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Vita da commissariato
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Vita da commissariato

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Thriller - romanzo breve (75 pagine) - Una normale operazione di polizia riporta il commissario a un passato lontano, a una ragazza inquieta che ha amato e che non è riuscito ad aiutare. Forse Angela potrebbe aiutarlo a superare il rimorso.


In una operazione di polizia viene fermata Angela, bella, giovanissima e sbandata. Frequenta spacciatori e delinquenti, è arrogante ed egoista. Ed è la copia di Elena, la ragazza che il commissario ha amato da studente e che ha visto perdersi, senza poterla aiutare. Come una forma di redenzione, il commissario non esita a mettersi in gioco per andare incontro ad Angela, per provare a riportarla a una vita normale e salvarla dal suo comportamento autodistruttivo.

Intanto la vita del commissariato continua, nella sua quotidianità di carte e indagini, irruzioni e appostamenti, generosità e invidie, in una città deserta sotto il sole di agosto.

La descrizione di un mondo sotterraneo, di un confronto continuo fra piccola delinquenza e poliziotti di quartiere, fra regole non scritte e codice penale. Un confronto che sembra non avere mai fine e che si rapporta ogni giorno con una umanità dimenticata.


Fulvio Mario Azzolini è nato a Torino nel 1954. Si è laureato in legge nel 1978 e nello stesso anno ha superato il concorso di Funzionario di Pubblica Sicurezza. È andato in pensione per raggiunti limiti di età nell’anno 2015, con la qualifica di Primo Dirigente della Polizia di Stato.

Appassionato lettore, amante soprattutto dei classici della letteratura russa e francese, ha iniziato a scrivere per il bisogno di comunicare le proprie emozioni. Scrive per se stesso e per gli altri, nella speranza di incontrare lettori con cui condividere pensieri e sensazioni.

Ama la storia e la vita della strada. Cerca di trasmettere nei propri scritti la realtà della vita, delle emozioni e dei sentimenti, nella convinzione che non siano i fatti in sé a essere importanti, ma la percezione delle persone che li vivono. Ogni situazione passa attraverso il filtro del proprio vissuto, e offre infinite diverse sfaccettature.

Oltre la lettura e la scrittura, ama la moto, che gli permette di esplorare posti lontani in libertà, e lo sport intenso, che vive come una sfida con se stesso.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMar 17, 2020
ISBN9788825411645
Vita da commissariato

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    Vita da commissariato - Fulvio Azzolini

    9788825408577

    Capitolo zero

    Avrebbe potuto essere una serata così bella, frizzante e romantica nell’imbrunire settembrino.

    Seduti al dehors del bar carino con i tavolini colorati, affacciato sul grande viale alberato, il viale più bello della città. I camerieri simpatici, che conosceva perché quel locale era sempre stato uno dei punti di ritrovo della sua compagnia, da anni.

    Avrebbe potuto essere felice.

    Due coppie di ragazzi della sua età si affacciarono nel dehors, alla ricerca di un tavolino libero Li conosceva. Erano amici da tempo e due, un ragazzo e la sua morosa, erano anche compagni di università.

    Gli sguardi si incrociarono e anche loro si accorsero di lui.

    Lo salutarono da lontano, poi, con un certo imbarazzo, si avvicinarono.

    Lui invece era contento di vederli.

    – Ciao. È un po’ che non ci incontriamo – disse una delle ragazze, Francesca, con un sorriso che voleva dire tanto.

    Era una sua cara amica sin dal liceo. La sua migliore amica.

    – Impegni di studio. Devo preparare diritto privato – rispose.

    – Ti capisco, allora. Ci passo anch’io delle ore e sembra che non voglia entrarmi in testa.

    Un attimo di silenzio. Pareva che ci fosse tanto da dire ma che le parole non volessero uscire.

    – Beh – disse Francesca, – andiamo a sederci prima che ci prendano anche l’ultimo tavolino.

    – Avete programmi per questa sera?

    – Un aperitivo e una pizza. Niente di che. Dopo le spese per le vacanze dobbiamo fare le formichine.

    – Buona serata, allora.

    – Anche a te. Ciao.

    Un nuovo attimo di silenzio.

    – Ciao, Elena – disse Francesca.

    Un saluto quasi strappato. Per affetto verso di lui, non per piacere.

    Elena, seduta scosciata, rispose con un cenno del capo.

    Imbronciata, disinteressata, la mente altrove, come sempre.

    – Ciao, France’.

    Era una sua abitudine accorciare i nomi troppo lunghi, come se non avesse voglia di perdere tempo a pronunciarli per intero.

    Gli amici si allontanarono, senza chiedere se volevano unirsi a loro per la cena.

    Lui non ci fece caso. Se lo aspettava.

    Non era per causa sua. Era per Elena. Ai suoi amici non piaceva. Avevano smesso di frequentare anche lui, per conseguenza.

    La guardò, fece per scusarsi per il comportamento dei suoi amici, ma non ve ne era bisogno.

    Elena non ne era stata minimamente toccata.

    Guardava la strada, la gente che passeggiava.

    Bellissima, come sempre.

    Non era solo la bellezza spontanea dei diciannove anni che aveva.

    Era l’essenza della bellezza. Arrogante e ingenua, semplice e altera, sensuale e torbida.

    L’abbronzatura pareva avvolgerla come un secondo vestito, lucente sulla carne morbida di un fisico sinuoso.

    La desiderò. L’immagine del suo corpo nudo completamente abbronzato, che pareva trattenere il calore dei raggi del sole, gli riempì la mente e scese sino al cuore.

    Avrebbe voluto baciarla, subito. Sentire il sapore della sua bocca.

    Le prese la mano. Elena non si tolse ma non rispose nemmeno al gesto di affetto.

    Ci era abituato, se ci si può abituare ai continui salti di umore.

    Andava bene ugualmente. Con Elena era tutto così complicato.

    Ne era innamorato perso dal giorno in cui l’aveva conosciuta.

    Stavano insieme da cinque mesi e non sapeva nulla di lei. Solo la superficie.

    Non si era mai aperta, non gli aveva mai permesso di accedere al casino che si portava dentro e che lui aveva intuito da tanti piccoli segnali.

    Per Elena anche l’amore era un sentimento confuso, al quale si concedeva in certi momenti e che concedeva solo per quei momenti.

    Aveva dovuto accettarlo, di più Elena non poteva dare.

    – Andiamo in discoteca questa sera? – gli chiese, all’improvviso entusiasta.

    – Va bene. Mi piace vederti ballare.

    Questa volta lei gli strinse la mano, quasi con gentilezza.

    Elena viveva per la danza. Danza moderna.

    Passava ore a ballare. Nella scuola di ballo e poi in discoteca, dove si scatenava, armoniosa, affascinante.

    Spesso si creava il vuoto attorno a lei, per ammirarla. I suoi movimenti parevano nascere delle stesse note musicali. Lui si faceva da parte, incapace di seguirla, orgoglioso dell’ammirazione che leggeva sui volti degli spettatori.

    Era la sua ragazza, avrebbe voluto dire a tutti.

    Però le voci girano, soprattutto fra i ragazzi, e le voci dicevano di Elena abbarbicata a ballerini, non solo per ballare, di Elena che tirava di cocaina in compagnia di gente strana, in grado di dargliene quanta ne voleva.

    Quanti litigi. Elena che negava e piangeva, che gli rinfacciava la sua mancanza di fiducia, che lo faceva sentire in colpa, e lui cedeva.

    Non poteva fare a meno di lei ed Elena tornava sempre. Voleva dire che provava qualcosa di importante per lui, e un giorno se ne sarebbe resa conto chiaramente.

    – Ceniamo insieme? Andiamo Alla Lanterna Rossa – le chiese.

    Elena adorava un ristorante cinese poco distante. L’avrebbe portata lì.

    – Sì.

    Non si aspettava quella risposta immediata.

    – Questa sera ho la casa libera. I miei sono partiti per il mare. Puoi passare la notte da me.

    – Se vuoi.

    Nessuna passione, nessuna complicità, ma a lui bastava.

    Un rombo di motori lo distrasse.

    Una mezza dozzina di moto si accostò al marciapiede, davanti a loro.

    Tutte Harley Electra Glide nuove di zecca, con uomini già quarantenni alla guida e alcune ragazze come passeggere. Belle, che sapevano di esserlo, con le gonne cortissime che lasciavano scoperte le cosce sino alle mutandine, vistose e truccatissime. Come Elena.

    Lui non li aveva mai visti, ma Elena li conosceva.

    Uno, che indossava un giubbotto di pelle strafirmato, jeans e stivali scamosciati, le sorrise e le fece un cenno con la testa.

    La parte posteriore della sella era vuota, come se fosse già destinata a un passeggero.

    L’uomo guardò per un attimo anche lui, senza mostrargli alcuna considerazione.

    Si comportava con lo sprezzo di chi ha soldi e potere. Non puliti.

    Elena gli rispose con un sorriso e si alzò.

    – Scusa. Mi sono dimenticata di avere un impegno. Mi hanno proposto un lavoro come ballerina e devo mettermi d’accordo. Mi faccio sentire.

    Gli occhi neri erano distanti, come se fosse già a cavallo della moto.

    – E la cena?

    Si rese conto di quanto fosse ridicola quella domanda. Infatti Elena non gli rispose nemmeno.

    Salì sulla moto, la gonna corta su, le cosce nude. Abbracciò l’uomo alla guida, si dissero qualcosa e con una risata gli appoggiò il mento sulla spalla.

    Poi il gruppo partì con un rombo.

    Capitolo uno

    Quello era il mese di agosto più afoso che ricordasse, o forse era come tutti gli altri anni, ma dopo un’ora di appostamento dentro la Fiat Tipo grigio scura pareva di essere rinchiusi in un forno.

    Guardò l’orologio. Erano le undici di mattino, il sole era quasi a picco, la strada deserta e i pochi negozi avevano le saracinesche abbassate. L’esodo vacanziero era già iniziato ed entro breve la città si sarebbe svuotata, come ogni anno.

    Per lui, agosto significava un mese di tranquillità. Niente servizi allo stadio per le partite e poche manifestazioni. Anche i gruppi estremisti andavano in vacanza. Poi a settembre si sarebbe preso una parte delle ferie, ci avrebbe aggiunto qualche riposo da recuperare e avrebbe avuto altre tre settimane di pace.

    Il commissario allentò la cravatta che gli stringeva il collo. Si voltò e frugò nelle tasche della giacca di lino, appoggiata tutta stropicciata sul sedile posteriore, alla ricerca del pacchetto di Diana rosse.

    Offrì una sigaretta all’Ispettore, seduto al posto di guida, che la accettò senza staccare gli occhi dal portone distante una quarantina di metri, al numero 15 di via Maiocchi, Eroe dei Mille.

    Ne mise in bocca una anche lui, con un senso di colpa. Ogni mattina prendeva l’impegno con sé stesso di smettere di fumare e quello era il risultato. Era

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