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L'angelo del terrore
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L'angelo del terrore
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L'angelo del terrore

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About this ebook

Vedova e ricca, Lydia Beale risveglia l'interesse e la cupidigia di personaggi senza scrupoli. In particolare, una donna, bella come un angelo, ma di una crudeltà spietata, tesse intorno a lei una trama di insidie destinata a portarla alla rovina... L'Inghilterra e la riviera francese fanno da sfondo a una storia ricca di colpi di scena e di soluzioni imprevedibili.

Edgar Wallace

nacque nel 1875 a Greenwich (Londra). Cominciò a lavorare giovanissimo; a diciott’anni si arruolò nell’esercito ma nel 1899 riuscì a farsi congedare. Fu corrispondente di guerra per diversi giornali. Ottenne il suo primo successo come scrittore con I quattro giusti, nel 1905. Da allora scrisse, in ventisette anni, circa 150 opere narrative e teatrali di successo, nonché la sceneggiatura del celeberrimo King Kong. Definito “il re del giallo”, è morto nel 1932.
LanguageItaliano
Release dateSep 25, 2013
ISBN9788854152182
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    L'angelo del terrore - AA. VV.

    dell’esercito

    1.

    Il brusio della corte, che si era interrotto quando il presidente dei giurati aveva consegnato al giudice il verdetto, riprese con maggior vigore quando questi, alzando gli occhi al di sopra del suo pincenez e guardando brevemente l’imputato, un uomo piuttosto alto, iniziò a riordinare le sue carte, con la precisione e la metodicità che sono caratteristici delle persone anziane nei momenti di grande tensione. Egli raccolse i fogli e li compose in un ordinato mucchietto, che collocò sul tavolo, alla sua sinistra. Poi prese la penna e scrisse qualche parola su un foglio prestampato che aveva davanti.

    Quindi ci fu un’altra breve pausa, che tenne con il fiato sospeso tutta l’aula, dopo di che il giudice si chinò dietro il tavolo e prese un piccolo quadrato di seta nera, che appoggiò con cura sulla parrucca bianca. Poi disse:

    – James Meredith, dopo un lungo e accurato processo, siete stato riconosciuto colpevole del reato di omicidio premeditato. Io concordo completamente con il verdetto della giuria. Dopo aver ascoltato la testimonianza della sfortunata signorina con la quale eravate fidanzato, e la cui testimonianza avete cercato in maniera estremamente brutale di rifiutare, rimangono ben pochi dubbi sul fatto che, accecato dalla gelosia, abbiate sparato a Ferdinand Bulford. La testimonianza della signorina Briggerland, la quale afferma che avete minacciato quel povero giovane, e che ve ne siete andato dalla casa di lei in preda alla collera, è determinante. Per una fatale coincidenza, il signor Bulford si trovava in strada proprio davanti al portone della vostra fidanzata, quando voi siete uscito dalla sua abitazione, e, spinto da una folle gelosia, gli avete sparato, colpendolo a morte.

    Sostenere, come avete fatto voi per bocca del vostro avvocato, che quella notte vi siete recato dalla signorina Briggerland per rompere il fidanzamento, e che il vostro colloquio si è svolto in maniera del tutto pacifica e senza recriminazioni di alcun genere, è sostenere che questa donna abbia deliberatamente giurato il falso, allo scopo di ottenere la vostra morte, e quando motivate questa ignobile accusa, asserendo che con la vostra morte, o con la condanna a vita, la signorina Briggerland, essendo vostra cugina, beneficerebbe in maniera considerevole delle vostre sostanze, non fate che accrescere la vostra infamia. Nessuno di coloro che hanno visto la giovane al banco dei testimoni, figura di donna patetica, e se posso dirlo, bellissima, potrebbe dare credito, nemmeno per un attimo, alla vostra assurda spiegazione.

    Chi ha ucciso Ferdinand Bulford? Quel giovane non aveva un nemico al mondo. È una tragedia che chiede giustizia. Ora non mi rimane che emettere la condanna. L’appello alla clemenza della giuria da voi inoltrato, verrà preso in esame nella debita sessione...

    Il giudice procedette quindi alla lettura della sentenza, che prevedeva la condanna a morte dell’imputato, e l’alto giovanotto alla sbarra, l’ascoltò senza battere ciglio.

    In questo modo si concludeva il grande processo dell’omicidio di Berkeley Street, e quando, alcuni giorni più tardi, venne reso noto che la pena di morte era stata commutata in ergastolo, ci furono giornali e persone che allusero pesantemente a una clemenza manovrata, facendo intendere che se James Meredith fosse stato un poveraccio qualsiasi, anziché il titolare di un’enorme fortuna sarebbe stato senz’altro impiccato.

    – Ecco fatto – disse Jack Glover tra i denti, uscendo dall’aula con l’eminente avvocato che aveva difeso il suo amico e cliente – la giovane signora ha vinto.

    Il suo compagno lo guardò con la coda dell’occhio e gli sorrise.

    – Onestamente, Glover, pensate davvero che quella povera ragazza avrebbe potuto mentire riguardo all’uomo che ama?

    – Che ama! – ripetè Jack Glover impallidendo.

    – Credo che siate parziale – disse l’avvocato scuotendo la testa. – Personalmente, credo che Meredith sia un pazzo; sono convinto che tutto ciò che ci ha detto riguardo al colloquio avuto con la ragazza sia frutto della sua fantasia malata. Sono rimasto molto colpito dalla ragazza, quando l’ho vista al banco dei testimoni. Lei... Per Giove, eccola!

    Erano arrivati all’uscita del tribunale. C’era una grossa macchina parcheggiata accanto al marciapiede, e un autista teneva aperta la portiera a una giovane vestita di nero. I due uomini fecero appena in tempo a vedere un viso triste, pallido, di una bellezza straordinaria, e subito la ragazza scomparve dietro le tendine abbassate della vettura.

    L’avvocato fece un lungo sospiro.

    – Pazzo! – disse con voce roca. – Dev’essere pazzo! Se mai mi è capitato di vedere un’anima pura riflessa sul viso di una donna, è stato in questo momento!

    – Siete stato troppo a lungo sotto il sole. Sir John... state diventando sentimentale – ironizzò Jack Glover piuttosto irrispettosamente e l’eminente avvocato lo guardò indignato.

    Jack Glover aveva il vizio di dire cose sgradevoli ai suoi amici, anche se questi avevano vent’anni più di lui, e il galateo professionale avrebbe imposto che venissero trattati con ogni rispetto.

    – Davvero! – esclamò l’offeso Sir John. – A volte, Glover siete davvero insopportabile!

    Ma Jack Glover si era già avviato lungo la strada, con le mani sprofondate nelle tasche, e con il cilindro spostato lievemente indietro, sulla nuca.

    Arrivando in ufficio, trovò il socio più anziano della ditta Rennett, Glover e Simpson (anche se non c’era più nessun Simpson da ormai dieci anni), un tipo dai capelli brizzolati, che stava per andarsene a casa.

    Vedendo il socio più giovane, il signor Rennett si sedette.

    – Ho appreso la notizia per telefono – disse. – Ellbery dice che non ci sono le basi per l’appello, ma io credo che un ricorso in appello potrà salvargli la vita... tra l’altro, si tratta di un crime passionel, e di solito non impiccano chi commette un delitto perché spinto dalla gelosia. Immagino che sia stata la testimonianza della ragazza a inchiodarlo, non è così?

    Jack assentì.

    – E sembrava proprio un angelo appena uscito dal frigorifero – commentò con tono disperato. – Ellbery ha fatto del suo meglio per metterla in difficoltà, ma quel vecchio idiota è mezzo innamorato di lei. L’ho lasciato che farneticava sulla sua anima pura e su tutte le sue altre celestiali virtù, eccetera.

    Il signor Rennett si passò una mano sulla barba color ferro.

    – Ha vinto – disse, e il suo collega si volse verso di lui con un grugnito.

    – Non ancora! – esclamò Glover con voce quasi stridula. – Non avrà vinto finché Jimmy Meredith sarà ancora in vita oppure...

    – Oppure... ? – gli fece eco il suo socio in tono significativo. – Quell’oppure non ha senso, Jack. Si prenderà l’ergastolo, com’è vero... Farei qualsiasi cosa per aiutare Jimmy; per lui rischierei la mia reputazione e il mio nome.

    Jack Glover guardò il suo socio con un’espressione di estremo stupore.

    – Vecchio paladino! – esclamò in tono ammirato. – Non sapevo che Jimmy ti stesse tanto a cuore.

    Il signor Rennett si alzò e iniziò a infilarsi i guanti. Sembrava un po’ imbarazzato per la sensazione che le sue parole avevano prodotto.

    – Suo padre è stato il mio primo cliente – disse, quasi per scusarsi. – Una delle migliori persone che siano mai esistite su questa terra. Si sposò piuttosto tardi, ed è questa la ragione delle sue idee così eccentriche sul matrimonio. Si potrebbe dire che il vecchio Meredith abbia fondato la nostra ditta. Tuo padre, Simpson e io, eravamo ridotti quasi alla fame quando Meredith ci affidò il suo caso. È stata la nostra ancora di salvezza. Tuo padre, che riposi in pace, non si stancava mai di parlare di lui. Mi sembra strano che non lo abbia mai fatto con te.

    – Credo che lo abbia fatto – rispose Jack sovrappensiero. – E dici davvero che faresti qualsiasi cosa, Rennett, intendo dire, per salvare Jimmy Meredith?

    – Puoi giurarci – tagliò corto Rennett.

    Jack dover iniziò a fischiettare una canzone lenta e triste.

    – Vedrò Jimmy domani – disse. – A proposito, Rennett, hai visto che l’altro giorno un tizio è stato trasferito dal carcere in una clinica, per essere sottoposto a un intervento di poco conto? Aveva fatto domanda al Parlamento. È una cosa usuale?

    – Si può fare – rispose Rennett. – Perché me lo chiedi?

    – Credi che tra un paio di mesi potremmo far trasferire Jim Meredith in una casa di cura per, diciamo, un intervento di appendicectomia?

    – Ha l’appendicite? – chiese l’altro, sorpreso.

    – Può simularla. È la cosa più facile del mondo da fingere.

    Rennett guardò il suo socio da sotto le folte sopracciglia.

    – Stai forse pensando a quell’oppure? – azzardò, e Jack assentì.

    – Si può fare... se sarà vivo – disse Rennett dopo una pausa.

    – Sarà vivo – profetizzò il suo socio. – Ora l’unico problema è dove trovare la ragazza.

    2.

    Lydia Beale raccolse tutti i fogli da buttare che si erano accumulati sulla sua scrivania, li accartocciò, e li gettò nel fuoco.

    Qualcuno bussò alla porta, e la ragazza fece un mezzo giro sulla sedia per accogliere con un sorriso la sua robusta padrona di casa che entrò nella stanza portando un vassoio, sul quale si trovavano una tazza colma di tè e due grosse fette di pane, burro e marmellata.

    – Finito, signorina Beale? – chiese la donna ansiosamente.

    – Per oggi, sì – rispose la ragazza accompagnando le parole con un gesto del capo, poi si alzò, stiracchiandosi.

    Era snella, e di tutta la testa più alta della tozza signora Morgan. Gli occhi di un viola scuro, il viso dai lineamenti delicati, che doveva ai suoi antenati celtici, la grazia con cui si muoveva, nonché le mani perfette, che teneva appoggiate sulla scrivania, parlavano molto eloquentemente della stirpe da cui proveniva.

    – Mi piacerebbe vederlo, signorina, se posso – disse la signora Morgan, pulendosi le mani sul grembiule, in attesa.

    Lydia aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse un grande foglio. La ragazza aveva completato il disegno a matita, e, vedendolo, la signora Morgan rimase a bocca aperta per l’ammirazione. Si trattava di un disegno che raffigurava un uomo mascherato, nell’atto di minacciare un gruppo di persone con una pistola.

    – È meraviglioso, signorina – esclamò la donna, leggermente impressionata. – Immagino che capitino anche cose del genere, non è vero?

    La ragazza rise, mettendo via il disegno.

    – Capitano nelle storie che illustro, signora Morgan – disse la ragazza amaramente. – I veri briganti, nella vita, si presentano sotto le vesti di procuratori legali, che portano con sé mandati di comparizione in tribunale. Comunque, questo lavoro è più gratificante del solito disegnare modelli di abiti. Sapete, signora Morgan, che il solo vedere la vetrina di un negozio di vestiti mi fa venire il mal di stomaco?

    La signora Morgan scosse il capo con comprensione e Lydia cambiò argomento.

    – È venuto qualcuno questo pomeriggio? – chiese.

    – Solo quel giovane della Spadd & Newton – rispose la robusta signora con un sospiro. – Gli ho detto che eravate fuori, ma non sono brava a raccontare le bugie.

    La ragazza fece una smorfia.

    – Mi domando se riuscirò mai a vedere la fine di tutti questi debiti – disse in tono disperato. – Potrei tappezzare tutta la casa con le citazioni che ho nel cassetto, signora Morgan.

    Tre anni prima il padre di Lydia Beale era morto, e la figlia aveva perso con lui il miglior amico e compagno che una ragazza abbia mai avuto. Sapeva che suo padre aveva dei debiti, ma non aveva idea del loro ammontare. Il giorno dopo il funerale aveva incontrato uno dei creditori, il quale si era lasciato sfuggire una grossolana allusione sui vantaggi di una morte che automaticamente cancellava tutti i debiti di George Beale. Bastò quello stimolo perché la ragazza si lanciasse in un’impresa tanto folle quanto generosa. Scrisse a tutte le persone a cui suo padre doveva del denaro, e si assunse la responsabilità di rifondere una somma che ammontava a centinaia di sterline.

    Era stata la sua ascendenza celtica che l’aveva spinta ad accollarsi un fardello che non poteva sostenere da sola, ma non si era mai pentita di quel gesto impulsivo.

    C’erano alcuni creditori che, rendendosi conto di ciò che era successo, non la importunavano, ma altri...

    Guadagnava abbastanza bene, come dipendente del Daily Megaphone, un giornale di moda, ma avrebbe dovuto avere lo stipendio di un ministro per poter soddisfare tutte le richieste di denaro che si riversarono sulla sua scrivania un mese dopo essersi assunta l’impegno di risarcire tutti i creditori.

    – Uscite, questa sera, signorina? – le chiese la signora Morgan.

    Lydia si distolse dai suoi sgradevoli pensieri.

    – Sì, devo fare alcuni schizzi di abiti per la nuova commedia di Curfew. Sarò di ritomo verso mezzanotte.

    La signora Morgan si trovava già a metà della stanza, quando si voltò.

    – Uno di questi giorni risolverete tutti i vostri guai, signorina, vedrete se non ho ragione! Scommetto che sposerete un signore giovane e ricco.

    Lydia, che si era seduta sul tavolo, scoppiò a ridere.

    – Perdereste i vostri soldi, signora Morgan – disse. – Solo nelle storie che io illustro accade che uomini giovani e ricchi sposino delle ragazze povere che lavorano. Se mi sposerò, sarà probabilmente con un giovane povero, che diventerà un invalido incurabile, e avrà bisogno di assistenza per tutta la vita. E io l’odierò così tanto che non potrò mai essere felice con lui, e avrò tanta pietà di lui, che non potrò abbandonarlo.

    La signora Morgan tirò su col naso, in segno di disapprovazione.

    – Ci sono delle cose che capitano... – cominciò.

    – Non a me... non miracoli, in ogni caso – disse Lydia, che stava ancora sorridendo – e non so se voglio sposarmi. Prima devo pagare tutti questi debiti, e quando avrò finito sarò una vecchia dai capelli grigi.

    Lydia aveva finito di bere il tè, e si trovava in piedi in mezzo alla sua stanza, preparandosi per il suo impegno a teatro, quando ritornò la signora Morgan.

    – Ho dimenticato di dirvi, signorina – le comunicò – che oggi sono venuti a cercarvi un signore e una signora.

    – Un signore e una signora? Chi erano?

    – Non lo so, signorina Beale. Stavo riposando, ed è andata ad aprire la ragazza. Le ho dato ordini precisi di dire che eravate fuori.

    – Non hanno detto il loro nome?

    – No, signorina. Hanno solo chiesto se la signorina Beale viveva qui, e se potevano vederla.

    – Uhm! – mugolò Lydia corrugando la fronte. – Mi domando quanti soldi gli dobbiamo...

    La ragazza allontanò quel pensiero, e non tornò più sull’argomento finché, andando a teatro, si fermò a un telefono pubblico, da dove chiamò il suo ufficio per sapere il numero esatto degli schizzi che doveva fare.

    Le rispose il vicedirettore.

    – Oh, a proposito – aggiunse – qualcuno ha cercato di te, oggi, qui in ufficio. Ho trovato un appunto sulla scrivania, quando sono arrivato, questa sera. Si tratta di tuoi vecchi amici, volevano vederti. Brand gli ha detto che questa sera saresti andata all’Erving Theatre, per lavoro, e che vi sareste probabilmente incontrati lì.

    – Chi sono queste persone? – chiese la ragazza, esterrefatta.

    Aveva pochi amici, vecchi o nuovi che fossero.

    – Non ne ho la più pallida idea – fu la risposta.

    A teatro, Lydia non vide nessuno di sua conoscenza, per quanto si guardasse intorno con interesse, e non venne avvicinata da nessuno.

    Nella fila davanti a lei, alla sua destra, si trovavano due persone che la guardarono in maniera strana quando entrò. L’uomo era sui cinquant’anni, di carnagione molto scura, e calvo... la pelle del cranio era quasi color rame, benché lui fosse chiaramente un europeo, dato che quando i suoi occhi si posarono su di lei, scintillando benevolmente dietro un paio di spessi occhiali, Lydia si accorse che erano azzurri, ma di un azzurro così chiaro che, per contrasto con la carnagione scurissima, sembravano quasi trasparenti.

    La ragazza che gli sedeva accanto aveva invece la pelle molto chiara, ed era, secondo Lydia, di una bellezza straordinaria. I suoi capelli erano colore dell’oro puro e il colore era naturale. Lydia se ne intendeva troppo, per sbagliarsi su una cosa del genere. I tratti del viso erano regolari e perfetti. La giovane artista pensò che non aveva mai visto in vita sua una bocca da Cupido più perfetta di quella della giovane che le sedeva davanti. Vi era in lei qualcosa di così genuino e innocente che Lydia ne fu colpita tanto da far fatica a concentrarsi su quello che doveva fare. E sembrava che la sconosciuta fosse quasi altrettanto interessata a lei, poiché per due volte si voltò a guardarla. Si scoprì a chiedersi con interesse di chi si trattasse. La giovane era vestita splendidamente, e aveva al collo una collier di oro bianco e smeraldi.

    Le ci volle un grosso sforzo di concentrazione per tornare con la mente al palcoscenico e al lavoro che doveva svolgere. Con un blocco di carta da schizzi sulle ginocchia, buttò giù i costumi vagamente bizzarri che avevano suscitato un moderato interesse tra il pubblico e per qualche istante si dimenticò della donna che si trovava davanti a lei.

    Uscendo, alla fine dello spettacolo, si avvolse nel soprabito logoro che le copriva le spalle magre, poiché la notte era piuttosto rigida, e il vento portava con sé dei grossi fiocchi di neve che si infilavano anche sotto il porticato antistante il teatro. Le persone più benestanti si diressero subito verso le vetture che li attendevano, mentre avanzava una lunga processione di taxi, accompagnata dal rumore delle portiere che si chiudevano e dagli ordini impartiti ai taxisti. Infine, nella confusione, Lydia distinse alcune parole.

    – Taxi, signorina?

    Lydia scosse il capo. Voleva prendere un autobus per ritornare a Fleet Street, ma ne erano già passati due, carichi di passeggeri, e stava già cominciando a disperare, quando un taxi le si accostò.

    Il guidatore si sporse dal finestrino, e gridò:

    – E qui la signorina Beale?

    La ragazza lo guardò sorpresa, e mosse un passo in direzione della vettura.

    – Sono io – disse.

    – Il vostro principale mi ha mandato a prendervi – spiegò l’uomo brevemente.

    Il direttore del Megaphone si era più volte distinto per il suo comportamento eccentrico. Aveva espresso sui suoi disegni opinioni che la ragazza rabbrividiva a ricordare. L’aveva svegliata nel bel mezzo della notte perché cercasse dei figurini di abiti per un ballo in maschera, ma mai prima di allora aveva compiuto un gesto tanto umano come mandare un taxi a prenderla. Ad ogni modo, Lydia non aveva intenzione di stare a sottilizzare su un regalo così inaspettato, e si infilò nel caldo abitacolo della macchina.

    I finestrini erano appannati da un velo di nevischio misto a pioggia, che aveva continuato a cadere per tutto il tempo durante il quale la ragazza era rimasta dentro il teatro. Lydia vedeva le luci sfocate della città sfrecciare rapidamente, e si rese conto che il taxi stava tenendo un’andatura sostenuta. Dopo un po’, strofinò con la mano il vetro del finestrino e cercò di guardare fuori. Poi tentò di abbassarlo, ma senza successo. Allora si raddrizzò sul sedile e si mise a bussare con rabbia sul vetro che la separava dal conducente, per attirare la sua attenzione. Non c’era alcun dubbio sul fatto che stavano attraversando un ponte, e non era affatto necessario attraversare un ponte per raggiungere Fleet Street.

    Se il conducente la sentì, non Io diede a vedere, anzi, la velocità della macchina aumentò ancora. Lydia picchiò nuovamente sul vetro. Non era spaventata, era arrabbiata. Poi, arrivò anche la paura, quando, cercando di aprire la portiera, scoprì che era bloccata, e che, come potè vedere facendosi luce con un fiammifero, anche i finestrini erano ermeticamente chiusi.

    Non aveva con sé un ombrello, non lo portava mai a teatro, e niente altro che potesse ricordare, come forma, un’arma, a parte una

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