Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

I fiori interrotti
I fiori interrotti
I fiori interrotti
Ebook92 pages59 minutes

I fiori interrotti

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Da dove viene l'amore? Dal sangue dall'anima dagli occhi? Come ci si sente in quel tumulto? Si può vivere evitandolo? Lui vive a Tokyo. Una rivelazione sconvolge la sua vita fatta di opere che non hanno più niente da dire e nella negazione di ogni credo e ogni sentimento. Ci sono solo due gatti e un divano in pelle nera. Lei si chiama Yuki e crede nell'amore adora l 'arte e vorrebbe fondersi con il tramonto.

Un Viaggio oscuro e abbagliante nell'animo umano.

Nella lingua che in un nuovo modo cerca di raccontare l'esistenza e che ci obbliga a riflettere e nel corpo che la trattiene e la espelle. Tutto può intervenire in un solo attimo. Tutto può apparire e scomparire in un ordine o disordine cosmico. Respiriamo in un istante forse ci resta il tragitto, il percorso, l'itinerario e la traduzione ciò che siamo.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 2, 2020
ISBN9788831661867
I fiori interrotti

Related to I fiori interrotti

Related ebooks

Romance For You

View More

Related articles

Reviews for I fiori interrotti

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    I fiori interrotti - Francesco Errico

    You­can­print

    Ti­to­lo | I fio­ri in­ter­rot­ti

    Au­to­re | Fran­ce­sco Er­ri­co

    ISBN | 978-88-31661-86-7

    Pri­ma edi­zio­ne di­gi­ta­le: 2020

    © Tut­ti i di­rit­ti ri­ser­va­ti all'Au­to­re.

    Que­sta ope­ra è pub­bli­ca­ta di­ret­ta­men­te dall'au­to­re tra­mi­te la piat­ta­for­ma di sel­fpu­bli­shing You­can­print e l'au­to­re de­tie­ne ogni di­rit­to del­la stes­sa in ma­nie­ra esclu­si­va. Nes­su­na par­te di que­sto li­bro può es­se­re per­tan­to ri­pro­dot­ta sen­za il pre­ven­ti­vo as­sen­so dell'au­to­re.

    You­can­print Self-Pu­bli­shing

    Via Mar­co Bia­gi 6, 73100 Lec­ce

    www.you­can­print.it

    in­fo@you­can­print.it

    Qual­sia­si di­stri­bu­zio­ne o frui­zio­ne non au­to­riz­za­ta co­sti­tui­sce vio­la­zio­ne dei di­rit­ti dell’au­to­re e sa­rà san­zio­na­ta ci­vil­men­te e pe­nal­men­te se­con­do quan­to pre­vi­sto dal­la leg­ge 633/1941.

    a me e a te

    Ce­re­bro­neon men­ta­le in deu­tsche m'ap­pa­re

    Sind wir wir­kli­ch so ang­stli­ch zer­br­chli­che

    Wie das schick­sal uns wahr ma­chen will?

    TRA­DU­ZIO­NE

    Sia­mo dun­que co­sì pau­ro­si e fra­gi­li

    Co­me vuo­le far­ci cre­de­re il de­sti­no?

    Dov'è al­lo­ra la pa­ro­la

    Die­tro al lam­po o lam­po es­sa stes­sa.

    THE BEE­KEE­PER’S AP­PREN­TI­LE      32:52

    (Syl­vian/Per­ry)

    DA­VID SYL­VIAN    gui­tars syn­the­si­zers short­wa­ve sam­ples

    FRANK PER­RY      noan bells  bo­wlt gong  fin­ger bells

    Al­le spal­le ta­vo­li­no e li­bri. Jean-Paul Sar­tre. LA NAU­SEA pag. 197.

    Il di­va­no in pel­le ne­ra con eser­ci­ti di bri­cio­le di non ri­cor­do co­sa.

    La lam­pa­da. Vi­so di Mar­cel Du­champs che non si ac­cen­de e non si spe­gne.

    Ju­les e Jim dor­mo­no l'uno ac­can­to all’al­tro. Ta­ta­mi e fu­ton bian­co.

    Una ri­pro­du­zio­ne del pri­mo nu­me­ro del­la ri­vi­sta IL CA­VAL­LO VER­DE di Jo­han­nes Baa­der.

    Il ve­tro mi ri­flet­te per in­te­ro. To­kyo. Un ae­reo la­scia l'ae­ro­por­to di Ha­ne­da.

    Ho sem­pre ama­to il ver­de. Co­sa caz­zo ci fac­cio da 21 an­ni a To­kyo.

    Nel cu­lo di To­kyo man­ca so­lo il ver­de. Poi ci so­no tut­ti i co­lo­ri ul­tra­pen­sa­bi­li e ol­tre.

    Un tem­po era co­no­sciu­ta con il no­me di Edo che si­gni­fi­ca Im­boc­co del fiu­me.

    Que­sto spa­zio-tem­pio in­du­stria­le sor­ge sul ter­re­no fria­bi­le.

    Fi­no al 1963 l'al­tez­za mas­si­ma del­le ca­se era di 11 pia­ni.

    Ora gli oc­chi  non ba­sta­no.

    Car­ta pen­na fu­mo

    Nau­fra­gio me­mo­ria e fu­mo

    Ful­mi­ni schiaf­fi e fum­mo.

    Oh not­te di pas­si e ri­pas­si. Che aspet­ti che met­ta la quar­ta e ti sfu­mi.

    Per­ché è di not­te che mi pen­so. Di gior­no mi pe­so e ba­sta.

    Et­ti e et­ti di ine­dia e bat­ti­ti sen­za sen­ti.

    Aso­le lac­ci e co­la­zio­ne. Aso­le lac­ci e pran­zo. Aso­le lac­ci e ce­na. Ec­ce­te­ra ec­ce­te­ra.

    Non rie­sco nem­me­no a ri­cor­dar­lo il vol­to di Ulaar.

    A To­kyo i ri­cor­di non fun­zio­na­no be­ne.

    For­se è per que­sto che fian­co a fian­co ci stru­scia­mo an­co­ra.

    Il tem­po con il pas­sa­re de­gli an­ni di­ven­ta più vi­si­bi­le.

    Ha la tua stes­sa fac­cia i tuoi stes­si oc­chi i tuoi stes­si mal di pan­cia.

    Che sa­rà ora Ulaar. Ma­dre. Con l'hob­by do­me­ni­ca­le da ban­ca­rel­la di orec­chi­ni e col­la­ni­ne  men­tre  fe­li­ce  di per­der­si ma­ter­na­men­te in quel­le due fi­ne­strel­le co­lo­ra­te è mo­glie fe­de­le al col­lo di qual­che av­via­to ri­cer­ca­to­re scien­ti­fi­co che scat­ta fo­to al bim­bo nel car­rel­lo dell'ikea?

    Ora pe­rò che guar­do le lu­ci spu­ta­te da To­kyo un'im­ma­gi­ne di Ulaar si è schia­ri­ta a vi­sta uscen­do da quel mi­ster­ne­bu­lo­sa.

    So­no le sue gam­be. Lun­ghe e ta­glien­ti. Sfrec­cian­ti me­tro­no­mi che se­gna­no il tem­po del­la ter­ra.

    Gam­be fai-da-te che in­grop­pa­no de­sti­ni sfug­gi­ti al­le ma­ni di Dio.

    Gam­be li­be­re di po­ter par­te­ci­pa­re al­le au­di­zio­ni mu­si­ca­li o con­cor­si di cu­ci­na e stra­vin­ce­re.

    L’uni­co ri­cor­do. Que­ste due enor­mi gi­gan­te­sche gam­be.

    E' sta­to pro­prio nel pri­mo an­no crol­la­to in que­sto po­sto che un po­me­rig­gio as­so­la­to l'ho vi­sta.

    An­co­ra og­gi quel­la con­vin­zio­ne è de­vo­ta e San­ta. Non è sta­to un fan­ta­sma  ce­re­bro­fab­bri­ca­to dal­la mia men­te.

    Lei. Fer­ma. Im­mo­bi­le ad at­ten­de­re chis­sà qua­le mi­ra­co­lo.

    Sce­so dal me­trò al­la sta­zio­ne di Yo­tsuya cam­mi­na­vo co­me ho sem­pre fat­to sen­za un iti­ne­ra­rio pre­ci­so.

    I ra­gaz­zi che in­con­tra­vo era­no qua­si tut­ti in t-shirt co­lo­ra­te. Sem­pli­ci t-shirt co­lo­ra­te che sto­na­va­no con i miei ru­mo­ri den­tro sot­to i pie­di.

    Que­sti lan­cia­no una mo­da ogni set­ti­ma­na e quel­la era la mo­da del­le

    t-shirt co­lo­ra­te con­tro di me.

    Il mio gi­ro fu un tour-de-sforz  spin­gen­do­mi fi­no a Ko­ma­go­me.

    È lì che vi­di Ulaar.

    Non mi av­vi­ci­nai. Non vo­le­vo in­fran­ge­re quel­lo spa­zio.

    Sa­reb­be sta­to co­me en­tra­re in un'al­tra di­men­sio­ne.

    Era­va­mo fug­gi­ti da noi stes­si per rin­con­trar­ci in po­co tem­po in un al­tro mon­do.

    Con nuo­ve re­go­le. Nuo­ve stra­de. Con que­ste  t-shirt co­lo­ra­te del caz­zo in gi­ro. Poi. Non ri­cor­do al­tro.

    Quell'in­con­tro an­co­ra og­gi lo as­so­cio ad un odo­re. L'odo­re del­la pla­sti­ca bru­cia­ta.

    Tal­vol­ta sen­to an­che co­me un cre­pi­tio. Quel­lo che con­su­ma l'in­te­ra su­per­fi­cie del­la pla­sti­ca ustio­na­ta.

    Ma non pen­so che stia bru­cian­do una par­te di me o psi­co­stron­za­te del ge­ne­re.

    E’ so­lo un os­ser­va­re. Di­stan­te. Quell'og­get­to ab­bru­sto­li­re.

    Co­me le fo­to­gra­fie di Yu­ka Fu­jii. Lon­ta­ne. Lon­ta­ne.

    È pri­ma­ve­ra e la gen­te è sem­pre at­tac­ca­ta a que­sti ina­la­to­ri di os­si­ge­no fre­sco.

    I ven­di­to­ri di bom­bo­let­te di os­si­ge­no pu­ro si stan­no ar­ric­chen­do.

    Io non riu­sci­rei mai a cam­mi­na­re con que­sto tu­bo nel na­so.

    I giap­po­ne­si tap­pa­no tut­ti in bu­chi a di­spo­si­zio­ne. Il na­so con l’ina­la­to­re.

    Le orec­chie con gli au­ri­co­la­ri. Gli oc­chi con gli oc­chia­li spa­zia­li.

    Non so­no mai do­ve li ve­di. Chis­sà do­ve han­no al­lu­na­to.

    Quan­do ho vi­sto per la pri­ma vol­ta que­sti car­tel­lo­ni  elet­tro­ni­ci gi­gan­ti al­ti quan­to due o tre King Kong uno  so­pra

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1