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Un percorso del fare 4: Verso una rinnovata cultura tecnologica
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Il valore ‘etico’ di una cultura tecnologica deve passare attraverso la responsabilità progettuale dei futuri Architetti che al pari di ‘illuminati meccanici’ devono costruire e allo stesso tempo ‘decostruire’, con una innata capacità, nuove soluzioni costruttive sempre meno energivore e più coese con il sistema ambiente.
Fare è un verbo generico, che indica poco se privo di un complemento. Il sostantivo percorso ad esso accostato sottolinea che si tratta di un atto che richiede ponderazione, preparazione, finalità. Innumerevoli commenti sono scaturiti dalla locuzione peccato del fare, attribuita da Giuseppe Tomasi di Lampedusa al disincantato Principe Salina e divenuta metafora di un’attitudine all’immobilismo che si estende oltre i confini siciliani, per riguardare una questione meridionale tante volte affrontata e mai davvero risolta.
I significati attribuibili al peccato del fare travalicano il lascito nazionale post-unitario, per assumere quasi una dimensione esistenziale (coerente con quel desiderio di stare abbandonatamente nelle cose a cui si riferisce il poeta lucano Alfonso Guida), le cui conseguenze si estendono ben oltre la sfera individuale, per trovare ampie ripercussioni di caraere socio-economico-culturale.
A fronte degli scenari contemporanei e futuribili, sarebbe preferibile che il peccato del fare restasse una citazione letteraria, per concentrarci piuttosto su quello che possiamo indicare come l’imperativo del fare: è tempo di agire, come ha ricordato Greta Thumberg, la giovane attivista svedese promotrice di una mai vista campagna di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici.
Il lockdown e lo shutdown imposti dall’attuale emergenza sanitaria in gran parte del mondo sembrerebbero forzare a una coatta inattività.
Invece, a prescindere dalla tempistica con cui verranno superate, queste straordinarie condizioni non solo non impediscono il fare, ma hanno già iniziato a modificarne profondamente i significati.
«In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato» (Omelia di Papa Francesco, durante il momento di preghiera straordinario sul sagrato di Piazza San Pietro il 27 marzo 2020, da: hps://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020- 03/papa-francesco-omelia-testo-integrale-preghiera-pandemia.html.)
Fare è un verbo generico, che indica poco se privo di un complemento. Il sostantivo percorso ad esso accostato sottolinea che si tratta di un atto che richiede ponderazione, preparazione, finalità. Innumerevoli commenti sono scaturiti dalla locuzione peccato del fare, attribuita da Giuseppe Tomasi di Lampedusa al disincantato Principe Salina e divenuta metafora di un’attitudine all’immobilismo che si estende oltre i confini siciliani, per riguardare una questione meridionale tante volte affrontata e mai davvero risolta.
I significati attribuibili al peccato del fare travalicano il lascito nazionale post-unitario, per assumere quasi una dimensione esistenziale (coerente con quel desiderio di stare abbandonatamente nelle cose a cui si riferisce il poeta lucano Alfonso Guida), le cui conseguenze si estendono ben oltre la sfera individuale, per trovare ampie ripercussioni di caraere socio-economico-culturale.
A fronte degli scenari contemporanei e futuribili, sarebbe preferibile che il peccato del fare restasse una citazione letteraria, per concentrarci piuttosto su quello che possiamo indicare come l’imperativo del fare: è tempo di agire, come ha ricordato Greta Thumberg, la giovane attivista svedese promotrice di una mai vista campagna di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici.
Il lockdown e lo shutdown imposti dall’attuale emergenza sanitaria in gran parte del mondo sembrerebbero forzare a una coatta inattività.
Invece, a prescindere dalla tempistica con cui verranno superate, queste straordinarie condizioni non solo non impediscono il fare, ma hanno già iniziato a modificarne profondamente i significati.
«In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato» (Omelia di Papa Francesco, durante il momento di preghiera straordinario sul sagrato di Piazza San Pietro il 27 marzo 2020, da: hps://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020- 03/papa-francesco-omelia-testo-integrale-preghiera-pandemia.html.)
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