Il mercato dell'arte
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Nel corso dei secoli si è tuttavia sempre più affermata ritagliandosi una fetta di spazio tra le arti e in ambito sociale e culturale. Se dapprima l’arte si limitava infatti ad avere luogo tra l’artista ed il committente, man mano si è andata affermando in svariati contesti, creando un vero e proprio sistema dell’arte ben organizzato e strutturato.
E se è vero che esiste un sistema dell’arte, è altresì vero che intorno ad esso è sempre più presente un mercato dell’arte, sempre più ricco di figure e caratteristiche specifiche.
Con l’avvento della civiltà industriale, infatti, il sistema dell’arte è andato assumendo, per quanto riguarda la sua organizzazione, una progressiva ed inesorabile specializzazione, conseguente anche alla divisione del lavoro. Da qui l’emergere di un’attività specializzata come quella della critica d’arte, ed anche l’affermarsi di una distribuzione dell’opera non più affidata al rapporto diretto tra produttore e consumatore. Nasce qui il mercato moderno dell’arte.
Qui scaturisce in maniera automatica una riflessione sull’attuale mercato dell’arte moderna e contemporanea che può prendere le mosse dalla considerazione del rapporto tra storia dell’arte e storia del mercato dell’arte, che è considerevolmente mutato soprattutto negli ultimi dieci anni. Tradizionalmente i due ambiti hanno sempre avuto andamenti paralleli, pur presentando talvolta punti di tangenza.
All’interno di questo sistema è chiaro come investire in opere d’arte rappresenta da tempo una tendenza “avant-garde” e continua ad essere una delle forme di investimento preferita da chi va a caccia di rendimenti, nonostante le difficoltà di un mondo complicato come quello dell’arte.
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Il mercato dell'arte - Carmelo Lombardo
Carmelo Lombardo
Il mercato dell'arte
Introduzione
Come riuscire, nei settori in cui operiamo, a non limitare l’incontro con le opere a una conoscenza storica, formale, di tecniche e strumenti?
Come proporre un incontro vivo, vivificante e personale con l’universo artistico?
Come favorire un contatto con l’opera che sia portatore di un intimo cambiamento per chi la osserva?
IL METODO IMMAGINALE
Il metodo simbolo-immaginale è probabilmente quello più antico mai conosciuto: L’attitudine che ci spinge a cogliere espressioni della vita e dell’Anima e tramutarle in immagini è sempre parte dell’uomo. Quella che oggi definiamo pedagogia immaginale è un metodo di ricerca ed educativo che trova in nomi quali Henry Corbin, Gaston Bachelard James Hillman, Carl Gustav Jung e Gilbert Durand i suoi predecessori.
Il padre della pedagogia immaginale è Paolo Mottana¹, filosofo dell’educazione, che lavora ormai dal 200 insieme al suo gruppo di ricerca dell’Università di Milano Bicocca, per permettere la diffusione di tale modello di studio e conoscenza.
Nel pratico si basa sull’idea che il mondo a cui ci accostiamo, rappresentato dal mondo immaginale, nelle vesti dell’oggetto prescelto, sia un «cosmo unitario» in cui bisogna immedesimarsi ed entrare in maniera ermeneutica e totale.
Questa operazione richiede un’epoché metodologica che venga posta e intesa come sospensione dell’io in vista di un ascolto totale nei confronti dell’opera.
Questa sospensione del flusso del proprio io, che porta all’annullamento dei rimandi dati dal proprio vissuto e dalle proprie esperienze, va inteso come atto di fedeltà in cui con attenta devozione ci si concede all’opera per comprenderla sulla sua espressività più intima.
Fedeltà all’immagine significa motivazione a percorrerla con rispetto, nel senso etimologico del riguardo, esaminare visivamente e riguardare, instancabilmente, tornare sulle prime viste per verificarle, approfondirle, decostruirle, in uno sforzo ricorsivo che cerca il volto dell’oggetto, la sua intenzionalità significante, la sua imponderabile rivelazione.
La tendenza a lavorare è quindi un’immersione progressiva, alla quale l’accesso sembra essere regolato proprio abbandonando la modalità frontale
dello sguardo puro
di coloro che riportano i dati al sistema degli assi della conoscenza cartesiana.
Ogni opera ha il suo margine più o meno visibile di mistero e impenetrabilità, ha il suo codice e soprattutto la sua intenzionalità, che dovrebbe essere accettata e che presuppone la massima attivazione della disposizione ricettiva, nel senso della prontezza a ricevere l’altra che si manifesta come presenza. Questa impenetrabilità è spesso strettamente correlata al percorso, alla posizione che la mente assume prima del lavoro. Una posizione frontale, troppo orientata per risolvere i dilemmi, alla ricerca di interpretazioni rigide, spesso riduttive e schematiche, una posizione riluttante a commettere errori, e soprattutto non tollerante la lenta maturazione, che è mediata da minori aspettative, pazienza e accettazione, l’inesplicabile risulta insufficiente. Abbiamo bisogno di una soluzione calma e paziente di noi stessi all’oggetto in esame, di una completa disposizione ad accettare l’intenzionalità soggettiva dell’opera, in modo da poter trovare una posizione dalla quale rivela il suo potenziale simbolico e trasmutazionale. Con questo si intende la determinazione ad abolire l’espressione (anche interna, se possibile) di giudizi di valore in relazione a un’opera. Ci riferiamo a un atto elementare di approvazione o disapprovazione, principalmente associato a movimenti emotivi diretti o all’accettazione meccanica di modelli di valutazione predeterminati. Ciascuno di questi commenti cambia irreversibilmente ed evoca la dinamica, che invece di aprirsi in presenza di un oggetto, lo perde, sostituendolo di nuovo con l’egocentrismo. Il lavoro di ricerca e l’immersione nel campo dell’immaginazione devono rimanere un’opera di umile sottomissione alla intenzionalità dell’opera e richiede un’apertura incondizionata alla sua espressione simbolica, che ogni giudizio mette immediatamente a repentaglio e riduce. L’atto di contemplazione e immaginazione dell’immaginazione richiede in qualche modo una profonda fiducia nell’immagine e una disposizione pia, ma anche estremamente interessante, incessantemente incentrata sulla ricerca.
1. VISIONE
Avvicinandoti all’oggetto devi attraversare alcune fasi, che sono i principi dinamici dell’immaginazione. Queste fasi ripetono in una certa misura e ricreano la sequenza dell’immaginazione dell’artista, riguadagnando così, secondo il metodo etimologico riflessivo, la struttura procedurale. Il primo passo, come l’artista che affronta dati grezzi, dati reali, è la visione
. La visione stessa è un lavoro paziente di distogliere gli occhi in modo da massimizzare la tua sensibilità; è un po’ tornare alle cose. La visione vede perché lo spettatore si spoglia, si dissolve come oggetto di giudizio, si apre alla visione disponibile sull’ambivalenza delle immagini; sta abbandonando lo sguardo al lavoro: diventa solo uno sguardo, diventa cosa. E deve essere un esercizio abbastanza lento, mirato, ripetuto, perché in questa fase abbiamo a che fare con la difficoltà di superare le abitudini, gli ostacoli alla vista, i punti ciechi. Devi affondare, lasciar andare, l’atmosfera deve essere protetta, tutto deve convergere nel portare l’oggetto alla concentrazione: luogo, temperatura, luminosità, rumore. Ogni elemento esterno può variare, favorire o ostacolare questo momento così unico, intimo e prezioso di discesa nel mondo immaginario e per questo deve essere attentamente supervisionato da coloro che organizzano l’esercizio.
2. MEDITAZIONE
La vista appare nella fase di meditazione. La meditazione è principalmente un’operazione di impasto, macinatura, fluidificazione e concrezioni ripetute, persistenti, alternate. E questo accade tranquillamente nell’argomento. Richiede concentrazione e rilassamento, non richiede tanta struttura cognitiva quanto la piena integrazione degli organi. L’immagine entra in contatto con le fibre del soggetto, i suoi processi di vita, circola, scende, penetra profondamente ed è necessario incoraggiare questa discesa, scendere con essa, consentendole di allargarsi, entrare in simbiosi. La meditazione in questa fase non è ancora piena conoscenza. Questo è il principio della cognizione, è un riconoscimento preliminare, elaborazione lenta dell’immagine nella cavità oscura del soggetto. In seguito, la meditazione inizia a separare una o più configurazioni: uno schizzo di nomi, segni, descrizioni, i primi nuclei interpretativi. La meditazione richiede tempo adeguato ma non eccessivo.
3. CIRCOLAZIONE
In una certa misura, approfondendo, la visione contemplativa discendente
inizia a mostrare alcune timide emergenze. La scrittura dovrebbe prestare attenzione a queste visioni iniziali. Quindi, si entra nella fase di circolazione
. In esso, il primo segmento della spiegazione può fluttuare. Ma soprattutto, si scambiano e coltivano analogie, metafore e associazioni attraverso precisi movimenti circolari. I problemi visivi sono entrati nell’oscurità del corpo, della respirazione animale ed emotiva e ora vibrano con più riflessi mentali, e sono emerse idee, intuizioni e personaggi. Ogni tipo di censura è lontano da qualsiasi censura e posizionamento eccessivo, ma fornisce comunque gli elementi di riflessione nello stato originale, originale e di blocco senza avvicinarsi troppo a loro. Questa operazione è anche lenta e graduale e richiede che il paziente ascolti.
4. RESTITUZIONE
Alla fine, il flusso di spiegazioni e metafore si attenuò e apparvero un profondo aggiornamento e una visione profonda degli oggetti. Questa è una visione complessa, iridescente, generata. L’oggetto sembra essere avvolto in una rete di significati e nuove immagini, e queste immagini e nuove immagini sono state generate in circolazione e richiedono restituzione
. Il ritorno è in realtà un nuovo calo della specificità promossa dalla visione tipica. La prima sostanza (visione