A ogni costo
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A ogni costo - Cristina Orlandi
Cristina Orlandi
A OGNI COSTO
Prima Edizione Ebook 2020 © Edizioni del Loggione, Modena-Bologna
ISBN: 978-88-9347-132-9
Edizioni del Loggione
Via Paolo Piave, 60 - 41121 Modena
http://www.loggione.it e-mail: loggione@loggione.it
Catalogo completo su www.librisumisura.it
img1.pngimg2.jpgCristina Orlandi
A OGNI COSTO
Romanzo ispirato a una storia vera
INDICE
Prefazione
Anno 2006, fine settembre,
da qualche parte in provincia di Bologna.
Capitolo 1 – Al parco
Capitolo 2 - Serena
Capitolo 3 – Elisa a scuola
Capitolo 4 – Serena e l’inferno
Capitolo 5 – Elisa e Salvo
Capitolo 6 – Serena e la possibile via di fuga
Capitolo 7 – Elisa e Leonardo
Capitolo 8 – Elisa
Capitolo 9 – Leonardo
Capitolo 10 – Serena
Capitolo 11 – Elisa e Serena
Capitolo 12- Salvo e Leonardo
Epilogo
Parte II
Il mondo della Casa delle donne
Ringraziamenti
L’AUTRICE
A Stefania,
la donna più bella che mi sia mai capitato di incontrare
"Bene, tu sai che io sono un tipo geloso
e non posso passare tutta la vita
a cercare di rimetterti in riga, ragazzina.
Faresti meglio a scappare se ci tieni alla vita."
John Lennon
Prefazione
La Casa delle donne per non subire violenza Onlus è un centro antiviolenza femminista attivo sul territorio bolognese dal 1990. In quasi trent’anni, La Casa delle donne ha accolto e sostenuto il percorso di uscita dalla violenza di oltre 12 mila donne e dei loro figli.
Quando Serena, insieme al piccolo Leonardo, bussò alla porta della Casa delle donne in via Dell’Oro, il Centro non aveva ancora un servizio di ospitalità in emergenza che potesse trasformare la sua fuga in un’accoglienza immediata. Il caso volle che ci fossero posti disponibili nella Casa rifugio a cui ebbero accesso al termine di quella lunga giornata.
Per tutte le Serena che negli anni hanno dovuto fuggire seduta stante dal luogo di violenza, la Casa delle donne ha progettato e attivato la Casa Save prima e la Casa Ri-Uscire poi: appartamenti a indirizzo segreto, pronti all’accoglienza in emergenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e in rete con le Forze dell’Ordine, il Pronto soccorso e il Pronto Intervento sociale.
La permanenza nella Casa rifugio dei piccoli e delle piccole ospiti, come Leonardo, è sempre accompagnata dalla presenza quotidiana di un’educatrice che insieme a loro sviluppa attività e giochi per rendere ogni Casa rifugio a misura di bambino/a.
Serena fu inoltre la prima ospite del progetto Alloggi di transizione gestito dalla Casa delle donne: piccoli appartamenti per donne sole o con figli/e in cui poter stare due anni e completare il proprio percorso verso l’autonomia. Ad oggi, i piccoli appartamenti gestiti dall’associazione sono 9.
La Casa delle donne è da sempre attiva nel promuovere una cultura di contrasto alla violenza contro le donne, organizza numerose occasioni pubbliche per parlare di violenza di genere e confrontarsi sulle possibilità di uscita, sulle difficoltà e sulle prospettive di cambiamento sociale collettivo.
Siamo felici e orgogliose di accompagnare Serena e Cristina nella narrazione di questa storia di violenza che ricorda a tutte le donne che se ne può uscire, grazie a sostegni e alleanze. Siamo felici di condividere col pubblico che leggerà queste pagine la presa di parola di Serena attraverso la penna di Cristina. Ogni presa di parola da parte di una donna che racconta la violenza subita ha molteplici significati: è una richiesta di condivisione e riconoscimento affinché non accada più e, insieme, partecipa a un processo inarrestabile di rivendicazione e cambiamento possibile che va al di là dell’esperienza della singola donna.
La Casa delle donne prosegue le sue attività, in costante progettazione, sempre dalla parte di ogni donna.
Valeria D’Onofrio,
Responsabile della comunicazione
della Casa delle Donne di Bologna.
Anno 2006, fine settembre,
da qualche parte in provincia di Bologna.
La luce dell’alba cominciava a filtrare attraverso le tende della cucina. Serena era stanca per la notte in bianco appena passata, ma l’adrenalina cominciava a farsi sentire, e il senso di fiacca per la mancanza di sonno stava lasciando il posto a un tremito convulso.
La notte precedente, Serena non aveva dormito perché era stata torturata. Domenico, il suo compagno, aveva deciso di punirla per qualche oscura colpa, e aveva all’uopo escogitato una penitenza di cui aveva sentito parlare, ma che ancora non aveva sperimentato: aveva impedito a Serena di dormire. Domenico non aveva autorizzato Serena a sdraiarsi nel letto, né a stendersi sul pavimento. Per evitare altre botte oltre quelle già prese, la donna era stata costretta a passare la notte su una sedia della cucina. In virtù di quella che a Domenico pareva una grande magnanimità, le era stato concesso di appoggiare le braccia sul tavolo. Ma attenzione: obbligatorio tenere la schiena diritta e vietato appoggiare la testa sulle braccia conserte o sul piano del tavolo.
Domenico, dopo aver dettato a Serena i comandi su come passare la notte, aveva bevuto una birra, poi un’altra, e alla fine si era coricato, sprofondando nel consueto sonno da creatura laida e ripugnante. Incredibile come, in un tempo ormai lontano, Serena avesse potuto credere di amarlo, al punto da accettare di condividere con lui la propria esistenza e relativo cammino.
Durante quella notte da incubo, Serena ripercorreva l’ultima lite tra lei e Domenico.
Lui l’aveva cercata per soddisfare il suo istinto di accoppiamento. Strano quanto lui non facesse altro che disprezzarla, apostrofandola con un’ampia gamma di insulti, per poi cercarla regolarmente per appagare le proprie voglie.
Serena sapeva bene che sottrarsi a quello che Domenico considerava un dovere
voleva dire prendere un sacco di botte, per cui di solito cercava di accontentarlo.
Quella sera, però, era davvero molto stanca. Così stanca che, dopo cena, si lasciò sfuggire uno sbadiglio e disse che sarebbe andata a letto subito.
Bastò questo perché lui si innervosisse.
Come si permetteva, la femmina, di lasciarlo in bianco, dicendo semplicemente di essere stanca?
Prima che lei potesse indossare il pigiama, lui l’aveva già afferrata per i capelli, trascinandola verso il tavolo di cucina, non senza averle rifilato un paio di manrovesci.
«Sei stanca, eh? Ora ti farò sperimentare una cura contro la stanchezza» disse.
«Vedrai, ti piacerà. Si chiama non si dorme
, è una cura sperimentale. Consiste nello stare svegli.»
Per dimostrare a Serena che non scherzava, Domenico le diede un altro schiaffo, mentre le diceva che quella notte, se non voleva farlo arrabbiare, doveva stare sveglia per temprarsi contro gli attacchi di sonnolenza.
Domenico aveva passato la notte nel solito modo, russando, sbavando ed emettendo rumori maleodoranti. Aveva impostato in modalità vibrazione la sveglia del cellulare con ritmi irregolari, a sorpresa, per controllare che Serena non stesse dormendo. Una volta l’aveva sorpresa appisolata, accasciata sul tavolo, vinta dalla stanchezza. E per la ragazza erano state altre botte. Sulla testa, sul viso, come sempre in quel maledetto incubo senza fine che era la sua vita.
«Ti ho detto che devi stare sveglia!» le aveva urlato, colpendola di nuovo sulla testa con un pugno.
Ed era stato in quel momento di umiliazione estrema che Serena aveva deciso che quello sarebbe stato il giorno più importante della sua vita. Il giorno in cui avrebbe lasciato Domenico.
«Tu sei mia, a ogni costo. Mia, o di nessun altro» le ripeteva spesso. E Serena si rendeva perfettamente conto della minaccia contenuta in quelle parole, il cui senso preciso era: Se mi lasci, ti ammazzo
.
Un incubo iniziato sette anni prima, quando Serena aveva solo ventitré anni.
Era da un po’ che Serena aveva progettato di fuggire. Aveva cercato sull’elenco telefonico l’indirizzo della Casa delle donne, associazione che si occupa di fornire aiuto e ospitalità alle donne maltrattate e in pericolo. Di nascosto, aveva preparato una piccola valigia con lo stretto necessario e aveva iniziato a mettere da parte un po’ di denaro. Spiccioli, ovviamente, perché Domenico le confiscava tutto, compreso lo stipendio. Soprattutto lo stipendio. Ma un po’ di spiccioli alla volta erano meglio di niente.
Serena lo sapeva, con quei pochi spiccioli non sarebbe andata lontano, ma d’altra parte sapeva anche che non poteva continuare a rischiare la vita ogni giorno, sotto lo stesso tetto di quel pazzo.
Il pensiero del salto nel buio la terrorizzava. Lasciare