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Pianeta robot: Cronache del contatto
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Ebook66 pages44 minutes

Pianeta robot: Cronache del contatto

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About this ebook

In preparazione alla prima missione con equipaggio su Marte, l’ultimo rover robotico della NASA, il Rover Minerario di Marte, è stato inviato sul Pianeta Rosso per ispezionare le potenziali zone di atterraggio.

Quando qualcosa di preoccupante viene catturato dalla telecamera del rover, si scatena una serie di eventi inquietanti che coinvolgerà il dottor Wayne Parsons e il suo piccolo team al Jet Propulsion Laboratory, eventi che metteranno in pericolo sia la missione che le loro vite.

L’autore di American Mishima, Louis Edward Rosas, presenta questo racconto basato su intrighi, scienza e una sinistra campagna per sopprimere la verità, sollevando dei dubbi sul fatto che siamo veramente soli nell’universo.

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateJan 12, 2020
ISBN9781071527122
Pianeta robot: Cronache del contatto

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    Pianeta robot - Louis Edward Rosas

    DEDICA

    Alla mia adorabile moglie, Tina,

    senza la quale nessuna di queste opere sarebbe stata possibile.

    INDICE

    Nota dell’autore

    I IL PIANETA ROSSO

    II L’EPISODIO DI SOL 33

    III L’ANOMALIA

    IV QUALCOSA DI INQUIETANTE

    V L’UOMO IN NERO

    VI IL NUOVO ORIZZONTE

    NOTA DELL’AUTORE

    Il presente racconto non è basato su fatti reali.

    È un’opera di fantascienza. Gli eventi descritti in questo libro non hanno mai avuto luogo. Sebbene alcuni elementi possano avere qualche fondamento di realtà, qualunque somiglianza a persone viventi o vissute è puramente casuale.

    CAPITOLO I

    IL PIANETA ROSSO

    Marte, il pianeta rosso. Un mondo arido, freddo, desolato e privo di vita. Sebbene fosse un luogo inospitale, rappresentava la migliore speranza per l’uomo, la più realistica speranza di una seconda casa che potesse, un giorno, garantire la sopravvivenza della razza umana. Per oltre mezzo secolo, decine di satelliti, lander e rover ne avevano ispezionato la superficie, mappandone il terreno desertico e gli affioramenti rocciosi. Per parecchio tempo erano stati cercati degli indizi di precedenti forme di vita sul pianeta, nella speranza che la vita vi potesse nuovamente attecchire. Quei primi sforzi cercarono anche degli elementi in tracce utili per la successiva terraformazione di quel pianeta morto in un nuovo mondo di nostra creazione. Una tale impresa ci avrebbe fatti passare dal regno della fantascienza alla colonizzazione dello spazio.

    Grazie a questa audace ambizione, vennero creati i presupposti per la successiva fase dell’esplorazione spaziale con equipaggio umano. Sebbene dovessero ancora essere superate notevoli sfide tecnologiche per il raggiungimento di tale obiettivo, il Jet Propulsion Laboratory della NASA continuò i preparativi con un’ultima missione esplorativa, in vista della prima missione con equipaggio umano che non sarebbe stata possibile prima di qualche anno. Si trattava dell’ultima esplorazione robotica prima della selezione definitiva dell’area di atterraggio per i principali componenti di dell’Habitat di Marte (il cosiddetto Mars Hab), il cui invio era previsto per la successiva finestra di lancio. Seguiremo ora le vicende di tale missione.

    Dopo un lungo viaggio nell’oscurità dello spazio, il solitario veicolo spaziale che trasportava il Rover Minerario di Marte era finalmente arrivato al quarto pianeta dal sole. Per i sei mesi successivi alla sua partenza dalla Terra, aveva attraversato l’enorme distanza di duecentoventicinque milioni di chilometri. Era ormai a breve distanza dal pianeta e usava i razzi di controllo dell’assetto per allinearsi alla traiettoria standard di inserimento, in preparazione al delicato impatto con la rarefatta atmosfera marziana.

    La missione del Rover Minerario e la successiva, il Colono di Marte, avevano lasciato la Terra a un mese di distanza l’una dall’altra dal Centro Spaziale Kennedy di Cape Canaveral, in Florida, su dei razzi per carichi pesanti. Avevano approfittato della stretta finestra di lancio in cui i due pianeti erano allineati e a una distanza minima. La loro missione principale consisteva nell’esame dei potenziali siti di atterraggio equatoriali, preselezionati nelle MLZ (Mars Landing Zones, cioè Zone di Atterraggio su Marte), prima delle missioni con equipaggio umano che avrebbero creato i primi avamposti dell’Uomo a un mondo di distanza da casa.

    Sulla Terra, nel Jet Propulsion Laboratory della NASA di Pasadena, in California, il personale del Controllo Missione era in preda alla tensione. Gli scienziati del JPL, con le loro polo rosse coordinate, osservavano ansiosamente lo schermo gigante sopraelevato, in quei sei minuti critici di timorosa attesa per il passaggio nell’atmosfera. Era la fase più cruciale dell’intera missione e non potevano fare nient’altro che trattenere il respiro ed aspettare. Tra i molti specialisti del rover, seduti lungo la parete posteriore della sala a più livelli del Controllo Missione, c’era il quarantaduenne Wayne Parsons. Il dottor Parsons, un uomo alto e moro, sedeva con una mano su un orecchio per sentire meglio le cuffie, mentre attendeva gli ultimi aggiornamenti telemetrici.

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