Prestato alla politica: Riflessioni su un'esperienza
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Prestato alla politica - Emanuele Schmidt
Note
Nota dell'autore
Ho scritto queste riflessioni subito dopo la mia esperienza politica, tra l’estate del 2015 e quella del 2016. L’ho tenuto nel cassetto (informatico) per anni, correggendolo e integrandolo. L’ho anche condiviso con alcuni amici, ma non ho mai deciso di pubblicarlo.
Nel frattempo sono successe tante cose.
Il comune di cui ero stato assessore, passato al centro-destra dopo la mancata rielezione della mia sindaca, è stato commissariato alla fine del quarto anno di mandato. Dopo meno di due anni, in seguito a uno scandalo a sfondo mafioso, sorgono i primi problemi e il sindaco sostituisce completamente la giunta: una trasfusione totale per recuperare la faccia. Passano ancora due anni (in cui perfino la Commissione Antimafia si occupa del caso) e il sindaco getta la spugna, sfiduciato dalla sua maggioranza.
In Italia lo sappiamo che cosa è successo: l’irresistibile ascesa dei Cinque Stelle, poi l’ancora di più irresistibile ascesa della Lega, il primo governo giallo-verde, il secondo governo giallo-rosso (ma è davvero rosso?), il Coronavirus.
Approfitto delle ferie forzate per rimettere a posto il testo e pubblicarlo.
Emanuele Schmidt
Milano, 15 marzo 2020
Introduzione
Sono stato assessore a Corsico, un comune della cintura milanese, dal 27 aprile 2010 al 14 giugno 2015. Mi sono occupato di Personale, Organizzazione, Innovazione e Attuazione del Programma; dal 31 maggio 2013, inoltre, ho anche avuto la delega a Finanze, Bilancio e Rapporti con la società partecipata Farmacie Comunali Corsichesi
. Questa è tutta la mia esperienza politica.
Sono stato un assessore tecnico
per volontà della sindaca Maria Ferrucci, che aveva appena vinto le elezioni a capo di una coalizione di centrosinistra. È lei che mi ha coinvolto in questa avventura, è a lei che sono grato per l’opportunità che mi ha dato di sperimentarmi nel nuovo mestiere dell’amministratore pubblico. Nella mia vita professionale sono un consulente di direzione; la sindaca pensava che le mie competenze avrebbero potuto essere utili alla collettività.
Lascio valutare ad altri se è stato così.
Quando Maria mi telefonò per propormi l’incarico, come molti italiani ero profondamente critico nei confronti della situazione del paese e mi dedicavo con entusiasmo al passatempo nazionale: quel parlar male dell’Italia
che è una rappresentazione della nostra rassegnazione e impotenza, un capolavoro di eterocolpevolizzazione e ipersemplificazione utile ad autoassolverci e, in definitiva, a mantenere lo status quo. Nella mia versione del gioco, raccontavo a tutti che mi sarei trasferito a Stoccolma (che nel mio personale sistema di valori rappresenta evidentemente l’apice della civiltà). Naturalmente non facevo niente per cambiare le cose.
In queste pagine non racconterò la mia esperienza al comune di Corsico. Quello che abbiamo fatto o non fatto è noto a chi si interessa della vita politica corsichese ed è ampiamente documentato con atti pubblici.
Una cosa va detta, però: se applichiamo i criteri di valutazione comunemente accettati dagli addetti ai lavori, dobbiamo dare dei brutti voti alla nostra attività di governo. Nel 2015, infatti, la coalizione che sosteneva la rielezione di Maria Ferrucci ha perso il ballottaggio, consegnando il comune di Corsico – per la prima volta dal dopoguerra – a una maggioranza di centrodestra.
Quindi abbiamo fallito.
O forse no, non solo… ai posteri l’ardua sentenza.
In queste pagine propongo alcune riflessioni. Cercherò di essere sintetico e incisivo e mi perdonerete se talvolta, per esigenza di chiarezza, taglierò i concetti con l’accetta.
Vi racconterò le idee che mi sono fatto:
sulla politica in Italia,
sul mestiere del politico,
sul processo decisionale della politica,
sulle relazioni che il politico costruisce con gli altri politici, con i cittadini-elettori e con quella categoria particolare di cittadini-elettori che sono i dipendenti pubblici.
Avendo un’unica esperienza come amministratore comunale, parlerò solo di questo. Non so come funzionano le province, le regioni, il parlamento, il governo. È molto probabile, però, che alcuni degli schemi di gioco che descrivo si applichino alla politica in generale, e non solo ai comuni.
Ho deciso di scrivere questo breve saggio perché la politica è un’attività appassionante: la puoi amare o odiare, ma in ogni caso ti ingaggia e lascia il segno. Scrivere mi aiuta a metabolizzare un’intensa esperienza durata cinque anni e a guardare avanti.
Ho inoltre la presunzione di ritenere che alcune delle idee che propongo possano essere interessanti e perfino utili. Anticipo fin da subito che dopo questi cinque anni sono diventato:
più pessimista sulla probabilità che l’Italia cambi in meglio;
più clemente nei confronti dei politici e dei dipendenti pubblici;
molto, molto critico nei confronti del gruppo sociale da cui provengo e a cui sono appena tornato, quello dei cittadini-elettori (che spesso vengono definiti società civile
);
tiepido, se non scettico, sull’utilità dei tecnici
in politica.
Ma per quanto queste conclusioni possano sembrare pessimiste e disilluse, sono più convinto di prima che ognuno debba fare qualcosa per lasciare ai nostri figli un’Italia migliore.
Sono certo che l’organizzazione della pubblica amministrazione possa essere migliorata.
So che abbiamo bisogno di politici e dipendenti pubblici dotati di maggiore etica e competenza.
Sostengo anche che a loro volta cittadine e cittadini devono aumentare il loro livello di etica e la loro competenza civica.
Perché queste convinzioni? Le risposte nelle pagine che seguono.
Tu che cosa fai? Il quiz della cittadinanza
Ti propongo un bel quiz; ci vuole un po’ di riscaldamento prima di iniziare la lettura!
Trascrivi le tue risposte su un foglio, così alla fine potrai scoprire che cittadina o cittadino sei. Rispondi sinceramente: la prima risposta, quella dettata dal cuore, è la migliore.
1
Tuo figlio frequenta l’asilo. Oggi hai saputo che nella pasta hanno trovato frammenti di plastica. Pare si trattasse di una forchetta tritata dal frullatore con cui preparano il sugo. È la seconda volta in poco tempo: circa due settimane fa erano stati trovati, sempre nel sugo della pasta, dei pezzi di una paglietta per lavare le pentole. In entrambi i casi, fortunatamente, se ne sono accorti prima di distribuire i pasti ai bambini, così non è successo niente di irreparabile. Sai che la mensa comunale è gestita da uno dei principali operatori della ristorazione collettiva in Italia; casualmente, è lo stesso che gestisce la mensa del posto in cui tu lavori, che è piuttosto buona.
Tu che cosa fai?
Firmi la petizione di protesta nella quale vengono chieste le dimissioni dell’assessore alla pubblica istruzione, una severa indagine per identificare le responsabilità e una sonora multa al gestore della mensa.
Ti chiedi come mai di punto in bianco le persone che lavorano nella mensa cominciano a mettere pagliette abrasive e forchette di plastica nel frullatore: due volte in due settimane non può essere un caso! Ci sarà forse qualcuno interessato a cambiare gestione