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Le trascrizioni per pianoforte dalle opere di Bach
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Ebook79 pages43 minutes

Le trascrizioni per pianoforte dalle opere di Bach

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Questo libro è utile a chi, più nei dettagli, necessita approfondire nozioni storico-interpretative inerenti alla pratica della trascrizione per strumento a tastiera.

Tratta di Johann Sebastian Bach e di come le sue più importanti opere siano state adattate, qualche volta “modificate” al pianoforte, dai geni di Franz Liszt, Ferruccio Busoni e Sergio Fiorentino. Ciascuno di loro alla propria maniera. Quale? Scopritelo voi…
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 9, 2020
ISBN9788831662628
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    Le trascrizioni per pianoforte dalle opere di Bach - Dario Antonio Orso

    PREFAZIONE

    Ho co­no­sciu­to il mio ca­ro ami­co Da­rio du­ran­te gli an­ni del Con­ser­va­to­rio. Ri­cor­do con pia­ce­re le mol­te­pli­ci chiac­chie­ra­te sull'ar­go­men­to del­la tra­scri­zio­ne: da Ba­ch a Liszt, da Liszt a Bu­so­ni... era un con­ti­nuo evol­ver­si di idee, una mi­sce­la in­cre­di­bi­le di stu­po­re e pro­fon­da am­mi­ra­zio­ne ver­so quel­la che è la for­ma d'ar­te so­vra­na del no­stro cuo­re: la Mu­si­ca.

    Quel­lo che leg­ge­re­te è un li­bro che vi fa­rà per­cor­re­re le stra­de del­la tra­scri­zio­ne per pia­no­for­te, in par­ti­co­lar mo­do le tra­scri­zio­ni dal­le ope­re di J.S. Ba­ch di F. Liszt, F. Bu­so­ni e S. Fio­ren­ti­no.

    E' si­cu­ra­men­te un te­ma com­ples­so, ma la let­tu­ra vi ri­sul­te­rà flui­da in quan­to l'au­to­re ha sa­pu­to sof­fer­mar­si su­gli aspet­ti cen­tra­li, svi­sce­ran­do i pro­fon­di si­gni­fi­ca­ti del­la com­ples­sa scrit­tu­ra mu­si­ca­le. Inol­tre, è un te­ma che vie­ne af­fron­ta­to con amo­re e con la pas­sio­ne che con­trad­di­stin­gue ogni ve­ro in­te­res­se.

    Per­ché tra­scri­ve­re? Co­me ha tra­scrit­to Liszt? E Bu­so­ni? E Fio­ren­ti­no? E il mi­to di Ba­ch? Tut­te do­man­de che tro­ve­ran­no ri­spo­ste esau­sti­ve nell'ana­li­si in que­stio­ne.

    Buo­na let­tu­ra,

    Gian­car­lo Del Vec­chio

    INTRODUZIONE

    La pra­ti­ca del­la tra­scri­zio­ne per stru­men­to a ta­stie­ra ha da sem­pre svol­to un ruo­lo fon­da­men­ta­le nel­la sto­ria del re­per­to­rio mu­si­ca­le. Un ruo­lo, co­mun­que, più vol­te sot­to­va­lu­ta­to.

    Con un te­sto in­cen­tra­to sul­la tra­scri­zio­ne per

    pia­no­for­te dal­le ope­re di Ba­ch, ho vo­lu­to ana­liz­za­re lo svi­lup­po di que­sta pra­ti­ca, che mol­ti con­si­de­ra­no so­lo in re­la­zio­ne all’Ot­to­cen­to, par­ten­do dall’eti­mo­lo­gia del ter­mi­ne e de­scri­ven­do poi il suo evol­ver­si nel cor­so dei se­co­li. 

    Quan­do ho scel­to que­st’ar­go­men­to le pri­me do­man­de che mi so­no po­sto so­no sta­te: «Per­ché è na­ta nei mu­si­ci­sti l’esi­gen­za di tra­scri­ve­re?».

    E an­co­ra: «Qual è il nes­so tra tra­scri­zio­ne e con­te­sto so­cia­le en­tro cui i mu­si­ci­sti ado­pe­ra­no?». Va­rie do­man­de, in­som­ma, che han­no poi ge­ne­ra­to al­tri que­si­ti. Da qui so­no par­ti­to.

    Il ter­mi­ne tra­scri­zio­ne pe­rò, è spes­so vi­ci­no a un al­tro no­me, quel­lo di J. S. Ba­ch. Non a ca­so, l’ar­te del­la tra­scri­zio­ne rag­giun­ge il cul­mi­ne, nel­le tra­scri­zio­ni per pia­no­for­te del­le sue ope­re.

    Ba­ch in vi­ta ven­ne con­si­de­ra­to so­la­men­te da al­cu­ne cer­chie ri­stret­te e do­po la sua mor­te un si­len­zio no­te­vo­le ac­com­pa­gnò la sua fi­gu­ra.

    Tut­ta­via, nell’Ot­to­cen­to que­sto si­len­zio ces­sò di esi­ste­re e co­sì, le ope­re del som­mo Kan­tor ri­tor­na­ro­no in vi­ta.

    Ap­pa­re quin­di evi­den­te il per­cor­so di ri­tor­no al pas­sa­to, no­stal­gi­co o di al­tra na­tu­ra, con la tra­scri­zio­ne del­le sue ope­re.

    Ba­ch è il mo­del­lo idea­le di per­fe­zio­ne, co­lui che in­car­na tut­ti quei ve­ri va­lo­ri mu­si­ca­li pu­ri, lon­ta­ni da con­ta­mi­na­zio­ni ope­ri­sti­che. È il som­mo Mae­stro che i Ro­man­ti­ci vo­glio­no com­pren­de­re, ana­liz­zan­do e sco­pren­do al­lo stes­so tem­po il sa­cro che ca­rat­te­riz­za ogni sua ope­ra. 

    Lo spi­ri­to ba­chia­no en­tra a pie­no nel­le tra­scri­zio­ni di Franz Liszt. Egli era gui­da­to da pro­fon­da am­mi­ra­zio­ne nei con­fron­ti del mae­stro e le sue tra­scri­zio­ni ri­flet­to­no pro­prio que­sto sen­so di de­vo­zio­ne. Per Liszt il mi­ste­ro in­trin­se­co che ca­rat­te­riz­za­va ogni mi­su­ra del­la mu­si­ca ba­chia­na ba­sta­va a se stes­so. Ve­dre­mo quin­di che in­fluen­za ha que­sto at­teg­gia­men­to nel­la scrit­tu­ra lisz­tia­na.

    Ma è con Fer­ruc­cio Bu­so­ni che l’ar­te del­la tra­scri­zio­ne rag­giun­ge il cul­mi­ne. Per Bu­so­ni la tra­scri­zio­ne è qua­si un ob­bli­go, e ca­pi­re­mo per­ché, an­cor più se si trat­ta di ope­re di J. S. Ba­ch. Non si può co­no­sce­re real­men­te Ba­ch se il pia­ni­sta non ha stu­dia­to par­te del­le tra­scri­zio­ni dai suoi la­vo­ri.

    Il bi­no­mio Ba­ch-Bu­so­ni, quin­di, tro­va in que­sta pra­ti­ca la più com­ple­ta espan­sio­ne.

    Il ri­tor­no a Ba­ch, pe­rò, non è un ri­tor­no no­stal­gi­co e il suo ap­proc­cio è com­ple­ta­men­te di­ver­so da quel­lo che ca­rat­te­riz­za la pro­du­zio­ne lisz­tia­na.

    Bu­so­ni ri­chia­ma il gran­de stru­men­to, l’or­ga­no. Que­sto ov­via­men­te, in­fluen­ze­rà la sua scrit­tu­ra pia­ni­sti­ca in ma­nie­ra to­tal­men­te nuo­va.

    L’ul­ti­mo ca­pi­to­lo, è in­ve­ce de­di­ca­to a uno dei più gran­di pia­ni­sti na­po­le­ta­ni: Ser­gio Fio­ren­ti­no.

    Pia­ni­sta-in­ter­pre­te, ma an­che pia­ni­sta tra­scrit­to­re, ha da­to al­le tra­scri­zio­ni pia­ni­sti­che un sa­po­re de­ci­sa­men­te

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