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Luci di poesia
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Ebook90 pages33 minutes

Luci di poesia

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Antologia dell’VIII Concorso Internazionale di Poesia Occ. e Haiku - Genova 2019
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 10, 2020
ISBN9788831652254
Luci di poesia

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    Luci di poesia - Laila Cresta

    633/1941.

    LUCI DI POESIA

    C’è un vec­chio, di­ver­ten­te film di Re­na­to Ra­scel (1959) che s’in­ti­to­la Tem­pi du­ri per i vam­pi­ri: pa­ra­fra­san­do, io di­rei Tem­pi du­ri per i poe­ti: PER I POE­TI, per le per­so­ne ca­pa­ci di sen­ti­men­ti po­si­ti­vi, per gli ar­ti­sti…

    Que­sti so­no an­ni di egoi­smi as­sur­di, di pro­ble­mi gros­si, ma non ci si può per­met­te­re di di­ven­ta­re ari­di: la vi­ta è sem­pre una me­ra­vi­glia, no­no­stan­te tut­to. Non bel­la o brut­ta: è pro­prio fat­ta del­la me­ra­vi­glia del mon­do, da gu­sta­re con gli oc­chi gran­di dei bam­bi­ni, e la poe­sia è uno spec­chio di que­sta me­ra­vi­glia.

    È dal­la pas­sio­ne per la poe­sia che na­sce que­sto Con­cor­so, una pas­sio­ne che ha ra­di­ci che ri­sal­go­no al­la mia in­fan­zia. Poi, sia­mo a Ge­no­va: co­me non con­si­de­ra­re una pas­sio­ne an­che il ma­re, col suo oriz­zon­te che è fon­te di so­gni?

    Non sem­bra mol­to di mo­da, la Poe­sia, spe­cie guar­dan­do le usci­te an­nua­li di sil­lo­gi, nei ca­ta­lo­ghi del­le Ca­se Edi­tri­ci.

    For­se per­ché la mo­da, la nor­ma, è per la me­dia del­la gen­te, e la poe­sia non è per gen­te me­dia.

    Pen­sa­re che, in teo­ria, la Poe­sia è un'ar­te mol­to pra­ti­ca­ta, nel no­stro Pae­se: fin trop­po, di­rei. Per­ché? Lo sap­pia­mo tut­ti: per­ché la poe­sia in Ita­lia non ven­de, e quin­di non si pub­bli­ca. Se la mol­ti­tu­di­ne (lo so­no, una mol­ti­tu­di­ne, vi as­si­cu­ro) di co­lo­ro che si ri­ten­go­no poe­ti leg­ges­se­ro poe­sia, gli Edi­to­ri ne pub­bli­che­reb­be­ro di più: non cre­do af­fat­to sia­no tut­ti ma­so­chi­sti.

    Quan­te poe­sie mi so­no ca­pi­ta­te, leg­gen­do­ne per Wri­ters Ma­ga­zi­ne, scrit­te da per­so­ne che non ne leg­go­no, non ne co­no­sco­no, non si ca­pi­sce nep­pu­re co­sa in­ten­da­no per poe­sia, e par­la­no co­me se il pro­prio mon­do in­te­rio­re fos­se trop­po ric­co, e va­sto, e pro­fon­do, per ave­re il tem­po (e la vo­glia) di pre­oc­cu­par­si dei mon­di al­trui. Sa­pe­ste quan­ta gen­te ho co­no­sciu­to che di­ce di es­se­re poe­ta e af­fer­ma di non leg­ge­re poe­sia per­ché, voi ca­pi­te, co­me pos­so­no con­ta­mi­na­re il pro­prio ric­co, inef­fa­bi­le mon­do in­te­rio­re? Di­co­no di vo­ler espri­me­re sé stes­si, e non si ca­pi­sce per­ché gli al­tri do­vreb­be­ro aver vo­glia di leg­ger­le, le lo­ro espres­sio­ni per­so­na­li, che non pos­so­no es­se­re uni­ver­sa­liz­za­bi­li, se chi si ri­tie­ne un poe­ta non co­no­sce e non com­pren­de gli Al­tri.

    A vol­te, que­sta gen­te non sa nep­pu­re la gram­ma­ti­ca, e so­no co­me chi pen­si di fa­re il fa­le­gna­me ma non sap­pia usa­re gli at­trez­zi, e non co­no­sca i va­ri ti­pi di le­gno.

    Co­me pos­sa un poe­ta non ama­re la poe­sia è del tut­to in­com­pren­si­bi­le. Tra l'al­tro, sia­mo ita­lia­ni, e que­sto vuol di­re che, dal pun­to di vi­sta let­te­ra­rio, sia­mo stra­ric­chi e pri­vi­le­gia­ti.

    Ab­bia­mo una lin­gua dut­ti­le e ric­chis­si­ma, la più ric­ca del mon­do oc­ci­den­ta­le: a se­con­da di ciò che vo­glia­mo tra­smet­te­re, l’ita­lia­no è suf­fi­cien­te­men­te mu­si­ca­le, se co­sì lo vo­glia­mo, e suf­fi­cien­te­men­te du­ro, in­ve­ce, se ab­bia­mo bi­so­gno di ester­na­re la no­stra du­rez­za.

    Ab­bia­mo Dan­te che, leg­gen­do­lo per il pu­ro gu­sto di far­lo, s'im­pa­ra a me­mo­ria an­che in­vo­lon­ta­ria­men­te: ad al­ta vo­ce sen­tia­mo la mu­si­ca­li­tà dei suoi

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