L'amore di Sara
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Book preview
L'amore di Sara - Giuseppe Leotta
633/1941.
CAPITOLO I
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Marco ha scelto di sedersi a tavola proprio di fronte a Sara, arrivata all’appuntamento con dieci minuti di anticipo. Avevano deciso di passare quella serata in uno dei ristoranti di Milano, per festeggiare insieme i primi tre mesi della loro nuova relazione d’amore; tra di loro si era instaurata l’abitudine di rinnovare tutti i mesi la data del loro primo incontro, come nuova coppia stabile e con tanti progetti nella loro testa.
Chiunque avesse rivolto lo sguardo verso il tavolo, dove se ne stavano seduti Sara e Marco, avrebbe pensato che quella fosse proprio una bella coppia.
Lei era bellissima, con i suoi capelli lunghi e neri, molto ondulati, i quali fluttuavano sulla sua testa a ogni movimento del capo e le incorniciavano un viso perfetto nei lineamenti, con due occhi scuri come il cielo della notte. Marco era un bell’uomo di trent’anni, che emanava fascino e virilità, quanto bastassero, perché avesse sempre un facile successo con le donne, senza che da parte sua ci fosse la reale volontà di mettersi in mostra.
Entrambi erano senz’altro due belle persone, che si erano conosciute quasi per caso.
Tutto è incominciato una domenica mattina, mentre Marco si trovava nella sua casa di Milano, che aveva acquistato da poco più di due anni, non appena aveva trovato lavoro presso la filiale di un’importante banca istituzionale italiana.
L’abitudine ad alzarsi presto tutte le mattine per recarsi al lavoro, lo condizionava anche quando non aveva questa necessità, quindi, il sabato e la domenica mattina, Marco rimaneva a poltrire nel proprio letto, in una condizione di totale rilassamento. Quando quello stato d’abbandono, per qualche motivo, si dilungava troppo nel tempo, allora lasciava il letto e si trasferiva in cucina, con addosso ancora il pigiama, per fare colazione. Entrando in cucina, era sua abitudine alzare la tapparella della porta finestra che conduceva sul balconcino, per dare una sbirciatina fuori, soprattutto per controllare velocemente le condizioni meteorologiche della giornata. Anche quella domenica mattina aveva eseguito le stesse azioni, quasi meccanicamente, ma quando ha guardato fuori dalla finestra, i suoi occhi furono calamitati da un’immagine in movimento, che non aveva niente d’eccezionale: sul terrazzino del quinto piano della palazzina situata a circa sessanta metri dalla sua, c’era una donna che stava sistemando i panni appena lavati in uno stendibiancheria.
Tutto quello che aveva visto, era questa figura di donna che stava stendendo i panni appena lavati su uno stendibiancheria e null’altro, ma chissà per quale strano motivo, l’immagine della quotidianità di quella donna sconosciuta, gli aveva suscitato un certo interesse. Era certo che quella donna non l’aveva mai vista prima di quella domenica mattina, né mentre stendeva i panni, né in altri momenti della sua vita quotidiana. Fermando lo sguardo sulla persona, ha potuto costatare che la donna in questione, aveva qualcosa di magico che lo aveva completamente rapito. Poi, fece una considerazione che riguardava il suo aspetto fisico. Anche se la distanza che li separava era di circa una sessantina di metri, gli sembrò che fosse una donna molto bella. Aveva i capelli lunghi e neri, legati dietro la nuca a coda di cavallo, molto tirati sulla testa, tanto da mostrare il perfetto profilo del suo viso.
Marco, quella donna non l’aveva mai veduta durante quei due lunghi anni che aveva abitato in quell’appartamento o comunque, non si era mai accorto di lei e di questo ne era certo. Ormai conosceva tutti gli inquilini del suo palazzo e buona parte di quelli del palazzo dirimpetto al suo, molto simili nella loro struttura, ma la donna che stendeva i panni, quella non l’aveva mai incontrata ne mai vista da vicino. Come se fosse rimasto folgorato nell’accorgersi dell’esistenza di quella donna, continuò a osservare i suoi movimenti nell’atto di stendere i panni, arrivando a considerare quel suo modo di muoversi, quasi sensuale, gesti sicuri, sinuosi e precisi. Improvvisamente nasce in Marco la voglia di conoscerla, quasi in preda a un desiderio incontrollabile.
Lui stesso non capiva perché quella donna, improvvisamente, le interessasse così; forse era rimasto colpito dalla sua bellezza esteriore?
Con la distanza che c’era tra loro, non poteva essere certamente l’unico motivo, perché, anche se era dotato di una buona vista e quindi la riusciva a vedere benissimo anche in quelle condizioni, era quasi impossibile apprezzarne completamente e con obbiettività le qualità fisiche. Marco rimase a guardare quella scena di ordinaria quotidianità, fino a quando la donna finì di stendere i panni. Dopo, quando la donna rientrò in casa e non la vide più uscire sul balcone, lui continuò con lo sguardo a fissare quei cinque, sei metri di parete con una porta rimasta aperta e una finestra socchiusa per metà.
Allora si spinse con la sua fantasia e con la sua immaginazione, anche oltre quella porta rimasta aperta e quella finestra socchiusa, pensandola ancora alle prese con le faccende domestiche, che molte donne che lavorano fuori di casa durante la settimana, svolgono proprio nei giorni che dovrebbero essere di riposo e che invece diventano più impegnativi di tutti i giorni delle settimane. Immaginava di vederla mentre rifaceva il letto o mentre stava preparando la colazione per lei e per suo marito.
E già, era una donna sposata o viveva da sola?
, cominciò a chiedersi Marco. Con il suo fantasticare non riusciva a immaginarla come una donna sola, proprio per quella naturale bellezza, che lo aveva colpito da una distanza di sessanta metri, senza avere avuto la possibilità di guardarla da vicino, rimanendone tuttavia colpito al cuore, senza che in quel momento capisse il vero motivo di quella strana infatuazione che gli aveva pervaso l’intero sistema nervoso.
Dopo avere steso i panni, che cosa stava facendo fra le mura di casa sua? Data l’ora, forse stava preparando la colazione per lei e il suo compagno o per suo marito? Di colpo, Marco si è ricordato che anche lui doveva fare colazione, così smise di guardare fuori dalla finestra e pigiò il pulsante per mettere in funzione la macchinetta per fare il caffè espresso, lasciandola accesa perché si riscaldasse. Nell’attesa ha aperto la porta del frigorifero, con l’intenzione di prendere la bottiglia del latte, ma rimase con questa in mano e lo sportello del frigorifero aperto, come se stesse ancora cercando qualcosa da mangiare, mentre in effetti, aveva ripreso a pensare ancora una volta alla donna dirimpettaia del suo palazzo.
Come mai gli ritornava in mente sempre quell’immagine così banale, ma allo stesso tempo così carica di sensualità, di quella sconosciuta? Aveva notato la semplicità del vestito che indossava mentre era affaccendata nel suo lavoro, che non era la solita tuta che tutte le donne indossano quando sono a casa, come fosse la seconda pelle, ma non era nemmeno un vestito banale; era semplice, colorato e faceva risaltare la sua bella figura. All’interno delle pareti della sua casa doveva esserci per forza un uomo, qualcuno per cui lei si faceva bella e si pettinava, perché lei si sentisse a posto, carina e desiderabile, qualcuno che la amasse profondamente.
Marco era come ossessionato da questi pensieri; non riusciva a distogliere dalla sua testa quell’immagine mattutina della donna ancora sconosciuta, ma che per lui era improvvisamente diventata la più importante della sua vita.
Nella cucina di Marco c’era un tavolo rettangolare appoggiato a una delle pareti, proprio di fronte alla parete attrezzata; lui di solito, tutte le volte che faceva colazione o quando cenava, si sedeva con la faccia rivolta verso la parete non attrezzata, e con tranquillità mangiava i suoi pasti.
Quella mattina decise di cambiare il posto in cui sedersi per fare colazione, scegliendo di fatto, quello che gli permetteva di tenere sott’occhio il balconcino della donna sconosciuta, nella speranza di rivederla non appena fosse uscita per qualche motivo nuovamente fuori sul balcone.
Mai era arrivato a tanto, da quando abitava in quella nuova casa, perché non aveva mai avuto l’abitudine di guardare fuori dalle sue finestre per curiosare o per qualche forma di voyeurismo nascosto nella sua personalità. Anzi, non era assolutamente un attento osservatore, distratto com’era dal carattere particolare del suo lavoro in banca, dove bisognava essere precisi, attenti e pignoli.
Spesso litigava anche con la sua compagna e collega di lavoro, che frequentava da qualche anno, proprio per questa sua mancata attenzione nelle cose che riguardavano anche il loro rapporto, quell’essere spesso distratto, quasi pensieroso, come se si sentisse sopraffatto dagli impegni di lavoro, tanto da non ricordare quasi mai le ricorrenze di certi avvenimenti che la sua morosa riteneva verosimilmente importanti.
Improvvisamente gli era scattata in testa la necessità di osservare con attenzione la vita che conduceva una sconosciuta dirimpettaia, forse perché inaspettatamente cresceva in lui la volontà e la voglia di conoscerla più approfonditamente e capire se aveva degli spazi d’azione nei suoi confronti, che potesse sfruttare a suo vantaggio, solamente per conoscerla di persona.
Da quella domenica, guardare attraverso i vetri della sua finestra, gli spazi delimitati dal balconcino della sua dirimpettaia, divenne un’abitudine mattutina e serale, soprattutto quando a tarda sera le luci dell’appartamento della donna sconosciuta s’illuminavano, lasciando intravedere la sua sagoma, che affaccendata, la vedeva muoversi avanti e indietro, all’interno delle stanze visibili dal suo punto d’osservazione.
Aveva anche notato la presenza di un’altra persona, che spesso s’intravedeva mentre attraversava la luce delle finestre, ma gli era sembrata che fosse una persona avanti con gli anni, perché aveva notato che i movimenti di quell’uomo erano lenti. Era quasi certo che l’uomo che girava per casa non fosse né il marito né il compagno, ma forse poteva essere il padre. E la madre? Perché non si vedeva un’altra figura femminile all’interno della casa? Forse i genitori della donna sconosciuta si erano separati o forse il padre era rimasto vedovo? Quante domande continuava a porsi il povero Marco da quando si era accorto della presenza di una bella donna in un appartamento del palazzo di fronte al suo.
Era trascorsa una settimana da quella fatidica domenica mattina e non aveva ancora avuto altre notizie sulla vita che conduceva la donna sconosciuta, nonostante avesse aguzzato la vista e avesse aumentato la sua attenzione, quando tutte le mattine usciva di casa per recarsi al lavoro. Usciva con l’auto dal box sotterraneo del suo stabile e percorreva la strada a passo d’uomo, per sbirciare i passanti sui marciapiedi e tutta la gente che sostava nella vicina fermata dell’autobus, sperando che si materializzasse quella visione idilliaca che lo aveva così fatto pensare durante l’ultima settimana.
Forse anche lei la mattina usciva dal suo palazzo con la sua auto per andare al lavoro e allora quell’incontro sperato era quasi impossibile, tranne che le due auto si fossero incrociate in quel tratto di strada antistante ai due palazzi. A distanza di una settimana, esattamente la domenica successiva, durante le ore mattutine ha rivisto nuovamente la donna sul balconcino, intenta a passare lo straccio sul pavimento e qualche ora dopo era ancora lì, che stendeva i panni. Questa volta indossava una tuta di colore nero, molto aderente al corpo, che ne faceva risaltare le forme graziate di una donna bellissima, sia nei glutei, sia nel seno. Anche questa volta aveva i capelli legati dietro la nuca, esattamente come la domenica precedente.
Marco era seduto al tavolo della sua cucina, mentre faceva colazione e fra un biscotto e l’altro beveva il suo caffè, ma con gli occhi puntati sempre verso quella donna intrigante e piena di fascino, inconsapevole di essere diventata prima attrice di uno spettacolo seguito da un solo spettatore. Improvvisamente Marco si è alzato dalla tavola ed è andato nella sala, alla ricerca di qualcosa dentro un armadio; apre uno degli sportelli e tira fuori una scatola che conteneva un binocolo, lo stesso che aveva utilizzato in passato, quando qualche volta era andato a fare delle escursioni in montagna.
Fu preso dall’ansia per quello che stava per fare e istintivamente rimise dentro l’armadio la scatola con il binocolo, ma poi, subito dopo ci ripensò e lo riprese in mano. Veloce ritornò in cucina e tirò fuori dalla scatola lo strumento, puntandolo immediatamente nella direzione del balconcino, dove la donna stava ancora trafficando. Mise a fuoco l’immagine e con quel potente binocolo riuscì a vedere alcuni particolari del suo viso e del suo corpo.
Era più bella di come gli fosse sembrata guardandola a occhio nudo, dalla distanza di sessanta, forse cento metri, era la perfezione fatta donna, creata apposta per fare innamorare qualsiasi uomo che avesse avuto la fortuna di guardarla.
Quanto diversa era quella donna dalla sua attuale fidanzata Astrid! Arrivò a pensare che se fosse stata scoperta da un regista cinematografico, l’avrebbe fatta diventare una diva del cinema, al pari delle stelle di Hollywood o forse anche di più.
A Marco gli si presentava un grosso problema, ora che l’aveva guardata con il binocolo: come avrebbe potuto fare per conoscerla personalmente, presentandosi come suo ammiratore e spasimante? Con il lavoro che faceva, prese tutta questa faccenda come un diversivo su cui scaricare tutte le sue ansie e i suoi problemi legati al suo ambiente lavorativo, senza tuttavia che la cosa diventasse una forma patologica, ma doveva riuscire a viverla con allegria e senza fare capire ad Astrid le sue reali intenzioni e aspirazioni in fatto di donne.
Nei giorni che seguirono, ha continuato a utilizzare il binocolo per scrutare altri aspetti della quotidianità di quella donna; infatti, lasciò il binocolo sul tavolo della cucina e dentro la sua scatola, ma comunque, che fosse a portata di mano nei momenti in cui la donna appariva sul balconcino o quando la vedeva muoversi dentro casa in compagnia di un uomo anziano, che dopo diversi avvistamenti, era quasi certo fosse il padre.
Non riusciva più a dormire, con il pensiero sempre fisso sui modi che avrebbe dovuto adottate per avvicinare la donna tanto desiderata e ammirata.
Non aveva la possibilità di citofonarle in casa per qualche oscura ragione, anche perché non conosceva il suo cognome, ammesso che fosse stato presente sulla pulsantiera del portone d’ingresso della palazzina. Allora brancolava nel buio, senza trovare nessuna maniera di avvicinare la donna dei suoi sogni.
Astrid, era la donna con la quale Marco aveva una storia che ormai durava da quasi un anno. Erano innamorati l’una dell’altro, ma non avevano ancora deciso di andare a convivere, nonostante entrambi fossero impiegati della stessa banca, con un lauto stipendio che gli avrebbe permesso di vivere una vita serena e senza problemi economici. Entrambi erano però amanti della loro libertà; non si sentivano pronti per affrontare una vita insieme e poi, erano piuttosto libertini caratterialmente. Inoltre, si consideravano ancora troppo giovani perché potessero fare la scelta di limitare la loro libertà, anche se tra loro era nato un sentimento d’amore che alla fine li avrebbe condotti verso una vita vissuta insieme. Tutti i giorni si vedevano sul posto di lavoro e spesso si aiutavano l’un l’altro, quando qualche problema lavorativo si presentava, anche se il loro lavoro si svolgeva in due settori differenti della banca. Pranzavano insieme nell’ora di pausa e qualche volta riuscivano anche ad appartarsi in qualche angolo poco frequentato, per godersi veri e propri approcci sessuali.
Era stata Astrid che lo aveva provocato all’inizio del loro rapporto, proprio per quel fascino innato di Marco, bello nell’aspetto e senza la necessità di doversi prostrare troppo nei confronti delle donne, virile quanto bastava e concreto. Un giorno, sono usciti per pranzare in una paninoteca, nelle vicinanze della banca, come semplici colleghi e quando sono ritornati in ufficio, avevano consumato un primo rapporto sessuale nel bagno della paninoteca, un magnifico assalto in grande da parte di Astrid, con una risposta da parte di Marco che l’aveva ridotta come uno straccio, solamente dieci minuti dopo. Da quel giorno il loro rapporto era andato avanti, consumando tantissimi altri incontri furtivi durante le ore di pausa del lavoro, e con il passare del tempo, hanno anche cominciato a frequentarsi utilizzando come luoghi d’incontro le loro rispettive abitazioni. Era un rapporto di solo sesso all’inizio della loro relazione, ma con il passare del tempo si erano innamorati e la loro storia sembrava essere diventata importante. Non avevano ancora preso la decisione di convivere, forse per non rendere troppo imbrigliato il loro rapporto, di lacci e laccioli, perché entrambi volevano godersi il loro libertinaggio.
Da qualche settimana Marco non pensava più alla sua Astrid, ma un nuovo desiderio lo aveva conquistato completamente, quello di conoscere quella donna affaccendata sul balconcino di casa sua, in un palazzo a circa sessanta, cento metri dal suo, una donna, che per lui era la più bella che ci fosse sulla terra.
Tutte le volte che Marco soggiornava in cucina, la osservava con il suo potente binocolo, se per qualche motivo lei usciva sul suo balcone. Tutte le volte che la guardava, gli sembrava che diventasse sempre più bella.
Anche Astrid si era accorta che qualche cosa stava capitando al suo boy friend, perché lo vedeva distratto, un po’ chiuso in se stesso e cercava quasi di evitare di incontrarsi con lei. Infatti, i loro incontri sessuali durante quell’ultima settimana erano saltati, nonostante lei lo continuasse a provocare, andandolo a trovare nel suo ufficio, più volte durante la giornata di lavoro. Gli aveva chiesto anche delle spiegazioni per quel suo strano comportamento, ma lui le aveva risposto che era tutta una questione di stanchezza fisica, niente di cui preoccuparsi.
Come si dice, Se la montagna non viene a Maometto, allora Maometto va alla montagna
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Infatti, Astrid andò a cercare Marco direttamente a casa sua, di buona mattina e di domenica.
Squillò il citofono nella casa di Marco, che ancora non aveva finito di fare colazione. Poiché non aspettava nessuno a quell’ora del mattino, andò a vedere chi fosse. Quando riconobbe la voce di Astrid e la vide sul videocitofono, andò in paranoia; se avesse potuto, l’avrebbe rispedita a casa sua, anche perché aveva capito il motivo di quella visita inaspettata. Le ha aperto il portone d’ingresso e subito dopo ritornò in cucina per rimettere a posto il binocolo dentro la sua scatola, ma non ha avuto il tempo di farlo sparire del tutto da sopra il tavolo, sperando che quell’oggetto non attirasse l’attenzione di Astrid.
Intanto la donna sconosciuta aveva un bel da fare sul suo balconcino e in quel momento non poteva più essere oggetto di attenzione da parte di Marco, che aveva ben altro da fare con la venuta di Astrid.
Marco ha accolto Astrid ancora con il pigiama addosso, ma questa era una cosa normale, cui Astrid era abituata, soprattutto quando non avevano deciso di passare la giornata di riposo fuori città per qualche gita o quando non avevano impegni di nessun genere. Dopo un abbraccio e uno scambio di baci, si sono diretti in cucina, perché Marco doveva ancora finire di fare colazione.
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<>, rispose Astrid.
Astrid si mise a sedere in una delle sedie, accavallando le gambe quasi completamente scoperte, protette solamente dalle calze a rete di colore nero, che la rendevano molto appetibile agli occhi di Marco, che intanto era intento a fare il caffè per la sua ospite.
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Marco aveva avviato la macchina per il caffè, ma aveva lo sguardo rivolto verso la donna sconosciuta che continuava a muoversi fra le sue cose nel proprio terrazzino.
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Astrid si era accorta che da quando aveva messo piede in casa, Marco non l’aveva degnata di uno sguardo. Intanto, servì il caffè ad Astrid, la quale trovandosi vicina a lui, gli prese una mano e gli diede un bacio con lo schiocco. In quel momento, guardando ancora nella direzione del balcone della sconosciuta, vide che la donna era rientrata dentro casa; allora istintivamente, non avendo più motivo di guardare fuori, dedicò maggiore attenzione ad Astrid, baciandola sulla bocca con passione e infilando la mano che era stata baciata fra le sue cosce, che lei subito scavallò e allargò, quasi un invito a essere sfiorata nel sesso. Con quella mossa Marco era riuscito a distrarre l’attenzione di Astrid, la quale aveva capito che lui guardava fuori dalla finestra per qualche motivo a lei al momento sconosciuto. Quel bacio al gusto di caffè eccitò molto la fantasia di Marco, il quale invitò Astrid ad alzarsi dalla sedia dove se ne stava seduta e a seguirlo nella sua stanza da letto.
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Non era necessario aggiungere altro, lei si era alzata dalla sedia senza farselo ripetere, infilando una mano sotto il pigiama di Marco per accarezzargli la schiena. Non parlarono più mentre si liberavano dei vestiti che indossavano. Un istante dopo, rimasero nudi e si lasciarono cadere sul lettone di Marco, con la voglia di sbranarsi a vicenda. Il loro affiatamento in quei momenti bollenti era ormai collaudato; ognuno sapeva cosa piaceva all’altro. Conoscevano i loro punti deboli e sapevano come incendiarsi a vicenda, grazie all’irruenza sessuale di Marco nei confronti della sua bellissima Astrid, lei si sarebbe lasciata morire d’amore per l’uomo che la amava.
Qualche cosa era cambiata però nel comportamento di Marco mentre faceva l’amore con Astrid, perché il suo pensiero non era più rivolto alla donna che stava amando, ma a quella che avrebbe voluto amare al posto di Astrid, la bellissima dirimpettaia sconosciuta.
Dopo un’oretta passata a fare l’amore, Marco e Astrid, uno dopo l’altro, fecero una doccia, si rivestirono entrambi e uscirono di casa per una passeggiata, tenendosi per mano per le vie del centro, grazie anche alla splendida giornata primaverile che c’era. Poi pranzarono in un ristorantino che conoscevano bene entrambi, dove era possibile mangiare del buon pesce. Tutto sembrava rientrato nella normalità di una relazione importante, anche se ancora non abbastanza matura da essere istituzionalizzata con una convivenza o addirittura con un matrimonio. Trovarono il tempo di passare il pomeriggio al cinema a guardare un film, ma era un modo per rimanere ancora insieme. La sera, uscendo dalla sala cinematografica, Astrid e Marco ritornarono ancora a casa di Marco per cenare insieme.
Astrid preparò una bella insalata mista e Marco gettò sulla piastra bollente due paillard di vitello. Astrid, intanto, apparecchiava la tavola e nel momento di stendere la tovaglia si è accorta della presenza della scatola con il binocolo.
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Marco aveva completamente dimenticato che il binocolo fosse ancora sul tavolo e a quella domanda improvvisa non aveva saputo rispondere nell’immediatezza, ma fece finta di non avere sentito, rimanendo completamente in silenzio.
Astrid, non avendo ricevuto una risposta, gli ha ripetuto la domanda: <
Improvvisamente ebbe un’illuminazione e le rispose dicendole: <
Per Astrid è stata sufficiente quella risposta; lo sollevò dal tavolo e lo mise su una credenza, dove non dava fastidio a nessuno. Poi continuò ad apparecchiare la tavola, dimenticando l’esistenza del binocolo.
Nel buio della sera, Marco vide la luce accesa all’interno della casa della donna, ancora sconosciuta, ma vide anche che quella sera non era da sola come le altre volte o in compagnia dell’uomo anziano, ma un’altra figura appariva e spariva dalla luce delle finestre e sembrava che fosse un uomo giovane come lui. Se avesse potuto usare il binocolo, avrebbe scoperto di più e questo lo rendeva nervoso, perché anche se era in compagnia di Astrid, che lui considerava la sua unica donna in quel momento, fu pervaso dalla gelosia.
Astrid non si era assolutamente accorta che Marco spesso guardava fuori dalla finestra, perché era intenta ad apparecchiare la tavola, però si è accorta che da un paio di minuti non parlavano più fra loro, come se ognuno fosse assorto nei propri pensieri, ignorando la presenza dell’altro.
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Quali problemi di lavoro! Marco era nervoso perché pensava al suo rivale in amore, che quella sera forse avrebbe avuto la possibilità di fare l’amore con la sua donna ideale, la dirimpettaia. Avrebbe voluto coglierli sul fatto, ma avrebbe preferito non vedere lei mentre abbassava le tapparelle per nascondersi o mentre si donava a quell’altro uomo. Era possibile che un uomo come Marco, che non aveva niente da farsi invidiare, provasse invidia nei confronti di quell’altro uomo, solo perché aveva la possibilità di amare una donna di cui lui non conosceva nemmeno il nome? In quel momento tutto era possibile, perché in quel preciso istante, Marco era il più fragile fra tutti i personaggi in gioco. I due amanti cenarono con estrema calma e lentezza, come se provassero piacere a stare insieme lungamente, parlando del più e del meno, ma soprattutto di lavoro. La personalità di Marco era come sdoppiata: c’era il Marco che interagiva con Astrid e seguiva i suoi ragionamenti, ma c’era il Marco che continuava a pensare alla donna sconosciuta in compagnia del suo amico, anch’egli sconosciuto e alla possibilità che entrambi durante quella serata fossero andati a letto insieme. Infatti, mentre ancora stavano cenando, Marco si è accorto che tutte le tapparelle dell’appartamento della dirimpettaia erano state abbassate. Per due motivi, la donna con il suo amico, avrebbero chiuso tutte le imposte: perché avevano deciso di uscire insieme o perché avevano deciso di fare l’amore.
Il cuore di Marco si era rabbuiato come le finestre della casa della sua dirimpettaia e questo traspariva dallo stato di prostrazione in cui era caduto. Si alzò dalla tavola, lasciando Astrid da sola per raggiungere il bagno, dentro il quale si chiuse a chiave. Accese la luce della specchiera e si guardò allo specchio, fissando a lungo la sua faccia languida e piena di tristezza, come se fosse stato preso da una gelosia ossessionante nei confronti di una donna, che per lui non era niente di più che una bella sconosciuta. Si sciacquò la faccia con l’acqua fredda, in modo che lo facesse ritornare alla realtà, che risvegliasse i suoi sensi, per riuscire a dedicarsi all’unica donna che in quel momento aveva la possibilità di amare intensamente: Astrid.
Ritornò in cucina e trovò Astrid intenta a sparecchiare la tavola e a poggiare i piatti e i bicchieri sporchi in fondo al lavabo.
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Mentre pronunciava questa frase, si era avvicinato a lei, cingendola per i fianchi da dietro. Una mossa che aveva un solo significato: fare sua per la seconda volta, durante quella giornata, la sua donna, come se volesse emulare attraverso Astrid il rapporto sessuale che avrebbe voluto avere con la donna sconosciuta.
Astrid non diceva mai di no quando si trattava di fare del sesso con Marco, perché lui era capace di farla stare molto bene, di appagarla. Tenendo stretta per la vita la sua Astrid, la guidò verso la stanza da letto con un tale impeto da stupire lei stessa, come se si fosse trovata al centro di un ciclone, che inesorabilmente la stava spazzando via, senza avere il ben che minimo controllo del suo corpo. Stupita, ma contenta di essere vittima del ciclone che Marco aveva fatto infuriare, si abbandonò alla sua volontà, in un atto d’amore carnale che aveva superato ogni sua attesa.
Astrid era una bella donna e non aveva niente da invidiare a qualsiasi altra bella donna, ma lei non sapeva ancora che Marco la stava usando per placare le proprie voglie e soprattutto la propria ira, dovuta a uno strano desiderio, che aveva nei confronti di una sconosciuta, che qualcuno a sessanta metri da casa sua si stava lasciando amare, esattamente come faceva lui con Astrid.
Dopo avere fatto l’amore, Astrid era euforica per la prestazione cui era stata sottoposta, ma era anche fiera di essere riuscita a parare i colpi furiosi che Marco le aveva inflitto. Mentre Marco, era ancora stremato, si sentiva depresso, perché stava pensando alla sua situazione e al suo inganno perpetrato nei confronti di Astrid, che in fondo non meritava quel tipo di trattamento.
Astrid si rivestì in fretta per ritornarsene a casa, dicendo a Marco che una doccia l’avrebbe fatta prima di andare a dormire nel suo letto; gli disse che era felice di quell’ora intensa che Marco le aveva fatto passare, e che dal giorno dopo doveva essere sempre così. Marco accompagnò Astrid alla porta di casa con addosso solamente una tovaglia annodata attorno al bacino e si scusò con lei se non l’accompagnava fin dove aveva parcheggiato la sua auto.
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<< Astrid, scusa se questa sera non sono stato molto delicato nei tuoi confronti!>>, le disse Marco, convinto di avere esagerato con lei.
<<È stato bello, più del solito, se vuoi sapere il mio parere>>, gli rispose Astrid.
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Il maltrattamento di cui parlava Marco non coincideva con quello che aveva inteso Astrid. Marco pensava di avere avuto poco rispetto per Astrid, perché ci aveva fatto l’amore, ma non l’aveva amata; mentre Astrid pensava al fatto che non aveva mai visto Marco tanto scatenato mentre faceva sesso con lei.
A lei andava bene così. Che cosa le importava se aveva un forte dolore alle gambe, costretta ad assumere posizioni sfiancanti per qualsiasi donna; che cosa le importava se il sesso le bruciava fino in fondo alle viscere per com’era stata sbattuta. Lei era contenta e avrebbe sperato che quel modo animalesco di fare sesso, dovesse ripetersi tutte le volte che fosse andata a letto con Marco.
Marco fece una doccia e si mise a letto sperando di riuscire a dormire e chiudere quella faticosissima domenica passata con Astrid, con un sonno ristoratore. Il giorno dopo avrebbe ricominciato con il lavoro e probabilmente avrebbe nuovamente incontrato Astrid nel suo ufficio, ma con la dose di sesso che avevano consumato durante quella domenica, per un po’ di tempo Astrid sarebbe rimasta lontana da lui, e quindi lui avrebbe avuto modo di pensare a una strategia che gli avrebbe permesso di avvicinarsi alla donna misteriosa, padrona dei suoi sogni erotici e non solo.
Il giorno dopo, che era un lunedì mattina, appena alzato, Marco come al solito sbirciò fuori dalla finestra in direzione del balconcino della donna sconosciuta. Non c’era anima viva sul balconcino e le persiane erano rimaste abbassata. Sembrava proprio che la donna che abitava in quell’appartamento non si fosse ancora alzata dal letto; forse aveva fatto tardi essendo rimasta in compagnia di un uomo per tutta la notte, ed era dura riuscire ad alzarsi dal letto per andare a lavorare. I suoi pensieri s’insinuavano oltre, nella vita di quella donna, infatti, si mise a pensare che lei fosse ancora con il suo uomo a farsi una scopata mattutina, così da rendere l’inizio della nuova settimana un poco meno pesante di quanto non fossero normalmente tutti i lunedì mattina. Quella mattina anche lui non aveva tempo da perdere. Fece colazione in fretta e bevve un caffè; poi uscì di casa con un passo più svelto del solito, andò nel suo box e salì nella sua auto, affrontando la rampa d’uscita con più decisione del solito. Sembrava che avesse le fregole, ma era solamente nervosismo, per qualche cosa che continuava a irritarlo, qualche pensiero perverso che s’insinuava nella sua mente, agitandolo oltremodo, senza che ci fosse un motivo apparente.
Come al solito, uscendo nella strada con la sua auto, si muoveva lentamente lungo quel primo tratto di percorso, quello antistante alla palazzina della donna che lo aveva conquistato. Guardava di qua e di là nei marciapiedi, sempre alla ricerca dell’unica figura femminile che in quei giorni lo aveva interessato, sperando che potesse scorgerla fra la gente, in modo da poterla osservare anche mentre camminava per la strada e valutarne dalla camminata anche la femminilità. Non la vide proprio quel lunedì mattina e la cosa gli dava da pensare. Poteva anche darsi che la notte appena trascorsa non l’avesse passata all’interno di casa sua, ma che se ne fosse uscita in compagnia dell’uomo che aveva intravisto la sera prima e avesse passato la notte in qualche albergo o addirittura presso l’abitazione dell’uomo stesso e li avrebbero potuto fare l’amore per tutta la notte, indisturbati, data la presenza in casa della donna di un uomo più anziano, forse proprio il padre.
Ecco perché quella mattina tutte le tapparelle erano rimaste abbassate e non si era vista anima viva. A tutto c’era una spiegazione, una logica nelle cose che riguardavano la vita della sua dirimpettaia. Con tutti questi pensieri stava sicuramente esagerando; non era proprio normale che vivesse quella situazione come fosse un’ossessione, una malattia incurabile. Nei giorni successivi della settimana appena iniziata, non ci sono state novità, nessun progresso era stato possibile ottenere con gli accorgimenti e le attenzioni che Marco aveva adottato, tanto che sul finire della settimana lavorativa aveva deciso di dare un taglio a quella frenesia che si era impossessata della sua vita, decidendo persino di non sbirciare più dalla sua finestra per guardare se la donna, causa di tutte le sue inquietudini di quel momento, fosse o no sul suo balconcino. Riprese a mangiare le sue colazioni e le sue cene fatte in casa, ritornando a occupare il posto nella tavola in cucina che aveva sempre occupato, prima della scoperta dell’esistenza della donna bellissima e sconosciutissima; in questo modo non aveva più l’assillo di guardare fuori e addirittura, smise di utilizzare il suo binocolo per riuscire a vedere meglio le sembianze della sua dirimpettaia. Su tutta quella vicenda ci aveva messo il cappello sopra ed era ritornato a occuparsi seriamente del rapporto che aveva con la sua vera compagna di letto: la collega Astrid.
Tutto sembrava fosse rientrato nella normalità di una vita comunque sempre avventurosa, ma vissuta con estrema correttezza, senza mai strafare, anche se da un po’ di tempo era molto più propenso alle sregolatezze, al solo scopo di dare un tono più autentico alla sua quotidianità, anche nell’ambito lavorativo e nel rapporto con i colleghi, sia maschi sia femmine.
Infatti, cominciò a uscire più spesso con gli amici e le amiche dopo la fine delle ore lavorative, intrattenendosi spesso con loro per cenare in qualche ristorante del centro, piuttosto che ritornare fra le mura di casa sua, da solo o al più con la sua compagna Astrid. Per il carattere che aveva, per quella sua spiccata personalità e per quella sua bella fisicità, sarebbe potuto uscire ogni sera con una donna diversa, ma non aveva mai voluto attuare un simile comportamento nella sua vita, perché in ogni cosa che faceva, ci metteva l’anima, quindi non riusciva a vivere con superficialità il rapporto con gli altri.
Aveva quasi superato quel fastidioso senso d’impotenza dovuto all’impossibilità di conoscere personalmente la sua vicina di casa, magari grazie ad un incontro casuale, come lui sperava, ma un giorno, mentre si trovava in ufficio, gli venne un’emicrania a grappolo, uno di quei fastidiosissimi mal di testa che rendono difficile anche solo rimanere con gli occhi aperti, tanto da impedirgli di lavorare serenamente e con profitto. Un dolore terribile che aveva il suo focolare proprio nella calotta cranica, ma che si ramificava anche sulla muscolatura di una parte del viso, specialmente all’altezza dell’occhio destro e nella vicina tempia. Ha chiesto ai suoi colleghi, se avessero un analgesico a portata di borsa, che lo aiutassero ad abbassare il dolore che aveva alla testa, tanto da renderlo debilitato. Una sua collega gli diede un antidolorifico in bustina, di quelli che le donne utilizzano per combattere i fastidiosi sintomi durante le loro fasi del ciclo. Prese la medicina nella speranza che gli facesse il giusto effetto di fargli passare il dolore. Dopo una mezz’oretta sembrava che la medicina avesse fatto l’effetto desiderato, almeno, lui diceva di sentirsi un po’ meglio, ma nelle ore dopo pranzo il suo mal di testa è peggiorato nuovamente. Allora decise di lasciare il lavoro e di ritornarsene a casa il più presto possibile, perché in quelle condizioni non se la sentiva proprio di continuare a rimanere nel suo ufficio, infatti, lasciò la banca e andò verso la sua auto per tornarsene a casa, ma lungo la strada vide l’insegna di una farmacia. Allora cercò di parcheggiare l’auto nelle più immediate vicinanze, con l’intenzione di comprare qualche potente antidolorifico che gli stroncasse quel terribile mal di testa, cui normalmente lui non soffriva. Entrando nella farmacia si accorse subito della lunga coda di persone, che come lui dovevano comprare o ritirare le medicine prescritte dai loro medici. Pazientò, rispettando la coda, che arrivasse il suo turno. Quando sul tabellone luminoso apparve il suo numero, quello preso nella macchinetta elimina code, con i sensi storditi dal forte dolore alla testa, si è diretto al banco vendita della dottoressa che si era liberata. Nonostante fosse in condizioni pietose, quando si trovò davanti alla dottoressa, che gli chiedeva come poteva esserle utile, rimase pietrificato, quando ebbe modo di guardarla nel viso per dirle che voleva comprare l’analgesico più efficace che ci fosse in commercio.
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La dottoressa si allontanò dal banco, per frugare dentro uno dei lunghi cassetti colmi di farmaci, dal quale, tirò fuori una scatola, che subito mostrò al suo cliente, spiegandogli, i modi dell’assunzione del farmaco. Poi aggiunse: <
Marco, prese la medicina, pagò quanto dovuto e ringraziò la dottoressa prima di uscire dalla farmacia, ma nonostante si sentisse debilitato per affrontare qualsiasi altra discussione, ebbe la forza di rivolgersi alla dottoressa con una frase che lasciò senza parole la sua interlocutrice: <
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Marco, uscendo dalla farmacia, non pensava più al suo tremendo mal di testa, nonostante non fosse assolutamente sparito, anzi, era talmente forte che le pulsavano le tempie a ogni battito del cuore, tanto, che gli venne da pensare che gli potesse anche capitare che all’improvviso cadesse per terra privo di sensi.
Con la parte del suo cervello che non era interessata dal tremendo mal di testa, era assolutamente convinto che la dottoressa che aveva incontrato in quella farmacia fosse proprio la donna che per due settimane aveva osservato con il binocolo dalla finestra di casa sua, mentre lei sbrigava le faccende domestiche e stendeva i panni appena lavati nel suo balconcino. Forse non era completamente lucido, a causa della sofferenza che si sentiva addosso in quel momento, ma era fermamente convinto che se la dottoressa non fosse stata la stessa donna dirimpettaia del suo palazzo, allora era una donna che le somigliava moltissimo, un bel sosia, uguale a quella che gli aveva fatto girare la testa per quasi due settimane, senza che avesse avuto l’opportunità di conoscerla personalmente. Si rimise in auto per raggiungere la sua abitazione, dove arrivò dopo circa venti minuti di guida nel traffico della città. Per tutto il tragitto si è messo a pensare a tutto quello che doveva fare non appena fosse rientrato fra le pareti sicure della sua abitazione. Data l’ora, era da poco passata la pausa pranzo e avrebbe mangiato qualcosa, non tanto perché avesse fame, ma per evitare di prendere a stomaco vuoto la medicina che aveva appena acquistato.
Cucinò velocemente una bistecca; intanto che si cuoceva, preparò un contorno d’insalata e apparecchiò la tavola. Non aveva per niente fame, ma fece uno sforzo immane per finire di pranzare, anche perché il dolore si era esteso anche alla mandibola e faceva molta fatica anche a masticare il cibo. Immediatamente dopo avere finito di pranzare, senza aspettare nemmeno un minuto, ingoiò una delle pillole che aveva comprato in farmacia e si mise a letto, chiudendosi completamente al buio e rimanendo completamente immobile, in attesa che l’analgesico facesse il suo effetto.
Poco dopo crollò in un sonno profondo e ristoratore, forse anche per l’effetto della pillola che aveva ingoiato, che doveva essere veramente molto potente, ma altrettanto tossica. Non era facile resistere e sopportare a lungo quella forma virulenta di emicrania, Marco avrebbe ingerito anche del veleno pur di stroncare quel senso di malessere che il forte dolore gli stava provocato.
Per due ore dormì profondamente, non si sentiva nemmeno respirare, quasi in uno stato comatoso. Improvvisamente ha aperto gli occhi, ma nel buio della stanza non riuscì a vedere nulla e il dolore era sparito, ma si sentiva ancora stordito, come se avesse preso una botta in testa. Non avvertiva più quel dolore intenso, ma non poteva certo dire di sentirsi ancora bene. Provò ad alzarsi, ma la testa gli girava come una trottola; allora rimase disteso nel suo letto e decise che non si sarebbe alzato finché non fosse ritornato a sentirsi bene come lo era stato sempre. Forse si riaddormentò, coccolato dal buio e dal tepore che c’era nella stanza, ma improvvisamente sentì squillare il suo cellulare, che aveva lasciato sul tavolo della cucina. Sicuramente chi lo stava cercando era Astrid, per avere notizie sul suo mal di testa.
In un primo momento aveva pensato di non rispondere a quella chiamata, anche per quel senso di stordimento che ancora lo opprimeva mentre se ne stava nel letto, ma poi ha pensato che se non avesse risposto, Astrid si sarebbe preoccupata ancora di più e allora sarebbe venuta a trovarlo per accertarsi del suo reale stato di salute. Non aveva voglia di incontrare Astrid e nessun altro, allora si alzò dal letto e con fatica andò a rispondere al cellulare, che comunque aveva smesso di suonare. C’era una chiamata persa ed era proprio Astrid che lo aveva cercato. Così chiamò lui sul suo cellulare; lei rispose quasi subito.
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Astrid sembrava veramente dispiaciuta, dal tono della voce, mentre gli chiedeva più volte scusa.
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Marco avrebbe preferito restarsene in casa da solo quella sera, perché non aveva nessuna voglia di interloquire con Astrid, mentre si trovava in quelle condizioni, ma Astrid non volle sentire ragioni.
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Astrid aveva mille ragioni per pensarla in quel modo. Era Marco che aveva qualche dubbio che lei fosse l’unica donna della sua vita, quella definitiva, quella da sposare o con cui convivere.
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Chiuse la comunicazione e Marco ritornò nel suo letto ad aspettare l’arrivo di Astrid.
Ormai sveglio, cominciò a ripensare alla dottoressa della farmacia, che gli aveva venduto il farmaco miracoloso, un potentissimo antinfiammatorio che gli aveva stroncato quel dolore insopportabile alla testa; la pensava, non sotto l’aspetto professionale, ma come donna e forse anche come vicina di casa, anche se qualche dubbio gli rimaneva sul fatto che le due donne fossero la stessa persona. Alla fine, avrebbe scoperto la verità sull’identità della farmacista e se fosse coincisa con la bella dirimpettaia, allora poteva farsi avanti per un eventuale passo verso la sua conoscenza.
Ormai, sapeva, dove lavorava e che mestiere faceva, ma non conosceva ancora come si chiamava. Quello però sarebbe stato facile da scoprire, perché adesso che stava un po’ meglio fisicamente e non era assillato da quel fastidiosissimo male alla testa, gli venne in mente che la dottoressa aveva un cartellino fissato sul lato sinistro del suo camice bianco, dov’era riportato il suo nome, ma che durante quell’inaspettato incontro non ebbe modo di osservare con attenzione.
Marco si era limitato a guardarla nel viso, un volto che non gli era sembrato completamente nuovo, che corrispondeva esattamente a quello della donna che aveva guardato con il binocolo, mentre se ne stava sul suo balconcino. Il viso della dottoressa era, sostanzialmente, identico a quello della dirimpettaia, ma con i capelli tenuti sciolti, tutti neri e ondulati, molto belli, che esaltavano la fantasia di Marco e la voglia di volerli toccare, lo avevano tratto in inganno, il che poteva significare che la dottoressa e la vicina di casa fossero due persone diverse.
Cercò di attribuirle un’età da concordarsi verosimilmente con l’aspetto fisico, che aveva notato; doveva essere molto giovane, anche quando l’aveva guardata con il binocolo e probabilmente aveva un’età compresa tra i venticinque e i trent’anni, più vicino ai venticinque, però, ed era bella, un tipo di bellezza che lascia solchi indelebili nel tessuto miocardico del cuore.
Anche la voce che aveva ascoltato mentre gli parlava nella veste di dottoressa, la rendeva unica; una voce calma, piena di calore, senza inflessioni dialettali, un suono che usciva dalle sue labbra, modulato e filtrato. Mentre era ancora immerso nei suoi pensieri, squillò il citofono. Era arrivata Astrid.
Marco si è alzato dal letto, resettando tutti i ragionamenti che avevano fatto sul conto della donna fatale e sua vicina di casa, pronto ad accogliere nella sua dimora la sua donna ufficiale: Astrid.
Dopo pochi minuti sentì la sua voce chiedere permesso. Con una mano reggeva una busta contenente la spesa fatta al supermercato, l’occorrente per fare un bel brodo caldo a base di verdure, scelte accuratamente nel banco degli ortaggi. Dopo avere scambiato un abbraccio e un bacio con Marco, si è diretta in cucina per pulire, lavare e mettere a cuocere quello che aveva acquistato, utilizzando una pentola abbastanza grande da contenere tutto. Poi è ritornata nella stanza da letto, dove Marco era rimasto ad aspettare. Si mise a sedere sul bordo del letto, vicino al suo uomo e cominciò un lungo interrogatorio nei confronti di Marco.
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Lei appoggiò una mano sulla fronte di Marco per testare la presenza di calore oltre la soglia normale della temperatura corporea e disse: <
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Lei si alzò e si diresse verso il bagno alla ricerca del termometro. Poco dopo è ritornata con il termometro in mano; abbassò il livello del mercurio scuotendolo con due colpi secchi verso il basso e l’ha consegnato a Marco, il quale se lo mise in bocca, stretto tra le labbra. Dopo cinque minuti se lo tolse dalla bocca e guardò il livello del mercurio.
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Comunque un po’ di spossatezza Marco la avvertiva, anche se non aveva sintomi febbrili, ma probabilmente quel mal di testa era stato veramente eccezionale e le conseguenze gli avevano causato un malessere generale.
Quando il menù preparato da Astrid fu pronto, entrambi cenarono, come capitava spesso da quando i loro cuori erano uniti da quel filo sottile, quasi invisibile, che tutti chiamano amore. Tra Astrid e Marco c’era amore? O era diventata un’abitudine, quell’incontrarsi, quel condividere alcuni momenti della giornata? Marco riconosceva gli sforzi che Astrid faceva per mantenere vivo quel rapporto, che viveva due fasi distinte: sul posto di lavoro, il loro rapporto appariva, agli occhi dei colleghi, come un rapporto di amicizia, che forse si era spinto un po’ oltre, ma quando si trovavano lontani dai loro uffici, diventavano complici e amanti, anche se qualche volta riuscivano a ritagliarsi del tempo da dedicare alla sfera sessuale durante le ore di lavoro o durante le pause. Marco negli ultimi tempi stava mettendo in discussione questo rapporto, non tanto per avere, per così dire, conosciuto un’altra donna, non poteva certo dirsi che la farmacista fosse diventata la sua nuova amante; Marco non vedeva nel rapporto con Astrid nessuna evoluzione o un cambiamento positivo. Era stata una storia abbastanza lunga, che durava da quasi un anno, una di quelle storie che avrebbero potuto allungarsi nel tempo, senza che il suo passare ne modificasse le basi di partenza, che rimanevano congelate, anche nei momenti d’intimità.
C’è da dire che Marco non era mai stato uno stingo di santo nel suo modo di vivere i rapporti con l’altro sesso e questo lui lo sapeva benissimo. Infatti, non era stato un caso, quando, approfittando della frivolezza della moglie di un suo amico, una certa Titti, senza pensarci due volte la invitò a seguirlo in un albergo del gruppo Nova Hotel per un’intera notte, mentre il suo amico si trovava all’estero per motivi di lavoro.
In molte altre occasioni si era comportato allo stesso modo, proprio per quel suo aspetto elegante e pieno di fascino, che lo rendevano una persona veramente gradevole nel mondo femminile.
Dopo avere cenato, Astrid e Marco si separarono; lei se ne ritornò a casa sua, dopo avere suggerito a Marco mille raccomandazioni su come affrontare la notte che stava per arrivare e che avrebbe trascorso da solo, che doveva chiamarla al cellulare in caso di bisogno, e che se non ci fossero stati altri problemi si sarebbero rivisti il giorno dopo, non appena sarebbe uscita dal lavoro.
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CAPITOLO II
Marco rimase solo in casa e si sentiva nuovamente in forma dopo quella cena leggera a base di brodo di verdura. La testa non gli faceva più male e non avvertiva quel senso di vertigine e di cerchio alla testa che lo aveva reso un pochino vulnerabile. Se la sua donna fosse rimasta a fargli compagnia, si sarebbero potuti amare, ma lei era scappata via, forse anche per evitare che questo accadesse, per non sentirsi in colpa e responsabile di un eventuale riapparire dei sintomi dolorosi di Marco. Pur rimanendo da solo, Marco non ha acceso nemmeno il televisore, che gli facesse compagnia durante quella lunga serata, poiché aveva dormito quasi tutto il pomeriggio, quindi sarebbe stato difficile riprendere sonno.
Allora si mise a pensare alla sua bella donna e vicina di casa, che prepotente era nuovamente ritornata a impossessarsi delle sue fantasie. Stava pensando alle mosse successive di avvicinamento verso la donna che gli aveva fatto battere il cuore solamente standosene sul suo balconcino a stendere i panni. Qualcosa in più adesso la sapeva; ormai conosceva, anche se casualmente, alcuni aspetti della vita che conduceva la sua dirimpettaia. Per prima cosa, adesso sapeva, dove lavorava; avere scoperto casualmente il luogo dove passava la maggior parte del suo tempo durante la giornata, non era una cosa da poco. Gli sarebbe bastato ritornare in quella farmacia per scoprire altri tasselli che al momento gli mancavano. Per cominciare, doveva sapere come si chiamava. Abbassò tutte le tapparelle, anche quella della cucina, da dove era possibile gettare uno sguardo verso il balcone della donna, evitando di proposito di starsene a controllare i movimenti interni alla casa e si mise nuovamente a letto; ci avrebbe pensato il giorno dopo, quale sarebbe stata la prima mossa da fare. Si era appena rimesso a letto, quando squillò il suo cellulare, che in quel momento era appoggiato sul suo comodino. Rispose alla chiamata senza guardare il nome di chi lo stava cercando, ma rimase sorpreso nel sentire la voce di una persona a lui molto cara: sua madre.
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<<È morto Stefano! Oh Dio che brutta notizia che mi hai dato!>>.
Si passò una mano fra i capelli in un atteggiamento di puro terrore, perché lui conosceva benissimo Stefano. Era stato un suo amico d’infanzia e avevano frequentato la scuola dell’obbligo insieme. Spesso erano stati anche compagni di banco. Un dolore gli trafisse il cuore e sentì che anche nella sua testa era improvvisamente ricomparso il dolore di prima, come se quella notizia gli avesse causato un pericolosissimo sbalzo di pressione.
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Gli pulsavano le tempie. Aveva voglia di piangere, tanto era lo sconforto che provava per l’amico perduto.
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Buona notte un corno! La notizia della morte del suo amico lo aveva sconvolto. Un’ombra greve si era abbattuta sul suo rinato benessere, dopo avere passato una delle giornate più brutte dell’ultimo periodo. Era come spaventato dalla crudeltà del destino che aveva colpito il suo amico, ma era una crudeltà che poteva colpire qualunque persona vivente su questa terra e questa cosa lo sconvolgeva interiormente. Lui, che aveva la fortuna di fare un bel lavoro e anche di avere una bella donna al suo fianco, insomma, di vivere una bella vita, molto intensamente, gli sembrò un’esagerazione pensare di cambiarla, solamente perché aveva la possibilità di conoscere un’altra donna, per quanto bellissima, per il solo scopo di aumentare il numero delle donne presenti nel suo harem, già molto affollato in passato.
Se poi avesse paragonato la sua vita a quella di molti suoi amici meno fortunati di lui, sentiva il peso dell’ingiustizia che si abbatteva contro il genere umano, quando meno uno se lo aspetti.
Con la tristezza che lo pervadeva in ogni parte del corpo, lentamente sprofondò in un sonno anomalo e pieno d’incubi, fra cui, la paura di non svegliarsi più.
Invece il giorno dopo si svegliò di buon’ora, come sua abitudine, avvertendo meno quel disaggio che lo aveva posto davanti alla morte, un passaggio a miglior vita sempre possibile e in agguato, pronta a colpire, quando meno te l’aspetti.
Alzando la serranda della cucina ebbe come una visione istantanea, la presenza della donna dei suoi sogni, che si aggirava all’interno della sua abitazione, forse mentre si stava preparando