Prima che venga il gelo
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Fantasy - racconti (52 pagine) - Arriva il momento in cui bisogna scegliere da che parte stare
Ven Sender è un pastore, non ha mai desiderato scoprire cosa si nasconde dietro l’orizzonte. Vive nei pascoli alti con le sue pecore, come hanno fatto suo padre e suo nonno prima di lui. La guerra civile, però, bussa alla sua porta con una forma inaspettata, quella della giovane Vilaya, strega coyranà, scomoda testimone del tentativo di omicidio del principe Amord del Leynlared. Ven è solo un pastore, non ha mai desiderato essere altro, ma ora farebbe qualsiasi cosa perché Vilaya lo guardasse con occhi diversi, anche nascondere un principe ferito che in troppi vogliono morti.
Adman Kalay è cresciuto nella locanda di sua madre. È soddisfatto della propria vita e non ha alcuna simpatia per il principe pervertito che non si rassegna a farsi uccidere, scatenando la guerra civile nelle già martoriate terre del nord. Ma quando gli viene messa in mano la spada di quel padre di cui non ha mai conosciuto il nome, Adman capisce che non può più continuare a vivere in locanda. Che gli piaccia o no, deve scegliere quale ruolo giocare nella guerra.
Ven e Adman sono due ragazzi qualunque di neppure vent’anni, non certo eroi, grandi guerrieri o maghi, eppure si troveranno in mano le sorti della guerra.
Continuano con i racconti Prima che venga il gelo e Il posto della spada, contenuti in questo ebook, le Cronache delle Ley, i cui primi capitoli sono narrati ne La spada di Emarana e La luna delle foglie cadenti.
Antonella Mecenero vive col marito a Briga Novarese (No) dove insegna e collabora con l’Associazione Ecomuseo del Lago d’Orta.
Ama correre lungo sentieri reali e immaginari dove trova spesso delle storie da raccontare. Il suo primo romanzo, La roccia nel cuore, un giallo ambientato sul Lago d’Orta, è stato pubblicato nel 2013 da Interlinea Edizioni. Ha poi pubblicato nella collana Baker Street Collection il romanzo apocrifo Sherlock Holmes e il mistero dell’uomo meccanico (Delos Books, 2014).
Suoi racconti sono apparsi sul Giallo Mondadori, riviste (tra cui la Sherlock Magazine) e antologie come Delitti d’Acqua Dolce (Lampi di Stampa, 2012) e Giallo Lago (Eclissi Editrice, 2013).
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Prima che venga il gelo - Antonella Mecenero
Prima che venga il gelo
Era stata tutta colpa del cane.
Se Puk non fosse fuggito per consumare il suo amore impossibile con la femmina di segugio di lord Naris, già destinata a figliare con altri blasonati e argentei segugi, Ven non si sarebbe preso a male parole con il figlio del lord. Se il figlio del lord non fosse stato un infame bastardo, ovviamente, la discussione non sarebbe degenerata in rissa. Se il figlio del lord fosse stato appena un po’ più uomo, poi, non si sarebbe fatto rompere il naso da Ven e, sopratutto, non sarebbe andato a piangere per questo dal paparino. Quindi lord Naris non avrebbe mandato il suo scagnozzo a bussare alla porta dei Sender per chiedere ammenda per il naso del primogenito e per l’onore della femmina di segugio. Se Jug Sender non fosse già stato indebitato non si sarebbe arrabbiato così tanto per quell’ulteriore spesa e non avrebbe spedito Ven in esilio intere lune su nei pascoli autunnali, ai piedi dei monti Dari. E se Ven non fosse stato consapevole di quanto disperata si fosse fatta la situazione della famiglia, forse non ci sarebbe andato comunque, a costo di fuggire di casa. Ormai, però, sarebbe bastato pochissimo perché suo padre non fosse più in grado di pagare i debiti e dall’insolubilità alla prigionia in miniera il passo era breve. Sarebbe sparito come zio Dan, di cui da due anni nessuno aveva notizie.
Ven e Puk erano partiti senza protestare troppo.
Le pecore del nord sanno resistere all’inverno e alla neve e più a lungo stanno al pascolo e più la loro lana diventa morbida e preziosa. Se Ven avesse mantenuto il gregge al pascolo finché sul fiume non fosse arrivato il gelo, forse avrebbero ricavato dalla lana abbastanza da ripagare i debiti.
Questo, però, voleva dire lune intere sulle colline erbose, senza altra compagnia che quella delle pecore e di Puk. A diciott’anni, persino le miniere prigione sembravano più allettanti.
Mentre a Portorso il leylord sbarcava in pompa magna insieme al figlio e alla corte per visitare la Ley del Nord, Ven portava le pecore ad abbeverarsi sotto la cascata.
Mentre il leyler organizzava spettacoli e feste in occasione dell’arrivo del leylord in tutti i centri urbani della Ley, Ven si assicurava che nessuno degli agnelli si perdesse.
Mentre chiunque ne avesse l’opportunità andava ad assistere al corteo reale che si spostava dalla costa alle zone di caccia sui monti Dari, ad appena qualche decina di miglia a monte dei pascoli dei Sender, Ven si prendeva cura di un ariete che si era azzoppato.
Ogni mattina in quelle giornate sempre più brevi, usciva dal capanno seminterrato e trovava lo stesso identico paesaggio. L’erba sotto la brina notturna, i contorni scuri delle montagne e le pecore.
Quella particolare giorno, tornando verso il capanno dopo il giro mattutino, tuttavia, Ven trovò davanti alla porta un gruppetto di persone.
Puk aveva preso ad abbaiare come un matto, con il suo abituale coraggio che lo portava a mostrare i denti e il pelo irto stando ad almeno cinque passi dal nemico. Questo voleva dire se non altro che non si trattava di un’allucinazione dovuta all’eccessiva solitudine.
Erano in quattro e lui non aveva neppure un bastone, pensò Ven quando si rese conto che si trattava di nomadi Coyranà.
Avevano tutti quella strana carnagione grigia, color delle rocce, che li faceva sembrare umani solo in parte. Vestivano con abiti di pelli e sete rosse che lasciano scoperte le braccia, nonostante l’aria già profumasse d’inverno.
C’erano due vecchi, un uomo e una donna, con rametti e piume intrecciati nei capelli grigi, un giovanotto alto perfettamente in grado battersi con Ven e forse di avere la meglio, e una ragazza più o meno della sua età. Anche lei aveva la pelle color della pietra, ma Ven ritrattò subito il pensiero precedente. Nessuna ragazza, mai, gli era sembrata più femminile. C’era da ringraziare il loro abbigliamento leggero, che lasciava perfettamente intuire le curve del corpo. Persino le ossa di uccello legate ai suoi capelli scuri sembravano graziose.
– Volevamo sapere se avevi una pecora da vendere, macellata – disse il vecchio.
Ven rimase perplesso.
I Coyranà, i figli del vento, non avevano nulla da spartire con la gente delle Ley. Ballavano, cantavano, portavano notizie e ripartivano, come uccelli migratori. Non compravano nulla o quasi nei villaggi. Era opinione comune che rubassero quasi ogni cosa, compresi i bambini.
– Le mie sono pecore da lana – rispose Ven.
Se glielo avesse chiesto la ragazza, avrebbe regalato anche tutto il gregge.
– Abbiamo buone monete, conio del nord e dell’est, come preferisci. Abbiamo bisogno di cibo per spostarci in fretta e paghiamo bene.
– Che differenza c’è tra le monete del nord e quelle dell’est? – chiese Ven. – Un delfino d’argento del nord vale come una spiga d’argento dell’est.
– Non lo sai? Il leylord è morto. Le Ley si faranno guerra.
Ven sperò di non essere rimasto con la mascella spalancata. I Coyranà mentivano su tutto, ma quasi mai sulle notizie che portavano. Il leylord, signore delle quattro Ley, era morto. Doveva essere accaduto a due passi da lì, mentre lui contava le pecore.
–