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La Terra degli altri
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La Terra degli altri

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About this ebook

Alec Byrne è l’unico sopravvissuto allo schianto del suo vascello sul turbolento Considjar, dominato da quattro razze aliene in lotta tra loro per il predominio del pianeta. Dopo anni di peripezie e di scampati pericoli, Alec e quattro compagni, intraprendono un viaggio fortunoso a bordo di un vascello rubato, verso l’agognato Pianeta Terra. Per Alec Byrne è certamente il ritorno a casa ma per gli altri, nativi di Considjar, dove l’umanità è confinata all’ultimo posto della gerarchia sociale, il viaggio – un salto nel buio – rappresenta la possibilità di riscatto da una vita di miserie, violenza e soprusi: l’ultima chance per un’esistenza finalmente da uomini liberi.
LanguageItaliano
Release dateFeb 24, 2020
ISBN9788835376552
La Terra degli altri

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    La Terra degli altri - Ambra Mattioli

    passata.

    INTRODUZIONE

    Iniziai a realizzare la prima stesura di questo romanzo sul finire dell’estate 1983. Avevo ventitré anni e ricordo con quale intensità rimasi colpita, o meglio elettrizzata, dalla lettura di una saga di un celebre autore di fantascienza (che per motivi di copyright non nomino). Spinta unicamente dall’entusiasmo, decisi di realizzare un mio romanzo altrettanto fantasioso che conservasse, per quanto possibile, la fluidità letteraria dell’opera che mi aveva affascinato. Tutto questo avvenne perché nonostante fossi entusiasta di essa, ero rimasta delusa dalla sua conclusione alquanto sbrigativa e frettolosa. Avevo già scritto qualche racconto breve ma mai avrei pensato di cimentarmi in un lavoro di oltre quattrocentocinquanta cartelle e, considerate la valanga di idee e le loro continue variazioni, mi accorgevo che la mole di lavoro ingigantiva senza controllo.

    Nel 1983 lavoravo come centralinista in un albergo e non avevo a disposizione che pochi ritagli di tempo per scrivere. Compresi fin da subito che mi stavo imbarcando in un’impresa ardua, quasi impossibile, che avrei forse potuto affrontare solo con più tempo a disposizione e maggiori capacità ed esperienza. Invece, beata incoscienza!

    Sembra che le difficoltà aguzzino l’ingegno e immagino fu proprio questo l’ingrediente che accese in me l’innesco della sfida.

    Cominciai a scrivere furiosamente, a testa bassa, approfittando dei pochi minuti racimolati tra una telefonata e l’altra, con uno slancio che, per molti aspetti, rasentava l’incoscienza. Mi ritrovai presto fra le mani i primi capitoli del manoscritto (incredibile! Nel 1983 per scrivere si usava ancora blocco e matita). Mi piacquero; erano avvincenti e divertenti, ma, ahimè, privi di uno schema conduttore. Ero talmente presa dalla frenesia dello scrittore da lasciare libero sfogo all’immaginazione e disperavo alla ricerca di una soluzione ragionevole quando la trama si ingarbugliava troppo. Così non poteva funzionare e decisi di pianificare, capitolo per capitolo, la progressione del romanzo, considerando anche altri fattori come per esempio la quantità di battute per capitolo, l’evoluzione della trama e dei personaggi, il ritmo tra le parti descrittive e i dialoghi che immaginavo dovessero alternarsi in modo equilibrato.

    Sul finire del 2019 ho riletto il manoscritto e trovato che lo stile ancora richiama atmosfere cariche di surreali sfumature: il particolare che diventa protagonista. Ho considerato gli aspetti che oggi si potrebbero dire ingenui rispetto ai nostri tempi, ma ho apprezzato la freschezza e scorrevolezza della storia, e ho deciso di proporla integralmente, senza tagli stilistici, così come la scrissi allora.

    È una storia avventurosa con i cinque personaggi principali che vivono le loro esperienze secondo i loro diversi punti di vista. L’intenzione del romanzo è mia, come i contenuti, completamente svincolati dalla lettura che mi aveva dato l’impulso iniziale. Concordo appieno con il pensiero di Tzvetan Todorov quando afferma che in ogni mondo letterario ci sono amici e personaggi da amare e da odiare nei loro bizzarri contesti sociali e ambientali. E difatti in queste pagine c’è raffigurato l’eroe, con i suoi splendidi valori prossimi all’utopia e l’antieroe, con tutte le ossessioni e le sue patetiche debolezze. Insomma un sorprendente insieme di azione, sentimento e passione; un ritorno alla parte romantica di noi stessi che vive da qualche parte, fuori dal tempo. Il ritorno è quindi quello alle comuni origini; alla realtà prima dell’uso di internet dove solo carta e penna potevano dare forma ai nostri sogni. Un vero e proprio ritorno al pianeta Terra, che nostro non è… e forse non è mai stato.

    COMPENDIO

    È epoca di esplorazioni. Questa volta dalla Terra verso le stelle. Le spedizioni non sono però sempre fortunate. Per qualcuno che ha successo, qualcun altro si perde, oppure cade. Se si sopravvive, si possono fare nuovi amici o, invece, nuovi nemici per tutto il genere umano. Altri riescono a tornare a casa.

    Alec Byrne è l’unico sopravvissuto allo schianto del suo vascello sul turbolento pianeta Considjar, dominato da razze aliene differenti: i dooesdor, superbe e crudeli creature dalle movenze feline; i corisarck, esseri massicci dall’aspetto pietrificato e dall’indole selvaggia; i whooro, misteriosi abitanti delle profondità marine; i phantasm, una razza primordiale vecchia quanto l’Universo stesso, confinatasi per scelta nel sottosuolo del pianeta. In questo mondo, gli umani e i loro ibridi occupano l’ultimo posto della gerarchia sociale.

    Dopo anni di peripezie e scampati pericoli, Alec intraprende un viaggio fortunoso a bordo di un vascello rubato, verso il suo agognato Pianeta Terra, dove si dirige assieme a quattro compagni conosciuti su Considjar, appartenenti a razze diverse; tutti, come Alec, senza futuro su quel pianeta. Sono tutti vagabondi, tutti condannati a morte anche dalle loro stesse razze, tutti in cuor loro increduli che davvero esista un pianeta dove l’uomo è libero e padrone del proprio destino. Ma non hanno nulla da perdere e si lasciano convincere ad affrontare con lui un viaggio rischioso pur diffidando del suo esito. Su Considjar, man mano che li ha incontrati, Alec ha spezzato con loro il pane, ha superato pericoli e difficoltà, ed è sopravvissuto. Adinké Al Afrem Sohkeen è un under-dooesdor, ovvero un incrocio ibrido dooesdor-umano, allontanato dal suo popolo per atti criminosi; Okky è un giovane capo dai modi bruschi e autoritari, dei Kodimar delle terre di fuoco, cui Alec ha salvato la vita; Whap 202, una ragazzina dalla personalità inibita, è una phantasmine, una razza umana ibridata dai phantasm per poterli servire; Prowo Callister, che si è fatto convincere da Alec a pilotare la nave rubata, è un umano di discendenza mista per il quale nessun meccanismo ha segreti. Assieme, i cinque hanno avuto modo di conoscere ognuno dell’altro la capacità, il coraggio, l’intuito, l’orgoglio, e le debolezze. E ora, finalmente liberi e lontani dal mondo nel quale erano reietti, sono diretti tutti alla loro nuova casa. Per Alec Byrne è il ritorno al Pianeta Terra; per gli altri, il viaggio verso il lontano mondo degli umani così tanto bene descritto da Alec, da far loro sognare una vita libera.

    * * *

    Prowo aveva acceso i motori. Adinké, Okky, e Whap, salirono a bordo. Alec si soffermò a guardare un’ultima volta. Sbriciolò fra le dita un pugno di terra arida, poi s’imbarcò a sua volta. I generatori entrarono a regime, la nave prese quota e Considjar rimpiccolì velocemente. Il pianeta mostrò la sua forma sferica, poi divenne una palla rosso bruna e infine divenne un puntino indistinto nell’oscurità.

    Premessa

    … Fuori, oltre la Soglia delle Ombre Eterne,

    vi è una zona, ove la luce è fioca

    e i suoni ovattati

    … Le creature che la popolano giacciono su un piano inclinato, sicché è molto arduo scorgerne la presenza, se non attraverso la proiezione delle loro immagini distorte

    … Più oltre: la Terra.

    Da alcuni frammenti del Manoscritto di

    Percival Marno. Deneb II

    CAPITOLO I Verso casa

    La Terra? 49.056,22 parsec. Sempre dritto!

    Adinké Al Afrem Sohkeen, originario di Zanberwool, nella nona provincia dell’Impero Dooesdor, non riusciva, nonostante i mesi di viaggio a capacitarsi del tutto, circa l’esistenza di un pianeta chiamato Terra, padre dell’uomo e ultima destinazione del fragile baccello partito da Sillashe, su Considjar.

    Il ricordo delle due lune Pahxa e Radska sfavillanti nel cielo del suo pianeta Considjar, lo riportava spesso alla notte in cui aveva conosciuto Alec e il suo giovane amico Okky, tra le dune delle Terre di Fuoco, molti cicli prima; un incontro che ora stava determinando gli avvenimenti della sua futura esistenza, sempre ammesso di poter contare su un futuro.

    Finora la fortuna era sempre stata dalla sua parte e se le scorte di cibo non fossero terminate e loro non avessero vagato per sempre nello spazio, trascorse tre settimane, avrebbero cominciato ad intravedere un pallido disco verde-blu, scortato da un più piccolo punto d’argento, in prossimità di un caldo sole del tipo G II: la Terra.

    Adinké rivolgeva spesso la sua attenzione all’impareggiabile panorama che si ammirava dalla sala comando. Talvolta il suo amico terrestre Alec Byrne, gli indicava i vari settori di cielo, a lui familiarmente noti, cosa davvero inconsueta per un uomo; ma già, sul suo pianeta erano gli uomini, unici arbitri del loro destino, cosa quanto mai difficile da digerire per un under-dooesdor della casata dei Candidi. Eppure, sentendo parlare Alec e l’estrema naturalezza con la quale descriveva scorci di vita terrestre, usanze bizzarre, ritmi frenetici, gli sembravano impossibili le sue precedenti convinzioni, e cioè che originariamente il Divorante Famelico aveva deposto due uova, una delle quali, rotolata alla luce del sole, era diventata la razza eletta dooesdor e l’altra, rotolata nell’ombra, aveva originato gli under-dooesdor. Adinké si grattò pensieroso la pallidissima testa glabra (come usava fra i dooesdor) e si voltò a salutare i suoi amici che stavano raggiungendolo nella sala di poppa, dove egli già da un po’ stazionava.

    Come al solito il saluto di Alec Byrne fu cordiale e caloroso.

    "Salute e prospera vita, candido tra i candidi Adinké Al Afrem Sohkeen. Hai già fatto colazione, o preferisci conservare parte delle tue scorte di bacca del viandante per quando tornerai su Considjar?"

    Era il suo unico amico. Alto e asciutto, occhi chiari e profilo mitologico, non dimostrava affatto la sua età, che doveva aggirarsi intorno ai quarantacinque anni terrestri. Dall’alto del suo metro e novanta centimetri, l’under-dooesdor scosse la testa scettico.

    Ti seguirò fino in capo all’universo, in bocca al Divorante Famelico se necessario, piuttosto che affrontare i Revocatori di fronte ai Sacri Messi! – esclamò – Quindi, caro terrestre, se mai arriveremo da qualche parte, è lì che consumerò le mie ultime bacche.

    Adinké Al Afrem Sohkeen aveva ancora un aspetto incredibile, nonostante che Alec gli proponesse varie tipologie terrestri, in ogni declinazione. La sua pelle era candida. Il viso ricordava quello di un felino, con un naso lungo e stretto, bocca affilata. Gli occhi erano tondi color nocciola e con una espressione sempre sorpresa. Le orecchie minute sembravano trovarsi su quel viso perlato, giusto per caso. L’assenza di barba, conferiva ai tratti facciali un aspetto molto giovane. Ma comunque era pur sempre abbastanza umano, e Byrne riponeva in lui una gran fiducia.

    Anche se migliaia di parsec, separavano le loro culture, erano entrambi troppo intelligenti per non capire fino a che punto non oltrepassare quell’invisibile sbarramento culturale.

    Le disavventure vissute sull’infuocato pianeta Considjar, rappresentavano quanto di meglio ci fosse per consolidare una grande amicizia. Alec dal canto suo, sperava che ben presto l’uomo nascosto sotto le sembianze di un under-dooesdor, sarebbe riemerso, e Adinké che un giorno o l’altro Byrne ammettesse di avere bluffato, ma al punto in cui erano, oramai nutriva solo qualche dubbio. Entrambi avevano smesso, con tacito accordo, di far cozzare le diverse opinioni in merito agli eventi fondamentali della vita e ciò, naturalmente, infondeva loro un gran senso di compiacimento, cosa che mandava in bestia il membro più sanguigno della comitiva, il giovane Okky, e divertiva Whap.

    Costoro erano i due più giovani membri dell’equipaggio. Okky era originario della parte meridionale del continente Kottan; il secondo per estensione. Più precisamente, faceva parte della tribù dei Kodimar delle Terre di Fuoco, detti uomini d’ombra, per la loro innata capacità di confondersi con l’ambiente. Grazie all’intervento di Byrne, era scampato a una morte prematura e da quel giorno, forse per gratitudine o per un singolare senso dell’onore, non aveva mai smesso di condividerne la sorte, con coraggio e caparbietà rari da riscontrare in un ragazzo della sua età. Diversamente da Adinké, egli aveva una gran fiducia nell’esito del viaggio e aveva compilato un vero e proprio elenco di quelle che, una volta giunti a destinazione, sarebbero state le sue principali occupazioni.

    Aveva già deciso riguardo la sua dimora, il numero delle mogli e i viaggi che avrebbe intrapreso sulla Terra e sugli altri pianeti del sistema solare e tutto era avvolto da un alone di enfasi e superstizione, appresi nei precedenti diciotto anni di vita con la sua tribù, su Considjar.

    La seconda passeggera era Whap 202, poco più che una bambina, o forse lo era stata, perché da quando aveva smesso di sgranocchiare quello strano cibo secco, una barretta rancida e maleodorante, chiamata phantas (i Phantasmine avevano un vocabolario di termini davvero esiguo), qualcosa nel suo sviluppo aveva ripreso a funzionare e a dare i suoi frutti. Whap non era più la phantasmine spaurita che Alec aveva scovato nei freddi cunicoli sotterranei di Considjar, ma cominciava a mostrare, via via più evidenti, i suoi attributi femminili.

    Whap 202 apparteneva al sito W iir, area HA lhan, zona P evas, nata nella 202esima nidiata e così Alec, prendendo a prestito l’iniziale di questi luoghi, le aveva dato un nome, del quale era sprovvista. La cosa la affascinava, poiché non avendo mai avuto qualcosa di veramente suo, non riusciva ad afferrare bene il concetto di proprietà. Era nata in una nidiata di quindici phantasmine ognuno dei quali differiva per un solo numero. Non conosceva l’identità della sua vera madre, perché ognuna, a turno, badava alla prole comune. Era sempre vissuta in cunicoli bui a mezzo miglio sotto la superficie di Considjar, ignorando tutto ciò che era gaddash, cioè esterno. Per caso era venuta a conoscenza, dal discorso di due adulti particolarmente loquaci, dell’esistenza di un mare chiamato Oceano Trashd, e di un cielo - parola quest’ultima che non aveva per lei alcun significato - ciò non di meno, le aveva mandate a memoria.

    Nel giro di una decina di sotto cicli, aveva considerato che il gaddash poteva non essere il luogo così brutto come veniva comunemente descritto e che la vita era forse molto più che un cunicolo scuro e barrette di phantas. Stava diventando una donnina, il che infastidiva Okky, incuriosiva Adinké, e preoccupava Byrne, il quale iniziava a provare per lei un affetto non del tutto paterno.

    Facevano tutti parte di un passato comune e restare su Considjar avrebbe significato dover affrontare ben più gravi pericoli, che non partire alla volta di un pianeta ipotetico a 49.056,22 parsec di distanza.

    Per Adinké Al Afrem Sohkeen significava morte certa nel perimetro invisibile, anche detto cubo-caccia, un territorio adibito alle uccisioni autorizzate nella capitale dooesdor di Sillashe, per i gravissimi atteggiamenti sostenuti con un eccelso di Prima Razza, un affronto dalla gravità inimmaginabile per la società dooesdor.

    Okky mai più avrebbe fatto parte della sua tribù, non avendo espiato l’imprudenza di avere distrutto il simbolico scettyro, emblema della tribù.

    Whap, meno che mai! C’era mancato un soffio perché il procedimento d’imbalsamazione non la rendesse immortale nell’abbraccio dell’eterna quiete e se avesse rimesso piede anche solo per un’ora sul suolo di Considjar, i guardiani dei nidi l’avrebbero catturata e stavolta nulla, l’avrebbe più potuta salvare dal suo misero destino.

    Per Alec Byrne invece, c’era soltanto l’imbarazzo della scelta. Lo cercavano: i corisarck dalla coda d’osso, per avere espugnato la loro capitale e punto strategico a nord del continente centrale, e i corisarck dalla cresta lunga del sud, rimasti a bocca asciutta dopo che con un abile stratagemma, aveva decimato la loro potente orda nello stesso continente. Gli Young Monm, e in particolare il cavaliere Dorty-Dorgo, per la mancata ricompensa nel ritrovamento di Loto di Morg, nonché la Gilda degli Uccisori, adoratori del culto di Sillashe. Per non parlare poi degli under-whooro, gli ibridi della specie anfibia whooro, nella cui leggenda, il suo nome era entrato a impersonare le vesti di un demone vendicativo. Poi, almeno un centinaio di eccelsi dooesdor lo cercavano per punirlo dei massacri da lui perpetrati nella piana di Konstibol a spese di altrettanti brillanti eccelsi a caccia. Senza meno, una decina di uomini, tra i quali il Signore d’Ambra Grigia, Meeren di Kuts, il mercante Pallas T’Alsor, Otwille di Urmack, e il tenebroso under-whooro Helisis di Istram, dello spazioporto di Ao-Hidie. Tutti lo cercavano per fargliela pagare cara. Soltanto i phantasm, troppo diversi dalle altre razze per occuparsi di simili questioni e distanti dal significato della parola vendetta, forse si erano dimenticati di lui. Essi erano vecchi come il pianeta stesso e la pazienza era la loro virtù fondamentale. Avrebbero atteso fino alla fine del tempo, se necessario, perché sapevano che Alec Byrne, per quanto disagio avesse arrecato nelle loro gallerie, sarebbe passato, come anche il suo ricordo e come la leggenda che su di lui si sarebbe tramandata di generazione in generazione. Alec Byrne era solo una questione di tempo… e loro avrebbero atteso.

    Caro vecchio Considjar! Ora anche il suo ricordo, come in un caleidoscopio, sovrapponeva suoni, colori, odori, e le atmosfere surreali vorticavano fino a fondersi in una unica vaga immagine, cara alla mente di colui che parte.

    Il luogo terribile e selvaggio, teatro di battaglie tra razze aliene quale era stato, appariva solo un po’ movimentato, nulla di più.

    Byrne si accomodò in cambusa e incominciò ad armeggiare intorno ai fornelli, con una padella. Aveva voglia di mangiare qualcosa di terrestre, non del cibo liofilizzato come ogni mattina. Qualche minuto dopo nel locale aleggiava un invitante odore di pane e pancetta abbrustoliti, che richiamò l’attenzione dei presenti.

    Adinké si fece avanti Cos’è questa, un’altra delle tue diavolerie terrestri? Domandò scettico, sollevando un sopracciglio e fissando la faccia divertita di Byrne.

    "Se avessi avuto delle vere uova di gallina al posto di questa poltiglia liofilizzata, avresti gustato un sano piatto di eggs and bacon come si serve nel Massachusetts, ma in mancanza di materia prima dovrai accontentarti, amico mio!" Rovesciò il contenuto della padella in un grosso piatto di portata, dal quale tutti attinsero generosamente.

    Il cibo era ottimo e Okky non poté fare a meno che scrutare di sottecchi la faccia sorpresa ma un po’ contrariata di Adinké che mangiava in silenzio e di nascosto si leccava i baffi.

    Tra un paio di giorni, capirete che non mentivo circa la Terra prese a dire Byrne. Saremo presto a casa e là potremo finalmente rilassarci e iniziare una nuova vita. Il mio unico rammarico è per tutti quelli che conoscevo e che amavo; non possono essere ancora in vita.

    Perché dici così? domandò Adinké. In fin dei conti sono trascorsi solamente cinque anni. Li riabbraccerai di sicuro.

    Byrne sorrise amaro Mio caro, il tempo non scorre in ugual misura per chi resta come per chi viaggia a ipervelocità. A conti fatti, considerata la distanza tra i due pianeti e la velocità del nostro vascello, sulla Terra sono trascorsi più di cento anni di storia, dal giorno della mia partenza; ormai anche le loro lapidi saranno sbiadite.

    Che diavoleria è mai questa. Un altro trucco?

    Nessuno su Considjar, ha studiato a fondo le implicazione dei viaggi a ipervelocità? Chiese Byrne. Il paradosso spazio-temporale era noto sulla Terra già cinquecento anni fa. Teoria della relatività; così fu chiamata. Da tempo però, si ipotizzava quella che poi divenne la proprietà fondamentale dell’universo, e cioè che esso sia illimitato ma non infinito. Di seguito, alla scoperta dell’ipervelocità trovammo i varchi quantici e ne calcolammo la massa in relazione al volume dello spazio fluido e naturalmente, provammo a penetrarvi. Iniziò l’era della Grande Colonizzazione entro la nostra galassia. Molto più tardi scoprimmo di essere le uniche creature a forma umana che la popolavano. Lo spazio esplorato non era stato particolarmente generoso con le creature bipedi, tra le centinaia di entità striscianti, volanti, e differenti nella forma e nel pensiero. Che vuoi, la nostra delusione fu tale, che gettammo gli occhi sulle galassie circostanti, alla ricerca di un’altra umanità parallela, alla quale rivelarci. Considjar fu una sorpresa meravigliosa e allo stesso tempo sconcertante.

    Adinké tagliò corto "I problemi filosofici li lascio ai dooesdor. Io sono un’anima pratica e amo capire cose reali e tangibili, e sono proprio curioso di vederla questa tua Terra di uomini."

    E rimarrai piuttosto sorpreso aggiunse Byrne. La Federazione troverà in voi lo spunto per intraprendere nuovi missioni verso le stelle e verso le civiltà che le popolano. Già mi pare di vedere le loro facce! Sarà un momento sensazionale. Diventerete molto popolari; delle vere e proprie leggende viventi!

    Tu dici cose che alle mie orecchie suonano incomprensibili disse Whap freddamente. Non credi che sarebbe meglio per noi, restare nell’ombra, almeno per i primi tempi?

    Cosa vuol saperne una phantasmine di ciò che è meglio o peggio sulla Terra? chiese Okky imbronciato come sempre. Lascia che sia lui a intercedere per noi. Finora si è dimostrato prezioso in ogni situazione e noi ce la siamo sempre cavata.

    Già, per il rotto della cuffia e anche così, mi sembra un miracolo replicò l’under-dooesdor con una vaga aria fatalista.

    Byrne continuò. "Però è strano. Non riesco a spiegarmi il motivo di una mancata spedizione di soccorso per la nostra vecchia nave, dal momento dell’impatto con Considjar. Anche se sono passati più di cento anni terrestri, non è consuetudine della Federazione, lasciare intentata la ricerca e il recupero di

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