I ragazzi della via Boeri
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Book preview
I ragazzi della via Boeri - Enrico Tommasi
Enrico Tommasi
I ragazzi della via Boeri
2019 Tutti i diritti riservati.
Primiceri Editore Srls
Via Savonarola 217, 35137 Padova
Prima Edizione
www.primicerieditore.it
Ideazione e progettazione grafica a cura di Mediatica Network.
Illustrazione di copertina: Luigi Zitelli.
UUID: fb75d359-80f2-4422-bbd0-23ddaea33cdb
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice
Dedica
Prefazione
Introduzione
I personaggi
Preludio
I preparativi e il doloroso distacco
Il viaggio in treno e l’arrivo a Milano
Capitolo primo
L'ingresso trionfale
La suite
Le prime settimane, inizia il cinema
L’inverno a Milano e le giornate all’Università Cattolica
La meglio gioventù milanese
Tempo di esami
Il giovane favoloso
Storia di un calciatore mai nato
L’estate alle porte. Le partitelle serali
Gli eroi tornano a casa
La vera storia di Benvenuti al sud
Capitolo secondo
Il rientro a Milano e la tragicomica battaglia delle valige
Ottobre 1981, arrivano nuovi fenomeni
Milano sotto assedio, nasce la banda dei salentini
Dicembre 1981, il Natale dei Carissimi
Ritorno a casa, il cinepanettone
trezzino
La domenica in pensionato, il giorno della nostalgia
La cabina telefonica, ricordi di un mondo scomparso
San Pietro e il Telepass
Estate 1982, Campioni del Mondo!
La notte di San Lorenzo
Capitolo terzo
L’epica battaglia politica all’Università Cattolica
Inverno 1982, il calcio mondiale trema, nascono i Cardinal’s. I Trezzini e lo sport
I trezzini e il triangolo maledetto
Good morning Mogadiscio
Bagni comuni e autoerotismo agonistico
La strabiliante personalità dell’Ingegner Artemio Celletti
I pendolari del Trezzi, l'indomabile feltrino
Afa di luglio, la tempra dei trezzini
Capitolo quarto
Il pallonaro
L’elogio della simpatia
I primi segnali di stanchezza. Il barbiere di Melendugno spalanca le porte di Hollywood
I Corpi Speciali del Trezzi
Caldo asfissiante e fantasia al potere
Guardie e ladri
La magia del Natale
Epilogo
Il Trezzi scompare nella nebbia, riflessioni intime
Ringraziamenti
Dedica
A chi resiste.
"Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perch é lì c’è verit à , lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilit à , lì c' è ancora amore."
(Alda Merini)
Prefazione
Via Boeri
a Milano non è una via del centro, della moda e dei palazzi sontuosi eppure è quella, tra poche altre, che fa riflettere e amare di più.
Nella lontana periferia a sud della città, Via Boeri custodisce un piccolo gioiello dell’architettura del cuore.
Se seguo i rivoli di gente che a piedi, a passo sbilenco, si infila nel portone del civico 3
, vengo d’istinto richiamato dagli occhi di quella gente e scorgo i segni del dolore e della sconfitta.
Da quasi cento anni Via Boeri è la casa degli Ultimi
, di quanti hanno perso la familiarità con la vita. Quel portone è il varco di un dono che li accoglie come una madre affettuosa e li rincuora dalla sorte avversa della vita.
Sullo sfondo di questa Milano, poco conosciuta ma esemplare nella sua esperienza di solidarietà e accoglienza, Enrico Tommasi narra la storia vera di un gruppo di ragazzi che, tra il 1980 e il 1981, si incontrano per la prima volta in Via Boeri.
Ognuno di loro, appena diciottenne, dopo molte ore o un’intera notte di viaggio in nave o in treno, da un paesino sperduto o da una piccola cittadina di provincia dei tanti ‘sud’ italiani, era giunto a Milano con il sogno di studiare, crescere e diventare migliore. Quella partenza era stata un addio conclusivo alla vita con la propria famiglia, in balìa della paura e della speranza come solo il viaggio della vita riserva.
A Milano, quasi per uno scherzo del destino o il pegno di un primo ‘fallimento’ milanese, uno dopo l’altro si erano ritrovati in Via Boeri
in un corridoio di stanze da caserma militare con camere multiple, bagni e docce comuni.
Nessuno di loro aveva immaginato che la propria vita universitaria non avrebbe avuto l’agognato sipario della ricca metropoli milanese, ma quello della presenza ravvicinata e costante di coloro che qualcuno, sdegnosamente, chiama ancora oggi barboni
.
Come in ogni storia di autentica integrazione, in cui la semplicità dell’animo non si cura delle umane differenze, la storia di questi ragazzi si dipana all’interno di un luogo insolito e paradossale, nel quale si incrociano i destini di chi si lancia nel sogno della vita e di chi si lascia al bisogno di sopravvivere. Giorno dopo giorno, Via Boeri
era diventato il luogo di un incontro, diverso da quello immaginato, ma fatalmente più vero e autentico.
Con una narrazione avvolgente e intrigante ed uno stile sobrio e divertente, Enrico Tommasi descrive il lato dolcemente ironico della inusitata avventura dei Ragazzi della Via Boeri
. Con raffinata introspezione, l’Autore apre alla fisionomia intima e profonda di sé e con altrettanta sapiente intuizione coglie quella di ogni singolo personaggio, evidenziandone anche gli aspetti curiosi, buffi, umorali e soprattutto preziosamente umani.
Ogni ragazzo
viene raccontato con attenta precisione, nella sua dimensione vera all’interno di una storia realmente vissuta, quasi diventando un personaggio emblematico nel suo genere e, al contempo, grazie al geniale affresco dell’Autore, universalmente vivo e presente nella esperienza di ogni Lettore.
Oggi quei ragazzi sono ormai adulti e hanno realizzato i loro sogni (medici, avvocati, managers, notai, magistrati, docenti universitari ed imprenditori). Grazie a Via Boeri
sono ancora più uniti e Amici di un tempo e, per quello che più dei sogni conta, hanno preservato la propria semplicità alla ricerca del Senso e della Vita.
Anche di recente, molte personalità famose hanno fatto ingresso nel portone di via Boeri per un saluto agli Ultimi
, ma nessuno ha vissuto con la loro presenza l’avventura dei Ragazzi della Via Boeri
.
Questo libro parla a coloro che possono comprendere che non sempre nelle condizioni migliori si conquistano i successi della vita; a tutti coloro che il destino non ha sottratto alle difficoltà dell’esistenza anche nella loro età migliore e, soprattutto, a quanti sono consapevoli che il ‘successo’ del cuore viene sempre al primo posto.
Infine - spero con il consenso dell’Autore - questo Libro parla ai genitori dei Ragazzi della Via Boeri
convinti che i loro figli fossero al ‘sicuro’ in un luogo normale
e invece oggi, grazie al libro di Enrico Tommasi, potranno finalmente scoprire (molti di loro dal Cielo da cui ci vegliano), che sono cresciuti in un luogo di Milano dove il cuore batte più forte.
Milano, 13 aprile 2019
Giovanni Reho,
uno dei Ragazzi della Via Boeri
Introduzione
Tra il 1980 e il 1981 un gruppo di ragazzi di umili origini proveniente da diverse regioni d’Italia approdò a Milano per intraprendere gli studi universitari.
Gran parte di loro ambiva ad entrare all’Augustinianum, il collegio di piazzale Gabrio Rosa dell’Università Cattolica, se non fosse che un’incomprensibile bocciatura all’esame di ammissione e un destino lungimirante li costrinse a ripiegare sul pensionato Egidio Trezzi, struttura dell’Opera Cardinal Ferrari alla periferia sud della metropoli lombarda.
L’Opera dava alloggio a studenti e lavoratori e offriva ogni giorno (e offre ancora oggi) centinaia di pasti caldi ai diseredati della città, i barboni
, o meglio, secondo il volere del Cardinal Ferrari, i Carissimi
, anime sconfitte con le quali i giovani studenti entrarono inevitabilmente in contatto.
L’impatto con il mondo dell’emarginazione fu durissimo.
Passati i primi momenti di sconcerto, quei ragazzi iniziarono ad amalgamarsi con il variegato microcosmo all’interno e all’esterno del pensionato, ad apprezzare il calore umano che gli ultimi
sapevano regalare e a sviluppare un senso di appartenenza che ancora oggi resiste inviolato.
La scintillante Milano da bere
di quei primi anni ottanta, che forse quei ragazzi speravano di poter almeno sfiorare, faceva letteralmente a pugni con la penosa processione che osservavano dalle finestre delle loro camerette o uscendo per andare all’università.
Per quei giovani uomini quelli del Trezzi furono anni di studio e di rinunce, ma anche di goliardia nei quali acquisirono o consolidarono, forse inconsapevolmente, un senso di solidarietà e di rispetto verso il prossimo che li avrebbe accompagnati fino ai giorni nostri.
La comprensione di questi valori fu tuttavia graduale e per certi versi inaspettata, perché non si può ignorare quale fosse lo scanzonato, talvolta persino pittoresco, punto di partenza di quei ragazzi all'inizio del loro sorprendente cammino umano e spirituale.
La gamma di personalità che si rivelarono al Trezzi in quei primi anni ottanta era vastissima e abbracciava con facilità le tonalità più varie dell’arcobaleno del genere umano.
Tra i due estremi deamicisiani, Franti e Garrone, c'era tutta l’umanità possibile, che si affacciava ad una nuova vita con uno sconfinato bagaglio di pregi, difetti, contraddizioni, vizi, abitudini, debolezze, passioni, tic e liturgie anche assurde, e avrebbe potuto offrire infiniti copioni al teatro di avanspettacolo degli anni cinquanta.
Nelle pagine che seguono i protagonisti di questa storia saranno chiamati trezzini
, appellativo che individua la passata appartenenza al pensionato Egidio Trezzi ma, soprattutto, la condivisione dei valori dell’amicizia e dell’altruismo che da allora ispira ogni loro comportamento.
Ripercorrere le tappe di questa irripetibile vicenda è una testimonianza storica di un periodo formativo e significativo e, allo stesso tempo, un messaggio di speranza per quanti vivono situazioni di disagio e di difficoltà ma non per questo rinunciano alla realizzazione dei propri sogni.
I personaggi
Per scoprire il volto dei protagonisti di questa storia bisogna percorrere buona parte delle contrade d’Italia.
Dalle verdi e operose valli del bergamasco e del bresciano provenivano Piero Tosoni da Iseo, sguardo ingenuo da oratorio e una purezza d'animo davvero rara, e Gianluigi Boario da Pian Camuno, ragazzo sornione con una grande passione per il diritto civile e il vino di qualità.
Virando verso nord est ci imbattiamo in Paolo Turchesi, feltrino dal carattere ruvido e unico vero atleta in un panorama di sportivi da poltrona, e Tommaso Boffi da Chioggia che, a dispetto della sua aria da serioso vaticanista, era un acuto e insuperabile battutista.
Iniziando la lunga discesa verso il sud della penisola troviamo Michele Bassani, piacentino di nascita e salentino per vocazione, che sotto un aspetto rude celava gentilezze e sensibilità inaspettate.
Restiamo in Emilia-Romagna per conoscere Giacomo Butti da San Giovanni Persiceto, paesino della provincia di Bologna, un buono dal carattere irrequieto che sognava in grande e mal sopportava i disagi del pensionato.
Dall’estremo opposto dell’appennino tosco emiliano proveniva Marco Nardini, orgoglioso toscanaccio che portò al Trezzi l’impegno politico e numerose damigiane di ottimo vermentino.
Dal centro della penisola ecco comparire Andrea Bellotti da Porto Recanati, fotocopia fedele dell’attore Francesco Nuti, al quale somigliava anche per la graffiante ironia.
Con un grande balzo verso mezzogiorno approdiamo in Calabria, la regione di Giulio Ribaudo e Gino Borzani.
Giulio era di Vibo Valentia e sembrava più interessato alle vicende della sua squadra del cuore, l’Internazionale, che agli studi universitari; Gino, della provincia di Cosenza, era il più grande del gruppo e con la sua sagacia conquistò sul campo l’ambìto titolo di Gran Maestro
della presa per i fondelli.
Dalla minuscola Basilicata aveva fatto il salto verso la grande Milano Fabio Torricelli da Matera, ragazzo dal portamento nobiliare che visse il Trezzi con flemmatica quotidianità, come se fosse rimasto nel palazzo di famiglia della sua splendida cittadina di origine.
Riccardo Piccione da Racale (Lecce) inaugura la nutritissima lista dei ragazzi salentini che arrivarono al Trezzi in quegli anni.
Era il fotomodello del gruppo e solo dopo qualche anno dall’arrivo a Milano scoprì, non senza una certa sorpresa, che in zona Sant’Ambrogio vi era la sua università.
Oreste Del Curcio, leccese, era il classico latin lover da spiaggia, un misto di sentimenti e prestanza fisica, dotato di una verve insuperabile.
Alfredo Lasòna, di un paesino alle porte di Lecce, diventò subito la spalla
naturale di Oreste Del Curcio in ogni baraonda all’interno e all’esterno del pensionato.
Gianluca Fustini da Santa Maria di Leuca col suo carisma da barricadero anni settanta fu per tutti un fratello maggiore col quale confidarsi nei momenti di difficoltà.
Pippo e Gaetano Marrazzi, fratelli di Otranto (Lecce), rappresentavano la normalità
dei salentini perché rispetto agli altri conterranei approdati al Trezzi erano, inspiegabilmente, ragazzi pacati e responsabili.
Guido Abete, anche lui della provincia di Lecce, era ammiratissimo da tutti per la sua forza di volontà e la capacità di riuscire ad essere, insieme, studente e lavoratore.
Pasquale Carrozzieri da Melendugno (Lecce) fu un temibilissimo concorrente di Oreste Del Curcio e Riccardo Piccione nel corteggiamento delle ragazze milanesi.
Infine, una esotica puntata nel Corno d’Africa per conoscere Abdul Kouachi, somalo di origini pakistane che amava intrattenerci fino a notte fonda raccontando le sue avventure nel continente nero.
Nelle pagine che seguono verranno citati anche altri personaggi che al cinema definiremmo minori
, ma che con le loro enormi risorse creative contribuirono a mantenere alto il registro tragicomico di questa storia.
Nel variopinto universo umano del Trezzi ci sentivamo come i protagonisti di un set cinematografico le cui scene, se fossero state ambientate ai giorni nostri, avrebbero viaggiato dal nord al sud dell’Italia tramite le chat di WhatsApp, con video istantanei e fotografie.
Dopo quasi quarant’anni i fotogrammi ingialliti di quei lontani momenti riemergono prepotentemente per ricostruire quel film neorealista, riunendo l’Italia intera e, soprattutto, una parte della nostra memoria collettiva.
Preludio
I preparativi e il doloroso distacco
Ricordo vagamente i giorni che precedettero la partenza per Milano