101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo
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About this ebook
Un gesto dice più di mille parole!
Gesti e movimenti, volontari e involontari, raccontano di noi, svelano emozioni, pensieri, paure e speranze. Questo prezioso manuale offre utili strumenti per interpretare correttamente il linguaggio del nostro corpo e di quello altrui, comprendere meglio noi stessi e chi ci sta accanto e usare con efficacia atteggiamenti e pose per trasmettere messaggi e sensazioni a chi ci sta vicino. Semplice e diretto, questo libro insegna come muoversi nel labirinto della comunicazione non verbale. «Gli uomini credono di più ai loro occhi che alle loro orecchie», recitava Seneca. E allora buona lettura e soprattutto: occhi aperti!
Francesco Di Fant
è nato a Roma nel 1978, si è laureato in Scienze della comunicazione ed è un esperto di comunicazione non verbale e linguaggio del corpo. Consulente e formatore per anni presso grandi aziende nazionali e internazionali, insegna e pubblica articoli sulla comunicazione non verbale e collabora con diversi programmi televisivi e radiofonici. Con la Newton Compton ha pubblicato 101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo e I segreti per parlare e capire il linguaggio del corpo.
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101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo - Francesco Di Fant
177
Prima edizione ebook: novembre 2013
© 2012 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-6266-2
www.newtoncompton.com
Edizione digitale a cura di geco srl
Francesco Di Fant
101 cose da sapere
sul linguaggio segreto
del corpo
Introduzione
Seneca recitava: «Gli uomini credono di più ai loro occhi che alle loro orecchie». In effetti tutti sappiamo leggere l’atteggiamento corporeo delle persone, è qualcosa che abbiamo codificato nei nostri geni ancor prima del linguaggio vero e proprio, ma purtroppo la civilizzazione ha progressivamente richiesto sempre meno questa competenza e l’essere umano nel corso dei secoli ha lentamente dimenticato quest’abilità. Attualmente ci sono numerosi libri e corsi per chi volesse approfondire l’argomento, ma per imparare seriamente servono molti anni di studio e allenamento.
Questo libro offre suggerimenti utili a tutti coloro che vogliono conoscere delle piccole perle sul linguaggio del corpo senza doversi addentrare necessariamente nell’attuale selva di libri, autori e teorie. Troverete dei facili e preziosi consigli per vivere meglio con la risorsa più potente e preziosa che abbiamo per comunicare: il nostro corpo. Lo scopo di quest’opera è di fornire, in maniera leggera e ironica, tanti suggerimenti pratici e utili da conoscere, con esercitazioni per facilitare l’apprendimento di alcune tecniche di espressione e di analisi della comunicazione non verbale.
La prima parte, Il corpo degli altri, è dedicata ai consigli per una corretta interpretazione del linguaggio del corpo altrui, suddivisi per parti del corpo come testa, occhi, arti, tronco e voce. Nella seconda parte, Il nostro corpo, sono illustrati dei suggerimenti per un efficace utilizzo del nostro linguaggio corporeo, divisi per situazioni o per parti anatomiche.
L’ultima parte, Training days, è composta da semplici esercizi individuali e di gruppo, per sviluppare la capacità di espressione personale e interpretazione del linguaggio del corpo. È importante, dopo aver appreso i rudimenti del linguaggio non verbale, riuscire a saperli riconoscere e interpretare dal vivo.
La Comunicazione Non Verbale (CNV) è quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo non riguardanti solamente il significato letterale delle parole che compongono il messaggio. Principalmente si divide in quattro componenti: sistema paralinguistico, sistema cinestesico, prossemica e aptica (il contatto fisico).
Quest’oggetto misterioso che era la cnv sta diventando sempre più familiare in Italia anche negli ambienti non accademici o aziendali; questo è probabilmente anche dovuto alla notevole popolarità che ha avuto nel nostro Paese la serie tv Lie to me con l’attore Tim Roth.
Gli esseri umani comunicano con il corpo oltre che con le parole; ogni nostro gesto, movimento, volontario o meno, parla di noi e per noi, parla delle nostre emozioni, dei nostri pensieri, delle nostre paure e speranze. Il linguaggio del corpo è la più antica forma di comunicazione sociale, una risorsa per l’uomo così come lo sono l’acqua o la luce stessa del sole; nel corso della recente storia (negli ultimi 4000 anni) l’uomo ha dimenticato come interagire al meglio col suo prossimo in un equilibrio ambientale fatto dalle persone stesse; oggi la vera scommessa è riuscire a riprendere la nostra natura. Così come è assodato che tutti dovremmo imparare maggiormente a rispettare la nostra casa, il pianeta Terra, dovremmo ancor di più rispettare la casa che nessuno può lasciare, la nostra vera conchiglia naturale: il nostro corpo.
Quindi, per rispetto nostro e del nostro prossimo, dovremmo semplicemente riappropriarci di un linguaggio tanto innato quanto sopito da anni di imbarbarimento e di cosiddetta civilizzazione, che ci hanno fatto dimenticare la meraviglia di una carezza a favore dell’alienazione data da modelli stereotipati fatti da gesti sempre più meccanici e stranianti.
Trattando questa disciplina, ogni giorno della mia vita osservo i movimenti delle persone e mi diverto a dedurre cosa stanno provando o perché agiscono in un determinato modo (specialmente in metropolitana, è una vera festa per me!); devo confessare che leggo molto nelle persone ma dico poco, non tutti sono davvero curiosi di sapere la verità… e in fondo li capisco (anche a me a volte capita di scorgere cose che non avrei voluto vedere).
Un ultimo avvertimento prima che vi tuffiate nella lettura è quello di non arrivare mai a conclusioni affrettate nel giudicare gli altri, specialmente dalla loro comunicazione non verbale; e soprattutto di non considerare mai un singolo segnale del corpo secondo una sola interpretazione, bisogna stare attenti a considerare una molteplicità di segni e altri aspetti. Inoltre, lo studio del linguaggio del corpo si configura come una disciplina piuttosto che come una scienza esatta; quindi, nella migliore delle ipotesi, si può arrivare ad avere una certa percentuale di sicurezza dell’interpretazione, che non potrà mai essere del cento per cento.
Spero che la lettura che state per intraprendere sia divertente e istruttiva allo stesso tempo, quindi… occhi aperti!
Parte prima
Il corpo degli altri
1. Ti amo, ma non mi toccare… (metacomunicazione e paradossi della comunicazione umana)
Se diamo più credito a quello che vediamo o percepiamo, piuttosto che alle parole o a ciò che può apparire logico e razionale, è perché questo ci ha aiutato, e ci aiuta ogni giorno, a sopravvivere più a lungo nel nostro ambiente e, perché no, a farci vivere meglio. Di tanti paradossi che si presentano intorno a noi e che viviamo ogni giorno, quelli che appartengono alla sfera della comunicazione possono essere vissuti come un problema concreto e reale; alcuni di essi possono anche condurre, in situazioni particolari, a forme di malattie mentali, come la schizofrenia.
Paul Watzlawick, psicologo e filosofo austriaco, con uno dei suoi celebri assiomi della comunicazione, stabilì la differenza che nella comunicazione umana esiste tra il piano del contenuto e quello della relazione. I segnali sul piano del contenuto danno informazioni, attraverso la comunicazione verbale e non verbale, mentre i segnali sul piano della relazione danno informazioni riguardo al contesto e sul rapporto che intercorre tra gli interlocutori; questi ultimi segnali sono prevalentemente legati al piano non verbale. La relazione classifica il contenuto che viene espresso e ne definisce il valore comunicativo; di conseguenza possiamo dare al contenuto una subordinazione nel grado d’importanza: infatti, quanto più è positiva la relazione che intercorre tra i parlanti, tanto meglio sarà possibile comprendere il contenuto.
Quanto spiegato finora può farci comprendere come i paradossi comunicativi, a partire dal discorso di un politico fino all’abbraccio di un parente, possono generare in noi confusione e, di conseguenza, condizionare il nostro comportamento.
Questo aspetto è stato approfondito con la teoria del doppio legame, o doppio vincolo, di Gregory Bateson, poliedrico studioso di psicologia, antropologia, sociologia, linguistica e cibernetica. Questo concetto postula che molti disturbi psicologici sono dovuti proprio all’inadeguatezza nell’interpretare i messaggi metacomunicativi che dovrebbero definire il resto della comunicazione (si parla di metacomunicazione per intendere la comunicazione a proposito della comunicazione stessa). Il doppio legame indica una situazione in cui, tra due persone legate emotivamente, la comunicazione può esprimere due concetti in contrasto tra loro sul piano del contenuto e su quello del non verbale; in questa situazione il ricevente non riesce a distinguere quale dei due livelli sia più veritiero dell’altro, né riesce a esplicitare all’altro tale disagio cognitivo. Anche se tale concetto è stato in seguito superato e rivisto (in particolare sul fatto che il doppio legame generasse schizofrenia, tema sul quale Bateson era molto focalizzato), è interessante notare che questo avviene praticamente ogni giorno, poiché tale doppio legame esiste di fatto nell’intera struttura sociale e quindi siamo tutti coinvolti, anche se non sempre ciò ci porta a forme di schizofrenia acuta.
È vero che quando entrano in gioco sentimenti e affetti il tema si fa più delicato, come, ad esempio, nel caso di una madre che, abbracciando il figlio, lo fa in maniera troppo forte o troppo blanda, rivelando così un dato che il bambino può percepire e vivere come problematico. Anche nella vita politica ciò è ben visibile; famoso è il discorso di Nixon durante la guerra del Vietnam, mentre il presidente affermava di voler dialogare con i giovani, mostrava evidenti segni di irrigidimento e con le mani cercava idealmente di tenere lontani gli studenti; è interessante notare che una ricerca dell’epoca ha rivelato che coloro che lo avevano seguito in televisione erano portati a non credere alle sue parole; chi lesse invece il discorso non ebbe la possibilità di percepire l’aspetto di relazione del discorso pronunciato.
Bateson, oltre a portare avanti i suoi studi sul doppio legame in ambito psicoterapeutico, introdusse anche il concetto di deuteroapprendimento, ovvero il meta-apprendimento (imparare come apprendere), che risulta molto importante per quel che riguarda la comunicazione non verbale, che non si insegna, come il resto della comunicazione, nelle scuole o in altri gruppi primari come la famiglia.
2. Tre semplici metodi per leggere il linguaggio del corpo
Il modo migliore per iniziare a capire il proprio corpo è applicare innanzitutto le tecniche di osservazione al corpo altrui, per poterle poi in qualche modo replicare su se stessi per trarne utili indicazioni; per soddisfare la curiosità di coloro che vorrebbero sapere se esistono dei metodi universali (ce ne possono essere diversi) per leggere al meglio la comunicazione non verbale degli altri è consigliabile, rimanendo su un piano generale, prestare attenzione principalmente a tre aspetti.
• Visione olistica, ovvero prendere in considerazione la situazione nel suo insieme, includendo tutti i possibili elementi di interesse, ad esempio: è normale che le persone parlino a voce alta a una festa con della musica in sala, questo non indica di certo arroganza o voglia di prevaricare. È importante non cadere nella facile trappola di associare in maniera rigida e definitiva un singolo gesto a un preciso significato (ad esempio, chi incrocia le braccia non sempre comunica chiusura). Bisogna rimanere con la mente aperta e critica non solo sulla possibilità di arrivare a facili conclusioni sull’associazione dei singoli gesti, ma anche nel considerare altri elementi ambientali che potrebbero influenzare, come è normale, le reazioni e i comportamenti delle persone.
• Analisi della congruenza della situazione (norming): il norming è un criterio fondamentale di analisi per quanto riguarda la comunicazione umana, ma ancora di più, per la parte non verbale, è l’analisi della normalità di una situazione; il norming include: il comportamento normale della persona, che è possibile rilevare frequentandola, o anche attraverso dei video, almeno per quel che riguarda la vita pubblica e, più raramente, privata; il contesto, ovvero l’aspettativa comportamentale in una determinata situazione sociale e la sua devianza.
Per analizzare il comportamento non verbale è fondamentale farsi delle domande tipo: come si comporterebbe quella determinata persona in quella specifica situazione? Cosa sarebbe (o potrebbe sembrare) normale?
• La pratica rende perfetti (o quasi); come tutte le abilità, anche l’interpretazione del linguaggio del corpo va sviluppata e, nel corso degli anni, mantenuta attraverso l’esercizio; l’allenamento mentale, così come quello fisico, tiene in forma un organo molto particolare: il nostro cervello. Come i benefici che si possono ottenere sviluppando la muscolatura fisica contribuiscono alla salute generale del nostro corpo, così l’allenamento della mente porta benefici maggiori del singolo obiettivo dell’esercizio che si sta facendo (si potenzia il cervello anche in altri sensi).
Non va dimenticato, lo ribadiamo, che grazie a queste indicazioni stiamo cercando di sviluppare un’abilità che è già presente nel nostro dna (specialmente in quello delle donne), ma con un buon metodo di osservazione e con l’aiuto degli esercizi proposti (nella parte terza del libro) è possibile incrementare la capacità conscia e inconscia di lettura del nostro corpo e di quello altrui.
3. Svelare le bugie: cinque cose da sapere
Quando si dice una bugia si può avere più o meno paura di essere scoperti, a seconda della tipologia di bugia e a chi la raccontiamo. Riguardo agli studi sulla menzogna, uno dei punti di riferimento è sicuramente lo psicologo americano Paul Ekman, che dopo anni di ricerche ha riepilogato sinteticamente le circostanze in cui una persona che sta mentendo è più preoccupata di essere scoperta e sbugiardata.
La paura di essere scoperti può, a seconda della sua intensità e della sua natura, generare una tensione maggiore rispetto a una situazione di normalità. L’emozione che si prova con la paura è sempre forte e difficilmente controllabile, inoltre chi mente sta facendo uno sforzo (di concentrazione e di controllo delle parole e del corpo), quindi le sue risorse mentali sono impegnate nel compito di raccontare una bugia credibile e al tempo stesso controllare il proprio corpo e quello del destinatario della bugia; se a tutto questo aggiungiamo lo stress che deriva dalla tensione collegata alla paura, allora il controllo diventa ancora più difficile ed è probabile che affiorino dei piccoli o grandi segni rivelatori di menzogna.
• La persona che mente sa di avere di fronte un’altra persona in grado di poterla smascherare: più si ritiene che una persona che ci ascolta sia in grado di scoprire una menzogna più è facile che sfuggano al nostro controllo alcune spie sintomatiche della menzogna (per esempio collegate alla paura). Se volessi mettere in difficoltà una persona che sospetto mi stia mentendo potrei rivelare la mia specializzazione, aumentando così le probabilità di una reazione che induca il/la bugiardo/a a tradirsi; di solito cerco di evitarlo, in quanto questa rivelazione può provocare un leggero imbarazzo negli altri.
• La persona che mente non è abituata a mentire: come in tutte le cose, più ci si esercita e più si è efficaci. Ma chi, nel corso degli anni, non ha sperimentato abbastanza con successo l’arte di mentire non ha imparato, di conseguenza, a gestire la (complessa) faccenda di raccontare una menzogna credibile.
• La persona che mente sa che in gioco c’è qualcosa di valore: quando si tratta di soldi, affari o di benefici di altra natura, riuscire a mentire può essere più duro a causa della paura di rischiare di perdere il premio in palio.
• La persona che mente sa che, qualora scoperta, corre il rischio di essere punita severamente: in situazioni di vita o di morte, diventa decisamente più rischioso e difficile mentire di fronte al pericolo; questo è uno degli elementi più stressanti di tutti, in quanto il nostro istinto di sopravvivenza ci porta necessariamente a dire la verità in alcune circostanze, se questo significa avere maggiori possibilità di salvezza (un esempio classico è dato dalla letteratura filmica e televisiva, allorché il poliziotto duro minaccia la vita del criminale per avere informazioni importanti). Analogamente, quando si rischia di subire una punizione fisica, finire in prigione, perdere degli affetti, compromettere situazioni lavorative o comunque qualcosa a cui si tiene molto o che abbia un’importanza oggettiva, la paura di rischiare è spesso grande e questo, ovviamente, può emergere con dei gesti, degli indizi involontari che segnalano l’inganno. Sembra che la paura della punizione sia una delle prime molle che scattano nel bambino per spingerlo a mentire anche in tenera età.
• La persona che mente è nota per essere un bugiardo: ovviamente, nel gioco delle aspettative reciproche, chi viene etichettato come una persona poco affidabile avrà più paura di essere smascherato e, inoltre, per farsi credere – anche quando afferma il vero – userà normalmente più energie degli altri; la tensione che si aggiunge nel momento in cui si dice una bugia non può che aggravare la situazione di timore che vive. Un simpatico esempio della escalation delle bugie a cui si può essere costretti per non esser smascherati è il protagonista del telefilm Billy il bugiardo, in cui un ragazzo dalla vita monotona sogna un luogo in cui è considerato da tutti un eroe; alcuni errori commessi lo spingono a raccontare frottole sempre più grandi, per evitare punizioni sempre più pesanti; così le persone cominciano a non credergli più.
Ovviamente queste sono circostanze generali in cui ci si può trovare maggiormente in difficoltà nel mentire, ma va da sé che occorre, oltre a questo, conoscere i vari modi in cui il corpo comunica segnali (o meglio indizi) di tensione o, eventualmente, menzogna.
4. Smascherare il proprio partner in cinque mosse
La domanda più frequente che si rivolge a chi si occupa di questa affascinante disciplina è sicuramente la seguente: «Davvero si può capire se il mio partner mente solo guardandolo in faccia?». Credo che la paura del tradimento sia una delle paure più forti, forse proprio perché legata al nostro istinto di sopravvivenza (il compagno ci protegge e ci aiuta) e legata alle chance di riproduzione.
Lungi dal voler affermare che esiste una soluzione semplice alla questione, sicuramente ci sono dei modi per scoprire degli indizi (che, lo sottolineo, non valgono come una prova certa…) che ci possono rivelare segnali di tensione particolare, ed eventualmente anche una menzogna bella e buona.
Tra gli altri, anche Marc Salem, studioso di linguaggio del corpo nonché famoso mentalista americano, ha scritto sull’argomento (il mentalismo è un tipo di illusionismo il cui scopo è far credere di possedere una sorta di sesto senso in grado di leggere la mente degli altri). In realtà l’analisi della menzogna è affare complesso e sempre complicato da elementi psicologici e personali; tra i tanti suggerimenti che si possono dare proviamo a indicare dei facili consigli per cercare di smascherare il proprio partner, uomo o donna, in cinque mosse.
• La dilatazione delle pupille è un sintomo di menzogna e, siccome gli occhi non mentono mai, rimane uno dei segnali più forti del nostro corpo, anche perché è un riflesso automatico del nostro organismo in condizioni di stress fisiologico.
• A volte nascondere le mani in tasca, dietro la schiena o sotto le braccia o le ascelle evidenzia nervosismo e il gesto potrebbe indicare che si sta inconsciamente nascondendo la verità o qualche informazione scomoda.
• La difficoltà a deglutire è un segnale di stress: la bocca diventa asciutta e non possiamo farci niente. La saliva che viene prodotta è deglutita, di solito, in modo involontario e un’evidente deglutizione denota proprio difficoltà nell’ingoiare sotto stress.
• Occhio alla voce: un cambiamento può essere il risultato di un riflesso nervoso che incide sulla respirazione, e di conseguenza sulla fonazione delle parole; alcuni esempi possono essere un cambiamento nel tono, nella velocità o nelle pause della voce.
• L’insicurezza di chi sta mentendo viene spesso tradita dallo schema domanda-domanda, piuttosto che dal più lineare domanda-risposta. Nel caso in cui il vostro partner vi risponda a una domanda con un’altra domanda (ancora peggio se tenta di cambiare argomento… praticamente un suicidio!) probabilmente avete toccato un punto caldo dell’argomento e dovreste cercare di approfondire.
Dopo la lettura di questi consigli potete sperimentare con i vostri occhi con chi vi parla queste piccole attenzioni che ci rivelano delle tracce di bugia. Ricordandovi però che esistono anche piccole bugie a fin