Nel buio dei conflitti armati
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Dalle mine nascoste nei giocattoli dei bambini, agli ordigni fatti esplodere nei mercati, come in quello di Sarajevo, che ho visto prima della firma dell’Accordo di Dayton, dell’ottobre del 1995, e ove ho imparato, seppur per un breve periodo, a convivere nella quotidianità della guerra, attraversando giornalmente la strada della morte: la “sniper avenue”; alla realizzazione di campi, ove le donne venivano sistematicamente stuprate, mutilate, torturate e violentate…
Tutto ciò, nell’intento genocidario di annientare una etnia e cambiare la demografia del territorio. Se è vero che la guerra ha accompagnato la storia dell’umanità, vi è un’altra costante, fra le tante, che ha caratterizzato i conflitti nel corso dei millenni: i crimini di natura sessuale.
Partendo da questo importante spunto, analizzato le testo “arma di guerra”, l’autore, oggi, in quest'ultimo lavoro delinea il difficile cammino su tale tipologia di crimine, diventando nei conflitti odierni vera e propria strategia militare. Con l’intento di rivolgersi all’opinione pubblica, il testo, nella sua essenzialità, svolge un preciso excursus storico sulla costante di tali delitti, spesso pianificati nei conflitti di ogni tempo, nonché sul susseguirsi delle norme del Diritto Internazionale e Diritto Internazionale Umanitario.
Lo stupro, inteso sia come bottino di guerra o come strategia e tattica di un’operazione militare, è uno dei crimini più aberranti che possano essere attuati e censiti in una società civile. Le condanne dei tribunali penali internazionali della Ex Jugoslavia o del Ruanda risultano essere, oggi, pietre miliari nella tutela dei diritti umani delle donne. Le sentenze emesse fanno sì che i crimini di natura sessuale commessi durante una guerra, possono essere perseguiti e non vi è più quella sorta di virtuale impunità, di cui erano convinti i soldati, miliziani e truppe paramilitari, che si sono fronteggiati nei Balcani. Per la prima volta, gli atti di violenza sessuale vengono perseguiti come elementi costitutivi della campagna di genocidio e lo stupro è posto allo stesso livello di altri crimini contro l'umanità.
Oggi i Tribunali Internazionali possono giudicare sulla base di norme codificate che consentono di superare l’ostacolo dell’irretroattività giuridica del Tribunale stesso, rispetto all’arco temporale dei crimini attuati; ostacolo che ha consentito, nel passato, a tanti criminali, come alle menti politiche di vari Governi, di restare drasticamente impuniti. In tale ottica, la sentenza “post mortem” dell’imperatore Hiroito per i delitti contro l’umanità perpetrati dalle truppe nipponiche nel corso della Grande Guerra.
Occorrerà, ovviamente, che l’opinione pubblica internazionale non abbassi l’attenzione su tali delitti affinché questi non diventino una costante dei conflitti armati moderni.
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Nel buio dei conflitti armati - Antonio Morrone
Antonio Morrone
Nel buio dei conflitti armati
I crimini di natura sessuale
UUID: 30f97825-185d-4c2b-b296-1513a78bb55e
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Indice dei contenuti
INTRODUZIONE
I CAPITOLO
1. L’aggressione sessuale da atto individuale a strategia sistematica: elementi caratterizzanti.
2. L’impatto sulle vittime, le società e le popolazioni
3. Genesi di un metodo sistematico: dalle Comfort Women del Sol Levante ai campi di detenzione e stupro di massa
4. Il genocidio: come cambiare la demografia di un territorio attraverso pulizia etnica, sterilizzazioni e gravidanze forzate.
5. Casi nel mondo
5.1 Caucaso e crisi Ucraina
5.2 Repubblica Democratica del Congo e Sudan
5.3. Siria ed Iraq
II CAPITOLO
1. Le consuetudini belliche e la difesa delle prede di guerra
2. La protezione della donna e dei minori nelle principali Convenzioni internazionali
3. Lo stupro di massa come crimine di guerra e genocidio nello Statuto della Corte Penale Internazionale.
III CAPITOLO
1. I tribunali di Norimberga e Tokyo
2. Processi e le condanne per stupri di massa del Tribunale Internazionale per la ex-Jugoslavia
Giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per la Ex-Jugoslavia
3. Lo stupro di massa come elemento del crimine di Genocidio
Unità di riconciliazione in Rwanda
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
……a Federica e Lorenzo con l’augurio di
una splendida e brillante vita!
La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini geografici, cultura o ricchezza. Fintanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace.
(Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite)
INTRODUZIONE
Kigali, febbraio 1995.
Le luci delle lampade scialitiche nella sala operatoria dell’ospedale erano forse l’unico indizio della frenetica attività, che lo staff medico svolgeva intorno alla giovane J., di 17 anni, semiseduta sulla sedia gestatoria ed in travaglio ormai da più di due ore. Finalmente, dopo un ultimo sforzo, tra le braccia dell’ostetrica nasceva sua figlia. Ma nessuna gioia pervadeva J., nessun interesse e nessuna emozione potevano scuoterla dal muto torpore che sembrava averla annichilita e che non era frutto solo degli sforzi del parto.
J., come innumerevoli donne che avevano vissuto la prigionia e le violenze dei pochi mesi del massacro ruandese [1], sapeva già che non avrebbe potuto né prendersi cura di quella bambina, frutto di quella violenza, né riuscire a reinserirsi nella sua stessa comunità, che l’avrebbe sempre additata con lo stigma dell’odio razziale verso quella figlia, nata dal sopruso e dalla volontà genocidaria di quei giorni. L’etnia nemica non doveva solo essere terrorizzata ed indotta a fuggire, non bastava sradicarla uccidendone i membri, bisognava anche inquinarne
l’omogeneità razziale con stupri e gravidanze forzate.
Il verificarsi di violenze contro la popolazione civile ed in particolare di carattere sessuale nei confronti delle donne soggette all’arbitrio di forze occupanti, durante i conflitti armati, è una costante che ha sempre caratterizzato ogni epoca storica. Lo scopo di questo elaborato non è quello di ripercorrere semplicemente una lunga teoria di abusi perpetrati e di evidenziarne il quadro storico e giuridico di riferimento, ma piuttosto quello di analizzare una particolare evoluzione che il crimine di stupro e, nello specifico, quello dello stupro di guerra, ha finito per avere, passando dalla dimensione dell’atto individuale o, al massimo, di pratica collettiva più o meno incoraggiata o tollerata, alla dimensione ancora più grave ed aberrante di metodo di guerra
, concepito dunque come vera e propria strategia e, come tale, perpetrata con metodologie sistematiche e caratteristiche peculiari.
Il punto di partenza di questa indagine sarà dunque quello della definizione e della ricerca delle caratteristiche peculiari di questa pratica sistematica che, come si evincerà dal quadro giuridico in cui esso è da sempre stato inquadrato, è passata dallo status di prassi deprecabile e moralmente stigmatizzabile, in nome di principi etici e religiosi fissati in una radicata memoria collettiva, per giungere ad assumere la connotazione di vero e proprio crimine di guerra
, fino a trovare, in tempi più recenti, una propria autonoma definizione come crimine di genere
e ad arricchire il proprio quadro criminologico di tutte quelle aggravanti derivate dalla volontà di pulizia etnica
attuata, tramite il terrore ed i trasferimenti forzati, e finalizzata all’omogeneizzazione culturale, religiosa e/o etnica di un territorio, quando non si giunga addirittura ad una volontà palesemente genocidaria.
Esaminata la natura dello stupro di guerra come strategia di conduzione di un conflitto e, dopo aver presentato alcuni cenni relativi ai teatri operativi ove attualmente si svolgono conflitti a bassa o ad elevata intensità, con tutte le difficoltà e gli interrogativi ancora in sospeso, derivanti dall’impossibilità di avere un quadro completo di tali situazioni, la seconda parte di questo testo ci condurrà ad un’analisi delle garanzie che il diritto ha saputo canonizzare nei suoi principali Trattati e Convenzioni Internazionali, per quanto riguarda la protezione delle donne e dei minori; questi ultimi soggetti parimenti a rischio nelle situazioni di violenza generalizzata.
Si vedrà come, spesso, tali garanzie hanno trovato difficoltà ad affermarsi e concretizzarsi in un diritto cogente, capace di punire il reato di violenza sessuale, vanificando in tal modo anche la valenza di deterrente che tale forte affermazione del diritto avrebbe costituito in altre circostanze successive [2].
La deriva che i reati sessuali hanno seguito proprio nell’ultimo trentennio, che ha portato sempre più a far divenire lo stupro di massa un sistematico mezzo di annientamento del gruppo nemico, è frutto senz’altro della natura fortemente etnica, a volte religiosa e tal altra razziale, che ha caratterizzato (o meglio, si è voluto far caratterizzare) i conflitti più recenti. Le reali ragioni politiche ed economiche di essi hanno trovato facile copertura sotto il manto degli odi e dei rancori, a volte creati e rinfocolati ad arte, e facilissima presa sulle masse coinvolte. Per tale motivo gli episodi di stupri di massa finalizzati alla pulizia etnica, così come le sterilizzazioni collettive o, al contrario, le gravidanze forzate sono divenute una realtà sempre più frequenti, tanto che il diritto preesistente si è trovato a inquadrarli come reato caratteristico e peculiare, dovendo, peraltro, affiancare all’azione in difesa dei soggetti vittime delle violenze anche la dimostrazione dell’intento genocidario, affinché, a carico dei responsabili, potesse essere utilizzato ogni mezzo giuridico punitivo.
A tal proposito, si farà menzione del crimine di stupro di guerra così come configurato nello Statuto della Corte Penale Internazionale, inteso come punta più avanzata della frontiera dell’elaborazione del diritto, e si condurrà una disamina di quali siano stati gli orientamenti e l’evoluzione della giustizia internazionale nel perseguire questo genere di crimine. Dalle incertezze dei Tribunali Internazionali del secondo dopoguerra si passerà alla giurisprudenza, senz’altro innovativa e sintomatica di una volontà ben precisa di voler perseguire i crimini di natura sessuale su larga scala, dei Tribunali ad hoc per la ex Yugoslavia ed il Ruanda, fino alle più recenti pronunce della Corte Penale Internazionale.
La materia e la giurisprudenza in merito allo stupro di guerra è in continua evoluzione: diverse sono le nuove sfide che i tribunali internazionali si trovano ad affrontare. Bisogna infatti considerare che mentre, da una parte, la casistica si arricchisce di nuovi episodi che, pur nel variare dei contesti geografici e culturali, ripresenta continuamente lo stesso panorama di orrori, efferatezze e conseguenze devastanti sulle singole vittime, così come sui contesti sociali, che ne risultano spesso irreparabilmente destrutturati e compromessi; d’altra parte altri generi di violenze, in ogni caso sempre esistite, ma che solo recentemente vengono poste all’attenzione dell’opinione pubblica e della giurisprudenza, rappresentano ulteriori emergenze e nuove frontiere del diritto [3].
La violenza sessuale condotta nei confronti di uomini molto giovani, spesso considerata un mero caso episodico e quasi mai denunciata a causa di atteggiamenti reticenti, più radicati rispetto a quella subita delle donne, o peggio le violenze verso i minori ed i casi di schiavitù sessuale, cui sono sottoposti migliaia di bambini e bambine nel mondo, anche fuori dai contesti armati, sono ormai un’emergenza mondiale che sale spesso anche alla ribalta delle cronache. Nell’ottica del nostro studio, mirato alla violenza sessuale come metodo di guerra, quest’ultimo aspetto diviene ugualmente prioritario, allorché la schiavitù sessuale si intreccia con il diffuso problema dei " bambini soldato" [4], che in molte aree geografiche vengono reclutati a forza nelle fila di milizie e frange combattenti.
Il rapimento, la riduzione in schiavitù, l’utilizzo di stupefacenti e gli indottrinamenti forzati, cui vengono sottoposti i minori reclutati a forza in queste formazioni, non sono altro che il completamento delle violenze sessuali che vengono perpetrate sistematicamente e su larga scala. Le battute di caccia
che le milizie effettuano, rastrellando villaggi e frazioni rurali, hanno ovunque lo stesso carattere di sistematicità che si riscontra nelle pratiche terroristiche utilizzate nella ex Yugoslavia [5] e nel Ruanda [6], poiché parimenti esse distruggono alla radice le strutture sociali e creano un danno psicologico alle vittime, spesso irreversibile, proprio perché perpetrato su individui che, per la loro tenera età, sono privi di qualsiasi strategia di copying [7] o altro strumento psicologico di superamento del trauma.
La giustizia internazionale, attraverso l’azione condotta dalla Corte Penale Internazionale [8] nei procedimenti riguardanti la Sierra Leone o il Darfour, sta ponendo i presupposti per un sistematico perseguimento anche di questo aspetto criminologico dello stupro di guerra
.
L’intento di questo elaborato, senza pretesa di esaustività, proprio in virtù anche degli sviluppi sempre più interessanti con i quali la giurisprudenza internazionale sta contribuendo ad affermare una cultura di rispetto del diritto, è dunque quello di fornire un’immagine il più possibile completa dello " stato dell’arte" sia, sugli aspetti peculiari della tipologia criminosa dello stupro, inteso come strategia di guerra, che sulle concrete possibilità di perseguimento degli individui che di tale crimine si sono macchiati.
[1] Dal sito: www.emergency.it . Siamo entrati nell'ospedale abbandonato di Kigali, Ruanda, abbiamo riaperto il reparto di ostetricia, dove 2.500 donne hanno ricevuto assistenza e fatto nascere i loro bambini
[2] La base fondamentale del diritto umanitario è attualmente costituita dalla prima Convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864 (data di nascita del Diritto Internazionale Umanitario), dalle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai successivi due Protocolli aggiuntivi del 1977. A questi documenti vanno aggiunti molti altri, quali la Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954, in materia di protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, la Convenzione di Ottawa del 1997 sull'eliminazione delle mine anti-persona, le Convenzioni in materia di divieto di uso di armi indiscriminate e di modifica ambientale.
[3] Dal sito: www.studiperlapace.it : a garantire il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo in situazione di conflitto armato interno sono posti l'art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949,