, Canicattì, Grotte, Naro e Sciacca, perché ciascuno di questi centri agrigentini vanta ed esalta il proprio San Calogero
, diminuendo la potenza del San Calogero
degli altri, come avremo modo di vedere alla voce Agrigento.
La toponomastica religiosa
C’è poi una maniera particolarissima di onorare i propri Santi patroni, ad Agrigento con il lancio del pane, e a Caltagirone (Catania) con il lancio dei fichi, come vedremo a suo tempo; e, infine, ci sono curiosità religiose anche nella toponomastica siciliana, perché in Sicilia potrete trovare:
Punta Religione, che è un promontorio sul Canale di Sicilia, presso la spiaggia di Pozzallo (Ragusa);
il comune di Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento; i villaggi di Pace, Contemplazione e Paradiso, tra Messina e Capo Faro, all’estrema punta settentrionale della Sicilia; anzi, di Paradisi ce ne sono addirittura due nel Messinese, perché, oltre quello sul mare Jonio, ce n’è un altro sul mar Tirreno, nella costa del Capo di Milazzo: c’è quindi l’imbarazzo nella scelta!
il comune di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa;
i numerosissimi luoghi intitolati a nomi di santi, che vanno da Sampierì (Rg) a San Vito lo Capo (Tp), e naturalmente escludendo i santissimi
, che sono le località chiamate Santissima Trinità di Dèlia presso Castelvetrano (Tp), e il Santissimo Salvatore, che si trova sui monti Peloritani, tra Roccavaldina e Rometta in provincia di Messina; ed escludendo dei santi davvero poco comuni, come si nota nelle località di:
San Cipirello (Pa);
San Cusumano (Sr);
San Saba, sul mar Tirreno, presso Rasocolmo (Me);
Santa Crescenzia, presso San Vito lo Capo (Tp);
Santa Loppina, presso Noto (Sr);
Santo Padre delle Perriere, presso Marsala (Tp);
e c’è perfino il Ponte Passa Madonna, tra Agrigento e Palma di Montechiaro, che naturalmente non ha nulla da spartire con la nota artista nordamericana!
In fatto di curiosità religiose, il più bel tempio classico della Sicilia è senza dubbio quello che è chiamato della Concordia
ad Agrigento, nella bellissima e suggestiva Valle dei Templi
.
Ma è un errore, dovuto allo storico siciliano Tommaso Fazello, che lo descrisse nel 1558, e lo chiamò così, perché nei pressi trovò un’epigrafe che parlava della «Concordia degli Agrigentini». Il tempio, con ogni probabilità era dedicato a Castore e a Polluce, figli di Giove, e perciò chiamati Dioscuri
; ma una dea Concordia
non è mai esistita nella mitologia pagana; mentre esisteva invece una dea Discordia
, che i Greci chiamavano Eris; e fu colei che suggerì a Paride, figlio del re Priamo di Troia, di assegnare alla dea Venere il famoso pomo della bellezza
; e fece scoppiare la guerra di Troia, che durò dieci anni, e fu cantata da Omero nell’Iliade.
Come specifico suggerimento alle anime pie, raccomandiamo loro di andare a visitare il Quadrivio della Misericordia presso Enna; e di pregare sul monte Calvario presso Biancavilla (Ct), o sull’altro monte Calvario presso Altofonte (Pa), oppure a Ritiro (Me), a Villa Bibbia (tra Floridia e Palazzolo Acreide (Sr), a Villafrati (Pa), a Villabate (Pa), al Fiume dei Monaci presso Palagonia (Ct), a punta Religione presso Pozzallo (Rg), a Cattolica Eraclea (Ag), oppure a Santa Croce Camerina (Rg); e troverà il Purgatorio vicino Trapani, e addirittura due Paradiso vicino Messina. Chi non avesse mire così alte, arriverà agevolmente a Terzo Cielo, che è una vetta che si spinge a 1088 metri presso Piana degli Albanesi (Pa).
Religiosità antica e moderna
Quanto alla religiosità antica e moderna, in Sicilia ancora non si è spento il ricordo dei cani intelligenti (i famosi cirnechi dell’Etna), che custodivano il santuario del dio siculo Adrano nel territorio del paese che ancor oggi si chiama così, in provincia di Catania, perché questi cani erano così intelligenti, che accompagnavano alle loro case i fedeli che mal si reggevano sulle gambe, per le eccessive libagioni fatte; mentre sbranavano i sacrileghi che fossero entrati nel tempio del dio, per rubare le offerte recate dai fedeli.
Martirio di sant’Agata in una stampa popolare.
Evidenti sono poi le reminiscenze pagane nel culto cristiano di Sant’Agata a Catania, che si riscontrano nell’abito bianco dei fedeli, nel culto della mammella, e nella forma del férculo, che anticamente aveva forma di una nave, così come era quello del culto pagano della dea Iside, di cui ancora esiste a Catania un obelisco ottangolare a lei dedicato, e posto sulla groppa dell’Elefante di pietra che è simbolo di Catania, e che da secoli troneggia in piazza Duomo; mentre a Enna, la corona di spighe che annualmente viene offerta alla Madonna delle Grazie non è che la ripetizione dell’identico rito, che in tempi pagani si faceva per Cerere, dea delle messi; e, sempre a Enna, l’invocazione di Kori, che le donne fanno in caso di pericolo, non significa affatto cuore, animo, coraggio
, come potrebbe sembrare, ma è l’identica invocazione che, in simili casi, si rivolgeva alla dea Kori, che era Proserpina (che era chiamata Kori, che in greco significa giovinetta
), ed era la figlia di Cerere, rapita dal dio Plutone, proprio al lago di Pergusa, a due passi da Enna.
LA CHIESA NAZIONALE DEI SICILIANI Come tutte le nazioni cattoliche, la Sicilia, che fu regno dal 1060 fino al 1860, ha la sua Chiesa Nazionale a Roma, che dal 1593 esiste in via del Tritone 82, ed è dedicata alla Madonna Odigitria (del Buon Cammino), che in Sicilia viene spesso chiamata la Madonna dell’Itria. In questa chiesa romana, che sul portale reca la scritta PROPRIETAS SICULORUM, ha sede l’antica Arciconfraternita dei Siciliani in Roma
, cui nel 1606 papa Paolo V concesse il privilegio di liberare un condannato a morte nel giorno della festività della Madonna Odigitria, che ricorre il martedì dopo la Pentecoste.
GLI ANGELI DI MONREALE La cattedrale di Monreale è così bella, che una leggenda popolare afferma che essa è stata costruita direttamente dagli angeli, scesi appositamente dal cielo, per volontà della Madonna.
I DIAVOLI DI PALERMO Nel palazzo normanno della Zisa a Palermo, all’ingresso sono raffigurati dei diavoli, che si dice custodiscano un immenso tesoro. Nessuno è stato mai capace di contarne il numero esatto: chi ne sarà capace, diventerà immensamente ricco, ma finora nessuno è riuscito a contarli; anzi, a Palermo, quando non tornano i conti, si dice ancora: «E che sono, i diavoli della Zisa?».
LA LETTERA DEL DIAVOLO Nel monastero delle Benedettine di Palma di Montechiaro (Ag) si conserva una lettera del diavolo
, in cui si capiscono soltanto la parola ohimé e la data, 1676.
La lettera del diavolo
di Palma di Montechiaro (Agrigento).
La geografia
Un signor vulcano
Oltre alle sue numerose, e spesso uniche, bellezze, la Sicilia presenta un signor vulcano
, l’Etna, che già nel V secolo a.C. il poeta greco Pindaro chiamò, per la sua maestosità, «la colonna del cielo», e che la poesia popolare esalta come «il monte dei monti, la cui cima tocca il cielo stellato», e dice che, se il Vesuvio ha un po’ di fuoco, è perché l’Etna glielo ha dato; e pertanto chiama il vulcano siciliano Mongibello
, che è un misto del latino mons e dell’arabo gebel, che vogliono dire la stessa cosa, monte, sicché questo signor vulcano
è veramente il monte dei monti
; ed è il simbolo più efficace della Sicilia, tanto che lo stesso Dante, quando parla della Sicilia, la chiama «l’isola del fuoco», e la indica geograficamente con preciso riferimento all’Etna, perché nel Paradiso, VIII, vv. 67-70 dice che «la bella Trinacria calìga [manda fumo] tra Pachino e Peloro [nella sua parte orientale], sopra il golfo che riceve da Euro maggior briga» (il golfo di Catania, che è particolarmente vessato dal vento di Scirocco). Non si poteva essere, geograficamente, più precisi di così.
Ma l’Etna non è importante solo per aver colpito la fantasia di poeti come Pindaro e come Dante, perché è un continuo e inesauribile serbatoio di meraviglie.
L’Etna in un’incisione ottocentesca.
Innanzitutto, non è un solo vulcano, ma un agglomerato di vulcani, come per primo ha spiegato un insigne vulcanologo siciliano, Mario Gemmellaro da Nicolosi (Ct), già nel primo Ottocento; e poi, è un apparato vulcanico assai giovane, perché è sorto dal mare appena cinquecentomila anni fa, assieme all’apparato vulcanico delle isole Eolie.
Le maggiori meraviglie l’Etna le offre a chi va a visitare le sue straordinarie grotte, che sono, con quelle esistenti nell’Irlanda, le uniche grotte vulcaniche dell’Europa; e sono circa trecento, e quasi tutte dovute a fenomeni di scorrimento lavico (cioè, sono servite a farvi scorrere il magma fluido).
Nell’eruzione del 1614-24, nell’Etna Nord, a quota 2000, si è formata la Grotta del Gelo, che è l’unico esempio di ghiacciaio fossile, in cui il ghiaccio, che assume stupefacenti colorazioni verdi, supera i due metri di spessore, e forma due piani, dove crea laghetti abbastanza vasti, che gli speleologi attraversano in canotto; e nella stessa eruzione si formò la Grotta dei Lamponi, che è lunga ben settecento metri.
Le grotte vulcaniche sono sparse un po’ dovunque nel territorio etneo. Presso Zafferana, in contrada Casa del Vescovo
, a 1625 metri di altezza, l’eruzione del 1792 ha formato la Grotta dei Tre Livelli, abitata da una colonia di pipistrelli; presso Bronte c’è la Grotta delle Vanelle, caratterizzata dall’ingresso a pozzo
; presso Maniace, una grotta vulcanica è stata adoperata anticamente come cimitero; presso Adrano c’è la suggestiva Grotta Intraleo
; e nello stesso ambito urbano di Catania, nel 1945, scavandosi le fondamenta per il nuovo Seminario Arcivescovile, è stata scoperta la Grotta di Nuovalucello, dove sono stati trovati reperti preistorici. Anche le recenti eruzioni etnee del 1983 e del 1991-93 sono state caratterizzate da fenomeni di ingrottamento; anzi, si sono verificati dei fenomeni insoliti, quali la formazione di stalattiti di cloruri e di solfuri; e nella Grotta Cutrona, che è situata nella Valle del Bove – che è l’enorme squarcio lavico, dove in tempi preistorici è precipitato l’Etna originario, e ha un perimetro di 22 chilometri – è avvenuto un singolare fenomeno di concrezione di solfato di sodio, chimicamente detta Thenardite, che poi è scomparsa per la notevole infiltrazione di acque piovane.
Ma non sono soltanto queste le meraviglie dell’Etna. Nel territorio etneo si può dappertutto assistere all’autentico miracolo della trasformazione mediante il tenace e appassionato lavoro dei contadini siciliani, dell’arida e improduttiva lava, nei fertili agrumeti che producono limoni, arance, mandarini, cedri e bergamotti di altissima qualità; e nei ricchi vigneti, dalle cui uve – la cui bontà sconfisse perfino un esercito francese nel 1677 (v. la voce Mascali) – si traggono vini di forte gradazione; e dove ancor oggi la vendemmia o la raccolta degli agrumi riecheggiano riti antichissimi, che si tramandano da secoli, e sono accompagnati da canti melodiosi.
Il territorio etneo presenta pure un ricco e vario artigianato, sia come sculture in pietra lavica, che come costruzione e decorazione dei carretti; sia come produzione ceramistica che casearia; ed è, in definitiva, come già aveva visto Dante, il simbolo stesso della Sicilia, perché la sua bellezza e il suo fascino non sono soltanto paesaggistici o artigianali, ma anche spirituali, perché esso ha saputo generare santi come Agata, musicisti come Bellini, scienziati come Ettore Majorana, e scrittori come Verga.
Non ultima meraviglia dell’Etna è la cosiddetta Contessa del Vento: una bellissima nuvola, formata dalla sovrapposizione di parecchie nubi lenticolari alte parecchi chilometri, pervia di vortici aerei in movimento sulla Valle del Bove; e che i contadini siciliani, da contesa del vento
, chiamano immaginosamente la Contessa del Vento
.
Un tipico paesaggio siciliano, in un’incisione del secolo scorso.
I laghi della Sicilia
Sembra davvero incredibile, ma, tra grandi e piccoli, la Sicilia conta ben trentasette laghi. Eccoli:
in provincia di Agrigento: 1. lago Arancio, presso Sambuca; 2. laghetto Gorgo, presso Montallegro; 3. lago Favara, presso Burgio;
in provincia di Caltanissetta: 4. lago Comunelli, presso Butera; 5. lago Disueri, presso Niscemi; 6. pantano del Biviere, presso Gela;
in provincia di Catania: 7. il pantano Gurrida, presso Randazzo; 8. lago Dirillo, presso Licodia Eubea; 9. laghetti di Naftìa, presso Palagonia;
in provincia di Enna: 10. lago dell’Ancipa, presso Traina; 11. lago di Pergusa, presso Enna; 12. lago dell’Ogliastro, presso Aidone; 13. lago Nicoletti, presso Leonforte; 14. lago di Pozzillo, presso Regalbuto;
in provincia di Messina: 15. laghetti di Ganzirri, presso Messina; 16. laghetti di Tindari, presso Patti; 17. e 18. laghi Zilio e Quattrocchi, presso Mistretta;
in provincia di Palermo: 19. lago di Piana degli Albanesi; 20. lago Poma, presso Partinico; 21. lago di Scanzano, presso Marineo; 22. lago di Gammauta, presso Palazzo Adriano; 23. lago di Pian del Leone, presso Prizzi; 24. lago di Prizzi, presso Prizzi; 25. laghetto di Suvari, presso Caltavuturo; 26. lago Fanaco, presso Castronuovo di Sicilia;
in provincia di Ragusa: 27. il pantano Griffo presso Ispica;
in provincia di Siracusa: 28. e 29. i pantani Longarini e Cuba, presso Pachino; 30. il lago del Biviere, presso Lentini; 31. i pantani di Vendicari, nella marina presso Noto;
in provincia di Trapani: 32. il lago Rubino presso Calatafimi; 33. il lago Trinità presso Castelvetrano; 34., 35. e 36. i laghetti dei Gorghi Tondi, e i laghi Murana e Preola, presso Mazara del Vallo; e 37. il laghetto Specchio di Venere nell’isola di Pantelleria.
Un fiume navigabile
La Sicilia ha perfino un fiume navigabile, e con le chiuse per giunta: si tratta del fiume Ciane, nei pressi di Siracusa, che si può percorrere in barca, lungo le sponde ricche di papiri; e per superare il dislivello, a un certo punto della navigazione, entrano in azione le chiuse. Insomma, è un piccolo Canale di Panama
!
Le città dai nomi illustri
In Sicilia si trovano: in provincia di Messina centri con i nomi di Barcellona Pozzo di Gotto, Briga, Nizza, Novara, Villafranca Tirrena; e se non c’è Roma, c’è Rometta; e se non c’è Rodi, c’è Rodì Milici; mentre in provincia di Agrigento ci sono Lucca, Menfi e Villafranca Sicula; in provincia di Palermo c’è Ventimiglia, e se non c’è Bologna, c’è Bolognetta; in provincia di Enna c’è Nicosia; e in provincia di Siracusa c’è Augusta.
Aritmetica e toponomastica
In Sicilia ci sono numerosi toponimi aritmetici. Per chi si contenta di numeri bassi, sull’Etna ci sono i monti Due Pizzi, Due Frati e Due Monti; le Due Rocche sulla costa tra Gela e Licata, vicine al bel castello di Falconara; per chi esige numeri più alti, ci sono parecchie Tre Fontane (sia presso Campobello di Mazara, che sulle Madonie, oppure sui Peloritani); Trecastagni in provincia di Catania; Tremestieri (che significa tre palmenti
), sia in provincia di Messina che in quella di Catania; monte Trefinaite (che significa tre confini
) presso Novara (Me); Tre Monzelli (che significa tre mucchi di pietre
) è uno svincolo dell’autostrada Pa-Ct, presso Polizzi Generosa (Pa); punta Tre Pietre nell’isola di Pantelleria, e monte Tre Portelle negli Erei, presso Caltagirone (Ct).
Chi vuole ancora numeri più grossi, vada nella grotta delle Quattro Arie, a Baida presso Palermo, o a Quattropani, che è un borgo dell’isola di Lipari, o al bivio delle Quattro Strade presso Aragona (Ag), o al monte Quattrofinaite presso Falcone (Me). Chi voglia ancora di più, vada al ponte Cinque Archi, che è uno svincolo dell’autostrada Pa-Ct, o alla cala Cinque Denti nell’isola di Pantelleria (Tp); oppure al monte Seidita presso Montallegro (Ag), o al borgo Sette Feudi presso Caltagirone (Ct), o alla portella Sette Frati nelle Madonie, vicino Sclafani Bagni, o al monte Settesoldi presso Salemi (Tp). Chi è proprio incontentabile, si accomodi a Centuripe (En), o al bivio Centovernari, che si trova vicino Prizzi (Pa).
Il tipico carretto siciliano, in un’incisione dell’Ottocento.
Nomi e spettacoli fascinosi
Non mancano in Sicilia toponimi fascinosi come Alessandria della Rocca, Gioiosa Marea, Vallelunga Pratameno o Polizzi Generosa: né mancano spettacoli naturali veramente fantastici, come la Fata Morgana sullo Stretto di Messina, o la Città di fra’ Luchino a Mazara del Vallo; ma di questi argomenti si tratterà nelle voci che riguardano le singole località.
La storia
Perché la Sicilia si chiama così?
Qualcuno vorrebbe far derivare questo toponimo dalle due parole greche sik (fico) ed elaia (olivo), che evidentemente vogliono mettere in risalto l’eccezionale felicità climatica dell’isola, e la sua conseguente fertilità; ma il nome dell’isola è molto più antico della colonizzazione greca, che iniziò nell’VIII secolo a.C.; e il popolo più antico stanziato nell’isola fu quello dei Sicani, che abitava originariamente la parte orientale dell’isola, finché, nell II millennio a.C. una popolazione certamente indoeuropea, quella dei Siculi, non sospinse i Sicani verso l’interno dell’isola (dove ancora esistono i monti chiamati Sicani
, nella zona di Chiusa Sclafani e del lago Fanaco, al confine tra le province di Palermo e di Agrigento). Poiché i Greci chiamarono i Siculi Sikeloi, la terra da essi abitata cominciò a essere chiamata Sikelia; e fu chiamata anche Trinakria per i tre capi che ne fanno un’isola triangolare, per cui i Romani la chiamarono Triquetra (triangolare); e aggiunsero – come è evidente dai mosaici romani esistenti a Tindari (Me) – le spighe al vecchio simbolo della Sicilia, costituito da una testa di Gorgone (con valore di portafortuna) circondata da tre gambe, che simboleggiano i tre capi dell’isola; e che in realtà è un simbolo solare, e le tre gambe rappresentano i raggi del sole (non si dimentichi che l’isola è stata sempre soprannominata l’Isola del Sole; e che nella sua zona chiamata Vitulia, che è la parte litoranea della Sicilia jonica che va da Taormina a Messina, erano allevati i buoi sacri al dio Sole, custoditi dalla ninfa Lampezie; e vi morirono i compagni di Ulisse, perché avevano compiuto il sacrilegio di cibarsi delle carni dei buoi sacri al dio Sole, come racconta Omero nel I libro dell’Odissea.
Dal punto di vista storico, il toponimo Trinacria fu riesumato nel 1302, col Trattato di Caltabellotta che chiuse il primo periodo della lunga Guerra dei Novant’anni
(1282-1372), che assegnò il titolo di Re di Trinacria
agli Aragonesi di Sicilia, mentre quello di Re di Sicilia
andava agli Angioini di Napoli.
Ma il trattato di Caltabellotta non fu osservato da nessuna delle due parti contraenti, e la guerra continuò per altri settant’anni.
Le tredici dominazioni storiche della storia siciliana
Nell’arco di oltre tremila anni, la Sicilia è passata attraverso tredici dominazioni: di cui le prime due – quella fenicia dal XIII all’VIII secolo a.C., e quella greca dall’VIII al III secolo a.C. – non ebbero carattere militare; mentre ebbero carattere di occupazione militare le rimanenti undici, che sono: quella romana, dal 264 a.C. al 535 d.C.: quella bizantina, dal 535 all’827; quella araba, dall’827 al 1060; quella normanna, dal 1060 al 1194; quella sveva, dal 1194 al 1266; quella angioina, dal 1266 al 1282; quella aragonese, dal 1282 il 1412; quella spagnola, dal 1412 al 1713; quella sabauda, dal 1713 al 1720; quella austriaca, dal 1720 al 1734; e quella borbonica, dal 1734 al 1860.
La Triquetra.
La principale meraviglia della storia siciliana
La principale meraviglia della storia siciliana è costituita dal fatto che, nonostante il numero, la diversità e la durata delle varie, e talora lunghe dominazioni, i siciliani non sono mai diventati arabi o spagnoli, ma sono rimasti sempre tali; e hanno conservato fedelmente le tre caratteristiche fondamentali della loro individualità di popolo, già perfettamente indicata da Cicerone – che conosceva benissimo la Sicilia – nel 70 a.C., nelle tre doti specifiche dell’intelligenza, della diffidenza e dell’umorismo: che sono doti di cui essi hanno dato costantemente prova nel corso dei secoli, e che tuttora conservano pienamente.
Non soltanto: ma è avvenuto il fenomeno contrario, perché i siciliani hanno sicilianizzato i loro dominatori; e lo stesso Federico II di Svevia, che era uno spirito universale, ha poetato in siciliano tra i poeti da lui accolti nella sua corte di Palermo; e ha voluto, per precisa volontà testamentaria, essere sepolto a Palermo, dove la sua tomba è costantemente ornata di fiori dal popolo, che non dimentica il grande imperatore siciliano
.
Una singolarità storica: le repubbliche siciliane
Nel dicembre 1944 nell’arroventato clima del movimento antimilitaristico siciliano del Non si parte (a Catania fu bruciato il Municipio e ci scappò il morto; a Ragusa le donne si stesero davanti agli autocarri dell’Esercito, per non fare partire le reclute); a Comiso e a Giarratana, in provincia di Ragusa, fu proclamata la repubblica
; e per un giorno, il 28 luglio 1914, i socialisti di Riesi (Caltanissetta), guidati da Giuseppe Butera, vi proclamarono la repubblica!
In Sicilia si anticipa la storia d’Italia e dell’Europa
L’Italia ha avuto la sua prima capitale in Sicilia, il 14 maggio 1860 con un proclama di Giuseppe Garibaldi che a Salemi dichiarò di prendere possesso della Sicilia «in nome del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia»; in Sicilia è nato il nome stesso di Italia (si veda la voce Itala, in provincia di Messina); in Sicilia si è avuta la prima autonomia regionale a statuto speciale, con la legge 455 del 15 maggio 1946, firmata da Umberto di Savoia (allora non c’era ancora la Repubblica in Italia); in Sicilia, nel 1847, si è parlato a Palermo