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Bologna giallo e nera
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Bologna giallo e nera

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Delitti efferati, storie di malavita e casi mai risolti
All'ombra dei portici si nasconde un'altra città

Fatti di cronaca, resoconti e storie vere che superano la fantasia dei più raffinati giallisti. Vicende che ripercorrono la geografia di Bologna negli ultimi trenta-quarant’anni. Delitti eclatanti, ma non necessariamente i più noti. Storie minime e quotidiane che raccontano di rancori familiari e di vendette, di amori non corrisposti, di parabole discendenti di malattie mentali, di malavita vecchio stile, ma anche di orrori pedofili e di femminicidi. Come la tragica scomparsa della undicenne Alessandra Sandri, un piccolo corpo martoriato e seviziato mai più ritrovato, o gli strani avvelenamenti del convitto dei frati domenicani. A volte il movente è il denaro, altre volte il potere, talora la follia. Fatti che spesso sfuggono alla razionalità e ci lasciano solo un filo rosso di sangue, dietro a cui si intuisce un intreccio di passioni e umani sentimenti impossibili da cogliere nella loro singolarità. Episodi che riemergono dalle cronache impolverate e vengono riproposti non più con la necessaria distanza del cronista, bensì con un deciso punto di vista: il più possibile vicino alle vittime. Ed è a tutte loro che questo libro rende omaggio.

Bologna la rossa si tinge di giallo

Tra gli episodi criminali contenuti in questo libro:

La scomparsa di Alessandra Sandri: un mistero risolto dopo 35 anni
La donna che visse due volte
Francesca Alinovi, un delitto postmoderno
Il rapimento Fantazzini: la battaglia di una madre coraggio
Sequestro Gazzotti: una liberazione che finisce in tragedia
Il giallo del Tallio
Ossessionato dai rumori, uccide i vicini di casa
Diecimila chilometri per morire
Sui colli l’ombra del mostro delle coppiette
Un femminicidio nella bassa


Serena Bersani
bolognese, giornalista professionista, lavora da oltre vent’anni nella carta stampata, ed è presidente dell’Associazione Stampa dell’Emilia Romagna. Esperta di linguistica, ha pubblicato i libri Professione giornalista e, con Giuseppe Pittàno, L’italiano. Le tecniche del parlare e dello scrivere. Si occupa inoltre di cronaca nera e storia locale. Per la Newton Compton ha pubblicato 101 donne che hanno fatto grande Bologna e Bologna giallo e nera.
LanguageItaliano
Release dateDec 16, 2013
ISBN9788854158122
Bologna giallo e nera

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    Bologna giallo e nera - Serena Bersani

    155

    Della stessa autrice

    101 donne che hanno fatto grande Bologna

    I fatti narrati nel presente saggio fanno riferimento a varie inchieste

    giudiziarie, alcune delle quali sono ancora in corso.

    Tutte le persone coinvolte o citate a vario titolo, anche se condannate

    nei primi gradi di giudizio, sono da ritenersi penalmente innocenti

    fino a sentenza definitiva.

    Prima edizione ebook: luglio 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-582-2

    www.newtoncompton.com

    Serena Bersani

    Bologna giallo e nera

    Delitti efferati, storie di malavita e casi mai risolti.

    All’ombra dei portici si nasconde un’altra città

    logonc

    Newton Compton editori

    Ormai il delitto mi interessa in quanto

    specchio del mondo in cui vivo. Se studio

    gli omicidi, soprattutto se imparerò a

    raccontarli, capirò meglio ciò che intorno al

    crimine si sta muovendo, capirò perché i

    discorsi sul crimine e sulla criminalità sono

    diventati, rilanciati dai media, primari

    nello scenario politico.

    Luigi Bernardi, Macchie di rosso

    Introduzione

    Bologna giallo e nera. Eccola la città dove tanti narratori amano ambientare i propri racconti polizieschi o noir. Quanti personaggi di fantasia popolano la città di torri e nebbie quale esiste nel nostro immaginario di lettori e spettatori. Quanti ispettori, commissari, sergenti, poliziotti, investigatori e investigatrici vivono nella Bologna di parole e immagini creata dai maestri della narrativa e dai professionisti della fiction. Quanti delitti ambientati tra le ombre dei portici e gli squarci assolati delle piazze. Ma quella è letteratura, mentre ciò che vi propone questo libro è umile cronaca, storie vere che a volte gareggiano con la fantasia dei più raffinati giallisti e dei più abili costruttori di intrecci noir.

    Quelli qui raccolti sono venticinque fatti di cronaca: catturano l’apertura del giornale locale per i primi giorni e poi via via scorrono nei titoli bassi, fino a perdersi nelle pagine interne e a scivolare nell’oblio. Attraverso queste storie si ripercorre anche la geografia e la storia sociale della città negli ultimi trenta-quarant’anni. Sono stati scelti delitti eclatanti, ma non necessariamente i più noti. Sono stati messi in primo piano quelli dimenticati e non quelli più volte esaminati in altri libri e trasmissioni televisive. Le omissioni sono dovute al fatto che su quei delitti non è più possibile aggiungere alcunché. Tutto è già stato detto, benché spesso non si sia arrivati alla verità.

    Non si sono inserite tra queste storie le tante – troppe – pagine di terrorismo che hanno macchiato Bologna, a partire dagli anni Settanta con le stragi nere e fino all’omicidio del professor Marco Biagi per mano delle Brigate rosse: sarebbe stato riduttivo e scorretto mescolare delitti maturati in ambito privato con tragedie in qualche modo pubbliche, che colpiscono ognuno di noi insieme alle vittime. Si è tralasciato di parlare anche dei delitti della banda della Uno bianca, che ha tenuto sotto scacco e nel terrore questa città tra gli anni Ottanta e Novanta, perché altri lavori se ne sono occupati e nulla potremmo aggiungere alla verità giudiziaria raggiunta. Qui verranno invece raccontate storie di rancori familiari e di vendette, di amori non corrisposti, di parabole discendenti nella malattia mentale, di malavita vecchia maniera, ma anche di orrori pedofili e di femminicidi (parola nuova con la quale definire vicende antiche). A volte il movente è il denaro, altre volte il potere, talora la follia. In alcuni casi il movente sfugge alla razionalità e ci lascia solo il delitto, dietro a cui si intuisce un intreccio di passioni e umani sentimenti impossibili da cogliere nella loro singolarità.

    Queste storie riemergono dalle cronache un po’ impolverate e vengono riproposte non più con la necessaria distanza del cronista, bensì scegliendo un punto di vista, che è quello quanto più possibile vicino alle vittime. Ed è a tutte loro che questo libro rende omaggio.

    SERENA BERSANI

    Soluzione di un «cold case»

    La scomparsa di Alessandra Sandri:

    un mistero risolto con trentacinque anni

    di ritardo

    L’autobus è pieno alle otto della mattina. Pioviggina. Bologna è sotto un cielo grigio poco primaverile. Un bacio in fretta alla mamma prima di scendere in via Farini, davanti al palazzo della Banca d’Italia. È il 7 aprile 1975. Alessandra Sandri scompare. Per sempre.

    Ha solo undici anni. È una bambina cresciuta in fretta in una periferia urbana come tante. Sotto l’impermeabile azzurro ha il grembiulino nero. Frequenta la prima media. Non in una scuola del quartiere San Ruffillo, dove è nata, ma all’istituto San Domenico, nell’omonima piazza, frequentato dai ragazzi della borghesia cittadina.

    La famiglia di Sandra invece è modesta. Il papà, Nerio, ha quarantatré anni e fa il netturbino. La mamma, Marisa Balduini, stessa età del padre, lavora come stiratrice in una maglieria. La coppia ha anche un altro figlio, Gabriele, di qualche anno più grande della bambina. Vivono in via Carissimi, periferia est della città, una di quelle zone popolari moltiplicatesi nel dopoguerra, file di case anonime dove, all’epoca, abitavano operai e impiegati. Nessuna vetrina, solo botteghe rionali e qualche bar, ritrovo di sfaccendati o bassa manovalanza del crimine.

    Quando Sandra scende dall’autobus, via Farini è molto trafficata. Sotto i portici tanta gente che si affretta verso la scuola o il lavoro. Dalla fermata del 10 al San Domenico ci sono poche centinaia di metri. In quel breve tragitto Alessandra scompare e non verrà mai più ritrovata. L’ultima a vederla alla fermata del bus di via Farini è una compagna di scuola. Guarda l’orologio. È tardi. Le dice di sbrigarsi, perché devono andare. Ma lei esita. Risponde all’amica di andare avanti, che la raggiungerà. La giovane testimone, molti anni più tardi, davanti alle telecamere della trasmissione Chi l’ha visto?, ricorderà che era come se Sandra volesse rimanere sola, come se avesse notato qualcuno. Ma da quel momento nessuno la vede più.

    A casa i genitori l’aspettano inutilmente, le amiche non sanno nulla. Nerio va subito in questura e denuncia la scomparsa. Le indagini della Squadra mobile partono con gli interrogatori di rito, vengono ascoltati amici e conoscenti, soprattutto abitanti di via Carissimi e zone limitrofe. Le ore passano e non si viene a capo di nulla. Tra gli inquirenti comincia a farsi strada, per quanto inverosimile, l’ipotesi che la bambina possa essersi allontanata volontariamente. Ma cinque giorni dopo si verifica un fatto grave, che dovrebbe destare grande allarme e che invece viene inspiegabilmente sottovalutato. La mattina del 12 aprile 1975 si presenta davanti a un funzionario della Mobile un uomo di cinquantuno anni. Si chiama Ignazio Parentela, è il titolare di un negozio di riparazione di elettrodomestici che si trova nello stesso palazzo in cui abita la famiglia Sandri. Consegna alla polizia un nastro magnetico contenuto in un supporto per musicassette, sul quale ha registrato una conversazione avuta con Alessandra un mese prima della sua scomparsa. E, in attesa che venga avviata la riproduzione su un mangianastri, mette a verbale una dichiarazione agghiacciante:

    Da tempo si parlava in giro dei rapporti della ragazza con uomini, tanto che l’estate scorsa mi risulta che il padre della Sandra picchiò certo Franco Mascagni perché si vedeva con la figlia. Il mese scorso, tornando dal centro verso il mio negozio, in via degli Ortolani incrociai un’autovettura Mini con a bordo un giovane e la Sandra. Conoscendo il giovane per soprannome Corea frequentatore del bar Cuomo, dove a volte mi reco anch’io, feci una manovra per seguire l’auto.¹

    Il locale a cui fa riferimento Parentela si trovava a pochi metri dall’abitazione della bambina. Parecchi testimoni, sentiti successivamente, lo ricordano come un bar malfamato. Lo stesso Parentela, sentito nell’ottobre 1975, riferisce: «Al bar Cuomo c’è tutto un giro di ragazzine che frequentano degli uomini, che ho tutta l’impressione le inducono su una cattiva strada»².

    Un altro testimone, rintracciato dalla trasmissione Chi l’ha visto? nell’aprile 1998, dichiarerà che il bar Cuomo, ormai chiuso da molti anni, era frequentato da gente poco raccomandabile, in quel locale girava droga, refurtiva, e ogni tanto arrivava la polizia.

    Il racconto di Parentela agli inquirenti sull’avvistamento di Sandra con Corea prosegue:

    In via Gigli l’auto si fermò e ne scese solo la ragazza, mentre il giovane la seguì. Attraversata la strada, notai che la ragazza con delle chiavi stava aprendo un portone. La ragazza non sembrava neanche normale. Le chiesi come si trovava in quel posto. Mi rispose piangendo che il giovane che era con lei in macchina le aveva dato le chiavi e voleva che andasse in casa sua. Mi riferì che tempo addietro era già stata in detta abitazione col Corea perché questi la minacciava e aveva paura. Intendevo accompagnarla da suo padre che so lavora poco distante da quel posto, poi pensai di farla andare a casa e ne avremmo parlato successivamente. Dopo tre o quattro giorni da quanto si era verificato, le telefonai per dirle di venire giù in negozio e dirmi quanto aveva promesso. Prima che la Sandra arrivasse avevo preparato un nastro su un registratore per incidere quanto lei raccontava e consegnarlo poi come anonimo alla polizia. Dopo poco la ragazza scese ed entrata in negozio mi raccontò di avere avuto rapporti carnali completi con Franco Mascagni diverse volte e una volta col Corea, questo in breve il contenuto della registrazione. Oltre di lei il Franco aveva avuto rapporti completi con una sua amica, certa… (omissis, n.d.a.), credo presso a poco della sua stessa età.³

    Durante questa conversazione Parentela si fa consegnare le chiavi dell’abitazione di Corea – il cui vero nome è Giorgio Fragili, all’epoca trentatré anni, commerciante – che Sandra ha ancora con sé. L’uomo le conserverà per un mese e le consegnerà alla polizia insieme al nastro registrato soltanto quando, a seguito delle indagini sul caso, verrà sentito in questura come testimone. Ma è troppo tardi. Sono trascorsi cinque giorni dalla scomparsa di Sandra.

    Il nastro viene fatto ascoltare al papà Nerio. Al pover’uomo crolla il mondo addosso. Riconosce la voce della sua bambina e subito sporge querela «per tutti i responsabili e per tutti i reati ravvisabili»⁴.

    Ma chi è Franco Mascagni, uno dei due uomini nominati da Alessandra? È un ventinovenne, ufficialmente operaio, in realtà uno sbandato da bar di periferia. Anche lui ha un soprannome, Cavallo, una vita d’espedienti e mai un soldo in tasca. Tira a campare dopo essere stato buttato fuori di casa dalla moglie.

    Chi l’ha conosciuto racconta che si adattava a dormire nelle cantine dei palazzi, per strada sulle panchine o in qualche rifugio di fortuna, come un casolare abbandonato lungo il Savena – che scorre a due passi da via Carissimi – dove avrebbe portato le sue giovani prede. Nel 1984, a nove anni dalla scomparsa di Alessandra Sandri, verrà condannato insieme a Giorgio Fragili a tre anni di carcere ma solo per gli abusi sessuali sulla piccola, il reato che nel vecchio codice penale si chiamava «atti di libidine violenta», aggravato dall’essere stato commesso su di una minore di quattordici anni. La sentenza, in cui si precisa che non erano emersi elementi in grado di collegare le violenze su Sandra con la sua scomparsa, passa in giudicato l’anno successivo. Per quel reato Mascagni e Fragili non sconteranno un solo giorno di prigione perché è subentrato un condono. E dire che Franco Mascagni aveva già dato prova di non essere uno stinco di santo. Nel 1979 era finito nel carcere della Dozza insieme a una ragazza di trentun anni con l’accusa di essersi iniettato eroina e avere avuto rapporti sessuali davanti alle figlie di lei, di undici e dodici anni. La madre snaturata di San Ruffillo, definiscono la donna le cronache dell’epoca⁵. Epoca che ha visto un’intera generazione spazzata via dall’uso di stupefacenti. In quello stesso 1979, il 26 febbraio, succede un altro fatto, che potrebbe avere un collegamento con quello di Alessandra Sandri. Sparisce un uomo, un frequentatore del solito bar Cuomo di via Carissimi. Si chiama Remo Soravia Gnocco, ha trent’anni e fa l’imbianchino. Trovano la sua giacca con i documenti sulla spalletta di un ponte sul Savena, che in quei giorni è in piena. Le indagini verranno archiviate frettolosamente come suicidio. Ma nel 2013, a sorpresa, si riapre l’inchiesta proprio su quel lontano episodio. Una lettera anonima collega la scomparsa di Alessandra Sandri a quella di Remo. L’uomo conosceva i molestatori della bambina e forse sapeva anche che fine avesse fatto. Qualche tempo prima della sua scomparsa, lo avevano visto litigare con Mascagni proprio davanti al bar. Al culmine della discussione Remo era sbottato: «So bene come sono andate le cose con la Sandri. So tutto e prima o poi lo dirò a chi di dovere». L’ipotesi su cui ora sta lavorando la polizia è che Remo sia sparito perché sapeva troppo e che sia stato inscenato il suicidio. Il suo corpo non è mai stato trovato⁶.

    Ma torniamo alla primavera del 1975. Il 14 aprile vengono ascoltate in questura due amiche di Sandra: la ragazzina già citata da Parentela e un’ex compagna di scuola. La prima, che abita nella zona, dichiara con quale agghiacciante ingenuità le bambine si facessero circuire dalle assurde promesse di Cavallo fin da quando avevano dieci anni:

    Lo scorso anno un certo Mascagni Franco, separato dalla moglie da poco tempo, e con due bambini, prese a fare la corte a me e ad Alessandra contemporaneamente. Il medesimo oltre a telefonarci, ci seguiva per strada, e qualche volta si è fermato a parlare con noi, ma separatamente. Le promesse erano le stesse per entrambe, cioè diceva di voler divorziare dalla moglie e sposarci, che ci voleva bene ecc. I nostri genitori si accorsero della presenza del Mascagni, in quanto era sempre sotto casa e guardava le nostre finestre, e presentarono, nel decorso mese di ottobre, un esposto a suo carico ai carabinieri di San Ruffillo, e da allora, tranne che qualche altra volta, non è più venuto, anche perché lo stesso è stato picchiato sia da mio padre che dal padre della Sandra, affinché non venisse più a molestarci.

    L’altra bambina racconta alla polizia:

    La Sandra era solita parlarmi dei suoi corteggiatori, tra i quali oltre ai ragazzi di circa diciotto-vent’anni di età, erano diversi uomini sposati. Tra gli stessi mi parlava spesso di un certo Franco, sposato e in attesa di divorzio. Prima dello scorso Natale ricordo che un giorno mentre percorrevamo insieme la strada per andare a casa, è passata una Volkswagen di colore rosso con a bordo un uomo che la Sandra conosceva bene e mi disse che si chiamava Giorgio. Successivamente ho notato che la macchina di cui sopra con Giorgio a bordo era spesso sotto casa della Sandra, quasi tutti i giorni e questo fino a una settimana fa.

    Un quadro che si delinea sempre più inquietante. E come si giustificano i due uomini? Franco Mascagni, sentito dagli inquirenti pochi giorni dopo la scomparsa di Sandra, ammette di essersi incontrato diverse volte con la ragazzina, alla quale avrebbe attribuito tredici o quattordici anni, di averla condotta lungo il fiume poco distante scambiando con lei solo qualche bacio. Ma dopo la denuncia sporta da Nerio Sandri, che ha udito in questura la registrazione fatta dal negoziante di elettrodomestici, Mascagni ammette di avere avuto rapporti sessuali con la vittima e anche con la sua amichetta. Aggiunge inoltre di aver avuto la sensazione che Sandra frequentasse altri adulti che si ritrovavano nel famigerato bar. E punta il dito a sua volta contro il proprio accusatore: «Tempo addietro la Sandra mi disse che Enzo l’elettricista le aveva fissato un appuntamento alla Ponticella di San Lazzaro al quale non era andata. Mi riferì inoltre che tutte le volte che Enzo, il quale ha un negozio di fianco al bar Cuomo, si recava a lavorare guardava sempre verso le sue finestre»⁹. L’Enzo di cui parla Mascagni sarebbe proprio Parentela, così come è conosciuto nel quartiere. Mascagni tenta poi di giustificare il proprio comportamento. Il funzionario di polizia mette a verbale la seguente dichiarazione: «La Sandra mi aveva detto di avere circa tredici anni, ciò nonostante io ho avuto il rapporto intimo sopra riferito in quanto la Sandra mi ha provocato. La ragazza infatti sembrava sotto tutti gli aspetti più matura degli anni che aveva»¹⁰.

    Ma Cavallo ha un alibi. Il giorno della scomparsa di Sandra sostiene di essere rimasto per tutto il tempo al lavoro – perché in quel momento ne aveva uno – e poi di essere andato a cena dalla sorella. La polizia l’11 aprile ispeziona la stanzetta di un piccolo appartamento che si trova nello stesso edificio dell’azienda in cui l’uomo lavora e, talvolta, dorme. Ma della bambina non c’è traccia.

    Anche Corea viene sentito in quegli stessi giorni dal magistrato che conduce le indagini e pure lui racconta che era stata la bambina a tentare approcci nei suoi confronti. Dell’episodio delle chiavi riportato da Parentela fornisce una sua versione. Quel giorno avrebbe dato un passaggio a Sandra dopo averla vista a una fermata d’autobus.

    Durante il tragitto la ragazza cominciò a frugare nel mio bauletto dove tenevo i nastri del registratore, i documenti dell’auto e le chiavi di casa. Giunti in via degli Orti la ragazza scese; non vidi nessuno che l’attendesse, mi diressi quindi verso il centro e intorno a mezzogiorno e mezzo mi accorsi che mi mancavano le chiavi. Sul momento pensai di averle perse, ma dopo qualche giorno un signore da me sconosciuto ma che so facesse l’elettricista mi disse che il padre della Sandra aveva trovato in possesso della figlia le mie chiavi di casa. Io gli raccontai quanto ho ora riferito e quel signore mi disse che avrebbe provveduto ad aggiustare le cose riferendo al padre della ragazza.¹¹

    Ce n’è abbastanza per avere il quadro di quel romanzo criminale alla bolognese che si muove a metà degli anni Settanta intorno al bar di via Carissimi. Corea, Cavallo, il Rospo, Pistolino: sono i soprannomi di alcuni dei personaggi che gravitano in quella manciata di strade tra la ferrovia e il Savena, a San Ruffillo. Dentro il bar dalle vetrine fumose, o sedute ai tavolini all’esterno, ci sono persone di ogni genere: operai, ladri, prostitute, ruffiani, contrabbandieri, ma anche poliziotti e finanzieri. Un porto di mare attorno a cui ruota la vita del quartiere e in cui gli avventori si scambiano informazioni su traffici, affari e malaffari, donne da circuire. In quel bar l’imbianchino Giorgio Fragili, detto Corea, e il titolare del negozio di elettrodomestici con la passione per le radio da modificare Ignazio Parentela passerebbero lunghi pomeriggi giocando insieme a carte.

    In quel bar bazzicherebbe anche il Rospo, uno che avrebbe affiancato allo sfruttamento della prostituzione la più lucrosa attività di spacciatore di cocaina.

    Su questo microcosmo inquietante – popolato da guardie e ladri, quelli che la notte vanno a fare i buchi nelle gioiellerie e quelli che si alzano presto la mattina per prendere servizio in caserma – si affacciano le finestre di Alessandra Sandri.

    Dunque, almeno un mese prima della scomparsa di Alessandra diverse persone erano al corrente dei gravi abusi subìti dalla bambina. Ma nessuno fece nulla per fermarli.

    Lo raccontano gli atti impolverati di quella vecchia inchiesta degli anni Ottanta, che portò alla condanna di Franco Mascagni e di Giorgio Fragili per atti di libidine. E non si può escludere, da quanto riportano, che il giro di pedofili comprendesse altre persone e che il nastro magnetico fosse stato realizzato a fini ricattatori.

    Ignazio Parentela, il titolare del negozio di elettrodomestici autore della registrazione, riferì alla polizia:

    Mentre parlavo con la Sandra e registravo, entrò nel negozio un certo P. (omissis, n.d.a.), dipendente dell’azienda tranviaria. Questi doveva comprare un televisore nuovo, sottovoce gli dissi di tornare più tardi perché stavo facendo

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