E io pedalo... donne che hanno voluto la bicicletta
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E io pedalo... donne che hanno voluto la bicicletta - Donatella Allegro
Donatella Allegro
E IO PEDALO…
Donne che hanno voluto la bicicletta
Prima Edizione Ebook 2020 © Edizioni del Loggione, Modena-Bologna
ISBN: 978-88-9347-131-2
Edizioni del Loggione
Via Paolo Piave, 60 - 41121 Modena
http://www.loggione.it e-mail: loggione@loggione.it
Catalogo completo su www.librisumisura.it
img1.pngimg2.jpgDonatella Allegro
E IO PEDALO…
Donne che hanno voluto la bicicletta
INDICE
Prefazione
Il perché di un viaggio
«Guarda, c’è una donna in bicicletta!»
Pioniere
Annie Londonderry e le altre
Le italiane ai posti di partenza
Cicliste regali, cicliste letterarie
Alfonsina ha lacrime di giada
La Resistenza
Le donne fanno politica (pedalando)
Lo sport per tutte
Dal dopoguerra a oggi
Margherita Ianelli
Un’autobiografia
Sì, viaggiare...
Pedalare, raccontare
Una bici tutta per sé
Pedalare nel futuro
Donne che hanno voluto la bicicletta
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
Ringraziamenti
L’AUTRICE
A Nadia, che mi ha prestato la bicicletta
Prefazione
Hai voluto la bicicletta? E adesso pedala!
Pensando al volume di Donatella Allegro, è uno dei rari casi nei quali il detto popolare non mostra saggezza, né rende giustizia e profondità al fortissimo desiderio di emancipazione e libertà che la bicicletta ha significato per le donne; tutt’altro che un imperativo che si deve assolvere, magari controvoglia, ma una tenace volontà di entrare e rimanere nella sfera pubblica in sella alla bicicletta, reale e metaforica.
Attorno alla bicicletta come mezzo di trasporto, divertissement, strumento di lotta politica ed emancipazione, nonché di accesso alla pratica sportiva agonistica e per la propria salute e benessere, Allegro ricostruisce una panoramica efficace e dettagliata, multidisciplinare per approccio e fonti utilizzate, in grado di comporre una vera storia di una modalità compiuta dalle donne per la propria autodeterminazione.
La bicicletta come perfetta alleata delle donne che vogliono percorrere la propria strada, costruire il proprio percorso di identità e di libertà; donne che lo fanno attraverso questo mezzo, a volte neppure del tutto consapevoli del cammino che stanno costruendo per sé e per tutte le altre. Emblematico è l’esempio di come l’uso della bicicletta abbia portato a modificare l’abbigliamento femminile, andando incontro a un vestiario più pratico e che lasciava nei fatti più libertà al corpo e ai suoi movimenti, così come alla possibilità inedita di potersi spostare in autonomia con un mezzo che via via negli anni diventa sempre più alla portata di tutti e tutte, e per questo meno controllabile. Non è infatti un caso che le donne partecipino alla Resistenza partigiana nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale in sella alla bicicletta, sovvertendo lo stereotipo secondo il quale le donne non potevano combattere in guerra. Molte delle partigiane e delle staffette racconteranno poi il valore di quella esperienza di vita che le proietta in un mondo del possibile che non avrebbero probabilmente mai potuto contemplare e autorizzarsi a immaginare, senza aver preso parte alla Resistenza e percorrendo chilometri e chilometri in bicicletta, verso la Liberazione e la costruzione di una nuova Italia, della democrazia e della Repubblica; è in questo senso che si può dire che le donne siano entrate nella sfera pubblica in bicicletta, e non solo negli anni ‘40 e in Italia. La costante della bicicletta in questo volume ci racconta storie di riscatto a longitudini diverse e in differenti periodi storici, come una sorta di bussola che orienta e dirige la costruzione di progetti di vita inediti delle più diverse donne.
La bicicletta poi consente di riflettere in merito al diritto all’accesso alla pratica sportiva agonistica e non delle donne. Olympia
, la Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport, dichiara in più punti quanto le donne e gli uomini debbano avere le stesse opportunità di praticare diversi sport nell’arco della vita, avendo anche le medesime possibilità di partecipazione e rappresentanza nei processi decisionali e negli organismi dirigenziali dell’intero sistema sportivo. A rileggerla oggi, la carta Olympia pare quasi essere anche un omaggio alle pioniere dello sport e in particolare alla straordinaria storia di passione e tenacia che ci offre Alfonsina Strada, bolognese, prima e unica donna ad aver partecipato a un Giro d’Italia nel 1924. E nonostante questo esempio di avanguardia, il percorso nel mondo dello sport in Italia resta in salita, basti pensare che, ancora oggi, lo sport professionistico è precluso anche alle atlete più celebri e premiate che, pur facendo dello sport il proprio lavoro
, sono costrette a gareggiare da dilettanti, poiché nessuna federazione permette loro di accedere all’attività professionistica.
Un libro prezioso, questo, che cristallizza in maniera puntuale e con un’originale angolatura tematica quanto la promozione della parità sia una strada che le donne non hanno mai smesso di tracciare e che continuano a costruire. Per questo, affinché si possano continuare ad affermare e a diffondere i diritti è necessario che vengano definite le politiche: pubbliche, trasversali e organiche al sistema politico-amministrativo delle nostre Istituzioni. Infatti la Regione Emilia-Romagna, la prima in Italia ad avere promulgato nel 2014 una Legge Quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere (L.r. 27 giugno 2014 n.6), affronta con approccio gender mainstreaming pressoché tutti gli ambiti della vita quotidiana, così come il Comune di Bologna che ha deciso di sottoscrivere con la Regione un Protocollo di attuazione della Legge per la Parità. Segnali di concretezza e chiarezza politica che dimostrano che, dai diritti ottenuti all’elaborazione delle politiche, è questo il cammino che le donne continuano a portare avanti, sempre cercando di tenere uniti i due piani, allo scopo di favorire lo sviluppo di migliori condizioni di vita per tutte e tutti, con un faro che deve guidarci sempre: promuovere la parità e favorire il riconoscimento delle differenze femminili.
Federica Mazzoni
Presidente Commissione Scuola e Cultura
Comune di Bologna
Il perché di un viaggio
«Guarda, c’è una donna in bicicletta!»
img3.jpgUna giovane donna pedala, forse con troppa furia. Indossa abiti femminili, ma cavalca una bicicletta da uomo. Sulle spalle ha uno zaino che parrebbe quasi da montagna, ma è talmente scolorito che è difficile dirlo. Pedala forte, e le sue labbra si muovono. Forse canta.
Una donna più anziana si immette sulla stessa strada. Tra le gambe, protette solo dalle calze velate, è la canna curvata caratteristica delle biciclette da donna; sotto la gonna scura e dritta si può scorgere il sellino foderato con un sacchetto, per quando pioverà. Ma non piove, non ancora. E difatti pedala con calma, la nostra signora, misurando la strada con un passo uniforme e rassicurante che è frutto di anni, forse decenni, di traversate in bicicletta. Non ha niente sulle spalle, ma il cestino è molto pieno. Se non ci fossero quegli elastici colorati a trattenere le borse, volerebbero mandarini e medicine ovunque.
Più affaticata è lei che torna dall’ufficio: il tailleur è perfetto, ma i capelli sono quelli di fine giornata. Le borse pendono un po’ ovunque: dalle braccia (e ogni tanto cadono, e tornano su grazie a un gesto rapido della mano che si stacca dal manubrio), dal portapacchi, dove sono state legate in fretta. Si ferma un attimo: era il cellulare che vibrava? Troppo tardi, richiamerà da casa. E ricomincia a pedalare.
Le tre età della vita in bicicletta, in ordine sparso.
Poi arriva lei, la ciclista perfetta. Sembra una cicloturista di passaggio in città, così ben equipaggiata: telaio leggero e moderno, elmetto protettivo, occhiali a fascia contro il vento, sacche laterali riempite e chiuse con cura. Ma a osservarla bene, si noterebbe che i pantaloni sono quelli buoni
e che guarda un po’ troppo spesso l’orologio. Lo zainetto, poi, è troppo grande per una gara e troppo piccolo per un viaggio: ci sta giusto la schiscetta
. Se avessimo il tempo di chiederglielo, la nostra ciclista ci direbbe che fa sessanta chilometri al giorno solo per andare a lavorare.
E poi, seduta al margine della strada, su un muretto che sembra messo lì apposta per lei, è seduta un’altra donna, accanto alla sua e-bike carica come per un viaggio. Ha l’aria sicura, e insieme curiosa. Dalle tasche laterali ampie e moderne sfila... un tablet. Scrive. A chi? E lei chi è? Ha un nome e un cognome, ma non è questo il momento di farli.
Diciamo che noi siamo di quelle che tornano alla bicicletta solo in primavera, di quelle con le gomme un po’ mogie e il campanello rotto. Quelle che vanno in bici per far prima, per risparmiare, per non avere problemi di parcheggio, perché se no non mi muovo mai
; siamo quelle che in salita scendono e spingono. Quelle normali. Spolveriamola, allora, la nostra bici; togliamo quel velo felpato che ha lasciato l’inverno, gonfiamo le ruote (almeno quella davanti!) e mettiamoci in viaggio. Ci sentiamo subito libere, sole e libere.
Il viaggio che propone questo piccolo libro è un percorso a tappe attraverso alcune storie di donne che hanno voluto, fortissimamente voluto, la bicicletta; donne per le quali essa è stata molto più che un mezzo di trasporto: è stata ali, è stata via di fuga, è stata trampolino, è stata un dispetto, uno sberleffo alla famiglia, agli uomini, alla gente per strada e ai giornali. Sono storie, queste, con un minimo comune denominatore: sono vicende di donne che cercando la propria identità e la propria libertà hanno trovato una perfetta alleata nella bicicletta.
Occorre dire, prima di iniziare il tour, che la ricerca che ne ha segnato le tappe non è stata e non pretende di essere esaustiva, né ha usato altro criterio che quello degli esempi, contenuti in contorni molto semplici: temporali – stiamo dentro il secolo ventesimo, con