Il bar ai confini del mondo (new edition): Antologia del fantastico, della fantascienza e dell'horror
By Paolo Motta, Monica Tomaino, Marcello Toninelli and
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Book preview
Il bar ai confini del mondo (new edition) - Paolo Motta
Fabrizio Borgio, Paolo Motta, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Monica Tomaino, Marco Timossi, Marcello Toninelli e Davide Viganò
Il Bar ai Confini del Mondo [new edition]
Antologia di Cooperativa Autori Fantastici
UUID: bd50c3e8-60b2-11ea-91c6-1166c27e52f1
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Indice dei contenuti
Prefazione
Mors in Vino
Clone
L'ultimo bicchiere
Sangue e fango
Dio stramaledica i franchi
Talor
Stralci del passato (Spin-Off del romanzo Le cronache di Jaltar
)
L'asso nella manica
Note
Prefazione
di Paolo Motta
La terza antologia realizzata dalla Cooperativa Autori Fantastici, che avete tra le mani in questo momento, non è una raccolta di racconti legati ad un genere particolare, come era stata Spettrale, dedicata alle storie di fantasmi, e nemmeno un universo condiviso
dove si muovono in ogni storia i medesimi personaggi, seppure visti nell’ottica di autori diversi, come nella saga di FuturEvo, ideata proprio da me.
Il Bar ai Confini del Mondo nasce invece dall’idea di trovare un punto d’incontro che accomunerà tutte le storie: un bar che può trovars in qualunque luogo dello spazio e del tempo, adattandosi ad esso: può essere una taverna del Medioevo o un locale su una stazione orbitante, un ritrovo chic per dandy o una povera osteria di provincia, frequentata da contadini. Un'idea per la quale sono in parte in debito con le antologie di Stefano Benni, Il bar sotto il mare, Bar Sport e Bar Sport 2000. Possibile anche che nella mia mente permanesse il ricordo di un telefilm prodotto da Wes Craven, Nightmare Café, durato solo poche puntate, che aveva però un'impostazione simile.
Ho deciso personalmente di dare mano libera a tutti gli scrittori coinvolti. All’inizio avevo fornito qualche indicazione, del tipo la presenza di un barista che somigli all’attore Joe Pesci e di una cameriera simile alla cantante Sabrina Salerno (per la gioia dei maschietti!), ma alla fine ho lasciato ognuno potesse seguire la propria fantasia e ne è uscita un’antologia che esplora i vari generi e sottogeneri del fantastico, senza però perdere alcuni riferimenti alla realtà quotidiana dei nostri giorni.
Dopo la prima edizione digitale su Amazon, sono orgoglioso di offrirvene questa versione riveduta e corretta con l'aiuto di Monica Tomaino, che ringrazio per la sua preziosa collaborazione.
Buona lettura a tutti!
Paolo Motta
Mors in Vino
racconto di Fabrizio Borgio
La nebbia ammantava la sera, si era levata dalle valli in un sospiro lattiginoso che si mescolava con l'oscurit à montante, riuscendo ad affievolire sia la luce che le tenebre. In quelle lande ai piedi dei monti, la nebbia era una signora che sapeva tenere a bada ogni estremo. O quasi.
La piola se ne stava accoccolata in un avvallamento, una grossa casa dai muri intonacati e i coppi rossi sul tetto, sfidava la signora vaporosa con i suoi lampioncini dalla luce gialla. Uno spiazzo fangoso ospitava alcuni carri, un paio di biciclette, un mulo e i cavalli da tiro riparati sotto la stalla adiacente.
Un rombo riempì la sera, coprì il richiamo delle civette, gli ululati dei lupi, i latrati dei cani che lanciavano allarmi e minacce da una cascina all'altra, una motocicletta emerse dall'invisibile orizzonte della carreggiabile che deviava fino al locale. Imboccò la corte, fece un arco lungo il perimetro e si arrestò di fronte alla porta d'ingresso con il muso rivolto verso la strada. Ne scese un uomo intabarrato in un cappotto di panno grigioverde, alti stivali e un tascapane messo a tracolla. Si sfilò la cuffia di cuoio e la sostituì con un berretto di lana. Lanciò uno sguardo attento ai veli caliginosi che ricoprivano la campagna, lo spostò all'insegna di legno che immobile pendeva sopra la porta, poi si chinò e prelevò un fucile che stava infilato in un fodero di legno avvitato al telaio della moto. Entrò.
***
L'oste dominava da dietro il bancone il locale. Le braccia allargate, le mani posate sul bordo del lavello, le maniche rimboccate. Sollevò gli occhi quando udì la porta aprirsi, chiudersi e dei passi pesanti rimbombare sulle liste di legno cosparse di segatura. La manciata di avventori che occupava la piola non si turbò più di tanto. Qualche sguardo sornione e sospettoso, il brusio che si abbassava fin quasi a un sussurro. L'arrivo di uno sconosciuto suscitava sempre la tensione non del tutto nascosta tra curiosità e diffidenza.
L'uomo appena giunto adocchiò un tavolo libero non distante dall'enorme camino acceso e prese posto.
La cameriera lo raggiunse, pulì il ripiano di legno sfregiato da generazioni di ruvidi clienti; chinandosi mostrò una profonda, giunonica scollatura che il nuovo arrivato non parve neanche notare. L'uomo, ancora giovane e i tratti duri tipici degli originari di quelle lande, era impegnato a guardarsi intorno, come intento a ricercare qualcosa o riconoscere un famigliare in mezzo agli avventori. Lei si risollevò, indirizzò uno sguardo vellutato al nuovo cliente e gli rivolse la parola: "Il mons ü desidera?"
Il piatto della casa e Barbera, grazie.
Barbera come?
Ferma.
Barbera ferma per il bel signore.
La ragazza si allontanò ancheggiando, anche con la gonna lunga il sedere parlava da solo.
Uno dei clienti se ne stava aggrappato al bancone, capo chino coperto da una berta di lana e il naso rosso come la luce di un passaggio a livello. Ciondolava malfermo e arrestò I suoi movimenti da avvinazzato solo per rimirare il passaggio della cameriera che s'infilava nel retro. Il barista sorrise. "Lascia stare Pinìn, che la tota non è roba per te."
Parlava il dialetto