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Safe haven
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Ebook188 pages2 hours

Safe haven

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About this ebook

Affaristi e lacchè non hanno più badato a sbriciolare avanzi per tener vivi consumatori.
Né regimi che fingessero d’ascoltar istanze su... egualitarismo?
Loro il copyright dell’apocalisse.
Mia ruba per finanziare la rivoluzione e il quartiere, regolato come due terzi planetari dalla mietitrice miseria.
Offertasi all’oligarca re per rapinarlo, nel misfatto post-coitale è stata beccata e condannata a un ergastolo breve.
Vi trova Molly, sbirra cozzata nello stesso muro.
È amore.
Giunge un terzo galeotto, il misterioso Ion.
Quando Molly lo salva, svela chi è.
E altro.
Incluso l’essersi pur egli inimicato lo zar d’un mondo morente.
Manco gli molla la stretta al collo, quest’untore d’un morbo mentale scatenante fame in gente desueta a patire stenti bensì disturbi alimentari.
Zombi.
Nuovi ricchi disarcionati cavalcando l’edonismo.
Colleghi non ex per l’intellettualizzazione di divenirlo.
Silente ma radicata, esplode negli ereditieri improduttivi.
Vivi morenti voraci d’ogni merda, specie gli umani facoltosi.
Immuni, i leali.
E i formati in povertà.
Offre Vatuttammé.
Non il solo nesso fra i tre, una revenge impossibile: come scampare all’isola Mèntoh, prim’ancora che lasciarla?
Un segreto di Ion: il Safe Haven.
LanguageItaliano
Release dateApr 11, 2020
ISBN9788869632280
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    Safe haven - Frank T Alien

    Elison Publishing

    Frank T Alien

    SAFE HAVEN

    Elison Publishing

    Immagine di copertina realizzata da Steve Johnson.

    Proprietà letteraria riservata

    © 2020 Elison Publishing

    www.elisonpublishinc.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    ISBN 9788869632280  

    Tutti vorrebbero approdare in un porto sicuro.

    Specie durante l’apocalisse.

    Per quanti possono pagare, nessun problema.

    Gli altri s’arrangino.

    Come sempre: fin da quando, alla nascita delle merci di scambio, la selezione tra forti e deboli s’è elevata a chi ha e chi no.

    E lì s’è fermata.

    Nell’era postatomica, col pretesto di ‘Basta conflitti planetari, il prossimo sarebbe irrimediabile’.

    Pace, dunque.

    Una lotta commerciale all’ultimo sangue, sacrificando illimitate vite umane ed ecosistema sull’altare del potere d’acquisto: in bui agguati, colpendo alle spalle, nella mossa ‘stringere la mano e accoltellare coll’altra’, da ninja nell’usare i soldi per comprare amici dei nemici, killer, burocrati, qualsiasi utilità.

    Più una pacifica guerriglia di posizione, i merkati. ‘È cosa nostra, la pace!’ Combattuta non solo dagl’imperialisti ma coll’immancabile partecipazione attiva dei borghesi, e di qualche miserabile: sennò i primi non avrebbero sempre prevalso su poveri e dintorni: dei quali troppi sono impegnati a tradirsi volendo servire il padrone o divenire come e peggio di lui, piuttosto che opporgli fronte comune.

    Al netto se possibile di caso e caos, ove mai l’umanità si salvasse il merito andrebbe alle persone di buona volontà.

    Una sotto-razza costantemente a rischio d’estinzione, da non confondere con buoni o buonisti.

    Magari brutti, sporchi e cattivi, molti leali: chi non si fa passare la mosca sotto il naso, in lotta per sé e comunque per gli altri.

    Un cancro da rimuovere quando dà troppo fastidio, queste controcorrenti (idealisti, ambientalisti) d’ostacolo a forme d’evoluzione che nell’avvitarsi non ammettono repliche; fini a sé stesse da non badarci: stanno bruciando anch’esse insieme alla casa, in un processo meno veloce però non dissimile dalla gloriosa, esplosiva epoca nucleare.

    Che di là da chiacchiere e perditempo, com’era bella, bruciante... splendidi ricordi, purtroppo: con la bomba-H si distruggevano sùbito gli atomi dei vicendevoli pacifisti – insieme a quelli dei soliti pesci pilota che, fino all’istante precedente, ‘Smidollati, paura di...? ’

    Bum!

    Dal mondo esterno, prendo solo ciò che mi viene offerto.

    In quello interiore, do la caccia a tutto quanto è possibile.

    Che spesso si traduce nell’impossibile: dove, come dentro le realtà, sogno, son desto e follia non hanno veri confini; ma questa è un’altra storia, e altre storie.

    Frank T Alien

    Non è proprio tutto legale...

    E che uomo meschino

    Dagli solo mezza occasione

    Scommetto che ti deruberà, se potrà

    Riesco a leggerlo nei suoi occhi, sì

    Che si è beccato un divieto di guida

    Fra gli altri reati

    E l’ho visto con le ‘ragazze della notte’...

    Loro sono tutte infette, ma lui starà bene

    Perché lui è...

    Ho detto che lui è un!...

    When the sun goes down – The Arctic Monkeys

    Mia Eloro

    «In piedi!» ordina il poliziotto graduato alla detenuta, seguendola malfermo per il beccheggio in coperta. «Sai nuotare?» scatena le risa sguaiate degli altri sbirri, rompendo il cupo aleggiante sulla lancia da quando calata a navigare finché, ridotti i giri del 200 cavalli, il timoniere l’ha fermata.

    Mentre capisce l’antifona, Mia Eloro viene spinta a mare. Talora presa da mille cose (nel classico ‘Mia, ci sei?’ ed ‘Eh?’), la Eloro resta un tipetto sveglio; quanto buona nuotatrice: diversamente, irripetibile l’occasione per un corso rapido di riemersione a rana. Dopo tossito, torna a sentire quegli sghignazzi: ignora perché lascino un eccessivo retrogusto di sollievo; e ‘morte tua, vita mia’.

    «Sai galleggiare...» L’ufficiale riaccende la claque, comunque di livello: «È una stronza!» E ne raccoglie i ganci: «Puoi arrivarci con lo ‘stile stronzo’, all’isola Mèntoh!» Pausa, per nuovi consensi.

    Inascoltati dalla naufraga, che ruota nell’acqua cercando l’orientamento.

    Il capocomico deve aver ordinato il rientro alla nave, dall’accelerazione del fuoribordo in allontanamento dopo sfumati i plausi sbellicati a: «Se c’arrivi ma vuoi evadere, ributtati e aspetta le correnti da sudovest: l’altra terraferma più vicina è a nordest... dopo sole trecento miglia!»

    Andandosene a stile libero, Mia aveva già dato le spalle a info inutili. Conosce di fama Mèntoh, isola sperduta all’equatore: qui è caldo anche adesso in inverno, a differenza del gelido nordest dal quale appena deportata. Ringrazia, di malavoglia: correnti fredde ghiaccerebbero la sua tiepida volontà di non affogare negli shock di queste disavventure; pur senza ritorno, sole le ultime nel recente passato. Cui vietato pensare. Se intende davvero raggiungere l’isola, deve poter sfruttare le proprie forze di ragazza in forma; meglio aggrapparsi a visualizzazioni positive: mamma Sue, i fratellini Van e Pitt, i nonni, il ricordo del padre Fael Ash sparito da settimane, quelli del quartiere Benvenuti. Memorie care... dove però rischia altrettanto l’annegamento, scivolandovi poiché non rivedrà mai più nessuno d’essi; e zavorre, riconducendola fatalmente a quando s’è infilata in quest’irrimediabile guaio: di solito abile ad autofinanziare la sua rivoluzione e redistribuire sopravvivenza nel Benvenuti regolato come il grosso del mondo dalla mietitrice miseria, stavolta invece è stata doppiamente fottuta dopo offertasi oggetto sessuale per rubare ma durante il misfatto post-coitale beccata, arrestata e condannata all’ergastolo sull’isola Mèntoh.

    Ton-Do

    Onde da ovest avvicinano ciclicamente Mia all’isola, però verso le rocce frastagliate d’un costone che deve sforzarsi il doppio per aggirare: ha nell’opaco mirino la spiaggia intravista in lontananza a sud. Pure l’esser rimasta scalza coi soli jeans e t-shirt in quest’imprevista traversata natatoria per iron-men è una fortuna; acida: bonus finale alla lettera, l’isola Mèntoh. Nemmeno vuol scoprirlo, se deserta. Poco motivante, l’esca in mano alla sopravvivenza: sbattersi strenuamente per baciare la terra d’un ergastolo (dai ‘sentito dire’) breve? Ha 25 anni, carni sode e sta nuotando fra correnti calde: ma nei dubbi quell’acqua diventa sempre più fredda, tanta ne è. Polpacci e addominali iniziano a irrigidirsi: cosa pretende quest’autoconservazione, la salvezza temporanea in una maratona comunque a perdere? Anche il ‘muscolo’ dello zoom mentale molla la presa, e scarrella indietro dal quartiere. Che rimpicciolisce, ingrandendosi quale riflesso d’una situazione globale.

    Stremata e rabbiosa, la popolazione su due terzi del pianeta Ton-Do; riguardo ai rabbiosi, per molti aspetti a causa loro.

    Nel nord dell’Horang, suo subcontinente più spregiudicatamente affaristico, cinquant’anni prima erano usciti dalle fasi teoriche nella ricerca dell’arma atomica.

    Gap presto colmato dal continente competitor militare per l’egemonia su metà Ton-Do: Chì-Tah, a est dell’oceano.

    Nucleare già maneggiato, nel terzo continente oltre i mari a ovest dell’Horang: non però gente da giocarci, i Gor-Hill frapposti a Chì-Tah da equidistanze d’acqua salata. Gor-Hill pure stavolta rimasti fuori dalle altrui beghe di bassa lega evolutiva, eluse coi preesistenti deterrenti; a monte, il buonsenso era bastato affinché non attecchissero in patria. S’erano comunque spesi, allorquando sentita puzza di bruciato dallo scervellarsi Horang e Chì-Tah per far nascere funghi atomici: sollecitandoli a comportamenti, una tantum, ragionevoli. Nondimeno avevano poi udito il forte e continuo grattamento degli altri due, cresciuta la ‘spora’: irresistibile il prurito sul bottone, una volta vista la bomba all’opera non più solo nei documentari dei test Gor-Hill; e malgrado tutto quello.

    In Horang e Chì-Tah alcuni avevano scongiurato di no: se troppo, erano svaniti; e nemmeno troppo misteriosamente. Una prova si doveva fare, di omicidio-suicidio; solo il secondo, per chi s’era permesso d’interferire.

    Arrischiata la vita nei due continenti e secondo natura a tutto tondo, dai Gor-Hill era scattato l’ultimatum; minaccia raramente usata, pertanto credibile: Horang e Chì-Tah, dopo trastullati coi preliminari del bruciante flirt nucleare, avevano dovuto ricomporsi smantellandone gli armamenti.

    Conflitto spostato sui mercati. Fra i due, subissati dai rovinosi effetti delle radiazioni, favoriti dal pronostico i lungamente allenati a speculare Horang. Riavviate le economie, i lottatori della fregatura c’avevano immediatamente messo KO gli aspiranti autarchici Chì-Tah; decenni in là, il manrovescio: al riflusso della crisi Horang. Interdetti dall’atomica e dovendosene riprendere, costretti a sfilarsi dalle scaramucce nei paesi poveri del continente. Spiccioli, per commercianti d’armi, guerre e qualsiasi roba, presto arricchiti liberando il mercato interno dalla concorrenza: sbaragliata a colpi di deregulation, in una compravendita affare tra corruttori e corrotti. Spirale capitalistica tendente per forza centripeta a sbarazzarsi altresì di chi in grado di vivere senza lavorare: come le mezze stagioni, dei borghesi non ci sono più che ricordi; barrati al rinvenimento del cadavere, o identificati zombi. Spietato mercato Horang padre pazzo da cui generati e abbandonati figli a milioni detti vivi morenti, che ne hanno ereditato il morbo disarcionati mentre cavalcavano l’edonismo; sbalzati all’altro lato della barricata fra le masse finora briglie al morso, vagano in cerca di cibo: in quale posto cercare, se non alle proprie origini? Venendone respinti a fucilate, nell’epilogo di questa lunga guerra-lampo (tra corruzione, aggiotaggi, fallimenti, ricompre in nazioni senza più Stato). Battaglia campale che non guarda in faccia a nessuno: dai ceti intermedi, sparute resistenze supplementari. Inoltre, raro che sia dichiarata la scomparsa d’uno squattrinato; o che venga dato seguito alle denunce: di proletariato e sottoproletariato Horang s’erano già sparse le ceneri. Tradizioni Chì-Tah tolgono prima dal fuoco i poveri e ogni morto ammazzato. Lo smacco economico li aveva riattizzati bellicamente. Ma restava un popolo disunito di suo, sotto la bandiera lacera di lotte intestine combattute a sbranamenti. Poi, la minaccia Gor-Hill di non toccare l’atomica. Infine, daccapo senza un soldo per le ripercussioni della crisi Horang. Contro questi, da Chì-Tah, qualche disperato attacco terroristico via mare. Sporadicamente, aereo; non di kamikaze: siccome c’è zombi e zombi, col Chì-Tah tutt’altro che vivo morente, gli equipaggi sono composti da famelici cannibali intenzionati a raggiungere la stessa destinazione dei cuginastri Horang. Dai pochi a nord in breve impossessatisi di potere e poteri su due terzi di Ton-Do, manco sbriciolando in giro avanzi per tener vive fasce di consumatori: né quindi favorendo una ripresa Chì-Tah; o perpetuando in seno a sé sistemi pseudodemocratici che, nello sfamare elettori, fingessero di prestar orecchio a... cos’erano? Princìpi umanitari egualitari?

    Anche visto partire questo veloce avvitarsi predatorio, pensatori contemporanei Horang e Chì-Tah avevano tenuto presente essersi riprodotta la medesima dinamica omicida-suicida del conflitto nucleare; se insistentemente, pure loro oggi vittime della prima a conferma della seconda.

    Dapprincipio man mano; comodo con la bomba-H distruggere sùbito a vicenda gli atomi dei pacifisti, insieme a quelli di chi fino all’istante precedente: ‘Smidollati, paura di...? ’ A far rimpiangere anche la pseudodemocrazia ci sono voluti i decenni affinché l’espansione in quanto tale spostasse pericolosamente tutto il peso dentro sempre meno tasche; ma non più muovendo drappelli di mercenari a piedi e carri di legno, grazie ai mezzi moderni l’acchiappa-acchiappa Horang s’è acuito in un processo comunque rapido – paragonandolo alla storia dell’umanità in questo terzo di Ton-Do. Nel presente, per affermarvi princìpi umanitari egualitari – racchiudenti la prevenzione dello zombismo provando a salvare almeno la parte degli zombi che pare rispondere a certe cure? Si va automaticamente fuorilegge; scamparle obbliga alla guerriglia, e a una taglia sulla testa: preferibilmente morti. Altrimenti, a terminare il lavoro ci pensano gli oligarchi; quelli dai gusti sopraffini, di persona.

    Horang, Chì-Tah, Gor-Hill

    Mia Eloro ci sguazza, da brigantessa che avrebbero dovuto sbarcare all’isola Mèntoh; ed essendo cresciuta nel rifiuto della resa totale al sistema che l’ha fatta nascere povera fra poveri. Anticorpi al padronismo rafforzati nel crogiolo familiare e del quartiere Benvenuti, da cui veicolate umane affettività e appresa la generosità; oltre agli studi completi veri e propri, dacché l’intero nord-Horang aveva già semi azzerato il pubblico e reso pericolosi i tentativi d’andare a scuola e ritorno. Mia c’ha messo il coraggio in una mente aperta a raccogliere la sfida di chi le ha insegnato l’amore e ad avversare l’imperialismo schiacciasassi, accaparratosi dopo lunga e incessante lavorazione pure il copyright di questo crack finale; sopravvivendo contro il merkato, a ogni step della crisi la Eloro ha rivalutato il vantaggio d’esserne pratica: permetti, una formazione in miseria?

    Anche qui: è la rivoluzionaria in lei, dalla quale sgambettata in mare aperto, che tiene a galla; costringendo quella senza più voglia, come sempre, a lottare. L’imparò dal nonno: ‘Per tener viva la lotta, devi conoscere il nemico: quindi la storia’. ‘Ma pure la geografia’, aveva aggiunto la nonna.

    L’ordine sociale è un santino strappato della defunta democrazia, laddove di passaggio in Horang: esteso dalla zona boreale al torrido equatore, ospita nel temperato centronord e al vero e proprio settentrione spavaldi colonizzatori; specie degli spirituali legati alla terra del centrosud, nei secoli capaci di lasciare sospese parziali invasioni. Unicamente comparsate di semilibertà, a Chì-Tah: escluse pluricentenarie minoranze, dal caldo sud al nevoso nord sovente in lotta tra fazioni; e

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