Il cane pastore tedesco
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Anteprima del libro
Il cane pastore tedesco - Domenico Scapati
Finanza
Il Veterinario e i Modi di Educare un cane
Cuciolo di pastore tedesco con gli occhi che scrutano il fotografo
Oggi l’educare e l’addestrare è molto diverso da ieri. Sostanzialmente due sono i modi di ammaestrare un cane. Uno è l’educarlo, l’altro l’addestrarlo: dipenderà dal suo utilizzo. Un cane per essere tenuto in buona vita dev’essere educato, curato e assistito. Si potrà utilizzare per il gioco, la compagnia o per il lavoro (compreso le competizioni).
Educare e addestrare sono, come si vedrà più avanti, due modi diversi di formazione
dell’animale.
L’educazione e l’addestramento debbono essere, soprattutto, rivolti su chi sarà preposto a questo lavoro (futuri conduttori e, nei casi previsti, futuri figuranti).
Nessun altro può educare o addestrare un cane, giacché è compito lasciato esclusivamente al Conduttore/figurante. Nondimeno, chi è preposto alla formazione del cinofilo, dovrà interessarsi dell’atteggiamento utilizzato (anche come spirito
) dal formando educatore o addestratore del proprio cane; avrà pure cura dell’aspetto mimico e caratteriale e, più in particolare, del temperamento e della personalità.
Si parlerà quindi di mimica, carattere, temperamento, atteggiamento, varco dialettico educativo e formativo/addestrativo.
Si dovrà interessare molto dell’associazione mentale cane/cane e cane/educatore.
C’è un’area delle capacità dell’individuo che dovrà educare/addestrare un cane pastore tedesco (o altri di taglia similare): andrà preliminarmente accertato se, ai fini dell’instabilità emotiva, il futuro conduttore tollera l’ansia, dimostrando fiducia e sicurezza nelle proprie capacità; se, in altre parole, sarà in grado di gestire e superare facilmente le critiche rivolte al suo operato; se dimostra di possedere ai fini della capacità di realizzazione, le giuste capacità per perseguire con tenacia e sicurezza il piano di programmata attività superando ostacoli e avversità.
Inoltre, ai fini della leadership se saprà assumere il ruolo di guida, assumendosi responsabilità e rischi e, ai fini della socievolezza, una medio-alta capacità di stare in mezzo alla gente. Ai fini della irritabilità servirà accertare la capacità di restare calmi e pazienti, senza reazioni impulsive o sgarbate.
Ai fini dell’ordine e della precisione, infine, se esiste l’accuratezza nell’essere metodici e scrupolosi.
Qualifiche di capacità queste che, per certi aspetti, si riverseranno tutte sull’animale.
L’educare, come l’addestrare, ovvero il semplice tenere con sé un cane, non è, né sarà, per niente un gioco: si deve pensare di possedere un animale che sia educato e addestrato giacché queste essenzialità fanno la bellezza di un animale (soprattutto per non farlo restare un oggetto animato del tutto insignificante). Non può il cane essere oggetto di sola compagnia o trastullo. Vediamo di cogliere le differenze tra l’educare e l’addestrare, due formazioni essenzialmente diverse.
Educare un cane non equivale necessariamente ad addestrarlo: con l’educazione si imprimono abitudini e comportamenti, con l’addestramento si lavora per ottenere risultati di lavoro (difesa personale, pista da fiuto, salvataggi in mare, gare sportive, e così via).
Addestrare un cane è il massimo di una professione giacché sono richieste doti non indifferenti al suo formatore. È un esercizio riservato a pochi individui giacché posseggono innate capacità, frutto anche di esperienza, passione, sensibilità, spirito d’abnegazione e sacrificio. Si dovranno affrontare costantemente temi come l’educazione di base, la leadership di gestione delle risorse (attività ludiche e sociali, oltre che alimentari).
Educazione e addestramento sono il binomio perfetto dell’avere un ottimo cane. Educare prima, addestrare poi. Specie se l’animale è di media e grande stazza il lavoro sarà difficile è complesso: nondimeno se si vorrà ammansirlo per renderlo buono; di contro, molto più facile sarà il maltrattarlo.
Chi possiede un cane dovrà conoscere i suoi assetti comportamentali; dovrà essere soprattutto un buon comunicatore /comportamentista capace di osservare, analizzare e studiare i suoi comportamenti.
L’educazione del cane segue quella dell’individuo che lo possiede: buona regola è che, possedere un animale non significa poter invadere le sfere altrui, nel senso di lasciarlo libero, entrare nei locali pubblici liberamente con la presunzione che nessuna legge lo vieta. L’educazione starà solo nell’uomo il cui obbligo è quello di far innamorare la collettività degli animali.
Due figure professionali ruotano attorno, non tanto all’educazione, quanto all’addestramento del cane: il Conduttore, e pure il Figurante.
Il primo (il conduttore) è il cosiddetto regista, il responsabile della cura, dell’avviamento e dell’impiego dell’animale. Il conduttore è, in pratica, il fidato braccio destro del cane: lo guida durante gli interventi attraverso comandi vocali e gestuali, cercando di sfruttarne al meglio le sue potenzialità, conoscendone bene i limiti, sapendo pure cosa lo stimola maggiormente nello svolgere un esercizio o un lavoro. Ad esempio, nel caso delle persone disperse in montagna deve saper come prestare aiuto.
Si tratta di mansione per la cui professionalità sono richieste decine di ore di formazione, di esercitazioni costanti e una lunga esperienza concreta.
Per poter essere riconosciuti come conduttore cinofilo si deve innanzitutto ottenere un Brevetto Operativo, ma è anche importante essere persone equilibrate, molto pazienti, possedere uno spiccato senso di responsabilità, sommati a una forte motivazione e ovviamente ad una grande passione.
Il conduttore deve conoscere il carattere, la preparazione e le reazioni del proprio cane giacché è l’unico preposto a poterlo impiegare nel lavoro da svolgere.
Il cane e il conduttore formano l’unità cinofila che opera in perfetta sinergia nelle situazioni richieste.
Il conduttore non è necessariamente il proprietario dell’animale, tuttavia, per far sì che il lavoro funzioni a perfezione, ci dev’essere tra loro una totale complicità e fiducia reciproca. Si tratta di un rapporto dialogante che si ottiene collaborando a stretto contatto.
Il secondo (cioè il figurante) è colui che lavora nel retroscena. Ha un ruolo attivo e fisico poiché affianca l’istruttore nella preparazione dell’unità cinofila, con il gioco e il progressivo contatto, e per molte fasi dell’addestramento sarà lui stesso a sottoporsi all’addestramento all’attacco, al disperso, e così via.
Si deve trattare di una persona di elevate competenze, non solo in fatto di cinofilia, quanto in fatto di psicologia (sia umana, sia animale). Deve conoscere bene il conduttore con il quale lavora: deve, in altri termini, aiutarlo a far capire al suo cane il vantaggio che trae quando riesce pene in un esercizio di lavoro. Per diventare figuranti ci vuole sensibilità, spirito di adattamento e notevole esperienza giacché, moltissimi esercizi da lavoro si svolgono in condizioni difficili. Per la fondamentale formazione dell’animale si ricerca un’istruzione ben precisa: il conduttore e il figurante dovranno operare insieme al massimo delle loro capacità. Fondamentale sarà il dialogo di crescita per sfruttare al massimo le potenzialità fisiche e psichiche dell’animale e dell’uomo.
L’Autore con Safen delle Fiamme Gialle in un esercizio a fermo
(stato di attesa)
Il Cane e l’Uomo
Chi possiede coraggio e carattere, è sempre molto inquietante per chi gli sta vicino
(H. Hesse)
La caratterialità personale e lo studio dell’altro, sia uomo sia animale, permette di analizzare, valutare, valorizzare e monitorare il lavoro, il percorso di vita, l’assemblaggio dei pezzi della vita. Tale studio, molto complesso, comunque legato strettamente alla pratica senza la quale non avrebbe senso, deve permettere il ragionamento e la riflessione per cui, chi si avvia ad avere un cane, deve essere consapevole che è uno dei cani da lavoro più noti e apprezzati in Italia per la sua versatilità.
L’addestrare un cane pastore tedesco all’attività di contrasto al contrabbando, alla difesa personale, al seguire le piste per individuare i tabacchi, la droga, le polveri da sparo e le armi e così via è stata un’esperienza che posso definire unica per l’impegno riflessivo posto giacché, come il gioco degli scacchi, studi la maniera del come dribblare dinanzi alle possibili azioni e reazioni del cane. Tutta psicologia: oggi questa meravigliosa esperienza non è più possibile farla; a meno di non appartenere ad uno dei Corpi armati che si avvalgono del cane nell’attività istituzionale svolta.
Si parla del pastore tedesco come di un cane impegnativo per significare che non c’è più una lista nera di quelli pericolosi ma la discrezione del veterinario che li ha in cura: il veterinario è la sola figura professionale che potrà parlare e certificare la manifesta aggressività per il comportamento assunto dall’animale.
È il suo compito.
Un attento percorso teso a conoscere il cane non può non avere riferimento alla legislazione vigente che verrà trattata a margine del presente lavoro.
È opportuno sapere che, all’acquisto di un cucciolo, si dovrà chiedere all’allevatore la documentazione che dimostri l’assenza di displasia (un’invalidante menomazione ereditaria dell’anca nei genitori).
Il cane pastore tedesco, un po’ come tutti i cani, è un animale sociale, vivente.
Abbisogna di cure, alimentazione, attenzioni e dialogo allo stesso modo di un bambino appena nato. Se non si è all’altezza di offrire queste attenzioni, meglio non averlo; gli eviteremmo inutili sofferenze.
Il comportamento del cane può essere adattivo, cioè che apprende ed è socializzante; diversamente, è definito non adattivo nel senso che ha un deficit da socializzazione. In quest’ultimo caso può essere dovuto o a fattori di predisposizione genetica (da patologia) o a traumi subiti (in questo caso non ha un apprendimento funzionale).
Per utilizzare al meglio le risorse dell’animale e risolvere i problemi del suo deficit di socializzazione è necessario frequentare specifici corsi di educazione formativa prima, di addestramento dopo (se necessario per un suo impiego lavorativo).
L’ottimale inizio per l’addestramento del cane pastore tedesco ai fini di un impiego nel lavoro è nel compimento del settimo/ottavo mese di vita e non oltre i suoi due anni.
Educarlo prima di questo periodo si può, addestrarlo invece no perché sopporterebbe un onere gravoso ed eccessivo in quanto non ancora morfologicamente pronto.
Si potrebbero, al più, far fare piccole cose connesse allo stato educativo (motivo per cui si terranno distinte le due figure di istruttore/educatore e istruttore/addestratore.
Sono figure che si possono mettere insieme.
L’istruttore/educatore (e l’istruttore/addestratore) cinofilo è colui che è preposto ad istruire il padrone dell’animale: è una figura professionale polifunzionale le cui competenze lo rendono capace di formare il padrone e il suo cane anche ai fini di migliorare la loro convivenza. Questa figura professionale, a volte chiamata figurante, responsabilizza il padrone dell’animale nella sua gestione impartendogli insegnamenti formativi adatti a seconda dell’esigenza.
Esprimerà la sua utilità favorendo la comprensione degli atteggiamenti che il cane assume nel tempo con la crescita e il suo corretto addestramento: sarà sempre il conduttore, sotto la guida dell’istruttore, ad addestrare il cane. Nessun altro, salvo che non sia soggetto già qualificato come esperto addestratore, potrà addestrare un animale (sarebbe inutile).
L’educatore (o addestratore) dell’animale dovrà possedere idonee qualità caratteriali soprattutto giacché il cane farà interamente suoi tutti i suoi assetti comportamentali quivi compresa la velocità del suo pensiero, la sua positività o negatività, e pure quanto tiene nascosto a livello inconscio, non visibile ai nostri occhi. Un motivo c’è: il cane è il miglior imitatore del temperamento e del carattere del suo conduttore (o padrone) giacché riesce, dopo qualche mese di convivenza, a far risaltare quei suoi aspetti comportamentali, psichici, cinestesici, rendendoli leggibili a chi ha conoscenze di queste discipline sistemiche tant’è che ne mette in risalto i lati buoni e non buoni.
Il cane, lo sanno tutti, obbedisce a leggi speciali: ha un suo alter ego che è il suo conduttore/padrone che ben lo identifica (nel suo carattere) tant’è vero che solo in questa persona (e nessun’altra) riporrà fiducia e difesa. Oltre al suo conduttore (che diviene l’alter ego) il cane ha un proprio gruppo d’appartenenza: è composto da tutti gli animali intendendo tutte le cose che si muovono, il conduttore e tutto il resto della famiglia, gli altri animali se presenti, senza alcuna distinzione giacché per lui non c’è distinzione. Sia chiaro che, per il cane come per tutti gli animali, non c’è distinzione di persone, animali e cose (qualunque cosa animata si tratti).
La base istintiva è il paradigma del suo essere.
È assolutamente necessario, pertanto, che la persona che si avvicina al cane comprenda esattamente cosa significa stare insieme ad un animale, soprattutto come conviverci, rapportarsi, gestire la risorsa che non è solo il lavoro ma la socialità.
Chi si avvicina ad un cane deve essere equilibrato, sereno, sano di mente, corretto nel rapporto, ragionevole nel pensare che il cane è un animale che abbisogna di essere tale, con i suoi spazi e le sue necessità, allineato nel contesto del sistema a tutti gli effetti. Deve comprendere che ogni forzatura nel rendere il cane simile a lui uomo nel considerarlo più uomo che animale, fino al sottoporlo a trattamenti simili, è un maltrattamento (diciamo anche pura pazzia).
Chi si avvicina ad un cane deve essere un osservatore, uno che comprenda come si gestisce correttamente l’animale sia nell’ambito casalingo/familiare sia fuori di tale contesto. Perciò, se vuole, ed è auspicabile, deve imparare a far eseguire alcuni piccoli esercizi come la conoscenza dei segnali visivi, gestuali, vocali, e magari altri come lo stare seduto
, lo stare in posizione di terra
, resta
, vai
, torna
, cerca
, trova
, e così via. Questi sono cenni che saranno approfonditi più avanti.
Si debbono osservare le leggi.
Chi possiede un cane deve sapere come va condotto il cane al guinzaglio e, qualora senza (giammai nei luoghi pubblici), alla corsa, al lavoro sugli specifici esercizi a richiesta (come ad esempio l’attacco, se cane delle polizie), il non accettare il cibo da estranei, l’attendere il segnale prima di scendere dalla macchina, il non attraversare la strada, il sì o il no per socializzare con altri cani, il restare fermi in un posto senza muoversi aspettando il conduttore/padrone, e così via.
Chi possiede (a qualunque titolo) un cane deve sapere che è utile l’avere stipulato una valida polizza assicurativa (seppure non obbligatoria) per tutelarsi dalle responsabilità civili nel caso di danni arrecati a terzi a mezzo del proprio cane. Molte compagnie assicurative hanno un elenco di cani che non possono essere coperti da rischio responsabilità civile
.
Il principio è sempre uno: l’animale è simile all’uomo, ma non è una persona.
Tra l’animale e l’uomo ci sono precise differenze che stanno sia nella mancanza della ragione e sia della riflessione: nell’assetto comunicativo, l’uomo comunica in modo digitale e analogico mentre l’animale appena digitale.
Il cane agisce sempre d’istinto e non calcola mai le possibilità di scelta su ciò che va o non va fatto.
Se è addestrato esegue gli ordini; infatti a differenza di un robot non può essere programmato.
Il dover assegnare le regole ad un cane, con coerenza, è fondamentale: la conoscenza del come darle presuppone il sapere di tante cose.
La mamma cagna è la prima educatrice dei suoi figli.
Prima di partorire ricerca e prepara la tana e poi, all’atto del parto, cioè all’espulsione del cucciolo, afferra il sacco amniotico con i denti e lo lacera; da sola taglia il cordone ombelicale e mangia tutti gli invogli, lecca vigorosamente il neonato stimolandolo. Accudisce i suoi piccoli, li nutre, li tiene caldi e li difende, stimola e pulisce le deiezioni finché le feci sono costituite da latte digerito. Interviene prontamente al richiamo del cucciolo perduto correndo immediatamente a recuperarlo.
Per 35-40 giorni mamma cagna procede allo svezzamento rigurgitando cibo predigerito.
Educa i cuccioli all’autocontrollo guidandoli all’integrazione.
Purtroppo capita che la mamma cagna, per motivi di pericolo per i piccoli o per trauma subito, possa avere comportamenti anormali che possono consistere nell’eccesso o nel deficit di cura mostrando o indifferenza o aggressività verso i neonati, a volte procedendo con l’infanticidio o il cannibalismo. Non c’è da meravigliarsi se i comportamenti dei cuccioli possono risultare infantili volti a cercare cure. Siamo nella normalità se vengono dati colpetti al capezzolo o colpetti col muso (segno di pacificazione), ovvero alzano la zampa posteriore che sta come risposta al leccamento materno (sottomissione, accettazione dell’esplorazione), ovvero ancora si sdraiano sul dorso che è sottomissione passiva (minzione). Possono pure impastare con gli anteriori (suzione), alzare una zampa quale atto di sottomissione; toccare con la zampa come sottomissione attiva, cioè richiesta di attenzione; leccare le labbra (sollecitare il rigurgito) come atto pacificatorio, affetto, sottomissione; chiudere gli occhi (con la madre) che è segno di amichevolezza, segnale calmante.
Così come è sempre normale che ci sia una forma di ammiccamento considerato stress e insicurezza.
Le espressioni dei cuccioli possono essere giocose inteso come inchino per gioco, invito al gioco o al corteggiamento. Agli stati di normalità si verificano stati di alterazione dovuti agli eccessi (dipendenza da contatto, eccessiva ricerca di attenzione), deficit da disinteresse nei riguardi di chi si prende cura.
Sia chiaro che i cani sono animali nati per vivere nei gruppi sociali stabili.
Il rispetto, la fiducia e la collaborazione sono gli elementi di base delle loro relazioni e perciò, in tal senso, deve muovere l’educazione e la formazione.
Debbono rispettare le regole.
Ci sono cani particolarmente reattivi, altri più tranquilli (l’utilizzo dell’aggressività è motivo, per il cane, di risoluzione di un conflitto).
Le cause che determinano una reattività spropositata dell’animale sono da ricercarsi nei fattori dell’anormalità di cui si parla. Non va sottaciuto né dimenticato che il cane cucciolo che arriva in una famiglia umana porta con sé caratteristiche innate e altre maturate con l’esperienza fatta nella sua adolescenza. Nondimeno non va sottovalutato il fatto che tutti i suoi comportamenti hanno modalità e intensità differenti e che ciò dipende dal cane.
Non si pensi che un cane possa essere facilmente addestrato a non nuocere a persone o animali, a non mordere.
Un cane, qualunque sia, anche se addestrato, può mordere (è un’azione che può essere compiuta anche dal cane che, a vista, si giudica buono). L’uomo non potrà mai sapere quali possono essere le azioni che un cane potrà compiere su di lui se, in quel momento, non ha il suo pieno dominio. È essenziale che l’uomo abbia, in qualunque istante, il pieno dominio dell’animale.
Chi decide di formare un cane pastore tedesco sa di dover educare un animale molto duttile, addestrabile: nondimeno deve possedere qualità di istinto e capacità lavorative di formazione che sono superiori, soprattutto deve essere sicuro di sé, idoneo.
Non è assolutamente facile possedere tutte queste capacità che riteniamo (a nostro modo di vedere) di possedere.
Chiunque ha un cane deve porre molta cura nel gioco (come quello della treccia o della pallina); così l’educatore (o l’addestratore).
Deve conoscere la tecnica del rafforzo: deve saper dare, e si ripete ancora, una corretta impostazione del contatto fisico con l’animale, come ad esempio l’accarezzarlo e toccarlo; deve pure studiare per avere buone basi di tecnica comunicativa, come ad esempio la prossemica e la voce; deve imparare a come far sì che il proprio cane elimini appropriatamente, negli appositi luoghi, le sue urine e sappia pure dove rilasciare le