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Il sorriso della vittoria
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Il sorriso della vittoria

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Si può raccontare una storia di bullismo e nel contempo riuscire a sorridere?

In questo romanzo incontriamo Marco, un adolescente che vive il momento più triste della sua vita, perseguitato da tre bulli e scopriamo le sue paure e l'incapacità di riuscire a parlarne con qualcuno. Osserviamo i tre persecutori, i loro comportamenti violenti ed offensivi ed il loro agire in branco. Viviamo la meravigliosa famiglia di Marco e l'amore che trasmette al figlio e ammiriamo la tenacia della preside nell'affrontare il problema. Quindi, inseriamo nel racconto la divertente caparbietà di nonno Nino, un uomo della terza età che con i suoi modi allegri si intromette nella vita di Marco stravolgendola positivamente. Ne viene fuori una storia che racconta il fenomeno del bullismo, la quotidianità dei protagonisti e la saggezza e la simpatia di nonno Nino che si intrecciano al filo del racconto facendoci sorridere. Perché anche nella paura e nella tristezza c'è la speranza e perché sorridere ci salva e ci aiuta a vedere le cose da un altro punto di vista, a superare le difficoltà e a non farci sconfiggere anche quando la notte appare più lunga del solito. Età di lettura: da 11 anni.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 10, 2020
ISBN9788831659178
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    Il sorriso della vittoria - Antonino Marino

    violenza.

    Prefazione

    Sorridere.

    È una forma comunicativa che sospinge ad una vita rappacificata, che va oltre i conflitti e le contraddizioni della vita, affascina un volto sorridente, attira emotivamente. Immaginiamo il sorriso di Dio quando creò l’uomo e la donna, il creato. Fu, almeno pensiamo con le nostre categorie umane, contento, soddisfatto: sorride nell’Eden, sorride per la città di Gerusalemme, sorride come un Padre che non solo non abbandona i suoi figli, ma dona Suo Figlio. Isacco, il suo nome sintetizza e compendia ciò che Dio vuole comunicarci: il dono impossibile di un figlio, da una sterile donna, avanzata in età, e secca nella sua matrice, e quando accade, si sorride. La pienezza manifestata di una gioia. Qualcuno sostiene che per battere la violenza, il razzismo, l’odio: basta un sorriso. Vorremmo convincerci che sia così e ci proviamo a manifestare la pace e la convivenza umana conflittuale attraverso il ridere con e per la vita.

    Ma c’è anche un anti-sorriso alimentato dalla iniquità, dalla perversione, dal non senso della vita applicata a delegittimare la vita altrui, a beffeggiarla, a ridicolizzarla. Nella letteratura criminale i cinici e i violenti sorridono del male e nel fare il male. Chi ha il dono di conoscere le forme del male, questo sorriso è spietato, inespressivo ma seducente, riempitivo ma svuotante, ammaliante ma perverso, soddisfacente ma vuoto. Beffardo e non generativo di relazione e di vita buona, anzi al contrario: distruttivo con l’inganno della pienezza di vita.

    Un anti-sorriso che sgambetta il più fragile e vuole tacere, senza di nulla ai genitori: già, proprio sorridendo. (pag. 40).

    Una storia, romanzata di violenza e bullismo che offre uno spaccato di una schizofrenica società che, perdendo, smarrendo i punti di riferimento, offre stimoli, anche attraverso le nuove tecnologie, a pensare che tutto può essere sottomesso ai piedi di chi, illusoriamente si sente il forte. Ma non esiste un forte nell’uomo, perché di fatto, siamo tutti deboli.

    Una rete di sorrisi autentici che riannodano la speranza perduta. A volte basta un semplice gesto di apertura per i malcapitati. Solo l’Amore cura e fa vivere.

    Parole e azioni semplici, ma essenziali per superare il buio e l’oscurità della vita che alcuni vivono non comprendendo le ragioni di tale anti-sorriso, di tale spesso, strutturata negatività che tanti nostri giovani subiscono a causa di coloro che scelgono una vita mediocre e non da protagonisti. Chi fa violenza è il più debole, non dirò mai, insignificante, ma fragilmente debole che deve essere aiutato da una rete di relazioni stabili, autentiche, concrete e orientative.

    La positività è contagiosa, è una delle frasi di Papa Francesco, e spesso risuona come un forte auspicio a vivere la vita oltre la negatività indotta e spesso trasmessa.

    Un romanzo può aiutare alla positività? A farci sorridere superando l’ira sconsiderata di coloro che non comprendono l’amore e il rispetto per gli altri (pag. 117)

     Un sorriso, un sorriso! (…) Il sorriso è sempre un ponte, ma è un ponte dei grandi [di animo], perché il sorriso va da cuore a cuore. Non dimenticate il sorriso! Chi si comporta così diventa contagioso, perché il sorriso è contagioso, e la pace che semina non manca di produrre frutto. (Papa Francesco, 2018)

    Non posso non ricordare ciò che da bambino un anziano sacerdote salesiano mi diceva, era lo stile e la vita di San Giovanni Bosco: operiamo con una intenzione e azione chiara un cristiano e un umo retto di cuore non offende, un giovane fa i propri doveri scolastici vive con rispetto le relazioni, ed essere allegri.

    Il sorriso della vittoria. Da leggere e …meditare. Marco, come stai? Basta solo una domanda che va dritta al cuore ferito per rimarginare le relazioni interrotte e una nuova speranza. (pag. 165)

    Vi lascio un sorriso, intriso di speranza sempre nuova.

    Don Fortunato Di Noto

    Fondatore dell'Ass. Meter.

    Dalla parte dei Bambini contro

    ogni forma di abuso sui minori.

    Introduzione

    Si può raccontare una storia di bullismo e nel contempo riuscire a sorridere?

    È proprio l’interrogativo che mi sono posto prima di iniziare a scrivere questo libro che affronta questo delicato tema. Vi invito pertanto a camminare con me in queste pagine, per provare a trovare le risposte che cerchiamo.

    In questo romanzo incontriamo Marco, un adolescente che vive il momento più triste della sua vita, perseguitato giornalmente da tre bulli, e scopriamo il suo disagio, le sue paure e l’incapacità di riuscire a parlarne con qualcuno, chiudendosi in se stesso. Osserviamo i tre persecutori, i loro comportamenti violenti e offensivi e il loro agire in branco. Viviamo il rispetto, la dolcezza, l’amarezza della famiglia di Marco e l’amore che trasmettono al figlio. Ammiriamo la tenacia e la forza della preside dell’istituto scolastico frequentato dai nostri giovani protagonisti. Quindi, inseriamo nel racconto l’energia e la divertente caparbietà di nonno Nino, un uomo della terza età che con i suoi modi allegri e le sue battute si intromette nella vita di Marco stravolgendola positivamente.

    Ne viene fuori una storia reale che racconta il fenomeno del bullismo, la quotidianità dei protagonisti e la saggezza e la simpatia di nonno Nino, che si intrecciano al filo del racconto facendoci sorridere.

    Vi starete perciò chiedendo, perché sorridere di una storia e di un fenomeno così triste? Si dice che i pensieri più puri sono quelli che vengono dal cuore, e l’idea di questa storia mi è venuta istintiva, prendendo spunto da un articolo della legge scout che adoro, sorridono e cantano anche nelle difficoltà, e da tre film memorabili di cui sono innamorato: Il grande dittatore di Charlie Chaplin, La vita è bella di Benigni e Mary Poppins. Questi tre capolavori che ho visto e rivisto decine di volte si basano su storie molto tristi, anzi tragiche per i primi due. Ma nella tragicità delle loro vicende vi sono la speranza e il sorriso. Perché anche nella paura e nella tristezza c’è la speranza, c’è qualcosa che resiste a tutto e perché sorridere ci salva, ci aiuta a vedere le cose da un altro punto di vista, a superare le difficoltà e a non farci sconfiggere, anche quando la notte appare più lunga del solito. Nonno Nino è un uomo straordinariamente libero, rispettoso dell’essere umano e della libertà. Una persona che ama mettersi al servizio del prossimo e che nonostante l’età avanzata è giovane tra i giovani. Un uomo moderno che incarna la speranza, che fa breccia su Marco e sui giovani proprio per il suo modo garbato, schietto e sorridente e che pagina dopo pagina ci sorprende, riuscendo a farci riscoprire il piacere di offrire noi stessi al prossimo.

    Il sorriso della vittoria è un romanzo tremendamente realistico, dove i personaggi narrati e le storie offerte in dono ai lettori sono lo specchio della realtà in cui viviamo e dove perfino i momenti di paura e violenza sono descritti nei minimi particolari, perché il terrore più lo si immagina e peggio è. Un romanzo in cui il bullismo viene vissuto osservandolo da più angolazioni: quella della vittima in primis, quella del bullo e dei suoi complici, quella della famiglia, quella della scuola e quella della speranza e del sorriso. Un inno alla vita e al rispetto per il prossimo.

    1

    Prima domenica di ottobre, ore sette del mattino. Nella città di Leontinoi, in via La Tristezza 33, in una casa tutta bianca con quattro palme disposte in linea davanti alla facciata principale, la sveglia suona puntuale come ogni mattina, ed è così che viene svegliato mentre è immerso nei suoi sogni. In camera da letto fa capolino qualche raggio di sole che, attraverso la chiusura non perfetta degli infissi, riesce a entrare disturbando i suoi occhi ancora assonnati, che preferirebbero tornare a dormire al buio totale, senza nemmeno uno spiraglio di luce.

    «Mamma mia che stress! Questa luce che giunge dritta nei miei occhi mi dà un fastidio enorme, peggio di avere il ciclo come le donne.»

    La povera donna che gli sta vicino ormai da una vita intera viene svegliata più dal suo lamento mattutino che dal suono della sveglia.

    «Ma che ne sai tu del ciclo delle donne, che ne sai? Che voi uomini siete tranquilli e beati e noi invece ogni mese abbiamo il ciclo, poi se rimaniamo incinte abbiamo la gravidanza, il parto e poi tutto il resto. Che ne sai tu di ciclo?»

    Lui, che come al solito deve avere l'ultima parola, ribatte:

    «Noi uomini siamo belli tranquilli? No amore mio, ti sbagli. Purtroppo non è così, perché quando tu hai il ciclo, cu ci cummatti cu tia? Io! Quindi è come se venisse anche a me.»

    I due si sorridono, poi lui abbraccia la sua dolce metà dandole il buongiorno. Perché è così che si comincia la giornata, con un pizzico di lamentela e un ciclo di baci alla mogliettina.

    Dopo una rigenerante doccia calda, una pettinata ai pochi capelli rimasti, una sistemata alla barba bianca e all’immancabile baffetto, gusta una buona e nutriente colazione che termina con due belle spremute d'arancia. Poi va in camera da letto, dà un’occhiata fuori dalla finestra per vedere che tempo fa, apre l’armadio e sceglie con cura gli abiti da indossare. Pantalone blu e camicia bianca, rigorosamente taglia quarantasei. Si posiziona davanti allo specchio e con maestria fa il nodo alla cravatta, scura come il pantalone che indossa.

    Successivamente, seduto comodamente sul divano, prima chiacchiera un pochino con sua moglie Lucia così da farsi aggiornare su notizie e pettegolezzi vari, poi guarda il telegiornale del mattino per tenersi informato sulle notizie del mondo, infine col suo smartphone effettua una bella navigazione tra social network e siti internet per far sì che nessuna notizia gli sfugga. A questo punto, nonno Nino è pronto a iniziare la sua giornata e visto che è domenica mattina, come tutti i bravi cattolici si reca alla celebrazione della Santa messa celebrata da padre Alfio. Uno sguardo a Lucia dalla testa ai piedi per vedere come è vestita ed entrambi sono pronti per uscire di casa. L'orologio segna le 10.20 e considerato che la Santa messa inizierà alle 11, visto il bellissimo sole che oggi splende su Leontinoi, c'è tempo per uscire di casa a piedi, fare una bella passeggiata fino in chiesa e gustarsi un po’ la propria città. Mano nella mano come due sposini, nonno Nino e Lucia camminano verso la parrocchia che frequentano regolarmente da moltissimi anni, assaporando la bellezza del passeggiare spensierati sotto il bel sole della Sicilia e dello scambiare qualche parola con le persone che via via incontrano per strada.

    Nonno Nino come al solito si diverte a indovinare le targhe delle auto che trova parcheggiate.

    «Quest'auto blu con questa targa appartiene a Giuseppe. Questa bianca invece appartiene al Maresciallo. Questa rossa mi pare sia del marito della preside, sì sì è proprio come dico io.»

    Lucia, dopo tutti questi anni insieme, rimane ancora stupita da questa cosa.

    «Ma come fai? Le sai tutte… hai sbagliato mestiere, dovevi fare l'investigatore o il poliziotto, non te ne sfugge nemmeno una!»

    «Hai ragione Luciuzza mia, dovevo fare quel mestiere, mi sarei arricriato, era il mio sogno. T'immagini con quella bella divisa, il mio bel baffetto, avrei fatto colpo su tutte le donne.»

    «Avanti, finiscila di dire sciocchezze che un colpo te lo do io, e non mi fare dire cose strane che stiamo andando a messa e poi faccio peccato.»

    «Luciuzza mia, sei gelosa?» ribatte esibendo un sorriso sarcastico e provando ad abbracciare la moglie. «Per me esisti solo tu, mogliettina mia.»

    «Avanti, vedi di finirla, non fare il ruffiano che stiamo per entrare in chiesa.»

    Detto ciò i due coniugi, come da abitudine, entrano in chiesa e si accomodano al penultimo posto dell'ultima fila di panche sulla destra dell'ingresso centrale della chiesa, ed essendo arrivati in anticipo attendono l'inizio della celebrazione.

    Ore 10.30 del mattino. Nella parte opposta della città vive Marco, un ragazzino di dodici anni, magro e di statura media per la sua età. Ha i capelli neri molto corti ai lati e molto ricci sopra, e due occhi color del mare. È intelligente e studioso, educato e dal carattere molto timido. Ha pochissimi amici, ma a casa fa tanto spazientire i suoi genitori. È un ragazzino pieno di fantasia, gli piace tanto dormire e ha una passione sfrenata per il calcio, a cui dedica molto del proprio tempo libero. Sua madre Francesca, come da abitudine, è corsa a svegliarlo già diverse volte perché anche lui, come tutti i bravi cattolici, essendo domenica mattina andrà alla Santa messa, celebrata in parrocchia da padre Alfio. Marco, come al solito, qualche istante dopo il richiamo della madre si riaddormenta, e allora Francesca perde la pazienza e torna nella sua cameretta a buttarlo giù dal letto.

    «Marco, ti vuoi sbrigare che è tardissimo? Devi ancora lavarti, vestirti e fare colazione.»

    Il figlio, ancora mezzo immerso nei suoi sogni, ma ormai consapevole che è ora di alzarsi, è costretto a dargliela vinta.

    «Sì mamma, vado! Mi prepari la colazione?»

    Scende dal letto e con passo lento, anzi lentissimo, si dirige verso il bagno. Francesca, premurosa come sempre, lo accontenta. Dopo aver fatto la doccia, indossa i vestiti e di corsa fa colazione. Sceglie il giubbotto da indossare in base al clima che c'è fuori e sale in auto con la madre che, con tanta pazienza, lo accompagna a messa. Con due minuti di ritardo riesce ad arrivare in chiesa e si siede a metà fila su una panca posta al centro della chiesa. Subito dopo aver preso posto, un gruppetto di ragazzini seduti sulle panche davanti a lui comincia a osservarlo e a sghignazzare. Molto infastidito, Marco si alza e si va a sedere qualche fila più indietro insieme a delle anziane signore e così, in santa pace, riesce ad ascoltare la messa. Nonno Nino, sempre molto attento a tutto ciò che lo circonda, con un occhio all’altare e l’altro a scrutare tutto il resto, si accorge di questi strani movimenti.

    «Luciuzza, hai visto quel ragazzo? Si è alzato dal posto che aveva preso lì vicino ai suoi coetanei che ridevano di lui ed è andato a sedersi insieme a tre signore anziane. Strano!»

    Lucia, intenta ad ascoltare la celebrazione senza distrazioni, dà un’occhiata infastidita al marito e sottovoce gli sussurra:

    «Ma di quale ragazzo parli? Ce ne sono una marea davanti a noi. Ma quantu tallii? Se lo ha fatto per il motivo che dici tu, allora ha fatto benissimo.»

    Nonno Nino prova a insistere.

    «No no! Un ragazzino non lascia gli altri coetanei per andare a sedersi da solo con delle anziane, e poi quelli lo hanno guardato malamente.»

    «Ippi! Tutte tu le sai. Magari una di quelle signore è sua nonna e lui se n’è accorto dopo.»

    «Mah, non credo proprio.»

    La moglie innervosita chiude il discorso.

    «Fammi partecipare alla celebrazione, statti mutu camurria! Mi hai fatto distrarre, scambiamoci un segno di pace. La pace sia con te!»

    «Pace a te, Luciuzza mia.»

    Finita la celebrazione della Santa messa domenicale, i due coniugi fanno il segno della croce e, dopo aver scambiato quattro chiacchere con i presenti e aver saluto padre Alfio, lasciano la parrocchia, o almeno Lucia ci prova. Nonno Nino però è distratto e guarda da tutt’altra parte.

    «Andiamo che è tardi» ripete per due volte, ma il marito ha la testa altrove e non la ascolta. «Ma che cosa stai guardando? Andiamo che è tardi» insiste Lucia.

    Infastidito Nino si gira di scatto.

    «Che cosa è che c’è? Sto fissando un attimo quel ragazzino di cui ti parlavo poco fa. Dei suoi coetanei gli hanno di nuovo riso in faccia e detto qualcosa e ora lui a testa bassa sta andando via. Strana questa cosa!»

    Lucia proprio non riesce a capire perché lui continui con questo strano discorso.

    «Quando ti fissi su una cosa poi non te la togli dalla testa. Ma finiscila che sono cose di bambini, che ne puoi capire tu, vicchiania!»

    L’uomo, intanto, ha verificato che Marco è salito in auto con la mamma, dando pure un’occhiatina alla targa, e tranquillizzatosi guarda la moglie, e con il sorriso di chi sa che sta per dire una sciocchezza l’accarezza in viso.

    «Bella mia! Hai davanti a te un giovinotto. Un po’ avanti con l’età, con pochi capelli e tutti bianchi, ma con lo spirito di un ragazzino.»

    Finita la frase, scoppiano a ridere entrambi e si dirigono verso la piazza centrale per fare un’altra passeggiata, incontrare i vecchi amici di sempre e passare qualche minuto spensierati prima di pranzare con la famiglia allargata e i nipoti.

    Marco e la madre, intanto, attraversano la città in auto per arrivare a casa e durante il tragitto Francesca, da brava mamma, chiede al figlio di raccontargli come è andata la Santa messa. Marco, ancora infastidito per ciò che è successo in chiesa, ha poca voglia di parlare e si limita a dirle che è andato tutto bene e che non ha incontrato nessun compagno di classe. La madre, avendo notato che il figlio è un po’ cupo in viso, insiste.

    «Marco, tutto bene? È successo qualcosa?»

    «No mamma, va tutto bene, non è successo proprio nulla, tranquilla! Ho solo tanta fame» minimizza il ragazzino.

    Francesca di certo conosce benissimo suo figlio e ha capito che non gliela conta giusta. Così evita di addentrarsi nel discorso, accarezza il suo ometto e lo fa sorridere.

    «Amore mio ti ho preparato un bel pranzetto, lasagne e pollo arrosto proprio come piace a te. Dai, saliamo a casa che tra poco arrivano gli zii e i cuginetti e si pranza.»

    Il ragazzo, ben felice di queste notizie, corre subito in casa e attende l’arrivo degli zii e dei suoi due cugini, con cui passerà una bella e spensierata domenica.

    Nel frattempo, in via La Tristezza 33, nonno Nino e la sua amatissima moglie sono rientrati a casa e aspettano l’arrivo dei nipoti per pranzare tutti insieme e vivere anche loro una domenica in famiglia. Lucia, da tipica donna sicula, è in cucina e sta ultimando la preparazione del pranzo.

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