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Towards 1968: Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta
Towards 1968: Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta
Towards 1968: Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta
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Towards 1968: Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta

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About this ebook

Si può parlare di un «Sessantotto cattolico»? E se è esistito, è stato solo una componente della contestazione giovanile, irrilevante e risucchiata dall’attrazione a sinistra, oppure si è trattato di un fenomeno consistente, caratterizzato da dinamiche specifiche e ramificato a livello europeo, se non su scala globale? Quali ne sono i riferimenti culturali, le reti di collegamento, i momenti e i luoghi in cui si è sviluppata una riflessione comune? Esiste davvero, insomma, una sorta di filo rosso che unisce gli studenti della JEC parigina e gli universitari cattolici che a Madrid scendono in piazza contro Franco, le avanguardie cattoliche della contestazione belga e gli studenti italiani che si sono mobilitati sin dall’inizio degli anni Sessanta? A tali interrogativi vuole rispondere questo libro, che analizza le direttrici di marcia che hanno portato i giovani cattolici europei «verso il Sessantotto», considerando un arco temporale ampio, che comprende il passaggio tra anni Cinquanta e Sessanta e gli orientamenti del mondo studentesco europeo del decennio che precede la contestazione. Italia, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Spagna: paesi che hanno avuto un Sessantotto spesso dirompente, alimentato proprio dalla gioventù cattolica. Gli studenti cattolici hanno in parte anticipato le istanze di contestazione, dal protagonismo generazionale alla vocazione antiautoritaria, declinandola in ambito ecclesiale e sociale. Come i loro compagni, anzi ancor prima dei loro compagni, hanno vissuto i lunghi anni Sessanta come un anticipo di contestazione, mettendo in sinergia, non senza contraddizioni, tensioni spirituali, esperienze associative e aspirazioni sociali.
LanguageItaliano
Release dateMar 11, 2020
ISBN9788838249143
Towards 1968: Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta

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    Towards 1968 - Marta Busani

    MARIA BOCCI, MARTA BUSANI (EDD.)

    TOWARDS 1968

    Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    La pubblicazione di questo volume ha ricevuto il contributo finanziario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sulla base di una valutazione dei risultati della ricerca in essa espressa (linea D.3.1., anno 2019).

    Copyright © 2020 by Edizioni Studium - Roma

    ISSN della collana Cultura 2612-2774

    ISBN 978-88-382-4914-3

    www.edizionistudium.it

    ISBN: 9788838249143

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    I. DOVE È NATA LA CONTESTAZIONE. LE RAGIONI DI QUESTO LIBRO

    INTERSEZIONI

    II. THE STUDENT MOVEMENT OF THE LONG SIXTIES IN WESTERN EUROPE. THE VANGUARD ROLE OF CATHOLIC STUDENTS AND UNIVERSITIES

    1. Introduction

    2. The Spanish New Left

    3. The First European University Revolt: Leuven

    4. Ton Regtien and the Netherlands

    5. The French Exception

    6. Some Explanations

    III. RETI INTERNAZIONALI STUDENTESCHE. ITINERARI DI UNA CONTESTAZIONE CATTOLICA NEGLI ANNI SESSANTA

    1. La nascita dei movimenti e delle federazioni internazionali

    2. Come trasmettere la fede alle giovani generazioni? Un dibattito nell’Azione Cattolica mondiale

    3. La scoperta del Terzo mondo

    4. La FIJC dal Concilio Vaticano II al Sessantotto

    5. La crisi della JEC: Francia, Spagna, Brasile

    IV. «SIAMO CON I CAMPESINOS». L’IMMAGINARIO LATINO-AMERICANO NELLA CONTESTAZIONE GIOVANILE

    1. Introduzione: la riscoperta dei campesinos

    2. I cattolici italiani e il lungo ‘68

    3. Una stagione di esperimenti (1965-1967)

    4. Il ’68: una cesura rivoluzionaria?

    5. Conclusioni

    V. IL SESSANTOTTO E LA POLITICA

    1. L’ordine politico postbellico

    2. Il Sessantotto e la liberazione del politico

    3. «Una rivoluzione perfettamente riuscita e perfettamente fallita»

    4. Il Sessantotto e la crisi del politico

    EUROPA

    VI. LA JEC ESPAÑOLA EN TORNO AL 68

    1. Auge de la JEC española en el contexto del crecimiento de la AC especializada (1961-1966)

    2. Hacia la Revolución. En torno al 68. ¿Crisis de identidad?

    3. 1968-1974. Radicalización de los militantes y crisis de la JEC

    4. Balance

    5. La FECUM. Una aproximación

    VII. FROM NATIONALISM TO NEW LEFT. STUDENT PROTEST AT THE CATHOLIC UNIVERSITY OF LEUVEN

    1. Historical context

    2. The May ‘66 revolt: from anticlericalism to anti-authoritarianism

    3. The January 68 revolt: from Flemish nationalism to New-Left

    4. Leninist turn: Red Leuven

    5. Decline

    VIII. CATTOLICI TEDESCHI E SESSANTOTTO. IL BUND NEUDEUTSCHLAND

    1. Contro il sistema: riforma o rivoluzione?

    2. Conflitto permanente

    3. Il milieu cattolico tedesco e la modernità

    4. Il Bund Neudeutschland e la sfida del terzo mondo

    IX. AUSTRIA IN THE SIXTIES – CATHOLICS PREDOMINATE IN THE STUDENT BODY

    1.

    2.

    X. DALL’ALGERIA AL QUARTIERE LATINO: GLI STUDENTI CATTOLICI FRANCESI TRA PRESENZA E ASSENZA

    1. Mondo cattolico e Chiesa di fronte al momento 68

    2. La Jeunesse étudiante chrétienne delle origini

    3. Un’ampia crisi dell’ecosistema apostolico tra anni Cinquanta e anni Sessanta

    4. Il maggio studentesco cattolico: un tentativo di cronologia

    5. Un tentativo di conclusione

    XI. LA SPIRITUALITÀ DEL SESSANTOTTO

    1. Olivier Clement: una lettura ortodossa

    2. Michel de Certeau e la presa della parola

    ITALIA

    XII. LA SCUOLA SECONDARIA IN ITALIA NEL DOPOGUERRA FRA ISTANZE DI RINNOVAMENTO E RESISTENZE AL CAMBIAMENTO

    1. Premessa

    2. La tentata riforma della scuola nel secondo dopoguerra

    XIII. L’UNIVERSITÀ ITALIANA ALLA VIGILIA DEL ’68. TRA IL RIFORMISMO DEL CENTRO-SINISTRA E LA RIVOLTA STUDENTESCA GLOBALE

    1. Dal fallimento della riforma Gonella al Piano per lo sviluppo della scuola nel decennio dal 1959 al 1969

    2. La Commissione d’indagine sullo stato e i bisogni della pubblica istruzione in Italia

    3. Luigi Gui, il fallimentare tentativo di riforma dell’Università italiana e la contestazione studentesca

    XIV. GIOVENTÙ STUDENTESCA E LA SUA GENEALOGIA CULTURALE ALLA PROVA DEL SESSANTOTTO

    XV. STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA IN FERMENTO*

    XVI. LA «RICERCA DIFFICILE E RISCHIOSA» DEGLI UNIVERSITARI CATTOLICI MILANESI DELLA RIVISTA «LA STRADA»

    1. Un’epoca di cambiamenti

    2. Milano negli anni di Montini

    3. La rivista «La Strada»

    4. Da «La Strada» a «Relazioni sociali»

    5. La fine dell’esperienza

    XVII. IL COLLEGIO MARIANUM DAGLI ANNI SESSANTA ALLA CONTESTAZIONE

    1. Il Collegio maschile Augustinianum e le origini della contestazione studentesca in Università Cattolica

    2. Il Collegio femminile Marianum dalle origini agli anni Cinquanta

    3. Alcuni dati sociologici: segnali di cambiamento

    4. Il Marianum negli anni Sessanta

    5. Libertà, educazione, autorità, fede attiva nel pensiero di Tabanelli

    6. Il Sessantotto nel Marianum

    7. Il rapporto con le Marianne

    8. Due collegi a confronto. Modelli educativi cattolici, genere e ’68

    XVIII. PROVE DI CONTRO-MOVIMENTO. GIOVANI CATTOLICI A DESTRA TRA IL CONCILIO E IL SESSANTOTTO

    1. Investiti dalla tempesta. Percorsi, influssi, contraddizioni

    2. Lo spartiacque del post-Concilio

    3. La reazione moderata-conservatrice

    4. I giovani cattolici presidenzialisti

    5. Blocco d’ordine ed egemonia della destra neofascista

    6. La tentazione rivoluzionaria della destra spiritualista

    7. L’opposizione culturale della destra cristiana

    GLI AUTORI

    INDICE DEI NOMI

    Cultura Studium - Nuova serie

    MARIA BOCCI, MARTA BUSANI (EDD.)

    TOWARDS 1968

    Studenti cattolici nell’Europa

    occidentale degli anni Sessanta

    A Feliciano Montero in memoriam

    I. DOVE È NATA LA CONTESTAZIONE. LE RAGIONI DI QUESTO LIBRO

    MARIA BOCCI - MARTA BUSANI

    A cinquant’anni di distanza, il Sessantotto è ancora capace di generare accesi dibattiti, forti passioni e radicali prese di posizione, spesso di segno contrapposto. Ciò si deve anche al fatto che l’argomento ha avuto una portata decisiva nella biografia di tante persone e, proprio per questo, è rimasto a lungo confinato nel campo della memorialistica. Il Sessantotto, in effetti, non è un oggetto storico come gli altri: raccontare la contestazione significa far riferimento a una mobilitazione dei giovani su scala planetaria senza precedenti, che ha coinvolto più di una generazione in un processo connotato da forte «intensità emotiva» e da un senso di appartenenza collettiva che hanno a tal punto segnato i giovani di allora da rendere difficile l’emersione di ricordi non eccessivamente influenzati dal vissuto personale [1] . Testimonianze e rievocazioni, tuttavia, pur essendo utili non sono sufficienti per dare dimensione storica al passato [2] .

    Oggi possiamo contare su un panorama storiografico certamente più convincente: ormai da diversi anni, infatti, gli studiosi hanno iniziato ad affrontare i lunghi anni Sessanta in sede storica e con ampia prospettiva. È stato così possibile liberare il Sessantotto da una sorta di isolamento astorico, che è servito a sottolineare quella che ai protagonisti è sembrata una fase eccezionale della propria vita ma che non permette di capire un fenomeno che ha travalicato i limiti cronologici dell’anno «formidabile» [3] , allungando le sue premesse addirittura al di fuori della categoria, più ampia, dei cosiddetti «Long Sixties» [4] . In effetti, come hanno mostrato per primi i lavori di Arthur Marwick e il volume Transnational Moments of Change uscito nel 2004 a cura di Gerd-Rainer Horn e Padraic Kenney [5] , una riflessione sul significato del Sessantotto implica la restituzione degli eventi di fine anni Sessanta alla storia del Novecento, un secolo connotato da processi di lunga durata che arrivano a lambire la stessa contestazione studentesca. Basti pensare alle «mobilitazioni giovanili, culturalmente creative, ispirate da spinte utopiche o da cariche ideologiche» che hanno attraversato il Novecento e che, sin dagli albori del secolo, si sono opposte ai grandi partiti e alle loro culture politiche, dando vita a sperimentalismi di varia natura e a forme di controcultura diversamente ispirate [6] . I giovani degli anni Sessanta e Settanta – lo ha notato Angelo Ventrone – reinterpretano speranze di «rigenerazione» che vengono da lontano, pur in un contesto storico molto diverso, segnato com’è dalla prosperità prodotta dalla società industriale [7] .

    La comprensione del Sessantotto ha insomma bisogno di riconsegnarlo alla storia del Novecento, al punto che qualche studioso, per spiegarne l’esordio e le ambiguità, ha addirittura fatto riferimento a un secolo che la logica dicotomica amico/nemico rischia di rendere oltremodo lungo [8] . Se si allarga lo sguardo all’Europa borghese tra Otto e Novecento, si deve registrare la centralità delle angosce innescate dal processo di modernizzazione, talmente persistenti da produrre, a tappe ricorrenti lungo tutto il secolo, la ricerca di una modernità «diversa», o meglio di una palingenesi etico-spirituale, se non fisico-antropologica, che più di una volta si è strutturata in progetti politici massimalisti. È un tema non estraneo ai giovani degli anni Sessanta e Settanta i quali, «a dispetto della loro comune vocazione a dare un colpo di rasoio alla storia», reiteravano – la considerazione è di Giuseppe Carlo Marino – il «comportamento delle precedenti generazioni giovanili: dare dimostrazione della capacità dei figli di realizzare i fini delle lezioni morali impartite dai padri, contro gli stessi padri caduti nella trappola di ritenerli inattuabili per opportunistico tradimento di se stessi, o per dolorosa rassegnazione dell’esistente» [9] . Basti pensare ai giovani contestatori dell’Università di Berkeley che si ribellavano contro la società costruita dalle generazioni precedenti, accusandole di aver tradito i valori su cui si fondava la Costituzione americana, in nome di interessi opportunistici o, ancor peggio, ispirati a una logica imperialistica. I giovani di Berkeley si proponevano, anzi, come gli autentici realizzatori delle promesse tradite dalla democrazia americana [10] .

    La ribellione dei sessantottini contro la civiltà della produzione e del consumo, tuttavia, poteva innestarsi – e per la prima volta – dentro quella stessa società opulenta e consumistica che veniva rifiutata in nome della lotta contro l’alienazione di massa. È il cambiamento socioeconomico del secondo dopoguerra, particolarmente repentino in Italia e in Francia ma diffuso in tutta l’Europa occidentale, a dettare le coordinate storiche entro le quali si è mossa la contestazione giovanile, che ha coinvolto vasti strati della popolazione a partire dalle nuove élites intellettuali emerse negli organismi della rappresentanza studentesca, al cui seguito si è mobilitata la massa degli studenti che aveva avuto accesso al sistema scolastico e universitario grazie alle riforme messe in atto durante il decennio e che negli anni Sessanta risentiva, ormai, di forti «istanze di democrazia partecipativa» [11] .

    Dunque, se la contestazione studentesca ha annunciato un cambiamento d’epoca, ha anche funzionato da acceleratore di un processo già avviato nella società occidentale dalle trasformazioni socio-culturali favorite dal boom economico che ha segnato il passaggio tra anni Cinquanta e Sessanta. Quel passaggio, come è noto, ha favorito l’emersione di tensioni generazionali e di inquietudini diffuse che, se non hanno scalfito consuetudini e ritualità apparentemente ancora solide, non hanno impedito il crescente «smarrimento» dell’universo giovanile e sono un segnale da non sottovalutare [12] . È la chiave di lungo periodo, allora, a dover guidare l’interpretazione di una fase così delicata della storia contemporanea, perché solo a partire da una prospettiva che, pur considerando la portata di discontinuità del Sessantotto, lo colloca all’interno di un processo pluridecennale, se ne possono capire le origini, le peculiarità – il protagonismo generazionale, la vocazione antiautoritaria, il radicalismo, la valorizzazione della soggettività, la circolazione transnazionale –, nonché la pervasività, la durata e gli effetti, che hanno di molto superato i confini dell’«anno degli studenti».

    Questo volume, che riunisce i contributi presentati durante il convegno internazionale organizzato in Università Cattolica il 3/4 maggio 2018 per iniziativa del Dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio Mario Romani, vuole indagare le direttrici di marcia che hanno portato i giovani cattolici europei «verso il Sessantotto», e proprio per questo non può far a meno di considerare un arco temporale ampio, che comprende il passaggio fra anni Cinquanta e Sessanta e gli orientamenti del mondo studentesco del decennio che precede la contestazione. È del tutto condivisibile, del resto, la periodizzazione che fa data dalle tensioni sociali degli inizi degli anni Sessanta, in Italia e in Europa, e che ricorda il controverso processo di destalinizzazione e le divaricazioni interne al mondo comunista perlomeno a partire dal ’56. Sono tensioni che hanno dato impulso alla nascita della New Left europea [13] . Nelle stesse università europee, almeno dal ’62 si registrano agitazioni che sono il primo sintomo della rivolta e che acquisiranno connotati politici più marcati a partire dal ’66, anche per via delle sollecitazioni internazionali. Sin dagli inizi degli anni Sessanta, comunque, non mancano proteste e occupazioni, che si intrecciano, in molti contesti nazionali, con la questione della riforma universitaria la quale, a sua volta, è occasione di contestazione. Per il mondo cattolico già la fine degli anni Cinquanta costituisce un momento periodizzante di portata decisiva, perché l’elezione al soglio pontificio di Giovanni XXIII sprigiona energie trattenute dalle cautele che avevano contraddistinto l’ultimo tratto del pontificato di Pio XII. Si apre così un periodo di notevole fermento, soprattutto nell’associazionismo giovanile che ora ha la possibilità di confrontarsi apertamente con la Nouvelle Théologie e di superare la dicotomia comunismo/anticomunismo tipica della guerra fredda, aprendosi a nuove sollecitazioni che vengono dal magistero pontificio.

    Il volume intende seguire, nel percorso che indirizza i giovani «verso il Sessantotto», l’itinerario degli studenti cattolici dell’Europa occidentale. L’obiettivo non è quello di farne una sezione separata nell’insieme della più estesa mobilitazione giovanile, nella quale gli steccati tra le vecchie appartenenze sono stati abbattuti molto in fretta, e neppure di isolare la gioventù cattolica dal complesso di stimoli e istanze che ha influito sui giovani degli anni Sessanta. Tuttavia, come mostrano i contributi pubblicati in questo libro, nel «lungo Sessantotto» il protagonismo dei giovani è stato favorito da specificità e urgenze certamente ascrivibili al versante cattolico della contestazione. Basti pensare alle richieste di rinnovamento ecclesiale suscitate dal Concilio Vaticano II [14] , che hanno alimentato speranze e attese di una quota significativa della gioventù più impegnata, spesso organizzata in associazioni e realtà studentesche europee ed italiane che sono state influenzate dalle dinamiche del decennio e hanno dato un contributo rilevante alla contestazione. Non è un caso che gruppi di giovani appartenenti al mondo cattolico anticipino istanze poi esplose alla fine degli anni Sessanta. Gli studi di Gerd-Rainer Horn, così come altri saggi qui pubblicati, evidenziano anzi la funzione di avanguardia svolta da tali gruppi, sottolineando l’importanza dell’influsso esercitato dal cattolicesimo progressista sui movimenti studenteschi di molti paesi dell’Europa occidentale [15] . Horn rileva, appunto, la precocità della radicalizzazione dei giovani cattolici europei, sottolineando al contempo la scarsa presenza di non cattolici nelle tensioni che coinvolgono gli studenti prima del ’68. Dunque, a metà degli anni Sessanta giovani cattolici, sollecitati dalla fine del Concilio, soprattutto nell’Europa mediterranea fomentano lotte dentro e fuori le università, che sfoceranno nelle tensioni del biennio ’66-’68.

    Con questo volume si vogliono verificare rapporti, tempi, peculiarità e consistenza di quella che si potrebbe definire l’anima cattolica della contestazione nella sua dimensione transnazionale, una dimensione che caratterizza il Sessantotto globale ma che, al tempo stesso, contraddistingue mentalità e forme dell’associazionismo cattolico ed è stata potenziata, negli anni del boom economico, dalla forza dei media [16] . Quale è stato il vissuto degli studenti cattolici nelle dinamiche del decennio e quale comprensione ne hanno avuto? Quale il loro ruolo nella trasformazione delle strutture sociali e culturali dell’Europa occidentale? Ci sono specificità nazionali o prevalgono processi di mimesi e circolazione di idee, di azioni e di pratiche di mobilitazione? Esiste cioè, anche dal punto di vista degli studenti cattolici che saranno calamitati dal Sessantotto, quella «unitarietà di esperienza» [17] che è stata notata a proposito della contestazione europea? E quali ne sono i riferimenti culturali e le dimensioni associative? Quali – ancora – le reti di collegamento e i momenti di riflessione comune che possono aver potenziato l’emersione di una sorta di «Sessantotto cattolico» a livello europeo?

    Si vuole appunto contribuire a rispondere a questi interrogativi, che non sembrano inadeguati vista la contaminazione di fine decennio fra un «marxismo-leninismo revisionato e ibridato sovente con i francofortesi» e «un radicalismo cattolico e terzomondista» che era maturato negli anni precedenti [18] e che, a sua volta, era erede della tensione anticapitalista e antiborghese ben presente in alcuni luoghi della cultura e della politica del cattolicesimo novecentesco [19] . Per i giovani cattolici era ancora in gioco, in realtà, la risposta da dare alla modernità contemporanea, già oggetto delle critiche di chi da tempo auspicava l’avvento del personalismo comunitario e di una ben diversa «nuova cristianità»; ma era anche in gioco l’aspirazione all’autenticità della proposta evangelica, che sembrava dover confluire nell’antitesi alle strutture del «potere borghese», istanza che nel post-Concilio tendeva a entrare in rotta di collisione con la Chiesa-istituzione e a sollecitare la ricerca di nuove forme di presenza dentro gli ampi orizzonti aperti dal Vaticano II, con una radicalizzazione progressiva di prospettive politico-ecclesiali.

    I saggi pubblicati in questo volume, dunque, fanno luce sul ruolo della gioventù cattolica nel più ampio quadro della contestazione giovanile europea dei lungi anni Sessanta. Se alcuni contributi mostrano la componente globale della contestazione cattolica, altri fanno emergere le peculiarità dei contesti nazionali. In effetti, ad essere coinvolti nel percorso «verso il Sessantotto» sono vari luoghi dell’educazione cattolica, dalle associazioni giovanili dell’Azione Cattolica alle università e alle riviste di settore. Al loro interno sono maturati molti dei fermenti che sfoceranno nella crisi di fine decennio; e al loro interno è individuabile quella tensione tra dimensione sociale e affermazione esistenziale – termine che meglio si attaglia di quanto non lo sia l’aggettivo soggettiva alla prospettiva di giovani cattolici – che contraddistingue il Sessantotto e che si rivelerà un forte motivo di contraddizione. Del resto, la formazione cattolica emerge spesso come una nota caratteristica nel percorso umano e culturale dei futuri contestatori, che si sono abbeverati non solo a letture terzomondiste e ai teologi del post-Concilio, ma ancor prima al personalismo comunitario di Mounier e alle istanze di solidarietà e di giustizia sociale che hanno innervato ampie porzioni dell’associazionismo cattolico e le stesse istituzioni culturali espresse dal cattolicesimo organizzato. È un tratto che caratterizza le diverse realtà del mondo studentesco cattolico nei paesi dell’Europa occidentale, eccezion fatta per il contesto austriaco dove gli studenti erano maggiormente influenzati dagli eventi d’oltre cortina. I saggi qui pubblicati mettono in luce sia contaminazioni e correlazioni che hanno unito i fermenti di contestazione della gioventù cattolica europea, sia differenze e peculiarità nazionali. Nel caso tedesco, ad esempio, la gioventù cattolica fa i conti con la compromissione con il nazismo delle generazioni adulte. Il caso francese è segnato da una forte politicizzazione e dalle tensioni con l’episcopato innescate dal desiderio dei giovani di superare la dipendenza dei laici dalla gerarchia ecclesiastica. In Spagna gli studenti protestano contro la mancanza di libertà all’interno di un regime che si dichiara apertamente cattolico e spesso gode dell’appoggio dell’episcopato. In Italia si mescolano diverse prospettive all’interno della stessa gioventù studentesca cattolica, espresse ad esempio dalla FUCI, più concentrata sulle dinamiche politiche e intellettuali che dovrebbero favorire il cambiamento, e dai gruppi di Gioventù Studentesca, più sensibili alla dimensione missionaria e sociale del cristianesimo.

    Nel volume emerge, altresì, il ruolo decisivo svolto dai movimenti e dalle associazioni cattoliche in gran parte dell’Europa occidentale, come pure il protagonismo degli studenti che frequentano gli atenei cattolici. Opportunamente alcuni autori sottolineano talune istanze della New Left sino allora sostanzialmente estranee al mondo cattolico, ma che arriveranno a permeare luoghi e dibattiti della contestazione cattolica, a cominciare dalle categorie marxiste e marcusiane. Il processo, tuttavia, avviene anche al contrario, perché nel Sessantotto si riversano sollecitazioni peculiari all’orizzonte cattolico. È il caso, ad esempio, del terzomondismo di stampo cattolico, che contribuisce al rovesciamento della percezione del rapporto tra Nord e Sud del mondo tipico della generazione degli anni Sessanta [20] .

    I lavori presentati in questo volume rilevano assonanze e simultaneità che hanno segnato la contestazione degli studenti cattolici europei. Lungi dall’essere esito di una casualità, la mobilitazione di fine decennio è stata alimentata da una serie di contatti che, fin dagli anni Cinquanta, hanno messo in rete le realtà dell’associazionismo studentesco, concorrendo alla nascita di un mainstream comune e condiviso. L’esito di tale cammino in molti casi arriverà a scardinare l’associazionismo tradizionale, che pure aveva spesso anticipato la contestazione globale. Gran parte delle forze della gioventù cattolica confluiranno nella più ampia ribellione generazionale del ’68, fino a smarrire o a ritenere superflua l’identità confessionale e ciò per effetto sia dell’azione della gerarchia, che faticava a comprendere le istanze di rinnovamento degli studenti, sia per la tendenza a far coincidere la fede con progetti di rinnovamento sociale, riscontrabile in diverse realtà cattoliche. Nondimeno, con la crisi della fine degli anni Sessanta si è anche aperta la strada che ha portato alla nascita o all’affermazione di nuove forme di aggregazione laicale, dalle comunità di base ai movimenti ecclesiali, a loro volta impegnati nella ricerca di un cristianesimo più autentico e più sensibile alle urgenze del mondo contemporaneo.

    Un ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro, a cominciare dagli autori dei contributi. Ringraziamo inoltre Daniele Bardelli, Paolo Valvo e i colleghi del Dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio Mario Romani per il prezioso contributo di idee e di sollecitazioni. Paolo Valvo ha curato la redazione del testo.


    [1] A. Ventrone, « Vogliamo tutto». Perché due generazioni hanno creduto nella rivoluzione 1960-1988, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. VII-XI.

    [2] La questione è di tale rilievo da dar spunto a riflessioni specifiche sul ruolo della memoria e del vissuto personale nell’interpretazione dell’evento Sessantotto: si veda A. Hajek, Negotiating Memories of Protest in Western Europe. The case of Italy, Palgrave Macmillan, New York 2013.

    [3] M. Capanna, Formidabili quegli anni, Rizzoli, Milano 1988.

    [4] Per una definizione del concetto storiografico di «Long Sixties» si faccia riferimento a A. Marwick, The Sixties. Cultural Revolution in Britain, France, Italy, and the United States, c. 1958-c. 1974, Oxford University Press, New York 1998.

    [5] Transnational Moments of Change. Europe 1945, 1968, 1989, ed. by G.-R. Horn-P. Kenney, Rowman & Littlefield publishers, Oxford 2004.

    [6] A. Giovagnoli, Sessantotto. La festa della conciliazione, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2018, p. 13.

    [7] A. Ventrone, «Vogliamo tutto», cit., pp. 14-16. Lo studioso osserva, appunto, che la ribellione dei giovani contro la civiltà della produzione e del consumo si basava su ciò che rifiutava: la società dei consumi, ormai capace di produrre una tale abbondanza di beni da riuscire a garantire la sopravvivenza dei giovani che la contestavano e che si rifiutavano di entrare nel mondo del lavoro.

    [8] Per l’Italia si vedano A. Ventrone, « Vogliamo tutto », cit., pp. X-XIII, e P. Buchignani, Ribelli d’Italia. Il sogno della rivoluzione da Mazzini alle Brigate rosse, Marsilio, Venezia 2017, pp. 259-260. Quest’ultimo osserva che il Sessantotto italiano sul piano politico-ideologico ha avuto una particolare radicalità e longevità a causa della permanenza «dell’idea-mito della rivoluzione come palingenesi e utopia millenaristica» tipica di tanta cultura politica sin dal Risorgimento.

    [9] G.C. Marino, Biografia del Sessantotto. Utopie, conquiste, sbandamenti, Bompiani, Milano 2004, p. 246.

    [10] A. Marwick, The Cultural Revolution of the Long Sixties: Voices of Reaction, Protest, and Permeation, in «The international History Review», XXVII, 2005, 4, pp. 780-806.

    [11] G.-R. Horn, Non tutto quel che è reale è razionale. L’eredità del 1968, in Il 1968 nella storia europea, fascicolo monografico di «Contemporanea», XI, 2008, 3, a cura di S. Neri Serneri, p. 480. Sul repentino aumento degli accessi al sistema universitario dei giovani europei negli anni che precedono il Sessantotto si veda M. Flores-G. Gozzini, 1968. Un anno spartiacque, il Mulino, Bologna 2018, pp. 26-33.

    [12] Negli anni Cinquanta – rileva ancora Marino – «la percezione di un’autonoma condizione giovanile rimase molto più legata a istanze intensamente private ed esistenziali che non a idealità e vocazioni di natura politica». Nelle famiglie e nelle scuole tenevano ancora il campo la disciplina e l’ubbidienza alle gerarchie sociali. Anche la ritualità goliardica nelle università confermava il sostanziale ossequio alle tradizioni. E tuttavia, dalla «stessa nebulosa degli indifferenti» stavano emergendo «nuove avanguardie di insoddisfatti», disobbedienti e utopisti, «sotto la spinta di un inquieto rapporto con la realtà quotidiana destinato a entrare in sintonia con le amarezze di padri o fratelli maggiori delusi nella speranza di far nascere dalle lotte antifasciste un’Italia corrispondente ai loro sogni» (G.C. Marino, Biografia del Sessantotto, cit., pp. 37-38).

    [13] La storiografia sulla nascita e sulla diffusione della New Left in Europa e negli Stati Uniti è molto ampia e in questa sede non sono possibili rimandi specifici. Si può far riferimento ad alcuni tra i lavori che rimangono fondamentali, come G.N. Katsiaficas, The imagination of the New Left. A Global Analysis of 1968, South and Press, Cambridge (Massachusetts) 1987, W. Breines, Community and organization in the New Left, 1962-1968. The great refusal, Rutgers University Press, London-New Burnswick 1989, e R.E. Klatch, A generation divided. The new Left, the New Right and the 1960s, Univeristy of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 1999.

    [14] In questo senso si veda anche il volume di recente pubblicazione Cattolici del Sessantotto. Protesta politica e rivolta religiosa nella contestazione tra gli anni Sessanta e Settanta, a cura di M. Margotti, Studium, Roma 2019.

    [15] G.-R. Horn, The Spirit of Vatican II. Western European Progressive Catholicism in the Long Sixties, Oxford University Press, Oxford 2015. Per un approfondimento sul caso francese si veda À la gauche du Christ . Les chrétiens de gauche en France de 1945 à nos jours, édité par D. Pelletier-J.L. Schlegel, Edition du Seuil, Paris 2012. Sul ruolo di avanguardia della gioventù cattolica nelle proteste antifranchiste degli anni Sessanta si faccia riferimento all’ampia bibliografia di Feliciano Montero.

    [16] Negli ultimi anni sono stati numerosi gli studi che hanno affrontato il Sessantotto in chiave transnazionale; in questa sede si rimanda ad alcuni dei primi e più significativi volumi che hanno aperto la strada alle ricerche successive: P. Ortoleva, Saggio sui movimenti del 1968 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma 1988; M. De Bernardi-M. Flores, Il Sessantotto, il Mulino, Bologna 1998; Transnational Moments of Change. Europe 1945, 1968, 1989, cit.

    [17] S. Neri Serneri, Gli « anni del ’68» in Europa. Epifania e rivoluzione, in Il 1968 nella storia europea, cit., p. 472.

    [18] P. Buchignani, Ribelli d’Italia, cit., pp. 260-261.

    [19] Per il caso italiano si veda M. Bocci, Oltre lo Stato liberale. Ipotesi su politica e società nel dibattito cattolico tra fascismo e democrazia, Bulzoni, Roma 1999.

    [20] La mutata percezione del Terzo mondo da parte della gioventù occidentale è spesso annoverata tra gli effetti più dirompenti e duraturi del Sessantotto. A tal proposito si faccia riferimento a A Revolution of Perception? Consequences and Echoes of 1968, ed. by I. Gilcher-Holtey, Berghahn Books, New York-Oxford 2014.

    INTERSEZIONI

    II. THE STUDENT MOVEMENT OF THE LONG SIXTIES IN WESTERN EUROPE. THE VANGUARD ROLE OF CATHOLIC STUDENTS AND UNIVERSITIES

    Gerd-Rainer Horn

    1. Introduction

    There have been many books and articles written about the student movements which were part of the wave of social movements associated with the label 1968. In fact, one of the novel features of 1968 in the context of social movement studies is precisely the ubiquity of students as prominent agents for progressive social change. In earlier decades, university students had generally played a rather conservative role, if they did engage in social and political action in significant numbers. The tremendous increase in university student enrollments from the late 1950s through the early 1970s, often entailing a tripling (or more) of student numbers in less than a dozen years, changed the sociological background of the average university student almost beyond recognition. If the average university student in earlier decades of the twentieth century had been an upper middle class or even aristocratic student, in the course of the 1960s the lower middle classes became the recruitment terrain par excellence of the newly-constructed campuses in many Western European and North American states. The working classes, certainly blue collar workers, remained rather underrepresented in lecture halls and dormitories of the rapidly constructed new universities; but universities no longer constituted the almost exclusive playgrounds of the children of the elite.

    Progressive politics thus found an entry into campus environments; but this was of course not solely due to the changing demography and social background of new arrivals. The years of what in retrospect have been called the Long Sixties were also years or radical ferment in all walks of life and in virtually all countries with rapidly swelling university numbers. Due to the special circumstances of studying under a dictatorship, even Spanish and Portuguese universities, where student numbers remained relatively stable throughout the period of the Sixties, experienced growing waves of ever more radical unrest. Elsewhere, I have drawn attention to the fact that the dozen or so years in the run-up to the keystone calendar year of 1968 can be regarded as a preparatory period of great importance in the fashioning of a cultural, social and political atmosphere permitting the eventual outburst of radical energies in a concentrated fashion in the course of the twelve months of 1968 – and thereafter. Similar to the way that the period up to 1848, the so-called Vormärz, constituted a highly unusual and fertile period of experimentation in many areas of social life and in virtually all European states, without which the years of open revolutions of 1848 could never be adequately explained, the years between 1956 and 1967 created the preconditions for subsequent open rebellions [1] .

    One of the features of the Long Sixties which has generally remained neglected in the literature to date has been the unusual prominence of religious social movements which left their indelible imprint on the contours of European (and many non-European) societies. The American Civil Rights Movement, which was of singular importance in inspiring subsequent generations of activists in Europe as much as North America, was only one factor which propelled religious influences to center stage. This religious dimension of social movements in the so-called Sixties affected in particular those countries and communities where Catholicism played a singular role. Protestant involvement in the politics of protest – the most famous case being the largely-Protestant inspired Civil Rights Movement – was likewise of great significance, but Catholic activists surprised the countries concerned even more so, partially because in earlier years, decades and centuries Catholicism had rarely openly taken up flagship roles in progressive movements around the world. For Catholics, the uncontested major inspiration to get involved in social movements clamoring for greater rights and enlarged liberties was Vatican II, which had given the green light for previously marginalized activists on its left fringes to seize the time. Such unmistakably progressive Catholic activism noticeably affected the rapidly swelling numbers of university students, though other sectors of Catholic public opinion played keynote roles in the course of the radicalization of the Sixties as well [2] .

    In what follows, I wish to focus on the special contributions of Catholic student activism in the Long Sixties. I wish to suggest that Catholic students played disproportionately prominent roles in the student struggles of that period. In the presentation of various case studies, an attempt will be made to follow a certain chronology. Thus, the discussion will commence with a country where Catholicism underwent a distinct radicalization long before 1968 and even long before Vatican II. In fact, the political itinerary of radical Catholicism in Spain began by the mid-1950s, owing to the peculiarities of Iberian dictatorships in this period. The chapter will then address the contours of the very first instance of a university town in Western Europe exploding in a series of street battles – already in May 1966: the Flemish university town of Leuven, home to «oldest extant Catholic university in the world» [3] . Attention will then shift to Belgium’s northern neighbor, the Netherlands, where Catholic universities likewise played flagship roles in spawning student unrest in a country which stood in the forefront of all sorts of cultural and social rebellions in the proverbial 1960s. I will then explain why Catholic student radicalism played a secondary role in the country which gave the year of 1968 its metaphorical meaning: France. As other contributions to this book target Italian politics, I refrain from discussing the manifold ways in which Italian radical politics of the Sessantotto nicely parallel what had been happening in Spain, Belgium, the Netherlands and elsewhere.


    [1] G.-R. Horn, El ascenso meteórico de los movimientos estudiantiles en 1968. Los contextos y las características de un fenómeno transnacional, in «Historia del presente»,XXXI, 2018/1, pp. 11-26, here especially pp. 14-15.

    [2] On these developments, see Id., The Spirit of Vatican II. Western European Progressive Catholicism in the Long Sixties, Oxford University Press, Oxford 2015.

    [3] This is, at any rate, one of the claims in the self-statement by the Catholic University of Leuven: https://www.kuleuven.be/english/about-kuleuven/history.

    2. The Spanish New Left

    The Spanish case is an important manifestation of the Christian spirit behind 1968, but perhaps the most important immediate and tangible contribution to the Spanish spirit of 1968 by Catholic students was actually made as early as the 1950s. Spanish Left Catholicism, emerging in the dire conditions of underground activism under the yoke of Francisco Franco’s unbending dictatorial rule, has intellectual roots and antecedents going back at least to 1956, a cornerstone year which also happened to be the year of conception, literally and figuratively, of the transnationally operating New Left. And it was precisely in the context of the birth of the New Left that Spanish Catholic students played a singularly important role. The story of the Spanish New Left – operating in the anti-Franco underground, Franco’s prisons, and in exile – is one of very many tales of great importance in this era, which is virtually unknown outside of the Spanish state. In northern European academic milieus, the gaze is almost entirely fixed on New Left activism in the United States, West Germany and, for obvious reasons, France. But the story of underground resistance to the Francoist state from the mid-1950s until the late 1960s is virtually impossible to comprehend without close attention to the Spanish New Left, which became a key player in opposition to Franco before largely disappearing in the course of 1969.

    The Spanish New Left found its organisational expression within Felipe, the Frente de Liberación Popular (FLP), and its affiliated but autonomous sections in Catalonia and the Basque Country. In both Madrid and Barcelona, the two hot spots of New Left activism early on, the original nucleus was called University New Left ( Nueva Izquierda Universitaria in Madrid and Nova Esquerra Universitaria in Barcelona), and both groups were almost exclusively composed of devout and practicing Catholic students, searching for an alternative to both Francoist repression and the strictures of the traditional Old Left. «Catholicism was so very much present that very often the same meeting places [used by New Left circles] were also utilised to hold theology seminars» [1] and, to underscore my point, I would like to draw attention to a text by Alfonso Carlos Comín, a well-known Catholic journalist, political activist and social scientist who had this to say about the early New Left milieu which developed into a central powerhouse of anti-Francoist determination and resolve:

    [T]he young Spanish university students, preoccupied and unsettled, studied the official syllabi in order to obtain the necessary qualifications and their academic titles, but they regarded those books as ever-so-many lifeless pages. Simultaneously, they avidly devoured books at the margins of the official reading lists, which they discussed in their get-togethers and their seminars, such as the works by Mounier, Teilhard, Congar, Rahner, Lukács, Sartre, Camus [2] .

    The ideological heterodoxy and pluralism of New Left beliefs emerge crystal clear from this list, but also the centrality of Left Catholicism.

    The Spanish New Left, as elsewhere in Europe and the First World, was a product of the complications of the international conjuncture of 1956. Whereas elsewhere in Europe the combined impact of Algeria and Suez, coupled with Stalinist interventions in Hungary and Poland, led to the birth and development of a New Left to the left of social democracy and communism, Spain experienced its own Golgotha. In February 1956, heated confrontations erupted in the Law Faculty of the University of Madrid, leading to detention of activists and the temporary closure of the university. It was the first serious challenge to unmitigated Francoist rule since the end of the Spanish Civil War in 1939, and Spanish university students played crucial roles in this pioneering instance of concerted opposition to dictatorship in Spain. Spanish opposition politics dates back its revitalisation precisely to these events in early 1956.

    The historian of this student uprising, which opened a new era in Spanish politics, Pablo Lizcano, points out the decisive contributions of Catholic circles to the events which gave rise to what has since become regarded as the Generation of 56. Already in the course of 1955, the Madrid University branch of Catholic Action had organised a cycle of presentations and colloquia on various topics, including the relevance of Marxism and the overall contributions of the labor movement, sometimes chaired by students belonging to the secular underground Left, occasionally by activists in the Spanish detachments of Catholic Action. The seminar series in the Economics Faculty of San Bernardo provided a first free space for dissident tendencies within Catholicism and other free thinkers under the Francoist yoke [3] . Catholic students were second to none in this heroic underground period of anti-Franco mobilisations, with Franco, it need not be underscored, surrounding himself with the mantle of national Catholicism, supported by almost the entire hierarchy of Spanish bishops until the late 1960s when a long-overdue generational shift brought in some fresh wind even in the upper reaches of the Spanish Catholic Church. But by then, it was too little too late.

    If the Spanish contribution to Left Catholicism, notably its student battalions, is so little-known outside (and, by now, even inside) Spain, then this is due to the fact that the Catholic hierarchy systematically destroyed the organisational structures of Catholic Action, notably the organisation of specialised Catholic Action for young adults, between 1966-1968. Thus, the final decade of anti-Franco activism up to his death in November 1975 saw Catholic Action effectively marginalised and decimated, with many activists – notably student activists – joining the secular Left. The final assault on the most vicious dictatorship in the free world took place under the leadership of secular organisations. The Catholic hierarchy had thus in effect shovelled the grave of Catholicism as an effective and popular anti-dictatorial movement notably within the university student milieus [4] .


    [1] J.A. García Alcalá, Historia del Felipe (FLP, FOC y ESBA): de Julio Cerón a la Liga Comunista Revolucionaria, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid 2001, p. 42. This study by García Alcalá remains to this day the fundamental historical work on the little-known political itinerary of the Spanish New Left which, in my view, had a greater impact on the social struggles of their day than comparable actions by New Left sister organisations elsewhere in Europe or North America.

    [2] Alfonso Carlos Comín, cited in D.F. Álvarez Espinosa, Cristianos y marxistas contra Franco, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Cádiz, Cádiz 2003, p. 187. On Comín, there now exist two stimulating monographs: F. Martínez Hoyos, La cruz y el martillo. Alfonso Carlos Comín y los cristianos comunistas, Rubeo, Barcelona 2009, and J.A. González Casanova, Comín, mi amigo, Lector, Barcelona 2010.

    [3] P. Lizcano, La generación del 56. La Universidad contra Franco, Saber y Comunicación, Madrid 2006, pp. 177-179 (seminar series in San Bernardo) and pp. 215-225 (Catholic origins of Felipe).

    [4] On the crisis of Spanish specialized Catholic Action, see above all F. Montero García, La Acción Católica y el franquismo. Auge y crisis de la Acción Católica Especializada en los años sesenta, Universidad Nacional de Educación a Distancia, Madrid 2000. More generally on the radicalisation of significant sections of Spanish Catholicism after 1956, see Id., La Iglesia: de la colaboración a la disidencia (1956-1975), Encuentro, Madrid 2009, especially his third chapter, De la Democracia Cristiana al Cristiano-Marxismo, pp. 171-219. On the history of the Spanish JEC, see above all Id. (ed.), Juventud Estudiante Católica 1947-1997, JEC, Madrid 1998.

    3. The First European University Revolt: Leuven

    A chapter on Catholic student activism in Western Europe in the Long Sixties in this edited volume is somewhat hampered by the fact that other chapters will present more detailed snapshots and analysis of certain hotspots of Catholic student activism, such as Spain. Another such case is Louis Vos’s contribution on Belgium, a country which played an enormously important role in the phoenix-like rise to prominence of Catholic student activism and also, in fact, in the development of European student protest tout court. I will limit my own comments on Belgium thus to merely a few words. What in fact is the ultimate significance of Belgian Catholic student struggles, in which Louis Vos himself played a certain role? [1] If Spain saw the early, very early rise of Catholic student activists as instigators of major social movements which eventually overturned a forty-year long dictatorship, Belgian Catholic students played a similar crucial role as pioneers of radical student activism not just in Belgium but in Europe as a whole.

    In fact, the first Western European university to become the centre of a national controversy in the course of the 1960s was not any one of the branch campuses of the University of Paris or the Free University of Berlin. The first Western European university town to witness running battles between demonstrators and police was the Flemish town of Leuven. The very Catholic University of Leuven, founded in 1425, holds the honour of having sparked a major controversy leading to militant altercations in the city’s streets and the polarization of public opinion in the country-at-large.

    In Leuven May 1968 began two years earlier. The birth of Leuven student radicalism can be traced back all the way to May 1966, more specifically 15 May 1966, when the Belgian episcopacy made public a decision they had arrived at two days earlier. The chapter by Louis Vos will provide the context for this event. I merely want to present the atmosphere at that time. In the course of Sunday, 15 May, students began to assemble in pubs and cafes in ever-increasing numbers to express their furious disagreement with this official edict, planning for an organised response the next day, Monday, 16 May, including a rally in front of city hall. Paul Goossens, the undisputed leader of the subsequent student revolt, who had been training for the priesthood just a few years earlier, recalls how he suddenly found himself on top of the flight of outside stairs leading up to the entry of the magnificent city hall with a microphone shoved in front of his face. Later on an accomplished, charismatic speaker, but for the moment nervous and uncertain what to say, he limited his first speech to three short sentences. «Tomorrow, out of protest, we shall go on strike». This spontaneous, unplanned announcement fell on open ears. The second announcement was even more outrageous: «The academic year will therefore be ending tomorrow». Paul Goossens records «immense joy» as his audience response [2] .

    The third sentence amplified in front of the growing crowd filling the Grote Markt in front of city hall warrants a brief explanatory digression onto the text of the 13 May pastoral letter. I still will leave the content of this letter unadressed, leaving it up to Louis to provide the details. In their closing sentence, the Belgian bishops had solemnly declared: «May the

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