Lettere: In tempo di guerra
By Benedetto XV
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Lettere - Benedetto XV
Benedetto XV
Lettere
In tempo di guerra
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Indice dei contenuti
COMMUNES LITTERAS
C’EST AVEC UN
GRATUM EQUIDEM
PONTIFICATUM SECRETO
NOBIS, AD CATHOLICAM
EX QUO PONTIFICATUM
CUM DE FIDELIBUS
SUL NOSTRO CUORE
OPINIONEM QUAM
ALLATUM NUPER
CERTIORES QUOTIDIE
ERA NOSTRO PROPOSITO
AL COMPIERSI DEL DECIMO
CI GODE L’ANIMO
LETTERA ALL'ARCIVESCOVO DI ERACLEA
HAERENT ANIMO
FULDAE, SICUT VOBIS
NON SOLUM
DI ALTISSIMO PREGIO
QUONIAM AFRICANARUM
EPISTOLA AL TREMENDO CONFLITTO
IL DEVOTO INDIRIZZO
ACCEPIMUS VOS
COMMISSO DIVINITUS
LEGENTES VESTRAM
I NUOVI MOTIVI
PIETÀ PROFONDA
COMPLURIBUS QUIDEM
IL 27 APRILE 1915
DUM ACERBAE LACRIMAE
QUOD NUNTIAS
AI CAPI DEI POPOLI BELLIGERANTI
NATALIS TRECENTESIMI
LITTERIS, QUIBUS
ADMODUM DELECTARUNT
IN MAXIMIS
SALESIANI INSTITUTI
MAXIMAS INTER
DUM TANTA POPULORUM
LITTERIS APOSTOLICIS
NEL GRAVE PERIODO
ANIMUS TUUS
DOPO GLI ULTIMI
INTER EGREGIAS
QUUM ANNUS COMPLERETUR
MULTIPLICES QUIDEM
Lettera al Presidente tedesco, Friedrich Ebert (2 aprile 1919)
COMMUNES LITTERAS
QUAM QUOAD
DIUTURNI LUCTUOSISSIMIQUE
NEL DECORSO
EGREGIAM PIETATEM
QUOAD HUNGARIA
AMOR ILLE SINGULARIS
CON VIVA SODDISFAZIONE
CELEBERRIMA EVENISSE
QUANDOQUIDEM NON
PAR L’INTERMÉDIAIRE
CUM IN CATHOLICAE
SOLITI NOS
QUAMQUAM SATIS
LA NOTIZIA
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LIBENTER ADMODUM
CUM DE POLONIAE
PLANE INTELLIGIMUS
LA SINGOLARE
CUM SEMPER ROMANI
CUM SEMPER, UT IPSI
IL DOLORE
UBI PRIMUM
OPTIMUM SANE
EX IIS LITTERIS
INDULGENZA
NON SENZA VIVO
LE NOTIZIE
AL PRINCIPE CAMILLO FRANCESCO MASSIMO
SAEPE NOBIS
A BARTOLO LONGO
Benedetto XV
Lettere
In tempo di guerra
(1914-1922)
*
Digital Edition 2020
Passerino Editore (a cura di)
Gaeta 2020
COMMUNES LITTERAS
al Cardinale Francesco di Paola Cassetta, sull'importanza della lettura e del commento dei libri sacri all'interno delle famiglie (8 ottobre 1914)
Venerabile Fratello Nostro,
salute e Apostolica Benedizione.
La lettera collettiva e le attestazioni di affetto che, su tua iniziativa, gli egregi membri della Pia Società di San Girolamo, che tu dirigi con zelo, Ci hanno inviato nell’annua ricorrenza del loro celeste Patrono sono state ricevute da Noi, con Nostro grande piacere, il giorno stesso di San Girolamo, e ne abbiamo provato vivissima gioia. Infatti, se Ci sono care le opere di religione e di carità cristiana che fioriscono in tutto il mondo, e specialmente a Roma, graditissime invero giungono quelle di coloro con i quali abbiamo cooperato Noi stessi o all’inizio o nel successivo sviluppo.
Peraltro, non soltanto per questo titolo Ci è caro raccomandare la Società di San Girolamo, ma particolarmente per il suo fine, utile senza dubbio in ogni epoca, ma, come è ben evidente, soprattutto nel tempo presente. Infatti l’esperienza insegna, più di quanto occorra farne menzione, che tutti gli errori dell’umana società hanno origine dal fatto che la vita, la dottrina e le opere di Gesù Cristo sono cadute nel più profondo oblìo, e gli uomini omettono di ispirare ad esse le loro azioni quotidiane.
Non può dunque esservi dubbio alcuno che fanno opera sommamente vantaggiosa per formare gli animi alla cristiana perfezione coloro i quali, come voi fate, attendono alacremente alla diffusione dei santi Vangeli di Dio, ed abbiamo quindi motivo di rallegrarCi con tutti voi e con te principalmente, Venerabile Fratello Nostro, non solo dell’impresa ottima in sé, e a Noi graditissima, ma anche dello zelo con cui in questi anni, come vediamo, vi siete impegnati per diffondere i libri santi in quantità maggiore e in edizione più accurata. Desideriamo ardentemente e auspichiamo che dalla vostra attiva solerzia non ricaviate soltanto questo frutto, ossia una larghissima diffusione dei libri dei Vangeli, ma possiate anche ottenere il vantaggio, che è fra i principali Nostri ideali, che i libri sacri entrino nel seno delle famiglie cristiane, ed ivi siano come la dramma evangelica, che tutti cerchino attentamente e gelosamente custodiscano, in modo che tutti i fedeli si abituino a leggere i santi Vangeli e a commentarli ogni giorno, imparando bene « a vivere degnamente, in tutto conformi alla volontà di Dio ».
Auspice dei doni celesti e pegno della Nostra benevolenza sia l’Apostolica Benedizione che, con vivo affetto nel Signore, impartiamo a te, Venerabile Fratello Nostro, ed ai membri della Società sopra ricordata.
Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 ottobre 1914, anno primo del Nostro Pontificato.
C’EST AVEC UN
al Cardinale Luigi Luçon, Arcivescovo di Reims, in segno di partecipazione al dolore della popolazione di Reims, occupata dalle truppe tedesche (16 ottobre 1914)
Caro Figlio,
salute e Benedizione Apostolica.
È con un interesse tutto particolare che abbiamo preso conoscenza della lettera che avete avuto la cortesia d’indirizzarCi il 3 ottobre, e della quale vi ringraziamo vivamente.
Se è motivo di profonda angoscia per la Nostra anima assistere, dall’inizio del Nostro Pontificato, ai tristi avvenimenti dell’ora presente, è per Noi altrettanto penoso averne udito da voi, caro Figlio Nostro, un’eco dolorosa, e lo scrivervi, per la prima volta, in circostanze e per motivi così poco confortanti.
Noi non abbiamo mancato di seguire, con una particolare attenzione, le notizie dei gravi avvenimenti dei quali l’antica ed illustre città di Reims, vostra Sede episcopale, è stata recentemente il teatro; Noi vi siamo grati di averCi dato una relazione dettagliata di tali avvenimenti e di averli esposti esattamente.
Siate assolutamente certo, caro Figlio Nostro, della Nostra vivissima partecipazione al profondo dolore che vi causano la vista di tanti mali e la preoccupazione delle funeste conseguenze della guerra sotto il profilo religioso ed artistico, nonché dal punto di vista materiale della vostra cara diocesi, tanto provata.
Implorando sulla vostra persona, sul clero e sui fedeli affidati alla vostra cura pastorale, abbondanti favori e consolazioni celesti, tanto necessari e desiderati in mezzo alle presenti angosce, Noi impartiamo a tutti, con effusione di cuore, e a Voi in particolare, caro Figlio Nostro, la Benedizione Apostolica.
Roma, dal Vaticano, il 16 ottobre 1914.
GRATUM EQUIDEM
al Cardinale Felice De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, in occasione dell'equiparazione del trattamento riservato ai sacerdoti francesi prigionieri di guerra, a quello previsto per gli ufficiali dell'esercito (18 ottobre 1914)
Diletto Figlio Nostro,
salute e Apostolica Benedizione.
Abbiamo ricevuto da te il gradito annuncio che Sua Maestà l’Imperatore di Germania, accogliendo le tue preghiere, ha stabilito che i sacerdoti di Dio appartenenti all’esercito francese i quali si trovano prigionieri in Germania siano trattati come gli ufficiali dell’esercito.
Per la verità, in questi tempi di amarezza, mentre vediamo che quasi tutta l’Europa, devastata dal fuoco e dal ferro, rosseggia del sangue dei Cristiani, e lo spettacolo immane di questa guerra pervade d’indicibile dolore il Nostro animo, quanto Ci hai segnalato recentemente Ci ha recato non lieve conforto. Da queste notizie abbiamo infatti compreso chiaramente di quale amore di carità sia animato il tuo animo verso coloro che sono uniti a te dal vincolo del sacerdozio. Ciò Ci persuade che la tua insigne carità non si estenderà soltanto ai sacerdoti francesi prigionieri ma, per quanto sarà possibile, a tutti coloro che, senza eccezione di religione o di nazionalità, sono detenuti nel tuo paese, e principalmente a quanti sono malati o feriti, affinché le loro sofferenze siano alleviate e si provveda alla loro salute spirituale.
Quest’opera di carità, se evidentemente è propria di tutti gli uomini, in particolare appartiene ai ministri di Dio e a tutti i religiosi. Pertanto Noi confidiamo che il tuo preclaro esempio sia imitato da tutti coloro che si gloriano del nome cristiano, soprattutto dai vescovi e dai sacerdoti cattolici, e che questo avvenga non solo in Germania, ma nelle altre regioni dove possono giungere profughi e prigionieri, specialmente se ammalati o feriti.
Frattanto, quale auspicio dei premi celesti e quale testimonianza della Nostra benevolenza, a te, diletto Figlio Nostro, al clero e al popolo affidato alle tue cure impartiamo affettuosamente nel Signore l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 ottobre 1914, anno primo del Nostro Pontificato.
PONTIFICATUM SECRETO
al R.P.D. Giuseppe Mora y Del Rio, a proposito del grave stato della Chiesa Messicana (25 ottobre 1914)
Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.
Prendendo possesso del Pontificato per arcana volontà di Dio, abbiamo provato una profonda angoscia per quella orribile guerra che già da tempo irrora di sangue umano i campi di quasi tutta l’Europa; tuttavia, come se già non fossimo afflitti oltre misura, Ci giungono tante notizie da codeste lontanissime regioni, circa lo stato della Chiesa Messicana, che a Noi procurano grandi preoccupazioni. Certamente abbracciamo te, Venerabile Fratello, e gli altri Vescovi di codesta Repubblica con quell’affetto per il quale abbiamo in comune con voi le tribolazioni che sopportate. Uniamo pertanto di cuore le Nostre preci alle vostre affinché, per grazia di Dio misericordioso e per intercessione della Beata Vergine di Guadalupa, si compongano una buona volta presso di voi le discordie intestine, e possiate tutti godere di una pacifica convivenza civile. Non abbiamo alcun dubbio che tale possa essere l’imminente futuro se i vostri concittadini, e in primo luogo il clero, affineranno in qualche modo i loro sentimenti cristiani e cercheranno di placare Dio sopportando con umiltà le sventure.
Poiché in verità è inevitabile che grandi calamità facciano seguito a tanto sconvolgimento, non vogliamo che a voi venga a mancare la testimonianza della Nostra solidarietà. Spiacenti che la condizione presente della Sede Apostolica Ci vieti una maggiore liberalità, abbiamo deciso di ridurre in parte il vostro pesante onere e perciò vi mandiamo una certa somma di denaro che voi stessi destinerete a favore del culto divino e a sostegno sia del clero e delle congregazioni religiose, sia delle opere cattoliche, a vostra discrezione.
Aggiungiamo i Nostri voti, con i quali auspichiamo che quanto prima una pace ristoratrice arrida a codeste regioni. Per propiziarla, e come testimonianza della Nostra benevolenza, impartiamo affettuosamente a te, Venerabile Fratello, agli altri Vescovi della Chiesa Messicana, al clero e ai vostri fedeli l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 ottobre 1914, nel primo anno del Nostro Pontificato.
NOBIS, AD CATHOLICAM
al reverendo padre don Pasquale Morganti, in occasione del VI centenario della morte di Dante Alighieri (28 ottobre 1914)
Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.
A Noi, chiamati recentemente al governo della Chiesa cattolica (per quanto immeritamente) dall’eterno Fondatore della Chiesa stessa, tu hai voluto offrire una testimonianza di devozione e di deferenza, anche a nome del Comitato che sta preparando le solenni celebrazioni in onore del divino Alighieri, mentre sta per compiersi il sesto secolo da quando quella splendida luce dei poeti si è spenta in codesta antichissima città. Proprio questa prova di venerazione e di amore verso di Noi richiede che da Noi sia espressa la profonda soddisfazione dell’animo Nostro, derivante dalla tua cortesissima lettera e che a te e ai membri della stessa commissione porgiamo molti ringraziamenti. Per quanto riguarda la vostra nobile iniziativa, pensiamo che anzitutto sia doveroso riconoscere che i Nostri illustri Predecessori, di cui cerchiamo di seguire le orme, hanno sempre protetto le belle arti e le lettere, e hanno colmato di meritate lodi e di onori quegli uomini che per acume d’ingegno e per vastità di cultura diedero lustro al loro secolo e affidarono all’eternità il loro nome.
Nel numero di costoro è da ascrivere certamente l’Alighieri, cui non sappiamo se alcun poeta può essere paragonato dopo quell’Omero degli antichissimi tempi.
Ma inoltre (e ciò è più importante) si aggiunge una certa particolare ragione per cui riteniamo che sia da celebrare il suo solenne anniversario con memore riconoscenza e con grande concorso di popolo, per il fatto che l’Alighieri è nostro. Infatti il poeta fiorentino, come ognuno sa, congiunse l’amore per la natura all’amore per la religione e conformò la sua mente ai precetti desunti dall’intima fede cattolica e nutrì il suo animo con i più puri ed elevati sensi di umanità e di giustizia. Che se poi, afflitto dalle amarezze e dalle tribolazioni dell’esilio e sospinto dallo spirito di parte, parve talora allontanarsi dalla equanimità di giudizio, tuttavia non avvenne mai ch’egli deflettesse dalle verità della dottrina cristiana. Infatti chi potrà negare che il nostro Dante abbia alimentato e rafforzato la fiamma dell’ingegno e la virtù poetica traendo ispirazione dalla fede cattolica, a tal segno che cantò in un poema quasi divino i sublimi misteri della religione? Non vi è dunque alcuno che non riconosca il dovere di celebrare un nome così insigne con una riconoscente commemorazione e con la massima ammirazione da parte di tutti i cattolici ovunque si estende la terra. Il programma delle celebrazioni che Ci hai sottoposto, elaborato dal predetto Comitato con lo scopo di commemorare degnamente, da parte dei cattolici, il sesto centenario della morte dell’Alighieri, è di tale importanza che non si può immaginare nulla di più degno. Infatti, per onorare giustamente la memoria del poeta, che per l’eccellenza del suo canto meritò il titolo di divino, e che in versi, né prima né poi uditi, tramandò altissime verità di fede, che cosa vi può essere di più appropriato che restaurare e decorare con maestria il tempio dove egli, negli ultimi momenti della sua vita, innalzò l’animo a Dio, dove furono resi giusti onori alla sua salma, dove le sue gloriosissime spoglie riposano in pace?
Dunque, per due motivi approviamo caldamente quel programma di celebrazione e di onoranze che voi avete elaborato; essendo esso strettamente congiunto alla fede cattolica, non solo si accorda del tutto con i cattolici, ma corrisponde perfettamente alla religiosità dell’immortale poeta. Perciò facciamo sinceri voti perché tra tutti i cattolici, anche se dispersi in lontane regioni, sorga una nobile e generosa gara per celebrare la memoria del sommo vate; e questo giovi al nome cristiano e risulti degno dell’immortale poeta. Per quanto Ci riguarda, non vogliamo che manchi al vostro proposito e alla vostra iniziativa, intesa a preparare le celebrazioni dell’Alighieri con grande e adeguata solennità, quel consenso che recentemente avete ottenuto anche dal Nostro Predecessore Pio X di felice memoria. Ma siccome abbiamo intenzione di offrire il nostro obolo (secondo le possibilità della Sede Apostolica) per restaurare la casa di San Francesco in modo che essa, restituita all’antica dignità esteriore e allo splendore dell’arte originaria, diventi più maestosa e più degna delle ceneri di un uomo tanto grande, abbiamo deciso di erogare dieci mila lire italiane e abbiamo disposto che ti siano inviate. Frattanto, come propiziatrice dei doni celesti e come testimonianza della Nostra benevolenza, a te, venerabile Fratello, al clero e a tutti i fedeli a te affidati impartiamo con amore nel Signore l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 ottobre 1914, nel primo anno del Nostro Pontificato.
EX QUO PONTIFICATUM
al reverendo padre don Nicola Dobrecic per prestare soccorso ai prigionieri di guerra nella Diocesi di Antivari (8 novembre 1914)
Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.
Da quando iniziammo il Pontificato, Ci impegnammo, nei limiti delle Nostre forze, di suggerire qualche rimedio alle sciagure di questo amarissimo conflitto. In proposito, saprai certamente che di recente abbiamo inviato una lettera al Nostro diletto Figlio il Cardinale presbitero di S.R.C. Felice De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, con la quale non solo attribuimmo a sua lode il fatto di aver ottenuto dall’Imperatore di Germania che i sacerdoti francesi prigionieri fossero trattati in modo conforme alla loro dignità, ma lo abbiamo anche esortato caldamente ad assistere, secondo gli obblighi della carità, tutti i prigionieri senza distinzione di religione, nazionalità e grado, e in particolare gli ammalati o i feriti. Ora poi vogliamo che tu, secondo le tue forze, assuma costì questo stesso impegno, in quanto, venerabile Fratello, ti si apre un uguale campo in cui puoi esercitare la tua pietà. Fa in modo dunque, imitando l’amore di Cristo, Principe dei Pastori, che « passò beneficando e risanando tutti », di rivolgere lo sguardo e di aiutare affettuosamente i soldati che sono detenuti presso di voi come prigionieri di guerra, e soprattutto coloro che richiedono per