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Medicina riabilitativa: Scienza dell'assistenza
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Ebook84 pages59 minutes

Medicina riabilitativa: Scienza dell'assistenza

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Non si può curare senza sapere e studiare la malattia, ma anche senza ascoltare ed amare il malato e la sua famiglia, senza la capacità del singolo medico di tradurre il generale e assoluto della scienza nel particolare e nello specifico del singolo malato. La vera medicina personalizzata è, ora come sempre, quella che avvicina la persona del medico alla persona del malato.
Questo volume approfondisce un modo riabilitativo di fare medicina dove la relazione di cura è parte della cura, al pari dell’intervento chirurgico, della somministrazione del farmaco o della scansione del DNA, e non solo un apporto umanitario considerato secondario.
LanguageItaliano
Release dateFeb 3, 2020
ISBN9788899515096
Medicina riabilitativa: Scienza dell'assistenza

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    Medicina riabilitativa - Massimo Angelelli

    Presentazione

    Massimo Angelelli – Mario Colombo

    «La medicina contemporanea è in crisi non perché ha fallito gli obiettivi che si era prefissata, ma perché li ha conseguiti: i successi ottenuti hanno aperto nuove questioni che devono essere affrontate». Sono queste alcune delle considerazioni finali cui sono giunti studiosi di 14 Paesi chiamati dallo Hastings Center di New York a riflettere sul tema Gli scopi della medicina: nuove priorità.

    Certo, il progresso della medicina, e delle scienze in generale, ha portato ad accrescere enormemente le conoscenze finalizzate al prolungamento della vita degli uomini, debellando malattie prima immediatamente letali, fornendo possibilità di cura a patologie che erano destinate a progredire senza limiti, ma anche prefigurando ipotesi di diagnosi predittive e trattamenti preventivi attraverso la modifica del nostro patrimonio genetico.

    Il vento della tecnologia pare fare superare ogni limite e la biotecnologia, in particolare, sembra offrire all’uomo gli strumenti per vincere facilmente le sfide che si ritiene siano prioritarie della medicina, lasciando però aperte altre ed altrettanto importati domande sul piano etico e morale e sulla difficoltosa possibilità di trovare un equilibrio tra le risorse economiche limitate ed i bisogni di salute che tendono sempre più ad amplificarsi.

    Nell’opaco confine tra il diritto universalistico alla salute garantito dalla nostra Carta Costituzionale, il tentativo di delineare Livelli Essenziali di Assistenza che possano interpretare in chiave attuale il predetto dettato Costituzionale e la oggettiva difficoltà di trovare un equilibrio tra risorse economiche ed opzioni di cura/salute, alcune parole-chiave sembrano connotare il dibattito e le scelte di politica sanitaria: cronicità, presa in carico, percorsi di cura, relazione di cura, riabilitazione, integrazione socio-sanitaria, appropriatezza, linee guida, personalizzazione.

    La medicina personalizzata, un neologismo spesso abusato, sembra riaprire, nel gergo del politically correct un vecchio dibattito su quale sia l’oggetto della medicina: se la malattia o il malato. Un dibattito che continua a compiacersi di opporre, anziché conciliare, da una parte il metodo statistico, la medicina delle evidenze, i grandi database dei sistemi sanitari nazionali o regionali, le linee guida, e, dall’altra, l’individualizzazione del metodo sperimentale, la medicina omica (genomica, proteomica, metabolomica) e la fenotipizzazione sempre più avanzata del singolo paziente.

    Una polemica che ignora che non si può curare senza sapere e studiare (la malattia) ma anche senza ascoltare ed amare (il malato), senza la capacità del singolo medico di tradurre il generale e assoluto della scienza nel particolare e nello specifico del singolo malato. La vera medicina personalizzata è, ora come sempre, quella che avvicina la persona del medico alla persona del malato.

    Nel tentativo di contenere l’impennata della spesa sanitaria comune a tutti i Paesi, non solo occidentali, è stato introdotto anche in Italia un sistema di remunerazione delle attività sanitarie (DRG) che considera le singole prestazioni erogate (lo specifico intervento chirurgico) ovvero la malattia che ha comportato il maggiore assorbimento di risorse, lasciando in secondo piano il programma di cura che, come è facile intuire, non è semplicemente la somma algebrica di prestazioni normalmente occorrenti per una determinata malattia e per un determinato paziente.

    In modo differente, invece, il mondo della riabilitazione ospedaliera continua ad essere valorizzato in funzione delle giornate di degenza erogate, senza però avere un’adeguata tensione sul programma di cura, sulla misurazione della disabilità e dei bisogni correlati in fase di ingresso ed alla fine del percorso di cura.

    Una eccezione al sistema, forse giustificata dalla impossibilità/incapacità/non volontà di trovare, allo stato attuale, dei condivisi criteri di misurazione della attività riabilitativa in termini di outcome dell’investimento di risorse umane, tecniche e finanziarie.

    Nel contesto sopra descritto la riabilitazione diventa spesso la via più agevole per sopperire a una carenza insita nel sistema: i brevi periodi di ricovero che i DRG impongono non sono spesso compatibili con pazienti complessi, anziani, portatori di pluripatologie. Così la riabilitazione diviene strumento per continuare ad offrire una possibilità di cura non essendo nemmeno agevole impostare un trattamento domiciliare adeguato o di residenzialità protetta.

    L’intervento riabilitativo, in alcuni casi, è diventato una opzione per superare la rigidità del sistema DRG, incapace di personalizzare la cura sanitaria e consentirne la sua prosecuzione per un periodo di tempo più lungo e con strumenti differenti, dall’altra è divenuto anche il contenitore per fare confluire prestazioni non prettamente sanitarie, connotate da una finalità prioritariamente socio-assistenziale.

    Davanti a patologie non curabili in modo definitivo che tendono a cronicizzarsi, a malattie che rimangono ancora in parte oscure nella loro origine e sviluppo nonostante le molte acquisizioni della genetica e delle tecniche molecolari, agli esiti disabilitanti dei grandi traumatismi, degli eventi cerebrovascolari e delle malattie neurodegenerative si impone la necessità di un modo riabilitativo e nel contempo scientifico di fare Medicina. Un modo riabilitativo di fare Medicina dove la relazione di cura è parte della cura, al pari dell’intervento chirurgico, della somministrazione del farmaco o della scansione del DNA, e non solo un apporto umanitario, considerato secondario.

    E ciò vale nel ritardo mentale, congenito o acquisito, dove l’incapacità relazionale si associa ai più vari problemi biomedici. Ma anche nella vecchiaia, dove malattia e disabilità coesistono, sono causa e spesso

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