I Colori Delle Tenebre
By Samuel Martin and Stefano Tognon
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About this ebook
Ribellandosi contro la società convenzionale, rifiutando gli ideali classici e umanizzando i suoi modelli, stava effettivamente raffigurando la realtà? Era fedele ad essa o stava solo imbrogliando? Aveva bisogno di imbrogliare?
Samuel Martin e Stefano Tognon presentano 42 capolavori dipinti da Michelangelo Merisi da Caravaggio (40 dipinti e 2 attribuzioni) e le loro risposte a queste domande.
Con un team di produzione di 30 persone, Samuel e Stefano hanno ridato vita a Salomè, San Giovanni Battista, Giuda, angeli, demoni e aguzzini, meticolosamente illuminati copiando la tecnica del Merisi usando fioche lampade e specchi al posto di candele, motociclette piuttosto che cavalli e videocamere in sostituzione di lanterne. In un vecchio e buio garage, circondati da elmi, teschi, spade, croci, e vestiti con abiti all’insegna del tempo, gli ideatori del progetto raccontano le storie dei vecchi tempi con lo spirito del Caravaggio, ancora sospeso su di loro.
Samuel Martin è un musicista di genere metal, fondatore della black metal band Evol. Appassionato di storia e occultismo, fin da giovane viene conquistato dai dipinti di Caravaggio e ne diventa un copista, acquisendo le tecniche pittoriche alla vecchia maniera nella bottega del pittore Oscar Nalin.
Stefano Tognon ha una laurea in Astronomia e da allora ha esplorato il mondo della fotografia digitale. Le sue immagini sono intrise di una sensibilità italiana classica combinata con un approccio moderno. Ha già tenuto diverse mostre a Dublino e ha già pubblicato And So I Dare– 2017 e Intervalli musicali nella scala temperata a 12 note – 2017.
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I Colori Delle Tenebre - Samuel Martin
PREFAZIONE
Michelangelo Merisi, Samuel Martin e Stefano Tognon a dispetto delle epoche storiche molto diverse in cui uno è vissuto e gli altri vivono ancora, hanno più cose in comune di quanto si possa pensare. Credendo all’incarnazione, verrebbe facile pensare che il Caravaggio si sia reincarnato in loro.
In base alla biografia del maestro lombardo e conoscendo di persona Samuel, saltano infatti subito all’occhio le numerose affinità tra i due, ma qualcuna è più evidente, potente. L’oscurità li accomuna, un’attrazione quasi morbosa per il lato oscuro dell’esistenza tesse come un ragno una tela sottile che li lega. Entrambi conoscono un solo modo di vivere la vita: in maniera intensa, piena, quasi estrema, prendendo quanto di buono quest’ultima può regalare, senza vie di mezzo, senza compromessi, senza dover scendere a patti con niente e nessuno. Samuel Martin si può definire, senza tema di smentita, il moderno discepolo di Michelangelo Merisi, così come Stefano Tognon, che al posto di colori e pennello, usa con sopraffina abilità la macchina fotografica.
Se il Caravaggio fosse stato un musicista, si potrebbe parlare di tributo, anche se indiscutibilmente personale e dotato di una sua genuina originalità. Per fortuna è un pittore, e questo ci salva dall’ennesimo dilettantesco parodiare. Sì perché nel caso di questo libro, non assistiamo a nessun tentativo di imitazione o impersonificazione. Come ho affermato poco fa, le riproduzioni fotografiche dei quadri del Caravaggio da parte di Stefano Tognon, che vede gli attori in carne ed ossa posare, sono permeate da una freschezza e da una personalità che le rendono uniche nel loro genere.
Dicono che l’arte serva ad esorcizzare i propri demoni, confinarli nella musica, in un libro o in un quadro.
Penso che Stefano abbia esorcizzato in qualche modo i suoi, con le meravigliose foto artistiche contenute in questo volume, riproduzioni liberamente interpretate, ma allo stesso tempo fedeli, perché hanno davvero colto pienamente l’essenza dell’opera del grande pittore Lombardo.
Massimo Zanetti
Scrittore e musicista
CARAVAGGIO RISORTO
(Prima parte)
Il progetto di riproduzione fotografica di alcune opere del Caravaggio nasce tra il 2010 e il 2011 dall’estro artistico dei visionari Samuel Martin e Stefano Tognon. L’intento era quello di realizzare, tramite l’obiettivo della macchina fotografica, un Caravaggio onirico spesso in chiave di lettura anacronistica.
Incredulità di S.Tommaso
foto di Stefano Tognon - particolare
L’anacronismo è un elemento già presente nei quadri di Michelangelo Merisi e in alcuni di essi è stato conservato nella versione originale; in altri, volutamente, sono stati stravolti alcuni particolari incisivi quali i colori dei vestiti, certi utensili e gli atteggiamenti dei soggetti artistici rappresentando l’epoca contemporanea nel suo aspetto decadente. La plasticità delle pose è stata mantenuta laddove possibile, non potendo sempre superare il limite anatomico nelle pose fotografiche che non influenza invece la libertà artistica dei pennelli. Per la tragicità delle scene, illuminate puntigliosamente con la stessa tecnica del Merisi, sono state utilizzate fioche lampadine invece che candele e specchi, con l’intento di colorare le scene in modo più contemporaneo. I colori e i modelli sono stati scelti in modo accurato per mantenere viva la percezione di trovarsi davanti alle opere del Merisi o, più auspicabile, di trovarsi piuttosto nello studio del pittore da qualche parte nel tempo, anche se con qualche licenza artistica.
La tecnica pittorica
Dopo una lunga gavetta a Milano e a Roma, il Merisi imparò l’arte del disegno per poter riprodurre inizialmente vasi e cesti di frutta nonché le prime figure religiose. Successivamente, con l’evoluzione del proprio stile, cominciò a dipingere direttamente con i colori sulla tela. Egli la ricopriva di un’imprimitura bruna tendente al rosso che conteneva colle varie come carbonato di calcio, argilla e gesso con lo scopo di limitarne l’effetto assorbente. Questo trattamento consentiva al pittore di ottenere una superficie opaca all’attraversamento della luce così da permettere alla successiva colorazione di poter risaltare. A questo seguiva l’applicazione di un mezzo tono monocromatico su tutta la superficie (esecuzione a risparmio) oscurando con i colori le parti più in ombra ed illuminando quelle più esposte alla luce. Successivamente i modelli venivano posizionati davanti ad uno specchio come proiezione del lavoro finito e con un punteruolo (o il rovescio del pennello) venivano segnati i contorni delle figure sul protoplasma (primo strato pittorico) in modo da fissarne la posa per poi riportare le figure alla luce con la tecnica bagnato su bagnato
, dagli scuri fino ai chiari. Le velature erano utilizzate essenzialmente per il fondo, le vesti, gli incarnati e per smorzare i toni. Questa ipotesi è avvalorata dai suoi dipinti raffiguranti il Bacco che brinda con la mano sinistra e il suo autoritratto come Bacchino malato
nel quale poteva tenere l’uva con la mano sinistra e dipingere con la destra. In questo modo allo specchio, che ne ribaltava l’immagine, l’uva risultava tenuta con la mano destra. Molto probabilmente Caravaggio fece uso di una camera ottica tramite un buco nel soffitto da dove poteva filtrare la luce che, con l’aiuto di una lente biconvessa e uno specchio concavo, rifletteva sulla tela il soggetto da dipingere.
Per via dell’utilizzo di questi specchi e lenti nella "Cena in Emmaus", conservata a Londra, si possono notare imprecisioni nelle mani in primo piano, sulla dimensione della frutta e sulla prospettiva degli oggetti sul tavolo.
Questi errori sono dovuti al continuo movimento della tela a causa del riorientamento della profondità di campo, delle lenti e della messa a fuoco. Sembra plausibile infatti che Caravaggio utilizzasse delle lenti e la camera oscura perché la mano sinistra di S. Pietro è più grande della destra e del cesto di frutta.
Nelle opere di Michelangelo è palese la ricerca accurata dei particolari che risplendono, quando invece dovrebbero essere immersi in un contesto più buio. Da alcune analisi è stato riscontrato l’uso di sostanze fluorescenti composte da biacca e sali di mercurio, utilizzate per tracciare linee in una stanza poco illuminata, in modo da evitare l’effetto impreciso delle proiezioni e dei mutamenti della luminosità naturale.
Caravaggio aveva trasformato il suo studio in una vera e propria camera ottica, affinando le tecniche per catturare la luce grazie all’uso di coleotteri luminosi distillati ed essiccati.
Ci sono alcuni studiosi che non condividono le teorie sull’uso della camera ottica da parte del Maestro Merisi, perché essa avrebbe causato un rallentamento del lavoro pittorico e perché per l’illuminazione sarebbero servite più di 1000 candele o di 200 lampade ad olio. A queste obiezioni i fautori della teoria ottica ribattono che la composizione del quadro veniva spezzettata come in un set cinematografico e quindi al momento della realizzazione della Cena in Emmaus
di Londra (in particolare delle mani dell’apostolo) il modello di Cristo non sarebbe stato presente, causando errori di prospettiva. Per quanto riguarda l’illuminazione invece il pittore avrebbe aperto un buco nel tetto per avere luce naturale.
La tavolozza
La tavolozza subì diverse evoluzioni nel corso del tempo a pari passo con lo stile e l’estro del pittore. Ad inizio carriera, Caravaggio utilizzò blu oltremare, azzurrite, ocre gialle e rosse, cinabro, verde di rame, nero vegetale, lacca di garanzia, giallo di piombo stagno, terra d’ombra, terra verde, resinato di rame e bianco di piombo. Questa tavolozza con il passare degli anni si impoverì di pigmenti e si ritenne che Caravaggio usasse prevalentemente bianco di zinco (o bianco titanio), giallo ocra, vermiglione, ocra rossa (o rosso Venezia o rosso inglese), lacca di garanza, blu oltremare, verde ftalo, nero carbone e bitume.