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Lost Love: Custodi Vol. II
Lost Love: Custodi Vol. II
Lost Love: Custodi Vol. II
Ebook177 pages1 hour

Lost Love: Custodi Vol. II

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About this ebook

Nathaniel si unisce ai Persi e con un manipolo di angeli va in cerca di Adriel che sebbene umana, ha mantenuto intatti i suoi ricordi.
I due non riescono a ricongiungersi poiché Nathaniel viene ferito dai Riportatori mentre Adriel viene consegnata ai Sorveglianti, cerchia fedele ai Guardiani.
Le viene intimato di scegliere un profilo di vita, si oppone e viene massacrata, si salva solo grazie all’aiuto di Anthares, Custode della Morte.
La sua parte umana inizia a prendere il sopravvento perciò Adrienne e Adriel  iniziano ad agire come due entità distinte in un unico corpo, mentre la prima cerca indizi sul suo passato e un posto nel mondo, l’altra cerca disperatamente un modo per salvare i Persi, catturati in massa dai Riportatori e rinchiusi nelle prigioni angeliche.
LanguageItaliano
Release dateMar 25, 2020
ISBN9788835393474
Lost Love: Custodi Vol. II

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    Lost Love - Claudia Di Lillo

    Claudia Di Lillo

    Custodi

    LOST LOVE

    Romanzo

    Copyright © 2020 Claudia Di Lillo

    Copyright cover ©Claudia Di Lillo

    All rights riserve.

    È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale

    Non si è mai lontani abbastanza

    per trovarsi

    Alessandro Baricco

    1

    Con me o contro di me

    NATHANIEL

    Irruppi nel rifugio dei Persi, preda della più sconvolgente rabbia che avessi mai provato. Tutti si voltarono a guardarmi; avevo gli occhi furenti e le mascelle serrate e, prima ancora di sputare fuori le parole, loro avevano capito tutto.

    Dovevamo cercare Adriel, dovevamo trovare un modo per riportarla indietro, non avevo nessuna intenzione di aspettare duecento anni per riaverla.

    Custodi, Domini e l’unico Difensore presente, avevano gli occhi fissi su di me come se stesse per accadere qualcosa. Cercai Axael e vidi che gli angoli delle sue labbra erano piagate in un sorriso. Tutti questi angeli non erano semplicemente immobili, erano in attesa.

    Le mie ali si distesero con uno schiocco secco e un dolore acuto mi dilaniò la schiena. Il mio intero corpo tremò e i ghirigori angelici si modificarono. Capii che stavo cambiando, che mi stavo trasformando in uno di loro.

    Un Perso.

    Non avevo più nulla per restare dall’altra parte, ma motivi a sufficienza per combattere contro i Guardiani.

    Le piume si distesero e le ali si allungarono cambiando repentinamente colore.

    «Ti servono vestiti nuovi» disse uno di loro.

    «E armi» gli fece eco un altro ma io protestai.

    «Non c’è tempo per questo, dobbiamo intercettare Adriel prima di loro. Non riesco a definire esattamente la sua posizione, mi servirà il vostro aiuto per trovarla».

    «Un passo alla volta Nathaniel, ci sono molte cose che ignori» avanzò Axael.

    «Dimmele e andiamocene».

    «Non è così semplice, se ci spostiamo tutti in una volta, possono rintracciarci con più facilità e poi qualcuno deve restare a proteggere il rifugio. I riportatori non aspettano che questo; trovarci impreparati e indifesi.».

    Feci un vigoroso respiro. Non potevo attendere; ero stato umano e sapevo che dovevo agire subito, Adriel poteva correre pericoli che gli altri neppure sospettavano.

    «Equipaggiamoci subito - dichiarai - e dividiamoci in due gruppi. Uno resterà qui, l’altro verrà con me in ricognizione. Il primo che la trova mi avvisa».

    «E poi? - m’interruppe Rajabel - Che cosa facciamo una volta trovata?».

    «La portiamo qui».

    Tutti gli occhi si spostarono su Axael. Il rifugio era una sua invenzione e solo lei poteva concedere il permesso per entrarvi, soprattutto a un’umana.

    Mi guardò e alla fine annuì ma prima che mi dissolvessi nell’aria, Ambrosiah mi bloccò.

    «Non puoi andare in ricognizione così Nate, lasciatelo dire».

    Spostai lo sguardo su di lei che mi esaminava appoggiata al bordo di uno specchio. Poi guardai me stesso.

    Indossavo ancora la tunica azzurra e il mantello, mentre tutti loro avevano un abbigliamento molto più funzionale.

    «Ti conviene cambiarti se non vuoi soccombere alla prima missione, quel mantello è estremamente vistoso».

    Udii qualcuno ridere dall’altra parte della sala.

    Slacciai il mantello e lo lasciai cadere a terra, liberandomi di una vecchia parte di me.

    «Dove posso trovare qualcosa di più adatto?» chiesi ironico.

    Ulian mi affiancò «vieni con me».

    Lo seguii non rendendomi subito conto di dove stessimo andando. Il rifugio per quanto spazioso era pur sempre un rettangolo privo di pareti e divisori. Tutto era davanti ai nostri occhi e non vedevo nulla che potesse contenere vestiario.

    Superammo la zona destinata all’allenamento e mi fermai. Non c’era nulla oltre. Solo la parete zigrinata di metallo.

    Ulian mi fece un mezzo sorriso e proseguì svelto, sparendo oltre il divisorio.

    Mi affrettai a seguirlo, ritrovandomi in un’altra stanza.

    «Axael ha pensato a una ricollocazione degli spazi» ridacchiò lasciandomi solo.

    Sulla sinistra, in appositi scaffali erano ammassati diversi capi di vestiario ma per il resto nella stanza c’erano solo armi.

    Feci scorrere le dita tra i diversi mucchi di abiti monocromatici e tirai fuori un paio di jeans e un gilet di pelle con cappuccio che mi avrebbe lasciato scoperti i ghirigori angelici sui bicipiti.

    In perfetto black style come ogni Perso, mi aggirai nell’armeria cercando un’arma con cui sentirmi a mio agio durante un combattimento. Di solito solo i Domini possedevano armi, perché erano loro a combattere contro i demoni, ma adesso che temevamo per il funzionamento dei nostri poteri, un ulteriore strumento di attacco era da considerarsi necessario.

    Scelsi due pugnali, affilati e maneggevoli.

    Non c’era altro che dovessi fare.

    Tornai nella sala principale e vidi che Axael aveva già formato i gruppi.

    Nitael, Rajabel, Arkel e Lorel mi avrebbero seguito.

    Gli feci cenno di andare e loro si mossero al sincrono con me.

    Adriel sto arrivandodissi sperando che potesse ancora udirmi e sparimmo tutti e cinque alla vista.

    2

    Umana

    ADRIEL

    Le ciglia batterono, si mossero e infine si sollevarono adagio. La pupilla si dilatò e si restrinse cercando di adattarsi al buio.

    La mia mente era un concentrato d’immagini frammentate, mi sovvenne un fragore di ali dilaniate e capii di essere precipitata sulla Terra come un perfetto angelo caduto.

    Con sforzo sollevai il busto e poi mi misi in piedi ma era difficile stare in equilibrio, mi sentivo schiacciata dalla gravità e il vuoto dietro la schiena era così evidente da farmi venire le vertigini.

    Sollevai un braccio per allontanare i capelli dal viso, dovevo capire dove fossi finita.

    La stanza che occupavo era vuota e buia, puzzava di muffa e a pochi metri c’era una porta metallica.

    Abbassai la maniglia ritraendo all’istante la mano, il tatto era così diverso adesso che mi sembrava di non aver mai toccato nulla in vita mia. Passai attraverso l’apertura ritrovandomi in un corridoio illuminato da neon. A giudicare dalle tubature che vedevo scorrere lungo le pareti, dovevo essere in un sotterraneo, in una fogna forse.

    Non c’era nessuno ma iniziavo a percepire l’eco di una musica. Mi mossi lambendo la parete con il palmo della mano. Non mi sentivo stabile e la vista continuava a offuscarsi ma i suoni erano nitidi e sentivo la musica divenire più forte, distinguevo i bassi e le parole di quello che mi parve un pezzo house.

    Il corridoio, svoltato l’angolo, iniziò a riempirsi di ragazzi. Non fecero troppo caso a me e io proseguii nella direzione da cui giungevano fino a trovarmi nel fulcro della ressa.

    Mi trovavo in una discoteca.

    Per un attimo guardai gli umani che ballavano in pista, i corpi che s’immergevano nel fumo bianco e le chiome che fluttuavano seguendo il ritmo.

    Io ero una di loro. Adesso, questo era il mio mondo.

    Mi ero sempre chiesta cosa si provasse a essere umani, era il mio turno di scoprirlo.

    Avanzai immergendomi nella calca, sentivo la musica percuotermi i timpani e il mio corpo rispondere al ritmo. Trascinata dalla musica e dai corpi che mi vorticavano intorno, iniziai a muovere le braccia puntandole verso l’alto.

    A ogni movimento ero scossa dai dolori alla schiena, e a ogni giravolta la mia mente si offuscava, ma andava bene, non volevo pensare ad altro, a nient’altro, solo per qualche minuto. Iniziai a ridere di gusto mentre gettavo la testa all’indietro e seguivo il vorticare di luci psichedeliche sopra di me.

    Qualcuno si avvicinò iniziando a ballare attaccato alla mia schiena. Mi voltai senza fermarmi.

    Nathaniel, avrei voluto che fosse Nathaniel, che fosse umano anche lui, che mi avesse seguito per concederci un’esistenza dove fossimo liberi di amarci. Invece questo ragazzo aveva gli occhi scuri e una cicatrice sopra l’occhio destro. Dov’era il suo Difensore quando se l’era procurata?

    «Dov’è la tua ragazza?».

    Volevo sapere se fosse stato sotto la mia custodia.

    «Non ce l’ho. Sono single» mi sussurrò all’orecchio.

    «Da quando?».

    «Da un po’» mi rispose vago.

    Risi facendo un’altra giravolta. «Meglio, tanto non c’è più nessuno a proteggere l’amore».

    Mi guardò titubante, dovevo apparirgli fuori di me, e in realtà era così che mi sentivo. Lo vidi spostarsi verso qualche preda più appetibile.

    «Attento a non innamorarti!» gli urlai dietro ma non mi sentì, il volume della musica sovrastava ogni altro suono.

    Lentamente mi spostai a lato della pista.

    Mi ero concessa un momento ludico, avevo ballato come un’umana qualsiasi che popolava questo mondo, adesso dovevo uscire da qui.

    Imboccai un corridoio sul lato opposto a quello da cui ero arrivata. Perché mai questa discoteca era in un sotterraneo? Doveva trattarsi di un rave illegale.

    Finalmente trovai il bagno e mi ci infilai dentro. Aprii il rubinetto buttandomi abbondante acqua sul viso, poi unii le mani a coppa per berne un po’.

    Sollevai lo sguardo sulla mia immagine riflessa nello specchio solo alla fine.

    Ero io. L’aspetto non era cambiato ma senza le ali apparivo esile. Indossavo ancora la veste angelica ma aveva perso la sua naturale luminosità e assomigliava più a un vestito leggero. Feci un respiro reggendomi al bordo del lavabo.

    Nonostante il posto in cui fossi e la mia condizione umana, avevo un vantaggio: ricordavo. In me c’era ancora una flebile traccia del custode che ero stata.

    Mi guardai intorno, in un angolo due ragazze consumavano la loro dose di coca, mentre una coppia faceva sesso dietro una delle tre porte chiuse a chiave.

    Senza ali e senza poteri i ricordi che mi restavano sarebbero scivolati via senza che potessi far nulla per afferrarli e la

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