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Sherlock Holmes a Benevento
Sherlock Holmes a Benevento
Sherlock Holmes a Benevento
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Sherlock Holmes a Benevento

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Giallo - romanzo (201 pagine) - Esoterismo risalente all’alba del cristianesimo in competizione con piani rivoluzionari. Il grande detective deve confrontarsi con una maledizione risalente ai tempi dell’Inquisizione che sinistramente aleggia su un antico e nobile palazzo del centro cittadino beneventano.


Benevento, città magica e delle streghe per antonomasia è l’ambiente in cui si trova ad agire Sherlock Holmes in questo romanzo. Il grande detective deve confrontarsi con una maledizione risalente ai tempi dell’Inquisizione che sinistramente aleggia su un antico e nobile palazzo del centro cittadino. Da Baker Street ai sottosuoli oscuri e misteriosi della millenaria città avente come guida un arcaico componimento in cui si mischiano versi danteschi con altri di un anonimo scribacchino medioevale. Per Watson è una esperienza di intensa passione amorosa con la marchesina Margherita De Ionio, donna bellissima e sensuale; ultima strega beneventana per sua stessa ammissione. Esoterismo risalente all’alba del cristianesimo in competizione con piani rivoluzionari.


Irene Izzo vive e lavora a Benevento dove è nata nel 1983. Il suo interesse per la lettura ha sempre privilegiato il fantasy e il giallo, con particolare interesse per quello classico definito "dei tempi d'oro". Il personaggio di Sherlock Holmes ha destato da subito il suo interesse sia per l'arte di Sir Arthur Conan Doyle che per l'interpretazione cinematografica dell'accoppiata Rathbone & Bruce che hanno codificato nel suo immaginario visivo il duo Holmes & Watson. Il suo racconto  Sherlock Holmes e la regina nera è stato segnalato allo Sherlock Magazine Awards 2015; sempre su Sherlockiana è apparso anche il suo racconto Sherlock Holmes e Dafne.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMar 17, 2020
ISBN9788825411683
Sherlock Holmes a Benevento

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    Sherlock Holmes a Benevento - Irene Izzo

    Personaggi

    Rodolfo Giustini, compagno di università di Watson; ricco e aristocratico beneventano. …vidi un uomo dall’aspetto elegante e distinto venire su per le scale; stimai essere mio coetaneo.

    Girolamo Giustini, padre di Rodolfo; conte, medico L’aspetto… non celava la propria opulenza e benessere.

    Luisella De Gentili, fidanzata di Rodolfo; L’avvenenza…era tutta in un armonico equilibrio naturale di grazia ed eleganza. Il viso era un perfetto ovale su cui spiccavano due occhi marroni chiaro…

    Antonia Fabrini, madre di Rodolfo: La contessa Antonia la paragonai subito, istintivamente, a una nobile matrona dalla figura giunonica.

    Guglielmo, maggiordomo di casa De Gentili; "…un uomo anziano dalla figura austera e asciutta.."

    Arturo De Gentili, zio di Luisella.

    Manfredi Angioletti, delegato di polizia; …statura media, prossimo ai quarant’anni, leggermente tarchiato dal volto scavato su cui spiccavano piccoli baffi e uno sguardo pungente.

    Margherita De Ionio; donna bellissima; marchesina; si autodefinisce ultima strega di Benevento; …una fusione magica di bellezza orientale e mediterranea insieme… un ovale di viso perfetto con un naso vagamente ‘alla francese’ e due stupendi occhi color viola… erano le sue labbra sensuali, il disegno della sua bocca a calamitare il mio sguardo.

    Giacomo Tartini, cugino di Luisella; La figura…,poco più che trentenne, era dotata di quel fisico capace di catalizzare l’attenzione femminile su di sé.

    Dante Beltolani, avventuriero; affarista scaltro; giocatore di azzardo; …poteva avere, secondo una mia stima, una decina di anni più del Tartini…non aveva canoni di presenza tale da poter destare interessi femminili ma ciò nonostante erra attorniato da belle donne.

    Luca Fremore, cultore ed esperto di antichità egiziane.

    Almerico Meomartini, architetto, archeologo, storico, intellettuale; …aveva un’aria molto seria. Il suo sguardo era profondo…un uomo di vasta cultura e per niente superficiale.

    Stefano Poltreni, vecchio rigattiere, …viveva raccogliendo oggetti vecchi per poi venderli.

    Agnese, anziana domestica di Margherita De Ionio.

    Giulio Giustini, fratello del conte Girolamo; generale dell’esercito.

    Ludovico Bramato, direttore di un giornale locale; Poteva avere due o tre anni più di Rodolfo, Ispirava simpatia a pelle.

    1

    – Watson, stiamo per mettere piede in un futuro prossimo dove con un solo colpo viene cancellato il nostro mondo.

    Era primavera inoltrata. Mi sentivo radioso e pieno di energia. La colazione della signora Hudson era stata magnifica, come sempre. Le parole di Holmes mi davano una carica emotiva come se realmente stessi per partecipare a qualcosa di straordinario, anche se ignoravo a cosa lui si riferisse.

    – A cosa allude? – chiesi mentre aprivo la finestra per respirare a fondo l’aria frizzante primaverile. Lui stava seduto nella sua poltrona, immerso nella lettura del Times.

    – I progressi della scienza e le relative applicazioni pratiche derivanti stanno procedendo ad una velocità vertiginosa. Non bisogna guardare dentro la sfera di cristallo per affermare che quanto prima il nostro mondo sarà spazzato via con un colpo di spugna.

    Bussarono alla porta. Andai ad aprire. Era la signora Hudson.

    – All’ingresso c’è un signore; vuole parlare urgentemente con lei, dottor Watson.

    Ero titubante; in genere la necessità di parlare era sempre indirizzata al grande detective.

    – Lo faccia salire – dissi.

    Dopo poco vidi un uomo dall’aspetto elegante e distinto venire su per le scale; stimai essere mio coetaneo. Giunto sulla soglia della porta mi fissò aprendosi subito dopo a un sorriso cordiale.

    – John Watson, non mi riconosci? Sono cambiato proprio tanto?

    Fissai quella persona cercando di mettere a fuoco, mentalmente, la sua figura. Poi come un lampo ebbi una folgorazione.

    – Rodolfo Giustini, vero?

    – Si, John, sono proprio io.

    Ci abbracciammo calorosamente.

    – Holmes, ho il piacere di presentarle un mio grande amico dei tempi dell’università.

    – Il piacere è tutto mio – replicò Rodolfo stringendo la mano di Holmes.

    – Abbiamo studiato insieme. Dopo la laurea ci siamo persi di vista – dissi.

    – Per ritrovarvi oggi – sottolineò Holmes.

    Ricordammo, com’è consuetudine in questi frangenti, qualche episodio goliardico.

    – Avevi molto successo con le donne, Rodolfo. Le ragazze del corso di chimica le conoscevi tutte, brigante – dissi.

    – Tu nemmeno scherzavi in quanto a conquiste femminili.

    Holmes ascoltava in silenzio quel nostro ricordare la gioventù passata; forse si divertiva anche ad ascoltarci, ne sono sicuro.

    – Caro John, i bei tempi spensierati sono passati e per sempre. Sono venuto qui per chiedere il tuo aiuto ma principalmente quello del signor Holmes se vuole degnarsi di ascoltare la mia richiesta.

    Il mio amico fissò intensamente Rodolfo e poi disse: – Gli amici del dottor Watson sono anche miei amici. L’ascolto con molta attenzione.

    – Grazie. In breve vi porto a conoscenza dei fatti. Appartengo a un’aristocratica e ricca famiglia beneventana. Mio padre, il conte Girolamo Giustini, esercita la professione di medico in Benevento. La sua bravura professionale è riconosciuta anche dai suoi colleghi. Tale affermazione può apparire di parte ma è un fatto oggettivo. Alle sue competenze fanno ricorso anche altri dottori quando hanno casi clinici particolari e impegnativi. Economicamente lui non ha bisogno di lavorare perché vive, anzi viviamo, di rendita in maniera eccellente. Per lui la medicina è una missione per aiutare il prossimo e ha inculcato anche a me questa sua visione al punto da farmi innamorare della materia. Ho studiato, per sua espressa volontà, qui a Londra affinché potessi avere una visione il più cosmopolita possibile. Non voleva che restassi intrappolato nella chiusura di piccoli orizzonti scientifici. Mi scuso per questa digressione ma era necessaria farla.

    Holmes annuì.

    – Il motivo per cui chiedo un suo intervento, signor Holmes, è legato al mio matrimonio.

    – Finalmente hai messo la testa a posto – osservai maliziosamente.

    – Avere una famiglia tutta mia è un desiderio a cui non so rinunciare. Sono fidanzato con Luisella De Gentili, una ragazza stupenda. Appartiene a una patrizia famiglia beneventana. All’inizio il nostro amore è stato contrastato a seguito della notevole differenza di età; lei ha sedici anni meno di me ma alla fine…l’amore supera ogni ostacolo.

    – Ne ho piacere. Quando le nozze? – chiesi.

    – Qui sorge il problema che mi porta a chiedere l’intervento del signor Holmes. Suo zio, Arturo De Gentili, ha designata lei unica erede del proprio ingente patrimonio ponendo come una condizione vincolante anche il possesso dell’imponente palazzo De Gentili, situato al centro di Benevento. Luisella non vuole questa dimora con la conseguenza di perdere l’intera eredità. A seguito di una serie di cavilli giuridici ed ereditari, evito di elencarli per non tediare, l’intera proprietà va a un cugino di Luisella, Giacomo Tartini. Uno scavezzacollo con due passioni: donne e gioco.

    Perplesso chiesi: – Perché la tua promessa sposa non accetta quel palazzo?

    Holmes continuava ad essere taciturno.

    – John, ora ti spiego. Su quella dimora c’è una sorta di maledizione, fantasticheria popolare, chiamala come più ti garba, con un tragico riscontro. Nelle cantine o meglio nelle segrete di questa mastodontica dimora sono stati trovati, da un po’ di tempo, dei cadaveri. Sui loro volti era impressa un’espressione di terrore. Come se non bastasse sulla parete, in prossimità del ritrovamento, sono state sempre riscontrate le impronte di due mani insanguinate che scompaiono spontaneamente dopo qualche giorno. In un antichissimo testo è riportata una drammatica storia da cui nasce una leggenda popolare: chiunque si avventuri in quei sotterranei va incontro a una terribile morte operata da fantasmi, spiriti o altre fantasticherie. Di questo documento dirò dopo. Ora vengo al motivo che mi ha portato a venire qui da voi. Due settimane fa lo zio di Luisella, don Arturo Gentili, è stato trovato morto nei sotterranei del palazzo in questione. Il terrore era scolpito sul suo volto – seguirono attimi di silenzio. – Gli inquirenti non hanno ancora scoperto il colpevole di questo assassinio; perché di assassino si tratta. Tale insuccesso investigativo ha innescato la fantasia popolare amplificando a dismisura leggende e magie fantasiose. Benevento è nota per la leggenda delle streghe; per i loro riti, il sabba, intorno a un albero di noce. Superstizione e fantasia hanno prodotto una miscela di credenze popolari che si autoalimenta. La mia fidanzata è spaventata e vuole rinunciare all’eredità dello zio sicura di fare la sua stessa fine. La mia richiesta è questa: signor Holmes, vuole venire a Benevento per far luce su questa vicenda? Dimostrando con fatti razionali, logici e concreti l’assenza di magia o altro ma solo l’esistenza di un criminale in carne ed ossa da arrestare?

    Il mio amico iniziò a caricare la sua pipa.

    – Suo zio aveva nemici al punto da volerlo morto? – chiese.

    – No, niente di ciò; anzi era ben visto per la sua generosità.

    – Lei ha accennato ad altri morti trovati in questi sotterranei.

    – Si, signor Holmes, ce ne sono stati tre compreso quello dello zio di Luisella.

    – Il penultimo a quando risale?

    Rodolfo restò qualche attimo a pensare.

    – A due mesi fa.

    – Non è stato mai trovato un indiziato?

    – No, John. Le indagini non hanno portato alcun risultato. Da ciò la fantasia e le credenze popolari si sono ingigantite al punto da definire quel luogo maledetto perché chiama altre anime.

    – Le impronte di sangue, a cui ha accennato sono comparse sempre?

    – Si, signor Holmes. Questo dettaglio ha fatto galoppare a briglia sciolte la suggestione popolare.

    – Le vittime perché stavano in quei sotterranei?

    – Questo è un altro mistero. Non si è mai saputo un motivo tale da giustificare lì la loro presenza. Lo stesso vale per la buonanima dello zio di Luisella.

    – Perché per avere l’eredità la sua promessa sposa deve necessariamente prendere possesso anche di quel palazzo? – chiese il mio amico.

    – È il posto dove nasce, anticamente, la casata; è l’emblema della dinastia. Non ultimo la sua imponenza è tale da dare una chiara misura di magnificenza e di potere. I De Gentili sono quel palazzo e quel palazzo è l’immagine dei De Gentili.

    – Ha fatto, prima, riferimento a un documento. Di cosa si tratta?

    – Signor Holmes, vi riporto i fatti come li conosco. Nei secoli bui dell’Inquisizione, si racconta, i sotterranei di quel palazzo sono stati luoghi di tortura. Una storia popolare narra di una bella ragazza del popolo, Sara, morta durante il supplizio subito per estorcerle invano confessioni di azioni peccaminose e blasfeme mai commesse. Due rampolli dell’aristocrazia locale s’invaghirono della bellissima Sara e lei, virtuosamente, negò sempre a entrambi i suoi favori. I due non riuscendo ad avere ragione della giovane nemmeno con il denaro pensarono di farla incriminare per stregoneria. Era facile per i due giovani, forti del loro status sociale, mettere su delle prove false per incriminare Sara. Ci riuscirono. La giovane fu condotta nei sotterranei del palazzo e lì giudici inquisitori la interrogarono torturandola. I due giovani ebbero così modo di abusare di lei in maniera abominevole fino al punto di provocarne la morte. Questa situazione era più o meno diffusa all’epoca quando la presunta strega era una giovane e bella donna. Ovviamente i giudici adeguatamente pagati lasciarono fare. C’era, però, un giovane bracciante innamorato di Sara e corrisposto da lei; il suo nome era Egidio. Il giovane riuscì a entrare furtivamente nel palazzo. Raggiunse i sotterranei per cercare la sua Sara. La trovò ma la giovane era ormai morente. Nonostante ciò lui la voleva portare fuori da quello orrore ma fu sorpreso dalle guardie di quella orrenda prigione. Fu ucciso. I suoi assassini pensandolo già morto lo lasciarono a terra, poco lontano da Sara, per portare la notizia ai due rampolli aristocratici. Egidio, però, non era ancora morto e con un ultimo disperato sforzo riuscì a raggiungere la sua innamorata. I due giovani come ultimo atto della loro vita si abbracciarono. Così furono trovati. Sulla parete c’erano le impronte delle loro mani insanguinate. Sicuramente i due per spingersi uno verso l’altro si erano poggiati con le mani sulla parete. Questa in sintesi è la tragica vicenda di Sara ed Egidio. Da qui l’origine della comparsa delle impronte insanguinate, interpretate dalla credenza popolare alla stregua di un richiamo di altre anime in quel luogo.

    Avevamo ascoltato in silenzio questa storia. Non nego di aver provato una punta di commozione per la vicenda narrata.

    – Questi fatti – disse Holmes – si tramandano come tradizione orale oppure c’è una documentazione in merito?

    – Nell’archivio della famiglia De Gentili c’è una raccolta di un diarista del 1517. In essa è contenuta il resoconto di questa triste vicenda. Probabilmente tali avvenimenti accaddero molto tempo prima; l’anonimo cronista si limitò a riportarli a futura memoria.

    – Perché non è stata distrutta questa raccolta? – chiese Holmes. – In definitiva non rende prestigio alla famiglia De Gentili. È un’ombra scomoda, da cancellare.

    Rodolfo restò qualche attimo in silenzio prima di rispondere: – Ignoro il motivo della sua mancata distruzione. Preservare il ricordo di Sara e di Egidio ha sempre avuto il sopravvento su chi voleva cancellare la loro memoria. Ciò è quanto si racconta come diceria popolare, tramandata nel tempo. Come se le anime dei due innamorati non ne volessero sapere di essere affidati all’oblio. Ripeto, ciò è solo fantasia spicciola del popolino.

    – Concretamente non penso di poter fare molto per aiutarla – disse Holmes. – L’ultima vittima c’è stata due settimane fa per cui sicuramente ogni probabile traccia utile è stata inevitabilmente cancellata. Per non parlare del morto precedente. Su cosa posso lavorare?

    Rodolfo ebbe un attimo di riflessione prima di dire: – Signor Holmes, per quanto concerne le probabili tracce può trovarle ancora se non sono state naturalmente cancellate dal tempo – io e il mio amico lo guardammo perplessi. – Sulla scena della tragedia c’è stato solo il delegato di polizia locale. Si è limitato a prendere atto dell’accaduto. Oltre a lui ci sono stati i due barellieri addetti alla rimozione del cadavere. Lo stesso vale per la vittima precedente.

    – Nessun rilievo?

    – No, signor Holmes. Il delegato ha verificato personalmente l’assenza di indizi chiarificatori. Tale atteggiamento ha scatenato il giudizio del popolo nell’attribuire l’accaduto ad entità soprannaturali. Il caso di don Arturo De Gentili non è stato ancora chiuso solo per la sua posizione sociale. Di sicuro a breve sarà chiuso e archiviato con la dicitura Misterioso. Com’è avvenuto del resto con i casi precedenti subito chiusi.

    Ero stupito da questo modo di procedere. Guardai Holmes. Aveva l’espressione a lui più congeniale: quella stile Sfinge.

    – Il medico legale cosa ha relazionato? – chiese.

    – Si è limitato a constatare che le vittime sono state come sgozzate da un artiglio ovvero da un qualcosa assimilabile a una zampa.

    – Suo padre ha periziato i cadaveri?

    – No, signor Holmes, Il delegato di polizia non l’ha ritenuto opportuno visto l’evidenza dell’accaduto.

    – Lei ha visto la salma di De Gentili?

    – Si, quando era già stata ricomposta per la funzione religiosa della tumulazione. Il collo era fasciato. C’è la comparsa di un dettaglio agghiacciante su tutte le vittime; l’espressione dei loro volti è una maschera di terrore come se avessero visto qualcosa di terrificante negli ultimi attimi di vita.

    Restammo per qualche attimo in silenzio. Questa oscura vicenda aveva in qualche modo stimolato l’interesse di Holmes. Non mi sbagliavo.

    – Tre morti nello stesso luogo e nessun colpevole – disse fra sé.

    – Signor Holmes, le rinnovo l’invito ad occuparsi di questa storia. A Benevento sarà mio ospite e provvederò di persona a fornirle tutto ciò di cui necessita.

    Come a voler sottolineare la concretezza della sua richiesta Rodolfo prese dal proprio portafoglio un assegno già intestato a Holmes e lo porse al mio amico dicendo: – Questo è soltanto un acconto per il suo onorario.

    Diedi un’occhiata alla cifra: considerevole, molto considerevole. Rodolfo Giustini era benestante ben al di là di quanto potessi immaginare. Il giorno seguente lasciammo, tutti e tre, Londra con destinazione Benevento; la città delle streghe e magica per antonomasia.

    2

    Il viaggio fino a Napoli fu abbastanza confortevole sorvolando sui disagi caratteristici su di un percorso così lungo. Il panorama come ci avvicinavamo a Benevento si faceva sempre più austero, chiuso in una morsa di montagne dall’aspetto imponente coperte da fitti boschi.

    – Stiamo attraversando il cuore dell’antico Sannio – disse con una punta di soddisfazione Rodolfo. – Questi luoghi hanno visto gli indomiti sanniti rivaleggiare con i romani alla pari riuscendo perfino ad umiliare i futuri padroni del mondo.

    C’era orgoglio in quelle parole e ancora di più quando ci narrò l’episodio, celebre, delle Forche Caudine. Ero affascinato, non lo nego, da quel paesaggio fiero e selvaggio insieme. Mi venne spontaneo definirlo nobile.

    – John, non sbagli a etichettare questi territori nobili perché tali erano gli antichi quando li sottomisero alle loro esigenze di vita, più di duemila anni fa – fu il commento, orgoglioso, di Rodolfo.

    Ero come immerso nelle viscere della Storia da cui sarebbe nato l’Occidente. La fantasia, lo confesso, cominciò a galoppare. Galoppò poco perché bruscamente, alla sua maniera, Holmes mi riportò al presente. Il fascino e la suggestione provate da me erano estranei al mio amico.

    – La prima vittima mi può dire di preciso chi era?

    – Una popolana, signor Holmes, ogni mattina faceva il giro per i palazzi delle famiglie facoltose per vendere verdura, ortaggi e frutta.

    – Della seconda vittima cosa può dirmi?

    Rodolfo esitò un po’ prima di rispondere: – Non se ne sa molto. Era un forestiero.

    – Non era italiano?

    – Era italiano, John. Noi definiamo forestiero chi non è proprio di Benevento. Non so precisamente di cosa s’interessasse; era archeologo, collezionista di antichità, bibliofilo. Non l’ho conosciuto personalmente. Dopo la sua morte il popolino ha iniziato a costruire intorno alla sua persona un miscuglio di dicerie fantasiose. C’è chi è pronto a giurare di averlo visto di notte su una sponda del fiume Sabato a praticare riti magici. Fantasia popolare e basta.

    – Perché proprio il fiume Sabato? – chiesi.

    – Per il sabba delle streghe, dico bene? – chiese Holmes accennando un mezzo sorriso.

    – Proprio così – rispose Rodolfo. – La leggenda localizza le loro riunioni, i sabba, anche in prossimità di un fiume. Da qui, forse, il nome Sabato del fiume.

    Giungemmo a Benevento al tramonto. La mite temperatura primaverile invogliava gruppi di persone a sedere davanti ai tavolini esterni delle caffetterie. Il palazzo dell’amico Rodolfo era situato nella zona centrale della città. La carrozza si fermò davanti al portone d’ingresso. Attraversammo un atrio incorniciato da quattro colonne per giungere a un secondo portone più piccolo del precedente e da quello al palazzo. Eleganza, opulenza, ricchezza erano evidenti anche a uno sguardo superficiale. Rodolfo ci condusse nello studio del padre, il conte Girolamo Giustini.

    – Papà, – disse presentandoci – ho il piacere e l’onore di presentarvi il signor Sherlock Holmes e il mio caro amico John Watson.

    Il dottore ci venne incontro per stringerci calorosamente la mano.

    – Sono davvero onorato di conoscere entrambi – disse. – Le vostre imprese e i vostri eccellenti risultati, signor Holmes, sono giunti fino a noi.

    – Attraverso quali strade? – chiese il mio amico.

    – I resoconti del dottor Watson pubblicati sul giornale Strand giungono anche qui, seppure con notevole ritardo, ovviamente.

    Io e Holmes restammo meravigliati.

    – Il responsabile sono io – disse Rodolfo. – Faccio arrivare qui diverse pubblicazioni in inglese per non perdere l’allenamento alla vostra lingua.

    Fino ad allora avevamo parlato in inglese.

    – Conosciamo l’italiano – precisò il mio amico. – Possiamo conversare nella vostra lingua e solo se qualche passaggio ci risulta difficile da comprendere chiederemo una traduzione lampo.

    – Adesso la cosa migliore da fare è un buon bagno per toglierci di dosso la polvere del viaggio – disse Rodolfo. – A seguire un pranzo, in vostro onore.

    Approvammo senza esitare la sua proposta. La ricchezza e prelibatezza delle portate fu

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