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La figlia del diavolo
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La figlia del diavolo

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About this ebook

Crescere in una piccola città non è facile, specialmente se sei la figlia della leader della setta locale. Dieci anni fa, Eden Collins ha lasciato Clear Springs, nel Montana, e non ha mai avuto ripensamenti. Ma quando vengono alla luce i cadaveri di giovani donne assassinate, i cui corpi sono stati violati e marchiati con i tatuaggi che contraddistinguono i seguaci di sua madre, Eden, che ora è diventata un’agente dell’FBI, non può fare finta di niente.
Allo sceriffo Zach Owens non piace l’idea di mettere Eden in pericolo, nonostante sia una agente addestrata. E sicuramente non si aspettava di essere così attratto da lei. Per quanto sembri calma e rilassata, lui sa che lei non è felice di quel ritorno a casa. Zach la vuole proteggere: dalla madre, dalla setta e dal male che si nasconde dietro i cancelli chiusi di Elysia. Ma Eden è l’unica chiave per quel gruppo così riservato, e potrebbe essere più vicina all’assassino di quanto si possa sospettare…
LanguageItaliano
PublisherHope Edizioni
Release dateMar 5, 2020
ISBN9788855310802
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    La figlia del diavolo - Katee Robert

    Capitolo Uno

    1

    La ragazza correva.

    Correva con tutte le sue forze, con le braccia esili che si muovevano vigorosamente avanti e indietro e i piedi nudi che battevano sulla terra. L’erba lunga le tagliava la pelle; ogni filo come una piccola lama. Faceva male. Le faceva male tutto. Ma se fosse stata catturata di nuovo, sarebbe stato molto peggio.

    Raggiungi la strada. Raggiungi la strada. Raggiungi la strada e basta.

    La forza le stava già venendo meno e il corpo la stava tradendo, nonostante fosse guidata dalla disperazione. Non poteva fermarsi. Non poteva riposare. Non poteva fare altro che correre.

    Il terreno sotto i suoi piedi cambiò e le servirono tre intere falcate per accorgersene. Fece un giro completo su se stessa per cercare di orientarsi. Ora che aveva smesso di muoversi, pensare era così difficile, con il sangue che le pulsava in testa e la miriade di dolori acuti che urlavano per farsi sentire.

    Forse potrei...

    No.

    Doveva arrivare a Clear Springs.

    Perfino nel suo stato attuale, non le era sfuggita l’ironia della situazione. Non aveva mai desiderato altro che andarsene da quel buco di città e ora si ritrovava a impiegare tutte le sue energie per fare l’esatto contrario. Si accigliò, cercando di guardare più lontano, lungo la strada. Non avrebbe dovuto essere così difficile capire da che parte andare; aveva passato anni tra quelle piccole strade a due corsie che si intrecciavano in quella zona del Montana.

    Se solo fosse stato giorno...

    Se non fosse stata così stanca...

    Se, se, se.

    Muoviti.

    Fece un respiro profondo e riprese a camminare, un passo dopo l’altro, scegliendo una direzione a caso. Le parole divennero un mantra, una promessa. Raggiungi la città. Raggiungi la città e tutto questo sarà finito.

    Non sapeva con certezza da quanto tempo stesse camminando, quando dei fari lacerarono l’oscurità, accecandola. La ragazza cadde in ginocchio, senza averne alcuna intenzione.

    Alzò una mano tremante per schermarsi gli occhi. «Ti prego.»

    La portiera del guidatore si aprì e dei passi lenti risuonarono sull’asfalto.

    Lei strizzò gli occhi verso la luce e, nel vedere il profilo familiare, il suo cuore mancò un battito. «No...»

    Me l’ero cavata. Ero sicura di essermela cavata.

    Dietro la figura, poteva riconoscere le fioche, familiari luci di Clear Springs. Così vicine. Per quel che valeva, avrebbero potuto essere anche le luci della luna: le probabilità che aveva di raggiungerle erano le stesse.

    Cercò di alzarsi in piedi, ma il corpo la tradì di nuovo e le sue gambe si arresero. Riuscì a malapena a evitare di cadere faccia a terra. «Ti prego. Farò tutto quello che vuoi. Soltanto, non farmi più del male.»

    Una mano le toccò la testa; un gesto reso ancora più orribile dalla gentilezza che aveva in sé. «Sai che non posso farti questa promessa.»

    La ragazza aveva pensato di aver esaurito tutte le lacrime, ma in quell’attimo capì di essersi sbagliata. Fissò le proprie nocche graffiate e sanguinanti, mentre una consapevolezza orribile le cresceva nel petto. Non sarebbe andata all’università, non avrebbe avuto alcuna vita oltre a quella trascorsa nella cittadina che le era sembrata una prigione per gran parte della sua esistenza, e in futuro non avrebbe avuto una famiglia che avrebbe imparato dagli errori commessi dai suoi genitori.

    Niente.

    Niente, tranne quella mano sulla sua testa e il dolore che la aspettava.

    ***

    «Devi fare qualcosa.»

    Zach Owens aveva sentito quel genere di richiesta declinata nei modi più disparati fin dai tempi in cui era tornato a Clear Springs, nove anni prima, e aveva ottenuto il posto di vicesceriffo. Ora, come sceriffo, la sentiva decisamente più spesso.

    Quella, però, era diversa.

    Si protese in avanti sulla sedia e inchiodò con lo sguardo Robert e Julie Smith. «Sapete che sto facendo tutto quello che posso.» Erano tre giorni che si faceva il culo per capire dove diavolo si fosse cacciata la loro figlia. Da quelle parti, non capitava spesso di avere casi di persone scomparse, visto che, se qualcuno spariva, di solito era perché non voleva essere trovato. Non era ancora del tutto convinto che Neveah Smith non appartenesse a quella categoria di scomparsi.

    «Questa volta non è come le altre.» Le lacrime riempirono gli occhi di Julie. «È quella Martha Collins. Ha messo le sue grinfie sulla mia bambina e l’ha adescata in quel maledetto letamaio di peccatori.»

    «Julie, il linguaggio.»

    Zach sospirò. Era proprio da Robert Smith richiamare sua moglie per il modo di parlare, quando c’era la possibilità che la figlia fosse scomparsa. Gli Smith erano brave persone, si erano prefissati di andare in chiesa ogni domenica e fare ogni sorta di lavoro utile per la comunità, anche se erano un po’ troppo infervorati con alcune di quelle cazzate religiose. Per Julie Smith, vedere la setta sulla collina bruciare tra le fiamme, era diventata una missione personale. Tuttavia, non era compito di Zach dirle che Martha Collins era troppo intelligente per mettersi a rapire adolescenti dalla strada.

    «La gente, lassù a Elysia, non è responsabile di tutto ciò che va male a Clear Springs.» Sin da quando Zach era tornato in città, non ricordava una singola cosa fatta da loro che avesse attirato l’attenzione della legge. Gruppi come quello non andavano lontano, se non erano in grado di stare fuori dai guai.

    «Forse non in passato. Questa volta è diverso.»

    Julie Smith continuava a ripeterlo. Zach la conosceva abbastanza da sapere che non avrebbe lasciato perdere. La donna poteva essere dolce come il miele, ma, quando s’intestardiva su una cosa, era come un segugio con il proprio osso. La scomparsa improvvisa della sua unica figlia era stata sufficiente a far uscire quel suo lato.

    Il problema era che Neveah era una piccola piantagrane. Le piaceva far preoccupare i suoi genitori e amava cacciarsi in situazioni discutibili. Sarebbe stato proprio da lei sparire per qualche giorno per poi tornarsene in città con un sorrisetto del cazzo e un ragazzo al seguito.

    Robert cinse con un braccio le spalle esili della moglie e rivolse a Zach uno sguardo eloquente. «Sono sicuro che si farà rivedere presto, ma potresti parlare con quei fanatici? Farebbe sentire meglio Julie.»

    L’ultima cosa che Zach avrebbe voluto fare era andare in quella comune a ficcare il naso. Non avrebbe trovato nulla che loro non avessero voluto fargli trovare, il che rendeva inutile l’impresa. Martha e la sua gente l’avrebbero accolto con sorrisi e convenevoli e lui se ne sarebbe andato a mani vuote. «Posso farlo, ma sapete, come lo so io, che è difficile che mi diano qualcosa di utile.»

    Fece uscire gli Smith, promettendo loro di nuovo che si sarebbe recato alla comune quella mattina stessa. Se ciò li avesse fatti stare meglio, avrebbe fatto il suo dovere.

    «Guai?»

    Lanciò uno sguardo a Henry. L’uomo lavorava alla stazione di polizia di Clear Springs da quando Zach era adolescente, ma, quando si era reso disponibile il posto di sceriffo, il vecchio Henry non aveva voluto saperne nulla. Amava essere vicesceriffo e non aveva interesse ad assumersi altre responsabilità quando gli mancavano pochi anni alla pensione.

    Zach si voltò e guardò verso ovest. Da lì non riusciva a vedere Elysia, ma poteva determinarne l’esatta posizione. Certi giorni gli sembrava che quella maledetta setta gettasse un’ombra in grado di abbracciare l’intera città.

    Si massaggiò la parte posteriore del collo. «La figlia degli Smith potrebbe essere scomparsa.»

    «Scommetto di sì. Magari è scomparsa arrivando dritta dritta ad Augusta, o persino a Great Falls. Alla ragazza piace andarsene in giro.»

    Zach lanciò un’occhiata a Henry. Non importava cosa loro due pensassero di Neveah Smith, quello che importava era dare un po’ di tranquillità ai genitori, fino a che lei non avesse ritrovato la strada di casa. «Credono che Martha Collins c’entri qualcosa.»

    «Quella Julie Smith.» Henry sbuffò. «La settimana scorsa, un intero lotto di pane dei Winchester all’improvviso è diventato raffermo, e a chi credi Julie abbia dato la colpa? A Martha Collins. Come sia arrivata a pensare che Martha possa aver fatto ciò va oltre la mia comprensione, ma Julie non è proprio obiettiva, sai?»

    «Lo so.» Non aveva forse pensato la stessa cosa? «Dobbiamo comunque controllare.»

    «Certamente.» Henry afferrò le chiavi. «Guido io.»

    A Zach andava bene. Avrebbe avuto tempo per pensare. Si diresse verso l’auto di pattuglia e si sistemò sul sedile del passeggero. Non voleva ignorare il timore degli Smith, ma non poteva fare a meno di pensare che Henry avesse ragione: prima o poi, Neveah Smith sarebbe ricomparsa e la cosa non avrebbe avuto niente a che vedere con Elysia.

    Il viaggio durò trenta minuti buoni, ma solo perché le condizioni delle strade non erano certo qualcosa di cui la città poteva vantarsi. La stretta corsia era piena di buche e scanalature irregolari, cosa che rendeva superare i cinquanta chilometri orari un pericolo per l’incolumità. Non c’era alcuna strada che portasse a Elysia direttamente dall’autostrada, e lui sospettava che ciò fosse intenzionale.

    Per arrivare alla comune, uno doveva davvero volerci andare.

    Laggiù, il terreno era ingannevole e le distanze non sempre combaciavano con quelle che uno si aspettava. Quello era il motivo per cui la collina su cui sorgeva l’edificio principale di Elysia sembrava spuntare fuori dal nulla. Zach ne era consapevole, ma ciò non servì a frenare l’istinto che gli diceva di stare in allerta e prestare attenzione.

    Ogni cosa in quella maledetta setta era fumo negli occhi, ma sarebbe stato il primo ad ammettere quanto Martha e la sua gente potessero essere pericolosamente persuasivi. Quando era giovane e ce l’aveva con il mondo intero, aveva ascoltato un paio dei loro sermoni, e quel modo di vivere basato su un ritorno nella natura lo aveva affascinato. Se si fosse trattato solo di quello, non ci sarebbero stati problemi.

    Ma non era così.

    Volevano l’obbedienza esattamente come volevano ogni altra cosa – anche di più, in realtà – e quando lui non era riuscito a ottenere una risposta chiara sul loro sistema di valori o su cosa comportasse vivere nella comune, aveva optato per il piano B e si era arruolato nei Marines.

    Era stata la decisione migliore che avesse mai preso.

    O perlomeno, era quello che raccontava a se stesso per confortarsi nelle notti in cui gli incubi sembravano soffocarlo.

    Henry si fermò a un centinaio di metri dai cancelli di Elysia. Erano circondati da una staccionata bianca di oltre due metri che recintava gli edifici principali, in contrasto diretto con la parte di staccionata che circondava il resto della proprietà, più simile a quella che si poteva trovare in un ranch. Delimitava il territorio, ma, se uno era determinato, sarebbe stato abbastanza facile scavalcarla. Ormai quello era diventato una specie di rito di passaggio per gli adolescenti di Clear Springs, e gli Elysiani sembravano tollerare la cosa abbastanza bene, visto che chiamavano lo sceriffo solo quando uno di quei ragazzi si avvicinava troppo alla casa colonica.

    Quel giorno, gli enormi cancelli erano chiusi e gli offrivano una visuale completa dei loro intricati motivi. Quei maledetti affari erano in legno massiccio, alti almeno tre metri e incisi con fantasie che non riusciva a decifrare bene da quella distanza. Però sapeva di cosa si trattava: la scena di una donna trascinata in una gigantesca spaccatura nel terreno e una seconda donna sulla superficie che le tendeva la mano, entrambe con espressioni di paura e determinazione. Cose decisamente non piacevoli.

    Scese dall’auto di pattuglia e guardò i due uomini che erano in piedi, fuori dai cancelli: quello più vecchio impugnava un fucile con una disinvoltura tale che ne indicava l’abilità nell’usarlo, mentre l’altro sfoggiava un sorriso luminoso, tanto falso quanto qualsiasi altra cosa in quel luogo.

    Zach alzò una mano. «Abram. Joseph.»

    Joseph si fece avanti, il sorriso non così luminoso. Abram rimase indietro, cosa che a Zach stava bene. C’era qualcosa di strano riguardo al braccio destro di Martha. Il solo averlo nel proprio campo visivo risvegliava istinti che Zach credeva sopiti da tempo.

    «Ehilà, sceriffo. Cosa possiamo fare per lei, questo pomeriggio?»

    Joseph non gli era mai piaciuto. L’uomo era tanto bello quanto falso, e aveva la brutta abitudine di girare per Clear Springs e prestare troppa attenzione alle donne sposate, irritando tutti quanti. Per quanto ne sapeva Zach, nessuno aveva oltrepassato il limite e, anche se qualcuno l’avesse fatto, non era proprio di sua competenza vigilare sulle mogli infedeli. Comunque, la cosa non gli piaceva. Aveva sempre pensato che l’unico motivo per cui Martha tenesse con sé quel piccolo stronzo era perché sarebbe potuto passare per un modello di Abercrombie, a partire dai corti capelli biondi e dalla mandibola squadrata. Comunque, forse, a parlare, era il personale disprezzo di Zach per l’uomo.

    Lo sceriffo fece un cenno verso la proprietà. «Vorremmo parlare con Martha.»

    «Mi dispiace, ma non è possibile.» Gli occhi castani di Joseph, l’unica parte del corpo con cui non si preoccupava di mentire, scattarono verso l’auto della polizia alle spalle di Zach prima di tornare a guardarlo. L’uomo poteva sembrare rilassato e accomodante, ma aveva inquadrato la situazione nell’istante in cui Zach si era fermato. «Si trova in uno stato di meditazione profonda.»

    Meditazione, un cazzo!

    Zach incrociò le braccia sul petto. «È importante.»

    «Non è possibile.» Il sorriso di Joseph si allargò. «Ma sarò più che felice di occuparmi di qualunque cosa vi abbia portato fin qui. Come cortesia in nome della collaborazione, ovviamente.»

    Ovviamente.

    Zach scambiò uno sguardo con Henry. Stavano nascondendo qualcosa. Non era una novità, ma di solito Martha e la sua cerchia più stretta si prodigavano per permettergli di girovagare per la proprietà, nel tentativo di dimostrare che, in realtà, non erano una setta. Non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui gli fosse stato negato l’accesso. Era abbastanza sicuro che ciò non fosse mai avvenuto.

    Accidenti, e se Julie avesse ragione?

    Si appoggiò all’auto di pattuglia, sforzandosi con tutto se stesso di sembrare rilassato e indifferente. «Conoscete Neveah Smith?»

    Joseph si strinse nelle spalle. «Certo. È venuta qui qualche volta.»

    Zach sbatté le palpebre. Non si aspettava che l’uomo lo ammettesse.

    E, maledizione, Joseph lo sapeva. Rise e disse: «Non c’è nulla di male a lasciare che i ragazzi assistano ad alcune funzioni. Se non doveva stare qui, prenditela con lei e i suoi genitori. Noi non abbiamo violato nessuna regola.»

    Sapevano qualcosa. Ne era certo. Non avevano altri motivi per lasciarli fuori. «Di recente l’avete vista nei paraggi?»

    «Non nelle ultime due settimane.» Joseph abbozzò un altro sorriso. «A quanto pare, non eravamo abbastanza eccitanti per i suoi gusti. Si aspettava orge scatenate e feste a base di droga.» Joseph si avvicinò e mise una mano a lato della bocca. «Non facciamo quelle cose finché non compiono diciotto anni.»

    Si stava prendendo gioco di Zach.

    Zach ne era consapevole, ma ciò non impedì alla sua pressione sanguigna di schizzare in alto. Avrebbe preferito avere a che fare con chiunque piuttosto che con Joseph, se non altro perché a quell’idiota piaceva rendere ogni cosa uno scherzo.

    Quella era una questione seria. O lo sarebbe stata, nel caso in cui la ragazza fosse davvero scomparsa.

    Ma quel giorno non avrebbe ottenuto nulla dagli Elyiani.

    Zach si scostò dall’auto di pattuglia. «Chiamatemi, se si fa vedere.»

    «Non hai giurisdizione qua.»

    «E qui ti sbagli.» Elysia non era uno Stato indipendente, anche se ad alcuni dei membri piaceva fingere che fosse il contrario. Per quanto ne sapeva, Martha non predicava neppure quel genere di assurdità. Ma agli Elysiani piaceva essere isolati, e non amavano che quelli che definivano civili dicessero loro come vivere la propria vita.

    Davvero un peccato. Zach aveva l’abitudine di non immischiarsi nei loro affari, a patto che non infrangessero la legge, ma se l’avessero fatto non avrebbe fatto finta di nulla.

    Zach si diresse al sedile del passeggero. «Non mi sfidare, Joseph. Se si fa vedere, mi aspetto una chiamata.»

    «Mi fai davvero paura. Sul serio.» Joseph indicò se stesso. «Questo sono io che me la faccio sotto.»

    C’era stato un tempo in cui Zach era abituato a risolvere i problemi con i pugni. Non aveva mai pensato che quel periodo gli sarebbe mancato, fino a quel momento. Prendere a pugni la faccia di quel bastardo arrogante sembrava magnifico, solo che lui era un rappresentante della Legge e gli sceriffi non potevano andarsene in giro ad aggredire quelli che li facevano arrabbiare. «Ci si vede.»

    «Prima di quanto immagini.»

    Quando furono di nuovo in auto, Henry fece retromarcia, allontanandosi, e Zach tenne per tutto il tempo lo sguardo fisso sui due uomini. «Tramano qualcosa.»

    «Così sembra.»

    Ma cosa? Tutto sommato, Elysia poteva anche irritarlo da morire, ma quella gente non aveva mai fatto nulla di illegale da quando aveva acquistato quei quaranta ettari lassù. E se uno del gregge di Martha fosse uscito dai ranghi...

    Zach scosse la testa. Ricordò che, quando aveva forse sedici anni, aveva visto Martha trascinare la sua stessa figlia alla stazione di polizia per denunciarla di aver rubato un violino. Quella era stata l’unica volta in cui la donna si era recata alla centrale e l’unica volta in cui aveva chiesto un aiuto esterno. Era sempre andata oltre il senso del dovere per mostrare la facciata di Elysia come quella di una comunità innocua.

    Che lei si rifiutasse di incontrarlo e tenesse chiusi i cancelli...

    Sì, qualcosa bolliva in pentola.

    La radio gracchiò. La voce di Chase Mooudy riempì l’abitacolo. «Zach? Zach, dove diavolo sei?»

    Zach si scambiò uno sguardo confuso con Henry.

    Cosa c’era adesso?

    Sembrava che l’altro vicesceriffo avesse visto un fantasma.

    Zach rispose alla radio. «Eccomi.»

    «Devi venire qua, e subito. C’è...» La voce di Chad si spezzò. «C’è un cadavere nella proprietà dei Parkinson. Amico, è una ragazza.»

    Neveah.

    Capitolo Due

    1

    Zach aveva il cuore in gola mentre usciva dall’auto di pattuglia. Avevano seguito le istruzioni di Chase, che li aveva indirizzati fuori città e verso nord. La strada sterrata conduceva all’autostrada 434 e alle colline ai piedi delle Montagne Rocciose. Sul ciglio della strada intravide l’unica altra auto di pattuglia che la stazione di Clear Springs possedeva, e la lunga sagoma di Chase che vi era appoggiata. L’agente aveva la testa tra le mani.

    Considerato che quell’uomo ne aveva viste di cose, nel periodo in cui aveva lavorato nella Omicidi di Seattle prima di trasferirsi lì qualche anno prima, la cosa non prometteva bene. Da quando lo conosceva, Zach non aveva mai visto Chase agitato o disperato come appariva in quel momento.

    Per Zach, il periodo trascorso nei Marines non era stato una passeggiata. Nel deserto aveva vissuto esperienze che avrebbe voluto poter cancellare dalla mente, anche adesso che erano passati nove anni. Questo però era diverso. Nei quasi dieci anni in cui aveva lavorato a Clear Springs, ciò che più si era avvicinato a un omicidio era stato il caso di un escursionista scomparso, che aveva vagato disperso per chilometri, finendo per morire congelato vicino a Sawfoot Ridge.

    Tutto lì.

    La situazione che avevano per le mani era completamente diversa.

    «Chiama la centrale e fai rapporto.»

    Henry lo guardò come se fosse impazzito, le folte sopracciglia increspate sulla fronte. «A chi?»

    Ecco, quello era il problema. Zach fece un respiro profondo e cercò di pensare. Clear Springs era così piccola che non aveva nemmeno un proprio obitorio. Non avevano degli investigatori. Non avevano un bel niente; c’erano solo lui, Henry, e Chase.

    «Chiama il medico legale di Augusta. Sii discreto. Non voglio che gli Smith vengano a sapere di questo prima di poter confermare che...»

    «Credi sia Neveah?» Lo shock nella voce di Henry lo fece sentire un mostro.

    Zach aprì la portiera. «Non lo saprò finché non avrò visto il corpo. Fai la chiamata.» Scese dall’auto. Era allettato dall’idea di prendere tempo, di fare qualcosa che prolungasse il momento in cui avrebbe dovuto oltrepassare l’auto di Chase e guardare il cadavere di una ragazza che una volta aveva vissuto, amato e riso. Ma non era per quello che si trovava lì: era lì per renderle giustizia, chiunque ella fosse.

    Quindi, si preparò mentalmente e diede un colpetto sulla spalla di Chase. «Dimmi tutto.»

    Chase rabbrividì da capo a piedi, ma la sua voce suonò quasi calma quando disse: «Ho ricevuto una chiamata dal vecchio Parkinson riguardo a degli adolescenti che erano entrati nella sua proprietà. Ho fatto con calma, perché sai com’è fatto.»

    Zach lo sapeva. Poteva anche sentire il senso di colpa nella voce del vicesceriffo. «Non potevi sapere.»

    «Però...» Chase scosse la testa, gli occhi marroni spalancati come se fosse sotto shock. «Giusto. Hai ragione. Questa merda mi sta incasinando la testa, capisci?»

    «Capisco.» Zach si rese conto che stava ancora prendendo tempo e fece cenno al suo vice di muoversi. «Parlami, mentre do un’occhiata.»

    Girare intorno all’auto fu difficile, più di quanto avrebbe dovuto. Ancora più difficile fu vedere il bagliore della pelle bianca tra i cespugli a lato della strada. Zach camminò lentamente verso il corpo e si accovacciò. La ragazza era sdraiata sulla pancia, un braccio disteso come per chiedere aiuto e l’altro piegato sotto al corpo. I capelli neri erano una massa ingarbugliata che le nascondeva il viso. Ed era nuda.

    Chase si schiarì la gola. «Stavo per coprirla, ma...»

    «Hai fatto bene.» Per quanto volesse garantirle rispetto, avevano bisogno di raccogliere le prove prima di spostarla.

    Esaminò il terreno. C’era una serie di orme – di Chase – che circondavano il cadavere, e segni di strisciate dove, ovviamente, lui si era chinato per controllare il battito. Nessun altro segno, a parte un gruppo di impronte di piedi scalzi che dovevano appartenere alla ragazza. Si accigliò. Di certo non aveva camminato fino a lì per poi cadere semplicemente a terra, morta.

    Zach spostò il peso sui talloni e si guardò intorno. Erano a quindici chilometri buoni dalla città, ma nel grande schema delle cose, quindici chilometri non erano una grande distanza. Con la catena montuosa che si ergeva in lontananza, la ragazza non avrebbe avuto alcun motivo per perdersi. Ogni persona del luogo sapeva che se ci si metteva la montagna alle spalle e si cominciava a camminare, in poco tempo ci si sarebbe imbattuti in qualche segno di civilizzazione. Mise da parte quel pensiero e continuò con l’esame del corpo.

    Lievi lividi le coprivano la schiena e le scendevano lungo le braccia e le gambe, con dimensioni che variavano da quelle che potevano essere impronte ad altre più grandi, che indicavano percosse più forti. Anche il colore cambiava; alcuni lividi erano quasi neri, mentre altri apparivano sbiaditi e tendenti a un debole giallo-verde. Quindi non tutti erano recenti. Di certo, non poteva esserseli procurati tutti nei pochi giorni in cui era scomparsa.

    Stai correndo troppo.

    Giusto.

    Si avvicinò, facendo attenzione a poggiare le mani a terra per stabilizzarsi. C’era un segno tra le scapole, una sbavatura nera-blu che sembrava inchiostro. Un tatuaggio? Ce n’era un altro sul fianco, e un altro sul polso del braccio disteso.

    Cosa diamine...?

    Qualunque fosse l’origine di quei segni, dubitava fossero qualcosa a cui lei aveva acconsentito. Ma sarebbe stato il tempo a dirlo, e lui avrebbe dovuto aspettare di parlare con il medico legale per esserne sicuro.

    Resta solo una cosa da vedere.

    Le sollevò la massa di capelli e si immobilizzò.

    La ragazza non era Neveah Smith.

    ***

    Alla fine sta succedendo.

    Eden Collins era seduta in auto e si diede della stupida per la millesima volta. Non avrebbe dovuto essere lì. Non c’era nulla che potesse fare che non avrebbe peggiorato la situazione. Tamburellò il dito sul volante, fissando l’ingresso della stazione di polizia di Clear Springs. Nel corso della sua vita, ci era stata una o due volte, quando sua madre aveva deciso che era necessario un aiuto esterno per tenere a freno la figlia ribelle.

    Non avrebbe mai pensato che sarebbe entrata lì dentro di sua spontanea volontà.

    Non avrebbe mai pensato che sarebbe tornata a Clear Springs.

    Sospirò. Non aveva molta scelta: o fare retromarcia, guidare fino a Missoula e prendere il primo aereo per la Virginia, oppure smettere di ripetersi di scappare, entrare lì dentro e offrire il proprio aiuto.

    Non voglio tornare indietro nel tempo. Non fatemelo fare.

    Era il pianto di una bambina nel buio. Aveva lavorato sodo per lasciarsi alle spalle quella bambina, ma la sua vocina aveva la brutta abitudine di spuntare fuori nei momenti peggiori. Eden sapeva che tornare a Clear Springs per la prima volta dopo dieci anni avrebbe risvegliato tutti i demoni interiori che aveva cercato di dimenticare con tanta determinazione. Ma tale consapevolezza non aveva reso la cosa più facile da affrontare.

    «È una cosa stupida. Scendi dalla macchina. Scendi dalla macchina, adesso.»

    Costrinse il suo corpo a mettersi in movimento, quasi temendo che, se non si fosse sforzata di muoversi, sarebbe rimasta seduta lì fino a che qualcuno non avesse deciso di denunciarla perché sospetta.

    Chi prendo in giro? È più probabile che le persone di questa città mi bussino al finestrino e chiedano a me se ho bisogno di aiuto.

    L’aria autunnale era lievemente pungente, lei chiuse gli occhi e inspirò profondamente.

    Casa.

    No. Questa non è casa. Non lo sarà mai più.

    Si era fatta una vita nell’FBI, e anche se non aveva molto in termini di radici... be’, si era lasciata alle spalle la possibilità di mettere radici quando aveva lasciato Clear Springs. Il più delle volte, la cosa non la infastidiva nemmeno troppo. Stava facendo del bene nel mondo, usando la sua infanzia non convenzionale per avere quella marcia in più che, nel corso degli ultimi sei anni, le aveva permesso di farsi un nome nella Squadra Anti Sette. Lei era Eden Collins, agente dell’FBI. Non era Eden la ragazzina spaventata. Non più.

    Un passo alla volta, s’incamminò verso la stazione di polizia. Si era quasi aspettata di trovarsi davanti a un turbine di gente in movimento, con persone che correvano di qua e di là, cercando di fare i conti col fatto che la morte avesse toccato la loro piccola città. Ma nella stanza non c’era nessuno, eccetto un uomo seduto alla scrivania nell’angolo che guardava torvo il telefono sul tavolo.

    Zach Owens.

    Il ragazzo d’oro di Clear Springs, in tutti i sensi. Portava ancora i capelli biondi tagliati corti, eredità dei suoi giorni da marine, ed era palese che si prendesse gran cura del proprio corpo. Non era il tipo di uomo da lasciare che anni di lavoro in quella piccola città sonnolenta lo facessero adagiare.

    Mentre Zach la fissava, lei ne approfittò per esaminarlo a sua volta. Non l’aveva mai incontrato personalmente, ma lo conosceva grazie alla sua fama e a stralci di informazioni carpite origliando qua e là. Era partito per la guerra che era un ragazzo e ne era tornato come un uomo con le tenebre negli occhi. O forse era lei che semplicemente aveva una visione rosea di lui, perché la sua tragica figura rappresentava ogni cosa che lei non avrebbe mai avuto. Approvazione. Lealtà. L’amore delle persone del luogo.

    Qualcosa di simile alla gelosia le si agitò nello stomaco. Era una reazione sciocca e infantile, e lei era superiore a quelle cose, ma era difficile non provare fastidio per qualcuno che era così adatto a quel luogo. Da quando aveva compiuto diciotto anni ed era scappata il più veloce e il più lontano possibile da sua madre, Eden aveva viaggiato un po’, ma non aveva mai trovato un posto che fosse davvero suo.

    Zach la guardò stringendo gli occhi. «Posso aiutarla?»

    Essere inchiodata da quegli occhi blu le fece mettere di nuovo in dubbio l’intelligenza del suo piano. Non aveva importanza. Lui aveva bisogno del suo aiuto, anche se non lo sapeva ancora.

    Si fece avanti. «Sono qui per il cadavere.»

    Le spalle di lui si abbassarono di un centimetro prima di alzarsi di nuovo, un movimento così leggero che lei non se ne sarebbe accorta, se il suo lavoro non si fosse basato sul notare cose che agli altri sfuggivano.

    Zach aggrottò la fronte. «Come diavolo è possibile che ne abbia già sentito parlare? Sono passate solo poche ore.»

    Ed ecco che qui viene il bello.

    Eden tirò fuori il telefono e aprì la sua casella di posta elettronica. «Questa mi è stata inviata ieri pomeriggio.»

    Zach imprecò, e lei non poté biasimarlo. La foto mostrava la ragazza morta, con il braccio disteso come per implorare aiuto.

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