Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Mobbing: Da Ovidio ai centri commerciali
Mobbing: Da Ovidio ai centri commerciali
Mobbing: Da Ovidio ai centri commerciali
Ebook251 pages2 hours

Mobbing: Da Ovidio ai centri commerciali

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Il parallelismo con la Metamorfosi di Ovidio potrebbe sembrare azzardato ma non lo è. Il Caos caratteristico degli inizi primordiali con la nascita degli dei va letto come l’inizio di un cambiamento e i libri XI e XII, citati spesso, hanno una palese ridondanza con il cominciamento della problematica del mobbing, una vera e propria guerra che porterà alla Metamorfosi interna, spirituale ma soprattutto tangibile di chi teoricamente risulterà sconfitto. Tutti gli episodi hanno come origine dalle cinque forze motrici del mondo antico (ma soprattutto moderno): l’amore, l’ira, l’invidia, la paura e la sete di conoscenza. Quest’ultima, con molta probabilità, sarà l’evento scatenante della Metamorfosi, il dogma superato grazie al quale o per effetto del quale vi apprestate a leggere questo libro frutto di un continuo cambiamento metamorfico e paradossalmente figlio della stasi individualistica che caratterizza i nostri tempi dove la lascivia e l’assenza di valori ben precisi dominano incontrastati e vincenti e dove la Fenice che risorge in questi fogli vive adesso perennemente alla ricerca della vera essenza della vita.
Le vicende di mobbing, così come le metamorfosi, esprimono il carattere fluido e precario dell’identità, l’effimero equilibrio tra il giusto e l’ingiusto, l’incerto confine tra l’inconsistenza delle apparenze e la concretezza delle cose. Nel fluire ininterrotto dell’esistente, ogni trasformazione, ogni metamorfosi, è un dramma più doloroso della morte vera: per la sua ambiguità, perché non è né vita né morte.
La vita è mutamento, nessun essere animato è mai identico a se stesso, ma, come il sole di Orazio, è alius et idem , uguale e diverso nel medesimo tempo: ciò che gli dà il senso dell’identità e dell’unità è la coscienza, o l’anima. Dunque le Metamorfosi di Ovidio, come quelle di altri poeti e scrittori (quali Apuleio, Nicandro di Colofone, Kafka) hanno le loro radici nella natura stessa. È da lì che nasce il mito e poiché mito significa parola, possiamo dire che in principio era il Mito.
Una ricerca approfondita, appassionata ma anche caustica sul fenomeno del mobbing partendo dall'esilio di Ovidio a Tomi per giungere ai nostri giorni con particolare riferimento ai centri commerciali. Una tesi di Laurea Magistrale diventato un libro conservato  nel cassetto per otto lunghi anni fino all'ambito traguardo, straordinariamente dipinto dalla fotografia di Giuseppe Marano in copertina.
LanguageItaliano
PublisherGAEditori
Release dateJan 7, 2020
ISBN9788835354185
Mobbing: Da Ovidio ai centri commerciali

Read more from Gaetano Amoruso

Related to Mobbing

Related ebooks

Related articles

Reviews for Mobbing

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Mobbing - Gaetano Amoruso

    Note

    Gaetano Amoruso

    MOBBING

    da Ovidio ai centri commerciali

    " La calunnia non distrugge l’uomo onesto poiché,

    passata l’inondazione la pietra riappare".

    Proverbio cinese

    Alle mie Prime lineeLivia ed Egle

    Ai Principes Antonello e Mimmo

    Ai Triarii, i più anziani, gli ultimi residui delle truppe,

    i veterani. Il loro compito è stato per secoli quello di entrare

    in azione qualora fossero collassate le prime due linee dello

    schieramento. Solo così l’Impero Romano ha potuto

    mantenere inalterata per secoli la sua potenza.

    Introduzione

    La creazione di profitti è uno dei primi indicatori del buon andamento di un’azienda. Ma non sempre questo segnala che l’azienda stia adeguatamente servendo la società. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati ed offesi nella loro dignità. L’impresa deve essere una comunità solidale, non chiusa negli interessi corporativi, per tendere ad una ecologia sociale del lavoro, contribuendo al bene comune.

    Questo impone anzitutto l’esigenza non soltanto del semplice rispetto da parte di chiunque (…) ma ben di più, ciò comporta che il primo impegno di ciascuno verso l’altro vada posto principalmente nella promozione e nello sviluppo integrale della persona. Indipendentemente dal suo contenuto oggettivo il lavoro deve essere orientato verso il soggetto che lo compie, perché lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro, rimane sempre l’uomo. La persona è il metro della dignità del lavoro: bisogna continuare ad interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui vive".

    Papa Giovanni Paolo II

    Lett enc. Laborem Exercens, 8

    Il parallelismo con la Metamorfosi di Ovidio potrebbe sembrare azzardato ma non lo è. Il Caos caratteristico degli inizi primordiali con la nascita degli dei va letto come l’inizio di un cambiamento e i libri XI e XII, citati spesso, hanno una palese ridondanza con il cominciamento della problematica del mobbing, una vera e propria guerra che porterà alla Metamorfosi interna, spirituale ma soprattutto tangibile di chi teoricamente risulterà sconfitto. Tutti gli episodi hanno come origine dalle cinque forze motrici del mondo antico (ma soprattutto moderno): l’amore, l’ira, l’invidia, la paura e la sete di conoscenza. Quest’ultima, con molta probabilità, sarà l’evento scatenante della Metamorfosi, il dogma superato grazie al quale o per effetto del quale vi apprestate a leggere questo libro frutto di un continuo cambiamento metamorfico e paradossalmente figlio della stasi individualistica che caratterizza i nostri tempi dove la lascivia e l’assenza di valori ben precisi dominano incontrastati e vincenti e dove la Fenice che risorge in questi fogli vive adesso perennemente alla ricerca della vera essenza della vita.

    Le vicende di mobbing, così come le metamorfosi, esprimono il carattere fluido e precario dell’identità, l’effimero equilibrio tra il giusto e l’ingiusto, l’incerto confine tra l’inconsistenza delle apparenze e la concretezza delle cose. Nel fluire ininterrotto dell’esistente, ogni trasformazione, ogni metamorfosi, è un dramma più doloroso della morte vera: per la sua ambiguità, perché non è né vita né morte.

    La vita è mutamento, nessun essere animato è mai identico a se stesso, ma, come il sole di Orazio, è alius et idem [¹] , uguale e diverso nel medesimo tempo: ciò che gli dà il senso dell’identità e dell’unità è la coscienza, o l’anima. Dunque le Metamorfosi di Ovidio, come quelle di altri poeti e scrittori (quali Apuleio, Nicandro di Colofone, Kafka) hanno le loro radici nella natura stessa. È da lì che nasce il mito e poiché mito significa parola, possiamo dire che in principio era il Mito.

    La parola non seguita da prove empiriche che viene creduta tale in buona o mala fede, è forse il mobbing più subdolo. La parola crea. Tutto è basato sul potere della parola, della comunicazione e, in questo caso della miscomunicazione.

    I Dogon, popolazione dell’Africa occidentale definiscono la parola un sacrificio sonoro che dà vita alle cose, l’energia vibrante della cosa pronunciata [²] . La parola divina è come il fuoco [³] , dice Geremia, e come il fuoco appare Dio a Mosè sul monte Sinai. Che c’è di strano, dunque, se Giove si trasforma in aquila, in un torello candido e lascivo o in polvere d’oro?

    Le Metamorfosi sono un’opera in cui si coglie la partecipazione al dolore e alla sofferenza. I motivi della trasformazione sono diversi: un premio, una punizione o un rimedio per uscire da una situazione difficile. Tutto può portare alla metamorfosi del mobbing e alla facilità con cui passa di mito in mito, dalla versatilità con cui alterna l’epico all’elegiaco, l’idillico al tragico, la realtà al diletto dell’immaginazione.

    Ovidio non manca di una certa dose di ironia, vista come una sorta di benevolo sorriso con cui guarda le vicende del mondo e i miti stessi sui quali a volte avanza delle riserve e in ciò egli mostra un fondo di saggezza. E in questo audace parallelismo, in una metamorfosi rivista in forma nuova che nasce una visione ideale della vita e dei parametri di giusto e ingiusto quali che possano essere in futuro le concezioni aziendali e filosofiche, economiche e religiose degli uomini.

    Questo libro, oltre a palesare e rendere palpabili alcune casistiche di mobbing cercando nel contempo di creare una coscienza nel lettore, ha inteso declinare nel modo più semplice ma esaustivo il motivo per il quale ancora oggi il mobbing non sia stato trattato e finalizzato dal punto di vista legislativo contrariamente a nazioni come la Svezia o la Francia dove vigono da anni ferrei strumenti legali per combattere il fenomeno.

    Nel primo capitolo ho sottolineato l’attuale normativa vigente in Italia considerando gli aspetti costituzionali e quelli civili con particolare riferimento alle pronunce giurisprudenziali volte a definire il mobbing.

    Scrivere di mobbing non è semplice. In tanti si sono affaccendati a farlo. Paradossalmente, è un fenomeno non sempre inteso come sia giusto fare e, nonostante una notevole massa di scritti in merito, il fenomeno è in continuo aumento legato alla continua e reiterata applicazione dei contratti atipici non regolamentati in maniera equa e quindi genitrici di precarietà salariale e sociale senza fine. Questo fenomeno così subdolo e tortuoso fa le sue vittime ovunque, anche in quei luoghi di lavoro ritenuti salubri e fuori da ogni possibile interferenza esterna. Parlo delle aziende familiari o create da un contesto parentale che successivamente si sono ingrandite rimanendo ancorate purtroppo, ad una visione ristretta di proprietà e di collaborazione. In tali aziende, la gerarchia è pseudo militare: il collaboratore, spesso sottoposto e gregario, può essere vittima di un dipendente con funzioni dirigenziali al quale l’azienda, per virtù, per pigrizia, per acribia, per teogonie leggendarie, affida la vita lavorativa di una persona.

    Si mostrerà di seguito come, non solo il lavoro risentirà del comportamento ancipite del dirigente, ma anche la sfera sociale, amicale e affettiva subiranno forti pressioni fino a sfociare in situazioni spesso diventate cronache giornalistiche.

    Immaginiamo un dialogo tra un prete e un moribondo. In questo caso l’uguaglianza non è un principio matematico: da un lato, abbiamo l’abietta arbitrarietà degli uomini, dall’altro, la mancata uguaglianza delle vittime. Chi porta al limite il proprio desiderio deve dominare tutto, il suo vero adempimento è nell’odio. La giustizia, in questo caso, non ha esistenza reale. Chi compie il mobbing ha costruito, negli anni, una finzione per darsi l’illusione di essere. Si sente un Dio, ben superiore al suo Dio. Secondo Melville, invece, chi persevera nella strenua difesa (in questo caso del posto di lavoro), a dispetto delle avversità e della sorte, è superiore a colui che, nella fredda sicurezza di un trionfo certo, esercita il più vile dei reati.

    A questo punto, sorgono delle problematiche che si impongono alla coscienza umana in una rigorosa formulazione teorica sull’idea fondamentale di ripristino dei fatti, inteso come ricerca di equilibrio e azione ricreatrice del senso della vita. In questo deserto tutto potrebbe rifiorire. Il significato formidabile di un grido di gioia senza pensiero non può essere compreso. Questa notte volge al termine, sta per alzarsi un’alba che non è quella delle rivoluzioni, ma quella dell’insurrezione. L’insurrezione è in se stessa un’ascesi che rifiuta tutti gli agi. L’insorto concorderà con gli altri uomini soltanto nella misura e per il tempo in cui il loro egoismo coinciderà col suo. La sua vera vita è nella solitudine in cui appagherà senza freno la bramosia d’essere che è il suo solo essere. [⁴]

    È evidente la diatriba non richiesta tra due persone che spesso esula dal contesto prettamente lavorativo, trasformandosi in qualcosa che potrebbe ridefinirsi in maniera devastante: da un lato il capriccio del mobber (chi effettua il mobbing) per una moltitudine di motivazioni e dall’altra, l’incapacità di rassegnazione ad una sorte segnata, colpiti come si è, nella coscienza più alta di un rifiuto a rendersi giustizia da soli ma palesando un rigore nell’intransigenza fiera che presuppone una morale. Non vorrei trascendere e sembrare banale ma cerchiamo per un attimo di riflettere su quello che potrebbe accadere in un caso del genere ovvero quando il mobbizzato decide, come forma di difesa, una singola presa di posizione: la cultura, l’evoluzione, l’ascensione etica, e contro quel surrealismo di trasformare il mondo oppone quel mutar vita tanto caro a Rimbaud. Alla mortale opacità della condizione, chi subisce il reato oppone instancabilmente la sua esigenza di vita e di trasparenza definitiva.

    Senza saperlo, è alla ricerca di una morale o di un elemento sacro. In questo caso, difendersi, diventa un’ascesi sia pure cieca ma nell’attenzione capillare di evitare una sregolatezza della stessa che causerebbe un’oscillazione pericolosa tra l’annientamento dell’altro e la distruzione di sé.

    Quando si riflette su un caso del genere, si pensa in preda ad un attaccamento inconsulto a quanto si va facendo. Si pensa ad un piano, un’azione per rimediare al torto subìto (perché si è abitati da fantasmi di rivalsa e risarcimento). Si agisce per la sola idea che non poter reagire ci assilla (perché si ritiene intollerabile che tutta una vita vissuta all’interno di posto di lavoro, debba sfilarsi da una mente progressivamente indebolitasi). Si reagisce per medicare le ferite dell’animo, perché ci si accorge che, così facendo, si suturano anche quelle del corpo.

    Questi pensieri si mescolano tra i tanti del lavoratore ma poche volte vengono veramente tradotti e messi in pratica. Si preferisce, per paura, per tutelare la famiglia, per evitare problemi futuri, abdicare per una scelta meno controcorrente: allontanarsi, se possibile dal posto di lavoro o dimettersi dando così spazio al mobber di continuare i suoi capricci interlavorativi e, nello stesso tempo, apportando ulteriori benefici all’impunità dello stesso, creando, rafforzando e legiferando, un alone di grandezza che difficilmente potrà essere estirpato senza un deciso intervento esterno, quello legale.

    In caso contrario, una reazione potrebbe donare paradossalmente quella saggezza per far sapere alla morte connaturata con l’abbandono, di essere esistiti due volte. Nella carne, nell’illusione malinconica e meravigliosa di poter riscrivere la nostra vita nella quale siamo stati gettati, con l’aggravante di trovarci tra le mani una penna e la coscienza di non voler essere esistiti per nulla. Sulla carta, nella certezza che solo quando generiamo grafemi su grafemi, abbiamo trovato gli indizi che la vita vera ci nega. In questa situazione, scrivere o rivoltarsi, è l’unico modo sensato, decente, impudico di rispondere al mondo. Si crede di aver affermato una verità e abbiamo dato adito al suo contrario; ne parliamo per negare un sentimento e invece ne facciamo spudoratamente sfoggio; cerchiamo le parole giuste e finiamo con l’essere fraintesi. Scriviamo per non scrivere più, per vergare la parola fine e ci accorgiamo che, se ciò accadesse, il buio dentro e fuori di noi avrebbe il sopravvento. Si è abitati da un demone ed occorre sconfiggerlo. [⁵]

    Ma io larva cocciuta ho provato intanto l’estasi

    della scrittura…scrivo e scrivo, con una facilità e una

    felicità mai provate prima…entro ed esco dalla malattia

    come un fantasma attraversa i muri…recupero la

    mia vita che sembrava ormai spezzata in due tronconi.

    Con la scrittura ci puoi stare dentro.

    Per mantenere la mente lucida fino alla fine.6

    La parola giusta: demone. Una creatura interna ed esterna alla vita che può assumere diverse forme: dall’ansia mattutina alla qualità della prestazione, agli squilli del telefono, agli sms sul cellulare personale, ai continui, mirati, reiterati messaggi sulla rete aziendale, ai biglietti lasciati sul computer, alla scrivania sgombra, alle cose messe per terra, ai richiami scritti senza alcuna motivazione lavorativa, alle luci da spegnere, ai lavori sempre da fare, all’insoddisfazione perenne che dall’altro lato non combacia con il rispetto dei colleghi. E l’azienda? È complice o vittima anch’essa del mobber?

    Alla nascita e diffusione del mobbing, con tutti i suoi risvolti sul lavoro e sulla persona, dal terrorismo psicologico alle reazioni, al danno biologico passando per i dati Istat, è invece dedicato il secondo capitolo all’interno del quale comincia a trapelare la domanda lecita del perché, ancora oggi, la legislazione italiana non preveda una specifica normativa in materia.

    Il terzo capitolo, in rischiosa commistione con Le Metamorfosi, ha inteso meglio evidenziare il danno alle imprese provocato da altrettanti scellerati comportamenti di titolari e gerarchi con una riflessione sul mobbing di Stato, ovvero le contraddizioni create dal pacchetto Treu-Letta sul lavoro. La descrizione anonima di alcune esperienze di mobbing rendono meglio ed emotivamente le caratteristiche assurde di tale fenomeno.

    Comprendo che l’accostamento al sommo Ovidio è audace. Ma come lui per primo, anch’io ho sofferto e tutt’oggi patisco i patimenti dell’esilio. In una situazione economica, sociale e politica, ritrovarmi ancora con un lavoro, per i più, è motivo di privilegio. Ma se questo termine deve essere macchiato da illegalità diffuse che diventano ordinarie pur di conservare e preservare il significato semantico del sostantivo, allora c’è qualcosa di veramente sbagliato e di preoccupante in tutto questo. Nell’ottavo anno d.C Ovidio, per ordine di Augusto, veniva relegato a Tomi, piccola legione romana dimenticata sulle rive del mar

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1